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TESINA SUL CONSUMISMO, Tesine di Maturità di Italiano

CONSUMISMO: LA MALATTIA DELLA SOCIETA'

Tipologia: Tesine di Maturità

2016/2017
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Caricato il 11/05/2017

martina_leogrande1
martina_leogrande1 🇮🇹

4.3

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Scarica TESINA SUL CONSUMISMO e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! ili grri È ammi ili Sons cpl flennaea nego arto pd (la Cd nn UE aci rs tha (snc Hi 2 Fam spa i po RI: pra cupi SET I ni E 3 sep LA] fd bp ge si seliepoiiii day i (sono COr77, e I Star 1É Ed ident se DS pi î A È È © = TA; ILE ="? po, FL tegpa È n Tesina a cura di Veronica Pepoli Classe 5°E Anno scolastico 2008/2009 PAG.6……….Erich Fromm “Essere o Avere” PAG.7­12……Storia: Gli Anni ’60 , “il miracolo economico” PAG.13­19 ….Economia: La pubblicità PAG.20­25….. Arte: Andy Warhol e le opere d’arte nella  pubblicità PAG.26­30….. Geografia: Las Vegas PAG.31­32…..  Arte: Il mito di  Narciso PAG.32­36…..  Spagnolo: El Narcisismo de Lorca PAG.37­44…… Italiano : Luigi Pirandello e il relativismo  psicologico. PAG.45­46……  Inglese: Stevenson “Dr. Jekyll and Mr.Hyde” PAG.47­51…… Francese: Charles Baudelaire  con il testo in  prosa“Enivrez­vous” e la poesia “l’Ennemi”. PAG.52 ………Bibliografia Erich Fromm: avere o essere? 5 All’analisi della crisi della società  contemporanea e della possibilità di  risolverla, Fromm (1900­1980) ha dedicato  uno tra i suoi libri più letti: Avere o Essere?  (1976), dove egli esamina “le due basilari  modalità  di esistenza: la modalità dell’avere e la  modalità dell’essere”. Per la prima modalità si dice che l’essenza  vera dell’essere è l’avere, per cui “se uno non ha nulla, non è nulla” Ed è in base a questa  idea che i consumatori moderni etichettano sé stessi con la seguente espressione: io sono =  ciò che ho e ciò che consumo. Di fronte a questa modalità di esistenza individuale e sociale, Fromm richiama Buddha il  quale insegnò che non dobbiamo aspirare ai possessi, Gesù per il quale nulla giova  all’uomo l’aver guadagnato il mondo e poi perdere sé stesso; Marx quando affermava che  “ il lusso è un vizio esattamente come la povertà e che dovremmo proporci come meta  quella di essere molto, non gia di avere molto”. Se, dunque , per la modalità dell’avere, un uomo è ciò che ha e ciò che consuma, i prerequisiti della  modalità dell’essere  sono “l’indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica”.  La caratteristica fondamentale della modalità dell’essere consiste “ nell’essere attivo”, che non va inteso nel senso di un’attività esterna, nell’essere indaffarati, ma di attività interna, di uso produttivo dei nostri poteri umani. Essere attivi significa dare espressione delle proprie facoltà e talenti, alla molteplicità di doti che ogni essere umano possiede, sia pure in vario grado. Significa rinnovarsi, crescere, espandersi, amare trascendere i carcere del proprio io  isolato, essere interessato, “prestare attenzione, dare”. La società dei consumi e l’Italia del BOOM economico 6 L’economia mondiale del dopoguerra  Nel   trentennio   successivo   alla   seconda   guerra   mondiale     si   registra   un   fenomeno   di crescita così intenso e così lungo nel tempo da non essere paragonabile a nessun’altra fase di tutta la storia moderna. Eppure, la fine dell’immane conflitto aveva aperto per l’Europa e per il mondo intero anni bui caratterizzati da gravissimi problemi economici, politici e sociali. Il luttuoso bilancio della guerra si chiudeva non solo con 60 milioni di vittime, ma anche con immense devastazioni:   la  produzione agricola si  era  ulteriormente ridotta e quella industriale soffriva in tutti i paesi europei. Se si escludono gli Stati Uniti, che uscirono dal conflitto con costi umani e materiali ridotti e   crediti  di  guerra  per  miliardi  di  dollari,   tutti   i  paesi  belligeranti,   europei   e   asiatici, avevano impegnato nella guerra risorse economiche equivalenti  al reddito nazionale di diversi anni. La conseguenza fu uno squilibrio profondo della bilancia dei pagamenti con l’estero, soprattutto con gli USA, e l’inevitabile aumento della moneta circolante per far fronte alla crescita delle spese di guerra. In questo quadro , la ristrettezza dell’offerta e l’enorme quantità