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Hall (1996), la dimensione nascosta, Sintesi del corso di Sociologia

Riassunto del testo esame prof. D'ambrosio

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Caricato il 02/11/2017

laura.loffredo.961
laura.loffredo.961 🇮🇹

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Scarica Hall (1996), la dimensione nascosta e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! La dimensione nascosta (Edward Hall) Introduzione di Umberto Eco: “La dimensione nascosta” parla di una dimensione in cui vivevamo da sempre senza accorgercene. È quella dei comportamenti culturali della comunità in cui viviamo, che appaiono densi di significato anche quando si esplicano per abitudine e d’istinto. Scoprire i significati di questi comportamenti vuol dire scoprire che noi stiamo comunicando qualcosa agli altri anche quando non parliamo, non scriviamo e crediamo di stare dicendo nulla. E il significato cambia con il mutare delle distanze; e le distanze acquistano valori diversi in diversi modelli culturali. Lo spazio parla, e parla anche quando non vogliamo ascoltarlo. Hall ribadisce il concetto di cultura come comunicazione. Esistono, ad esempio, dei linguaggi gestuali codificati e codificabili, esiste un linguaggio della postura del corpo, dei modi di camminare, parliamo anche quando scegliamo un capo di abbigliamento ecc. La prossemica potrebbe essere intesa come una tecnica di lettura della spazialità come canale di comunicazione: le conseguenze di questa lettura e la riformulazione dei segnali spaziali dovrebbe essere affidata alle decisioni dei singoli dei gruppi. La posizione di Hall potrebbe essere vista come una posizione ideologica: e cioè come un modo mistificatorio di risolvere con la prossemica i problemi che effettivamente questa non risolve, ma al massimo può coprire. Sicuramente la prossemica potrà costituire un elemento di illuminazione fondamentale. La prossemica ci aiuta a capire il significato dello spazio. Prefazione dell’ autore : Contrariamente a quanto comunemente si crede, i molti e svariati gruppi che costituiscono la nostra popolazione si sono dimostrati sorprendentemente tenaci nel conservare le proprie identità distinte e separate. In superficie, tutti questi gruppi possono sembrare simili, ma sotto questa scorza stanno molte differenze che, trascurate, benché di vitale importanza, determinano spesso fraintendimenti tali da tradire le buone intenzioni. Cap. 1 – La cultura come comunicazione Prossemica è il termine coniato da Hall per le osservazioni e le teorie che concernono l’ uso dello spazio dell’ uomo, inteso come una specifica elaborazione della cultura. La comunicazione costituisce il cuore della cultura e della vita stessa. Whorf afferma che il linguaggio è ben più del mezzo d’ espressione del pensiero: è un vero e proprio elemento costitutivo della formazione del pensiero. Per questo persone di culture diverse non solo parlano lingue diverse, abitano differenti mondi sensoriali. Lasciano filtrare certe notizie piuttosto che altre , cosicchè l’ esperienza quale è percepita è completamente diversa dall’ esperienza percepita da altri, di ambiente culturale differente. L’ esperienza perciò non può essere considerata un solido punto di riferimento, perché essa si svolge in un ambiente già plasmato dall’ uomo. L’ uomo si è distinto dagli altri animali perché ha elaborato delle estensioni del suo organismo ed ha potuto migliorare e specializzare le sue funzioni. Il computer è estensione di una parte del cervello, il telefono è estensione della voce, la ruota delle gambe e dei piedi. L’ uomo ha creato una nuova dimensione , la dimensione della cultura, di cui la prossemica è soltanto una parte. Il tipo di relazione fra l’ uomo e la dimensione culturale è tale che sia l’ uomo sia l’ ambiente sono attivi modificandosi reciprocamente. L’ uomo, sviluppando la propria cultura e civilizzandosi, ha progressivamente creato tutta una nuova serie di mondi, ognuno diverso dall’ altro. Ciascun mondo, ciascuna civiltà ha il suo caratteristico modo di valutare gli apporti sensoriali, cosicchè quella che presso certi popoli è, ad esempio, un grave atto di aggressività, è per certi altri un atto neutrale. C’è un grande bisogno di allargare la nostra visione della condizione umana, di essere più comprensivi ed aderenti alla realtà. È essenziale che impariamo a comprendere le comunicazioni silenziose proprio come comprendiamo le parole dette o stampate: soltanto così entreremo in vero e profondo rapporto con altri popoli. Cap. 2 – Come si stabiliscono le distanze fra gli animali La territorialità è generalmente definita come quella caratteristica condotta con cui un organismo afferma i propri diritti su di un’ area, difendendola contro membri della sua stessa specie. La territorialità assicura la propagazione della specie regolandone la densità di popolamento. Fornisce lo schema in cui si inseriscono le azioni: vengono stabilite le posizioni adatte all’ apprendimento o al gioco, e i luoghi dove nascondersi. Così è la territorialità che coordina le attività del gruppo e lo tiene