di cartamoneta messa in circolazione, come già era accaduto dopo la Grande Guerra, fecero esplodere l’inflazione, che   con   la   scarsità   delle   risorse   alimentari   e   dei   beni   primari   provocarono   un peggioramento  delle  condizioni  umane di  esistenza  della  popolazione,  poiché   resero   i redditi modesti e aleatori. Un nuovo ordine economico A differenza di quanto era accaduto dopo la prima guerra mondiale, però, il vero vincitore della  guerra,  cioè  gli  Stati  Uniti,   fu  in grado di  ridefinire  e   imporre  un nuovo ordine economico mondiale (da cui si sottrassero solo i paesi del blocco comunista). Il cardine di questo ordine fu innanzitutto la creazione di un nuovo sistema monetario,  in grado di sorreggere e agevolare le transizioni finanziarie su scala mondiale. Il nuovo sistema era fondato sulla   centralità   del   dollaro, che costituiva dopo oltre un secolo   la   sterlina   come moneta   di   riferimento   delle transizioni internazionali. In  virtù  di  questi  accordi  si verificarono   fenomeni significativi,   in  particolare  si   sviluppò  un’integrazione dei   sistemi   economici   capitalistici  nella   forma   di   una subalternità nei confronti dell’economia statunitense. Gli accordi di Bretton Woods  non si limitarono infatti a ridefinire un nuovo sistema monetario incentrato sul dollaro, diedero vita anche ad alcune nuove istituzioni economiche attraverso le quali gli Stati Uniti si misero nelle condizioni di poter controllare le dinamiche finanziarie e orientare le politiche economiche degli altri paesi. La principale di queste istituzioni fu il Fondo Monetario Internazionale (FMI), finalizzato a riattivare i meccanismi finanziari ogni volta che questi si fossero inceppati in qualche area del mondo. Iniziò  così a operare un’ istituzione paragonabile a una sorta di banca mondiale, dotata di capitale proprio, col quale si provvedeva a erogare prestiti ai governi in momentanea difficoltà economica. 7 Per decisione unanime il valore della moneta  americana venne  ancorato all’oro  mediante un rapporto  fisso di 34 dollari per  oncia. Come per molta parte del mondo occidentale, anche in Italia i primi tre anni post bellici furono caratterizzati da un’onda di sviluppo economico di straordinaria intensità. L’appartenenza all’alleanza atlantica e l’egemonia della Democrazia cristiana costituirono il quadro politico e geopolitico all’interno del quale , già nella prima metà degli anni ’50, si avviò   il   decollo   economico.   Il   settore   che   lo   trainò   fu   quello   industriale,   soprattutto dell’industria meccanica, elettromeccanica, siderurgica, dei cementi e delle fibre artificiali, mentre l’agricoltura perdeva progressivamente peso. I risultati raggiunti dall’economia italiana furono notevolissimi, molto superiori a quelli conseguiti  nello stesso periodo da altri  stati   industrializzati,  quali  Gran Bretagna  e  gli stessi Stati Uniti; grazie a questo slancio produttivo l’Italia non solo si affermò come paese ormai definitivamente industriale, ma si collocò ai primi posti della graduatoria dei paesi avanzati. Questo processo fece parlare di “miracolo economico”: proprio in virtù del fatto che il tasso di crescita dell’economia italiana, almeno fino agli inizi degli anni ’60, fu tra i più  elevati  del  mondo e  che  erano  pochi   i  paesi   che alla   fine di  una  guerra    persa e distruttiva avrebbero potuto raggiungere obiettivi tanto ambiziosi. I miglioramenti delle condizioni di vita Questa  crescita  comportò  un miglioramento  delle  condizioni  di  vita  degli   italiani,  con l’affermazione   di   nuove   abitudini   sociali,   quali   la   villeggiatura,   gli   svaghi,   con l’innalzamento   della   scolarizzazione   e   l’estensione   dei   consumi   a   nuovi   beni   quali l’automobile   e   gli   elettrodomestici,   propri   di   un   paese   sviluppato.   Come   in   tutto l’Occidente,   anche   in   Italia l’automobile   e   la   televisione divennero   i   simboli   di   questa società dei consumi di massa e del benessere diffuso. Nel 1953    la  FIAT aprì   il  nuovo stabilimento di Mirafiori a Torino, dove   vennero   prodotte   le Seicento   e   le   Cinquecento,   le nuove   utilitarie   destinate   al consumo di massa, immesse sul mercato a partire dal 1955­56.   Nel   1954   iniziarono   le trasmissioni   della   televisione   di   stato,  come  “lascia   o   raddoppia”presentata   da   Mike Buongiorno, e “il musichiere”presentato da Mario Riva. Tutto ciò modificò radicalmente la fruizione del tempo libero degli Italiani e costituì un potente fattore di omogeneizzazione culturale e linguistica. A   queste   trasformazioni   si   aggiunse   anche   una   tumultuosa   modernizzazione   delle abitudini sociali e dei consumi, che garantì una riduzione delle differenze tra i sessi e una relativa emancipazione della donna. A questo si combinò una progressiva perdita di ruolo e centralità della religione cattolica, da cui derivò una graduale laicizzazione della società. I fattori della crescita economica La diffusione del  benessere,  almeno fino agli  anni  sessanta,  venne ostacolata dai  bassi salari   su   cui   poggiava   l’imponente   crescita   del   sistema   industriale.   Infatti   ai   fattori economici che alimentarono l’intero ciclo di sviluppo di tutto l’occidente (ritorno al libero 10 scambio,stabilità garantita dall’egemonia del dollaro, innovazione tecnologica, dilatazione dei consumi e dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche a basso costo) in Italia si aggiunsero due fattori originali e specifici: l’intervento dello stato e la disponibilità di una grande riserva di manodopera a basso costo.  I   nuovi   governi   democratici,   diretti   dalle   forze   moderate   che   facevano   capo   alla Democrazia   cristiana,   non   smantellarono   l’imponente   impalcatura   delle   industrie pubbliche   ereditata   dal   fascismo   e   prevalentemente   raccolte   nell’IRI;   anzi,venne incrementata con la costruzione nel 1953 dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), cui faceva capo la gestione delle risorse energetiche;in esso confluì l’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli), impresa fondata nel 1926 e addetta alla raffinazione e distribuzione dei prodotti petroliferi tra cui la benzina, che ebbe un ruolo decisivo nel favorire la motorizzazione di massa. Tramite questo sistema di imprese statali lo Stato riuscì a giocare un ruolo decisivo nel   nuovo   ciclo   di   espansione   apertosi   alla   fine   degli   anni   quaranta,   garantendo   alle imprese   private   prodotti   di   base   (acciaio,carburanti,   elettricità)   a   basso   costo,   che potenziarono   le   capacità   competitive   del   sistema   industriale   italiano   sui   mercati internazionali, senza sovrapporsi al pieno disgregarsi dell’iniziativa privata. Dal 1956 questa complessa struttura produttiva, all’interno della quale operavano anche le tre   principali   banche   italiane   in   quanto   proprietà   dell’IRI   (Banco   di   Roma,Credito Italiano,Banca   Commerciale),   venne   sottoposta   al   controllo   del   nuovo   ministero   delle Partecipazioni statali. Il problema del Mezzogiorno La promozione dell’industria   di base venne ulteriormente stimolata con la cassa per il mezzogiorno   varata   nel   1950,   il   cui   scopo   era   finanziare   non   solo   grandi   opere infrastrutturali, quali bonifiche, strade, acquedotti, ma soprattutto investimenti industriali nel sud. Attraverso   un   consistente   flusso   di   investimenti   vennero   costruite   in   alcune   aree meridionali e soprattutto il Puglia, in Sicilia e in Sardegna, grandi imprese petrolchimiche e siderurgiche. Queste imprese dovevano diventare grandi “poli di sviluppo” in grado di rilanciare   l’economia   meridionale   e   di   garantire   occupazione   alla   massa   crescente   di lavoratori agricoli sottoccupati. In realtà questo obiettivo non venne realizzato, non solo per gli sprechi del denaro pubblico, ma anche perché le grandi imprese di base non furono in grado di assorbire molta manodopera e di stimolare la crescita di un tessuto di medie imprese (tanto da venire poi battezzate “cattedrali nel deserto”). Questa immensa riserva di manodopera rurale, che non riusciva ad essere assorbita nei tradizionali flussi migratori temporanei   e   permanenti   verso   i   paesi   industrializzati   europei,   costituì   l’altro   fattore interno   che   favorì   il   “boom   economico”   italiano.   