insieme: essa mantiene gli animali alla distanza di comunicazione, in modo che possano segnalarsi la presenza di cibo o di nemici. Una funzione particolarmente importante della territorialità è la protezione e l’ evoluzione della specie. Ancora facilita la generazione e l’ allevamento dei figli aiutando a proteggere i nidi e i piccoli; costituisce uno spazio proprio ad ogni individuo, che preserva dal supersfruttamento quella parte dell’ habitat da cui una specie dipende per sopravvivere. Anche l’ uomo ha la sua propria territorialità, ed ha inventato molti modi per difendere quel che considera la sua terra. La casa di un uomo è stata considerata inviolabile. Ovviamente c’ è distinzione tra proprietà privata, che è il territorio di un individuo, e la proprietà pubblica, che è il territorio del gruppo sociale. Meccanica degli spazi negli animali Distanza di fuga. Un animale selvaggio consente ad un uomo o ad un altro nemico potenziale di avvicinarsi soltanto fino ad una data distanza, oltre la quale scappa. “Distanza di fuga” è il termine stabilito da Hediger per questo meccanismo spaziale che scatta tra diverse specie. Di norma, c’è un rapporto direttamente proporzionale tra la grandezza di un animale e la sua distanza di fuga: più grosso è l’ animale, maggiore è la distanza che deve tenere fra se ed il nemico. Distanza critica. La “distanza critica” comprende lo stretto intervallo che separa la distanza di fuga dalla distanza di attacco. Un leone in uno zoo fuggirà da un uomo che gli si avvicini finchè incontrerà una barriera insormontabile. Allora, se l’ uomo continuerà ad accostarsi, si troverà presto ad entrare nella distanza critica del leone: a questo punto, il leone stretto in un angolo invertirà la direzione e comincerà ad avvicinarsi cautamente e lentamente all’ uomo. Specie che seguono il principio del contatto e specie del non-contatto Riguardo all’ uso dello spazio,si può osservare nel mondo animale una dicotomia fondamentale e talvolta inesplicabile: alcune specie comportano l’ ammucchiarsi insieme dei propri membri e ne richiedono l’ assiduo reciproco contatto fisico (es: l’ ippopotamo, il maiale, il pipistrello), mentre gli individui di altra specie evitano per lo più di toccarsi (es: il cavallo, il cane, il gatto, il topo). Si potrebbe pensare che gli animali che non vivono a contatto costante siano più vulnerabili di fronte allo stress determinato dall’ affollamento. Distanza personale.“Distanza personale” è l’ espressione con cui Hediger si riferisce all’ intervallo mantenuto dagli animali che seguono la norma del non-contatto tra sé ed i loro simili. Gli individui più forti, superiori , tendono a stabilire distanze personali più grandi rispetto agli 2 sono favoriti e in generale sopravvivono. Shoemaker mostrò che gli effetti del sovraffollamento potevano essere considerevolmente ovviati stabilendo le giuste ripartizioni spaziali per certe situazioni critiche. Fornendo territori propri alle famiglie e schermi di reciproca protezione agli animali nei periodi critici della stagione degli accoppiamenti, si possono neutralizzare gli effetti perniciosi dell’ affollamento. Gli usi positivi dello stress Lo stress ha anche effetti benefici: esso è stato un efficace strumento al servizio dell’ evoluzione, sviluppando la competizione all’ interno della specie, anziché fra le varie specie. Questa competizione raffina i caratteri ereditari e rafforza i tratti tipici di una razza. Le attuali ipotesi sull’ evoluzione dell’ uomo illustrano bene gli effetti di ambedue le forze (interna ed esterna alla specie). L’ antenato dell’ uomo, che era originariamente animale terricolo, fu forzato dalla lotta fra le specie e dai mutamenti intervenuti nell’ habitat ad abbandonare il terreno per gli alberi . La vita sugli alberi richiede vista acuta e si basa meno sul’ olfatto. Così il senso dell’ odorato dell’ uomo cessava di svilupparsi, mentre venivano fortemente rafforzati i suoi poteri visivi. Se gli esseri umani avessero nasi potenti come i topi, la rabbia altrui, ad esempio, sarebbe stata qualcosa che noi avremmo potuto odorare. La vita sarebbe molto più complessa ed intensa. L’evoluzione dell’ uomo ha ricevuto il suo marchio dallo sviluppo dei “ricettori di distanza”: la vista e l’ udito Cap. 4 – La percezione dello spazio. I ricettori di distanza: occhi,orecchi e naso. I componenti l’ apparato sensoriale dell’ uomo si dividono in due categorie: 1. Ricettori di distanza, connessi all’esame di oggetti distanti: gli occhi, gli orecchi e il naso. 2. Ricettori immediati, usati per esaminare l’ ambiente più prossimo, il mondo del tatto: pelle, membrane e muscoli. I sistemi tattili sono antichi quanto la vita stessa, la vista, invece, è stato l’ ultimo e più specializzato dei sensi a svilupparsi nell’ uomo. Gli spazi visivo ed uditivo È probabile che, in soggetti normalmente vigili, gli occhi forniscano un fiume di informazioni dalla portata mille volte più intensa degli orecchi. C’è una differenza non solo nella quantità e nel tipo di dati che i due sistemi ricettori possono elaborare, ma anche nella quantità di spazio che essi possono