Infatti   a   questa   massa   di   lavoratori disponibili a essere impiegati con salari bassissimi si rivolse il sistema delle imprese in larghissima   espansione,   stimolando   una   ondata   migratoria   dal   sud   al   nord   senza precedenti  nella storia  italiana:  il  Nord assorbì  milioni  di emigrati  dal Sud in cerca di lavoro, sostituendosi agli Stati Uniti e ad altri paesi europei come meta dell’emigrazione meridionale. Sia le grandi imprese (Fiat, Montecatini, Snia, Viscosal, Olivetti, Pirelli, Breda, Falk)sia le piccole e medie aziende, su cui si venne costituendo il tessuto connettivo del sistema   industriale   italiano,   poterono   avvalersi   di   questo   vantaggio   competitivo   che, influendo   in   maniera   decisiva   sul   prezzo   di   vendita,   rendeva   le   merci   italiane   più concorrenziali sui mercati esteri. Il declino dell’agricoltura 11 L’abbandono delle campagne   da parte di milioni di lavoratori agricoli ebbe l’effetto   di fare sparire figure sociali che avevano costituito per secoli l’ossatura della società rurale italiana. In prima istanza si verificò la drastica riduzione dei braccianti, i salariati agricoli, su cui era imperniata sia l’agricoltura capitalistica della valle padana sia la cerealicoltura estensiva   dei   latifondi   meridionali.   Con   i   braccianti   scomparve   nell’Italia   centrale   la mezzadria,  un’eredità  medievale che non fu  in grado di  sopravvivere a un’agricoltura proiettata nel mercato mondiale, anche se questo processo non consentì la formazione su larga scala di medie aziende competitive, in grado di garantire la vitalità di un’agricoltura altamente specializzata come quella dell’Italia centrale. Qui,   ma   soprattutto   nel   Mezzogiorno,   a   una   grande   proprietà   poco   interessata   allo sviluppo   dell’agricoltura   continuativa   a   fare   riscontro   una   piccola   proprietà   poco produttiva, che non era in grado di garantire livelli di reddito sufficienti alle famiglie dei coltivatori diretti. In ogni caso in Italia non venne stimolata la creazione di quella media azienda agraria condotta in proprio dalla famiglia contadina, che negli Stati Uniti e nel resto d’Europa garantì la modernizzazione dell’agricoltura e la produttività  economica. L’Italia  accentuò   così   i   suoi   caratteri  di  paese  dipendente  dall’estero  per   le  principali derrate   alimentari,   e   l’esodo   rurale   rimase   l’unica   speranza   per   milioni   di   famiglie contadine   impoverite;   l’emigrazione   di   molti   lavoratori   meridionali,   come   di   molti contadini dell’Italia centro­ settentrionale verso le città industriali, spopolando molte zone rurali   soprattutto   nel   sud,   privò   le   campagne   delle   energie   necessarie   per   un rinnovamento   produttivo;   si   creò   così   un   circolo   vizioso     che   accentuò   il   degrado dell’agricoltura   e   trasformò   le   campagne   in   una   gigantesca   sacca   di   arretratezza,   che sopravviveva per l’intervento assistenziale dello stato. Poiché   la persistenza del mondo rurale caratterizzava maggiormente il mezzogiorno, la crisi dell’agricoltura ebbe l’effetto di aggravare la questione meridionale , tanto che alla fine degli anni ’50 si può dire che vi fossero  due   Italie:  quella  del  nord,   industriale,   inserita  nell’economia   internazionale   e quella del sud , legata a forme economiche agricole senza avvenire, con sacche rilevanti di semianalfabetismo e con condizioni di vita che fino agli anni ’60 rimasero ai limiti della sussistenza. Questo perché la riforma agraria proposta negli anni ’50 trovò degli ostacoli sia nell’espropriazione delle terre dei latifondi, sia nel reperimento del denaro da prestare ai contadini per comprarsi le terre. Pubblicità Con il termine  pubblicità  si intende quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori   economici   (attraverso   mezzi   di comunicazione come la televisione, la radio, i giornali, le   affissioni,   la  posta,   Internet),   che   tende   in  modo intenzionale   e   sistematico   a   influenzare   gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi. Storia della pubblicità (in Italia)  La   comunicazione   pubblicitaria   nasce   e   cammina parallelamente   alle   esigenze   economiche,   sociali, 12 Mezzo di comunicazione Il Mezzo di comunicazione, tuttavia, è importante non solo per l’aura che riesce a dare alla pubblicità ma anche, e soprattutto, per quelle che sono le sue caratteristiche tecniche e per la sua capacità  di integrarsi con il contenuto creativo dell’annuncio (in maniera neutra, potenziandolo,   oppure   ostacolandolo). Ogni mezzo ha una sua specificità, diversa da tutti gli altri, ha una propria grammatica ed una propria   sintassi,  ha un modo particolare di  attrarre  l’attenzione, di   articolare   il   discorso pubblicitario.   Elementi   che riguardano   i   mezzi   di comunicazione  che  possono  avere una   loro   incidenza   sull’efficacia della pubblicità sono rappresentati, soprattutto, da alcune misure ovvie ma imprescindibili dell’Audience, in primis  quante   persone   sono   state esposte   ad   una   data   pubblicità   e quante volte  Obiettivi della pubblicità: Goodwill e Life Style    A   questo   punto   è   quindi   evidente   come   le   variabili   in   gioco   siano   davvero   tante   e complesse. Pretendere quindi che una pubblicità di per sé riesca a vendere, o per converso a farci comprare, è un po’ troppo semplicistico. Scopo della pubblicità è piuttosto, secondo una visione più realistica, quello di stimolare una propensione al  consumo  o prima ancora un’intenzione all’acquisto.  Per  efficacia  si  intende quindi la capacità che ha una determinata pubblicità di creare goodwill (benevolenza)verso il  prodotto,   cioè   evocare   il  desiderio,   la   convinzione   che  quel  prodotto   rappresenti   la migliore delle soluzioni possibili.   In una società  come la nostra dove è stata da tempo  superata la  fase di soddisfazione  dei bisogni primari e il consumo appare progressivamente trasformarsi in comunicazione: la pubblicità  diventa  sì  un effetto,  ma si   trasforma   al  contempo nella causa dello stesso meccanismo.   Gli   individui,   infatti,   ricercano   nei   beni   che   acquistano,   oltre   all’utilità funzionale: ­ un modo per esprimere uno  status sociale  al quale si appartiene o al quale si vorrebbe appartenere, ostentare cioè un prestigio sociale. ­ un modo per esprimere una cultura moderna con la quale si è integrati o con la quale ci si vorrebbe integrare. Si parla in tal caso di consumo di cittadinanza., Gli oggetti rivestono un significato sociale perché comunicano i valori degli individui che li possiedono, il loro life style, forse addirittura la loro reale identità.  Mezzi di manipolazione della pubblicità (ai fini di sé stessa) La pubblicità ha poco tempo per interagire, essa utilizza dunque dei mezzi criticabili per migliorare la propria efficacia, oltre al: 15 ­ cliché,cioè preconcetti che permettono di far passare velocemente un idea (es: la donna in  cucina, l'uomo al lavoro,ecc.. ­ Appello   alle   pulsioni   elementari  ,  in quanto fa appello a sentimenti o istinti forti, saltando   quella   che   è   la   riflessione ragionata.   La   pubblicità   vede   dunque   un fiorire   di   offerte   piene   di   pin­up,   o   di maschi super palestrati.  ­ Manipolazione   dell'inconscio  ,   Circa   un   secolo  fa  Edward Bernays, pubblicitario, ammetteva nel suo libro "Propaganda":  «coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese.  Noi siamo dominati,   la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...»  Bernays non si  riferiva soltanto alla propaganda politica, bensì anche alla pubblicità commerciale, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la  American Tobacco Company negli anni venti, per incitare le donne a fumare, consistette per esempio nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e i diritti   o   la   libertà  della  donna.  Questa   campagna  fece  aumentare   le vendite a tal punto che la società  Philip Morris riprese più tardi questa idea per gli uomini, e lanciò il famoso cow­boy Marlboro. Efficacia della pubblicità  Uno dei  quesiti  di   fondo della  pubblicità  è   il   seguente:  la  pubblicità   funziona?  È  bene, innanzitutto,   stabilire   cosa   s'intende   per  pubblicità efficace,   e   quindi   stabilire   qual   è   lo  scopo  della pubblicità   stessa.   A   titolo   illustrativo   è   utile circoscrivere   il   ragionamento   alla   pubblicità commerciale classica. È   innegabile   che   agli   occhi   di   un'azienda   una pubblicità   efficace   è   quella   che   permette   di raggiungere gli  scopi  di  redditività,  perciò   lo  scopo della pubblicità, è quello di vendere di più il proprio prodotto.   