effettivamente sondare. Le informazioni visive tendono ad essere meno ambigue e più a fuoco delle informazioni uditive. Fa interessante eccezione l’ udito in un cieco che abbia imparato a determinare la posizione dei vari oggetti in una stanza, utilizzando la riflessione delle onde emesse ad alta frequenza. La percezione spaziale non comprende soltanto tutto ciò che viene percepito, ma anche quello che viene escluso. Persone allevate in ambiti culturali differenti apprendono sin da bambini, senza averne poi avvertita coscienza, a scartare certi tipi di informazioni e a rivolgere invece la loro attenzione agli altri. La base chimica dell’ olfatto L’ odore è uno dei primi e più fondamentali mezzi di comunicazione. La sua base strutturale è chimica, ed è infatti considerato il senso chimico per eccellenza. Le sue funzioni sono diversificate: non solo serve a distinguere i vari individui, ma rende anche possibile l’ identificazione dello stato emotivo degli altri organismi; è un aiuto nella ricerca del cibo o per seguire il branco o il gruppo; fornisce inoltre un mezzo di delimitazione del territorio proprio di ciascun individuo. L’ olfatto svela la presenza di un nemico. Benché la funzione prevalente dell’ odorato sia la comunicazione di notizie di vario genere, esso non è comunemente concepito come un sistema di segnali o messaggi. Solo di recente sono emerse le interrelazioni presenti fra l’ odorato (esocrinologia) e i regolatori chimici dell’ organismo (endocrinologia). I messaggi chimici sono così completi e specifici che superano di gran lunga per organizzazione e complessità qualsiasi sistema di comunicazione che l’ uomo abbia mai creato. Questi messaggi possono essere di vario genere. Alcuni di essi sono così persistenti nel tempo da comunicare ai successori notizia di fatti capitati ad un loro predecessore. Hediger dice che una renna, avvicinandosi ad un posto dove un suo simile sia stato di recente terrorizzato, prenderà la fuga non appena avvertirà l’ odore delle sostanze secrete ed espulse dalle glandole degli zoccoli del suo predecessore. Ed ancora, uno psicanalista era in grado di cogliere distintamente l’ odore delle reazioni di rabbia nei pazienti, ad una distanza di più di un metro e ottanta. L’ olfatto negli esseri umani Gli americani utilizzano pochissimo l’ olfatto nella comunicazione a differenza degli arabi. Sembra che gli arabi riconoscano uno speciale rapporto tra la disposizione d’ animo e l’ odore. In certe occasioni arrivano al punto di chiedere di annusare le candidate spose, rifiutandole se “non odorano di buono”: non tanto in base a criteri estetici, quanto probabilmente avvertendo un odore di rabbia o scontento. Gli americani, invece, imparano sin da piccoli a non respirare in faccia alla gente. Essi si trovano in imbarazzo se vengono costretti ad un rapporto di intimità olfattiva con persone non strettamente familiari. Cap. 5 – La percezione dello spazio. I ricettori immediati: pelle e muscoli Per aversi un’ esperienza spaziale più intensa e penetrante, si associano vista e tatto. Come ad esempio i giardini giapponesi non sono disegnati solo per essere guardati con gli occhi: l’ esperienza di passeggiare per un giardino giapponese comprende una gamma insolitamente ricca di sensazioni muscolari. Il visitatore è costretto a guardare a dove mette i piedi poiché vi sono sentieri con i sassi ed improvvisi laghetti… anche i muscoli de collo vengono messi in gioco. Lo spazio viene diversamente concepito a seconda anche della cultura di appartenenza; ad esempio: i giapponesi, nell’ uso dello spazio interno, lasciano spogli i lati delle stanze, collocando tutti i mobili al centro; mentre gli europei tendono a disporre l’ arredamento lungo le pareti. In America, invece, l’ idea convenzionale dello spazio necessario agli impiegati di un ufficio non va oltre lo spazio effettivamente richiesto dalle esigenze di lavoro (stanze piccolissime ammobiliate solo del minimo indispensabile). Lo spazio termico La pelle ha una capacità straordinariamente elevata sia di emettere, sia di avvertire calore raggiante; e si può pensare che questa capacità, essendo così altamente sviluppata , abbia giocato nel passato un ruolo assai importante per la sopravvivenza. Un nuovo campo prima non accessibile all’ osservazione diretta è l’ aspetto termico della comunicazione interpersonale. Un aumento di calore alla superficie del corpo altrui può essere avvertito in tre modi: primo, mediante la sensibilità termica della pelle, se le due persone sono abbastanza vicine; secondo, per l’ intensificazione dell’ interazione olfattiva (profumi o lozioni si possono sentire a maggiore distanza quando la pelle diventa più calda); terzo, per mezzo della vista. Si comunica agli altri l’imbarazzo attraverso il rossore, la paura attraverso le palme sudate, l’ardore nascosto attraverso la macchia rossa tra gli occhi. Non si sa per quale ragione il proprio calore non desti ripugnanza, e quello di un estraneo invece si: può darsi che questo fenomeno sia dovuto ad una nostra estrema sensibilità per le piccole differenza di 6 temperatura: sembra che l’ uomo reagisca negativamente ad una temperatura non familiare. Il fatto che gli esseri umani possano controllare consciamente poco o niente del loro sistema di calore, può forse spiegare perché siano state fatte così poche ricerche in questo campo. Il calore corporeo è qualcosa di altamente personale, ed evoca nel nostro spirito idee di intimità e di esperienze dell’ infanzia. Lo spazio tattile Le esperienze tattili e visive sono così strettamente intrecciate da non poter essere disgiunte. Il pittore Braque distinse fra lo spazio visivo e lo spazio tattile, affermando che tattile è quello spazio che separa il soggetto dagli oggetti, mentre visivo è quello che stacca gli oggetti l’ uno dall’ altro. Gibson ha studiato i rapporti tra la vista e il tatto. Sostiene che se noi li concepiamo come due canali di informazione, attraverso cui il soggetto esplora attivamente con ambedue i sensi, il flusso unitario delle impressioni ne verrà rinforzato. Gibson distingue tra tatto attivo (sonda tattile) e tatto passivo (l’ esser toccato). Balint descrive due diversi mondi percettivi: uno orientato nel senso della vista, l’ altro del tatto. Egli considera il mondo tattile più immediato e più amico del mondo visivo nel quale lo spazio sarebbe amico, se non fosse costellato di oggetti imprevedibili e potenzialmente pericolosi (le persone). Il tatto è la più soggettiva delle sensazioni. Il senso umano dello spazio è strettamente connesso al senso dell’ ego che è in intimo rapporto di transazione con l’ ambiente. L’uomo può essere visto attraverso i vari aspetti ( visivo, cinestesico, tattile, termico) del suo io, che possono essere bloccati o sviluppati dal suo habitat. Cap. 6 – Lo spazio visivo Gli occhi sono comunemente considerati i principali strumenti di ricezione delle informazioni. Ma per quanto sia importante la loro funzione “ricevente”, non si dovrebbe dimenticare l’ utilità della loro funzione “trasmittente”: lo sguardo può; per esempio; punire, incoraggiare, o stabilire un rapporto di dominio; la maggiore o minore dilatazione delle pupille può indicare interesse oppure antipatia. La visione come sintesi L’ uomo apprende mentre vede, e ciò che ha appreso influenza ciò che vede: questo favorisce la capacità tipicamente umana di adattarsi alle circostanze, consentendogli di sfruttare le esperienze passate. È sempre necessario distinguere tra l’ immagine della retina e la rappresentazione soggettiva. Gibson ha contraddistinto in termini tecnici il primo ambito di fenomeni come “campo visivo”, il secondo come “mondo visivo”. Berkeley sosteneva che la percezione della distanza è in realtà il complesso prodotto delle interrelazioni reciproche dei sensi, combinate col patrimonio delle esperienze acquisite. Diceva che noi, in realtà, “nella sensazione immediata, con la sola vista, non possiamo percepire altro che luci, colori, e forme, e col solo udito nient’ altro che suoni”. Secondo Berkeley questo è ciò che avviene quando, per esempio, sentiamo il rumore di una carrozza senza vederla : sentiamo un’ insieme di suoni che siamo abituati ad associare alla presenza di una carrozza. L’ idea che non ci siano al mondo due persone che, nell’ uso pienamente attivo dei loro occhi, vedano esattamente la stessa cosa, urta certuni, perché implica che non tutti gli uomini reagiscono al mondo che li circonda allo stesso modo. La distanza tra i mondi percettivi di due persone appartenenti alla stessa cultura è certamente minore di quella fra due persone di culture diverse, ma è ancora tale da sollevare problemi. Le persone educate in ambiti culturali differenti vivono in mondi percettivi diversi. Il meccanismo della visione connessi l’uno con l’altro. Il mondo degli Hopi è privo dello spazio immaginario… per loro il pensiero che concerne lo spazio reale non si può collocare che nello spazio reale . gli Hopi non hanno la nostra capacità di immaginare dei luoghi come il paradiso e l’ inferno dei missionari. A quanto pare per loro non c’ è uno spazio astratto, un qualcosa che deve essere riempito di oggetti. Antoine de St.-Exupery affermava che in realtà, nulla di ciò che veramente concerne l’ uomo è calcolabile, ponderabile, misurabile. La vera distanza non c’ entra con l’ occhio: ha a che fare soltanto con la coscienza dell’ uomo: il suo valore è il valore che gli accorda il linguaggio, perché è il linguaggio che lega insieme le cose. Sapir afferma che è assolutamente un’ illusione pensare che si possa aderire alla realtà facendo sostanzialmente a meno del linguaggio. Il mondo reale è in larga misura costituito proprio in base all’ habitus linguistico del gruppo sociale. Oggi l’idea dello spazio è strettamente associata al movimento, e non si limita al solo spazio visivo, ma coinvolge molto più profondamente tutta la sensibilità. La letteratura come chiave della percezione La questione che si pose Hall era se i testi letterari potessero valere anche come dati e non solo come descrizioni. I testi ci rivelano come i grandi scrittori percepiscano e trasmettano il senso della distanza e la sua molteplice ed importante utilizzazione nelle relazioni intersoggettive. Se si esamina la letteratura da un punto di vista della struttura, piuttosto che del contenuto, si possono trarre indicazioni sulle tendenze storiche e sui mutamenti delle modalità sensoriali. Esistono grandi differenze fra i vari tipi di ambiente che l’ uomo trova più congeniali in circostanze diverse e in culture diverse. La letteratura è, oltre a tutto il resto, una fonte di notizie sull’ uso dei sensi da parte dell’ uomo. Cap. 9 – L’ antropologia dello spazio: un modello di organizzazione Infracultura è il termine introdotto da Hall per definire il complesso del comportamento ai più bassi livelli di organizzazione che stanno sotto alla cultura: fa parte del sistema di classificazione della prossemica e comprende una serie specifica di piani in rapporto alle altre parti del sistema. Le informazioni prossemiche sono di tre tipi: infraculturale, concerne il comportamento e si radica nel passato biologico dell’ uomo; preculturale, è fisiologica ed è più intimamente legata al presente dell’ uomo. La terza, micro culturale, è la più ricca di osservazioni prossemiche. La prossemica nella microcultura studia tre aspetti: uno preordinato, un altro semideterminato, ed un terzo informale. Benché i collegamenti tra i vari livelli siano in generale assai complicati e di difficile comprensione, lo studioso deve fornire una visione d’ insieme. Senza una concezione comprensiva, che leghi insieme i vari livelli, l’ uomo può sviluppare una condizione schizoide di distacco ed isolamento, gravida di conseguenze pericolose. Se, per fare un esempio, gli uomini continuano ad ignorare i dati ottenuti a livello infraculturale sulle conseguenze del sovraffollamento, corrono il rischio di andare a cacciarsi in una specie di “fogna del comportamento”, se addirittura non lo hanno già fatto. La difficoltà metodologica che rende arduo esaminare il passaggio da un livello all’ altro discende dalla indeterminatezza essenziale della cultura. Questa indeterminatezza dipende dal fatto che gli eventi culturali agiscono su piani diversi e sono impossibili da esaminare simultaneamente con la stessa precisione. Il territorio è una vera e propria estensione dell’ organismo caratterizzata da segnali visivo, vocali ed olfattivi. L’ uomo ha forgiato nuove estensioni materiali del territorio e, insieme, nuovi 10 limiti territoriali visibili ed invisibili. Quindi, dato che la territorialità è relativamente fissa, Hall ha chiamato questo tipo di spazio a livello prossemica spazio preordinato. Spazio preordinato. È alla base dell’ organizzazione delle attività individuali e sociali: abbraccia gli aspetti più appariscenti e quelli più nascosti della vita dell’ uomo su questa terra, guidandone e condizionandone il comportamento, imprimendosi nel suo intimo. Gli edifici sono espressione di schemi preordinati; anche all’ interno le abitazioni sono organizzate spazialmente: è diviso in stanze, ognuna demandata ad un compito preciso: la preparazione dei cibi, la consumazione dei pasti, il riposo. Fino al diciottesimo secolo, le stanze delle abitazioni europee non avevano funzioni fisse. I membri della famiglia non godevano di una privacy quale noi oggi la intendiamo. Il sentimento dell’ importanza del giusto orientamento nello spazio è radicato nel profondo dell’ uomo: si ricollega in ultima analisi al bisogno di sopravvivenza e di sanità. Oggi edifichiamo case da abitazioni enormi e mostruosi grattacieli per uffici, senza la minima comprensione delle esigenze di chi ci abita e ci lavora. La gente interiorizzerà e si porterà addosso per sempre gli schemi spaziali imposti sin dai primi anni di vita da una determinata scelta architettonica. Non capita soltanto agli arabi, ma anche agli americani di sentirsi depressi per mancanza di spazio. Spazio semideterminato. Osmond, nell’ ospedale dove lavorava, aveva notato che vi sono degli spazi, come quello delle sale d’ aspetto ferroviarie, che tendono a mantenere le persone nell’ isolamento reciproco, spazi che egli definì di “fuga sociale”; mentre altri che egli definì spazi di “attrazione sociale”, inducono la gente a riunirsi. L’ attenzione di Osmond fu attratta dal padiglione di gerontoiatria femminile, che era un edificio “modello” : colorato, pulito splendente. Il solo inconveniente era che le pazienti, più vi rimanevano, e meno sembravano disposte a chiacchierare fra di loro. Sembravano assai depresse. Osmond incaricò uno psicologo giovane e sensibile di studiare una sistemazione dei mobili che favorisse il più possibile la conversazione. Introdussero tavolini dove appoggiarono riviste, libri e si sistemarono intorno le sedie. Si osservò nuovamente l’ andamento delle conversazioni e si vide che il loro numero era raddoppiato e si leggeva tre volte di più di prima. Il significato principale dell’ esperimento sta nell’ aver fornito la dimostrazione degli effetti profondi e misurabili che la sistemazione dello spazio semideterminato può avere sulla condotta umana. Ricordiamo che ciò che è spazio preordinato per una cultura può essere semideterminato per un’ altra, e viceversa. Lo spazio informale. Comprende le distanze mantenute nei vari tipi di rapporto con l’ altro. Queste distanze sono in generale stabilite secondo schemi inconsapevoli. Hall ha definito questa categoria spazio informale, solo perché qui lo spazio non è predeterminato, prestabilito dagli oggetti. Cap. 10 – Le distanze dell’ uomo La regolarità di distanze che si osserva nel comportamento umano è la conseguenza di variazioni di campi sensorii. Una fonte d’ informazione usuale sulla distanza che separa due persone è la forza della voce. Un fattore decisivo nello stabilirsi di una certa distanza è costituito dal come le persone sentono il proprio reciproco rapporto in quella determinata situazione. Così molte persone adirate o enfatiche porranno l’ accento sul loro discorso diminuendo la distanza e dando, per così dire, libero sfogo al volume di voce, cioè gridando. Analogamente, come sa bene ogni donna, uno dei primi segni di innamoramento di un uomo è il suo farsi a lei più vicino. Se la donna non è nella stessa disposizione di spirito,lo fa capire tirandosi indietro. Distanza intima: la presenza dell’ altro è evidente e può talvolta essere eccessivamente coinvolgente, a causa dell’ identificarsi ed ingigantirsi degli apporti sensoriali. La vista, l’ olfatto, il calore del corpo di un’ altra persona, il rumore, l’ odore e il sentire il respiro si combinano tutti nel segnalare l’ immergersi in un altro corpo. Distanza intima. Fase di vicinanza : nella fase di massimo contatto i muscoli e la pelle comunicano direttamente. Le parte pelviche, le cosce e il corpo possono entrare in gioco: le braccia possono abbracciare. I particolari che possono essere colti a questa distanza sono eccezionali. Distanza intima. Fase di lontananza : il capo, le cosce e le parti pelviche non si toccano facilmente, ma le mani possono raggiungere ed afferrare le estremità. Il naso è visto come più largo del normale e può sembrare deformato, come d’ altronde altri lineamenti, quali le labbra, i denti e la lingua. Gran parte del fastidio fisico provato dagli americani quando qualche straniero penetra in modo inopportuno entro la loro sfera intima si esprime con una distorsione del loro apparato visivo. Nel punto in cui si perde la messa a fuoco precisa, si è in preda a quella tipica fastidiosa sensazione muscolare dello strabismo provocato dallo sforzo di fissare qualcosa troppo vicino. Può essere colto il calore e l’ odore del respiro dell’ altro anche se è diretto fuori del nostro viso. Distanza personale : è il termine originariamente usato da Hediger per designare la distanza che separa fra loro convenientemente i membri di una specie che segue il principio del non- contatto. La si potrebbe pensare come una piccola sfera protettiva che un organismo mantiene fra sé e gli altri. Distanza personale. Fase di vicinanza : a questa distanza si può trattenere o afferrare l’ altro. La distorsione della percezione della fisionomia altrui non è più avvertita. Si scorgono chiaramente peli, ciglia e pori. La tridimensionalità degli oggetti si accentua spiccatamente. Distanza personale. Fase di lontananza : si estende da una soglia appena oltre l’ intervallo che consente di toccare facilmente l’ altro, a un limite in cui persone possono toccarsi le dita allungando ciascuno il braccio. Questo è il confine del “dominio fisico”. A questa distanza può essere avvertito l’ odore del respiro; gli americani sono tuttavia generalmente educati a non indirizzare il respiro in faccia agli altri. Distanza sociale : i più intimi dettagli del viso non vengono ora più percepiti, e nessuno può toccare o aspettarsi di entrare in contatto fisico con l’ altro. La forza della voce è normale; c’ è poca differenza tra le fasi di vicinanza e lontananza. Distanza sociale. Fase di vicinanza : il capo è percepito nelle dimensioni normali. A questa distanza si trattano gli affari impersonali, e nella fase di vicinanza c’ è maggiore coinvolgimento che nella fase di lontananza. Le persone che lavorano insieme tendono ad usare la distanza sociale più prossima. Distanza sociale. Fase di lontananza : gli affari e le conversazioni condotti al limite di lontananza della distanza sociale hanno un carattere più formale di quando si svolgono entro la fase più prossima. Le scrivanie negli uffici delle persone importanti sono abbastanza larghe da tenere i visitatori alla fase di lontananza. I più minuti particolari del viso non sono più distinti a tale distanza. Non sono avvertiti calore ed odore dell’ altro. Il comportamento prossemica è qui condizionato dall’ ambiente culturale ed interamente arbitrario; ed è anche strettamente legato a tutte le circostanze. Evitare di mantenersi in linea con lo sguardo dell’ altro significa escluderlo e rompere la conversazione. In questa fase il livello della voce è notevolmente più alto. È una distanza che rende loro possibile continuare a lavorare in presenza di altri senza apparire sgarbati. 12 proprio essere sicuri di penetrare nell’ animo dell’ interlocutore che lo guardano fisso a lungo, altrimenti, in generale, usano girare lo sguardo da un’ occhio all’ altro, e anche distoglierlo per lunghi tratti dal viso. Gli inglesi, invece, sono educati a guardare fisso con la massima attenzione l’ interlocutore. I francesi I mediterranei usano vivere a più stretto contatto fra loro. Caratteristico è il loro affollarsi in spazi ristretti, che si può vedere sui treni, sugli autobus ecc. Vivere così pigiati comporta di norma un notevole coinvolgimento sensoriale. I francesi s’ intrattengono volentieri nei ristoranti e nei caffè; la casa è riservata solo alla famiglia; la vita sociale e gli svaghi si svolgono fuori. Essi trovano sapore e soddisfazione nella vita della città e nella folla. Per questo, i francesi sentono molto meno degli americani il bisogno di uno spazio protettivo. Mentre negli Stati Uniti esso costituisce una specie di rifugio per l’ uomo schiacciato dai grattacieli e dal paesaggio avvelenato dallo smog. Cap. 12 – La prossemica in un contesto interculturale: i mondi spaziali giapponese ed arabo Gli schemi prossemica da un lato consolidano il gruppo sociale e lo isolano dagli altri, rinforzando l’ identificazione interna, mentre dall’ altro lato rendono più difficile la comunicazione fra gruppi diversi. Il Giappone Le strade non hanno un nome, le casa sono numerate secondo l’ ordine di costruzione. I vicini non si conoscono fra di loro e non sanno dare indicazioni. Nelle case il focolare giapponese viene posto al centro della stanza; comporta una connotazione emotiva più forte. Intorno al camino tutti siedono insieme; la stessa coperta copre ognuno, in modo che il calore non si disperda. Avvertendo il calore del corpo altrui, nessuno si sente solo, ma tutti si sentono uniti. Ciò vuol dire che il centro della stanza viene valutato positivamente e privilegiato, mentre gli angoli (così freddi d’ inverno) vengono rifiutati. I giapponesi preferiscono l’ affollamento in certe situazioni: per esempio, amano dormire stretti insieme sul pavimento. Il loro vocabolario non comprende nessuna parola corrispondente alla nostra “privacy”. Da un lato il giapponese non sente il bisogno di isolarsi, dall’ altra parte è assolutamente restìo a mettere in comune un locale o una parte della sua casa. La casa è la zona intorno che gli è più intimamente collegata. L’ arte della disposizione degli spazi giapponesi è rappresentata dal giardino. La disposizione del giardino contiene un messaggio filosofico sul rapporto dell’ uomo con la natura: entrambi sono ricondotti a giusta armonia. Si rimane sopraffatti dall’ ordine, dalla serenità, dalla disciplina ecc. Lo studio degli spazi giapponesi mette in evidenza il principio costante di guidare l’ individuo alla ricerca delle posizioni più adatte alla scoperta di sensazioni e prospettive squisitamente personali. Il mondo arabo L’ abitudine di urtarsi e spingersi nei luoghi pubblici è un tratto caratteristico della cultura medio-orientale. Questo comportamento deriva da un diverso modo di sentire le relazioni intersoggettive, e anche di valutare il significato della sfera fisica della personalità. Quasi tutti gli americani seguono una regola: non appena una persona si ferma o si siede in un luogo pubblico, intorno a lui si stabilisce una piccola sfera di spazio privato che non si deve violare. Secondo la mentalità araba, invece, non c’ è nessun diritto di occupare una certa posizione: in un luogo pubblico l’ intrusione, semplicemente, non esiste. Pubblico significa pubblico. Per esempio: se A sta all’ angolo di una strada, e B vuole andare al suo posto, B ha tutti i diritti di infastidire A, sino a farlo spostare. Nel mondo occidentale, persona è sinonimo di individuo preso nella sua totalità del suo organismo. Per gli arabi, la collocazione della persona rispetto al corpo è completamente diversa: la persona è da qualche parte dentro il corpo. L’ ego non è completamente difeso e nascosto, tanto è vero che può essere facilmente colpito da un insulto: è protetto dal contatto fisico, ma non dalle parole. La dissociazione del corpo dall’ ego può aiutare a capire perché l’ amputazione, eseguita in pubblico, di una mano, sia tollerata in Arabia Saudita come pena normale per i ladri. La grande densità di popolamento porta gli arabi a vivere in una vera e propria “fogna del comportamento”. Le comunicazioni sono più forti e violente perché l’ ego è avvertito più lontano, quindi la voce è molto più alta, lo sguardo è penetrante, le mani afferrano e toccano. Le esigenze spaziali degli arabi sembrano concentrarsi nel desiderio di alloggi amplissimi. La grandezza dei loro vani è enorme; evitano muri divisori perché non amano stare soli. Gli arabi hanno bisogno di mescolarsi l’ un con l’ altro per alimentare la propria personalità. Nelle loro case non esiste una privacy quale noi la intendiamo. Essi usano il mutismo per isolarsi. L’ olfatto gioca un ruolo importante nella vita araba: è uno dei meccanismi mediante cui viene stabilita la distanza dall’ altro. Gli arabi respirano sempre in faccia all’ interlocutore perché apprezzano i buoni odori altrui e li considerano utili a stabilire un rapporto più coinvolgente. Negare la sensazione del proprio respiro indica che ci si vergogna di qualcosa. Gli arabi riconoscono uno speciale rapporto fra l’ odore e la disposizione dell’ animo. Il concetto di privacy in un luogo pubblico è del tutto estraneo. Nel bazar, per esempio, le trattative per l’ acquisto delle merci non sono un affare privato del compratore e del venditore, ma tutti hanno il diritto di parteciparvi, intromettendosi. Per gli arabi i confini non esistono: ci sono sì dei limiti che circondano la città, ma non dei confini stabili (delle linee tacitamente accettate) che dividono i possessi in campagna. Cap. 13 – Città e cultura Il riversarsi a ritmo esplosivo della popolazione nelle città sta determinando in tutto il mondo una serie di “fogne del comportamento”. Bisognerebbe introdurre una pianificazione urbanistica che faccia da contravveleno ai perniciosi effetti della “fogna”, senza distruggere l’ oasi territoriale. Si avverte la necessità di principi urbanistici che servano a conservare una solubre densità , una sana frequenza di rapporti interpersonali, una giusta misura di coinvolgimento con il prossimo, e l’ impressione di continuare a vivere nel proprio tipico ambiente etnico. La costruzione delle case dovrebbe rispondere anche alle esigenze etniche delle popolazioni interessate per evitare che si sviluppi la fogna del comportamento. Per questo nei piani regolatori è importante anche la figura degli psicologi, antropologi ed etologi. I neri ad esempio condannano i grattacieli perché vedono in questi lo spirito della dominazione bianca, un monumento all’ ingiustizia e all’ incomprensione nelle relazioni etniche. Lo spazio del mercato aperto, con le sue svariate attività, sembra più adatto alle esigenze prossemiche dei neri, piuttosto che dei grandi magazzini americani cinti da muri e vetrate. Sovraffollamento e patologia Gli effetti cumulativi del sovraffollamento in generale non vengono scoperti che quando il danno è ormai fatto. Il rapporto fra “fogna” urbana e patologia umana è stato studiato da una coppia di francesi, i Chombard de Lauwes, che furono fra i primi a produrre dati statistici sulle conseguenze dell’ affollamento nelle abitazioni cittadine. Per prima cosa raccolsero i dati sull’ affollamento, e li elaborarono calcolando il numero dei residenti per ogni unità d’ abitazione. 16 Visto che questo rapporto diceva poco, decisero di usare un nuovo indice per definire l’ affollamento: il numero di metri quadrati per persona per unità d’ abitazione. I risultati furono notevolissimi: quando lo spazio disponibile scendeva sotto gli otto- dieci metri quadrati a persona, l’ insorgenza di casi di patologia fisica e sociale raddoppiava! Così il sovraffollamento veniva strettamente congiunto alla morbosità e alla criminalità in un rapporto preciso. Bisogna trovare il moo di rendere il ghetto rispettabile. Questo vuol dire organizzarlo in modo che gli abitanti non solo ci vivano in condizioni di sanità e sicurezza, ma possano uscirne quando l’ oasi abbia esaurito il suo compito. Dovremmo favorire il rafforzarsi dello spirito comunitario dei cittadini. La sindrome dell’ automobile L’ automobile è il più grande divoratore di spazio pubblico e personale che l’uomo abbia creato. Il 70% dello spazio è dedicato ai veicoli. Tutto lo spazio che potrebbe essere destinato a giardini pubblici, a marciapiedi e viali pedonali, dove la gente potrebbe incontrarsi e sviluppare rapporti più umani, viene ingoiato dall’ automobile. Questa situazione comporta altre gravi conseguenze: non solo la gente non ha più voglia di andare a piedi, ma anche quelli che lo desidererebbero non trovano più il posto dove camminare. Così, gli uomini si indeboliscono fisicamente, ma restano separati, tagliati fuori dal prossimo. Andando a piedi le persone imparano ad incontrarsi, e a conoscersi, se non altro di vista; ma con le automobili questo non è possibile: lo sporco, lo smog, il frastuono del traffico hanno reso troppo sgradevoli e fastidiosi gli spazi cittadini. L’ automobile, inoltre, taglia fuori dal mondo esterno i suoi occupanti, impoverisce la sensazione del movimento attraverso lo spazio,isolando i viaggiatori dalla strada e dai rumori e soprattutto, contrae il campo visivo. Proposte dell’ urbanistica del futuro La città è un’ espressione della cultura del popolo che la produce. Ci sono alcuni compiti di importanza cruciale per la soluzione dei numerosi problemi: 1) Dovremmo fare un grande sforzo per scoprire e soddisfare i bisogni dei gruppi etnici in modo da fornirli un’ organizzazione spaziale non solo coerente con le loro necessità, ma anche tale da rafforzare gli elementi positivi della loro cultura, aiutandoli ad accentuare il loro senso di identità. 2) Conservare spazi cittadini aperti, ampi, sgombri e agiati. 3) preservare i vecchi edifici e i vecchi quartieri ancora utili e soddisfacenti dalla distruzione della… ricostruzione urbana. Non tutto ciò che è nuovo è necessariamente bello, come non tutto ciò che è vecchio è brutto ed inutile. Ci sono tanti luoghi delle nostre città che meritano di essere conservati per darci il senso di continuità col passato. Nessun piano regolatore è perfetto; però un piano è necessario, se si vuole evitare il caos.
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