Sebbene   questa   concezione   sia   legittima, non è corretta: per il semplice fatto che, tra la messa in circolazione di  una réclame e il  momento in cui un consumatore   finalmente   compra   il   prodotto 16 Nel  1947  Georges   Bernanos  affermava  che   i motori   di   scelta   della   pubblicità   sono semplicemente   i  sette  peccati   capitali,  per   la ragione  che  è  molto  più   facile  appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni.  pubblicizzato, intercorrono talmente tante variabili che non ha senso collegare questi due punti con una semplice freccia. È pur vero che per una certa categoria di prodotti uno schema così semplice come quello stimolo­risposta (vedi la pubblicità/compri il prodotto) può anche essere appropriato, ma i prodotti in questione sono quasi sempre beni di largo consumo impiegati per le esigenze quotidiane come l’acqua minerale la benzina o la carta igienica, che vengono acquistati quindi con una certa regolarità e che hanno delle alternative altrettanto valide.    In  ogni   caso   i  messaggi  della  pubblicità  per  essere  efficaci,  generalmente,  devono risultare: informativi,persuasivi e creativi.                                    Gli abusi e la regolamentazione legata alla pubblicità Come   ogni   attività,   la   pubblicità   è   sottoposta   ad   una   regolamentazione   e   ad   una deontologia. Nessuna   regolamentazione   protegge   ancora   il   consumatore   dal   martellamento   di   un singolo   messaggio   ripetuto   parecchie   dozzine   di   volte   in   una   settimana.   Eppure   la ripetizione  a  questo   ritmo di  messaggi  monotoni   e  uguali   aprirebbe   il  diritto  ad  una querela per "assillamento", reato riconosciuto e sanzionato. Alcuni organi pubblici o privati si incaricano di fare rispettare le regole. Questo controllo si esercita sul contenuto (ad esempio non troppo sesso come nel caso della pubblicità erotica o non troppa violenza come nel caso della shockvertising) o sulla forma   (distinzione   chiara   tra   ciò   che   è   espresso   come   puro   messaggio   pubblicità promozionale e il contenuto con sottintesi informativi, ludici o altro, come nel caso della pubblicità ingannevole). Possono ugualmente esistere regolamentazioni riguardanti certi mezzi di trasmissione di pubblicità (come ad esempio i poster pubblicitari stradali). Dalla constatazione che non tutti i messaggi sono: veritieri, onesti e corretti , però, è sorto   il   Codice   di   Autodisciplina   a   cura   della   CGIP   (confederazione   generale italiana della pubblicità), per evitare comunicazioni di tipo distorto e la cosiddetta pubblicità ingannevole.  Un’altra direttiva del Parlamento europeo, ha consentito di introdurre anche in Italia, entro  certi   limiti,   la  pubblicità   comparativa,   che   in  passato  era  vietata.  Questa consiste nella possibilità di poter fare delle comparazioni fra prodotti di imprese diverse (esempio: confronto fra le tariffe delle aziende telefoniche). Critica della pubblicità fine a se stessa  Alcuni  movimenti   (raggruppati   in  Francia   sotto   il   termine di  Antipub)  considerano   la pubblicità nefasta di per sé, al di là delle critiche ai contenuti:  La pubblicità distrarrebbe in senso “pascaliano”, cioè essa farebbe perdere di vista cose più importanti.   Essa farebbe parte di un sistema economico vizioso, erigendo a norma sociale il consumo di beni inutili, perfino pericolosi.   La pubblicità cercherebbe di manipolare lo spirito di chi la   guarda   o   ascolta.   Il   disegnatore   satirico  Bernhard Willem   Holtrop  usa   l'espressione   "colonizzare   il   nostro cervello". Questo argomento è in particolar modo diretto contro   le   campagne   di   imposizione   dei   marchi,   il   cui 17 E’   stabilito   che   una casalinga   di   meno   di cinquanta   anni   può tenere   a   mente solamente tre marche di detersivi.   Per   un produttore di detersivi è vitale far parte dei tre. possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando per riviste come Vogue e  Glamour. Morì a New York il 22 febbraio 1987, alle 5.45 del mattino, in seguito a un intervento  chirurgico alla cistifellea. I funerali si svolsero a Pittsburgh, sua città natale, e a New York  venne celebrata una messa commemorativa. La sua attività artistica conta tantissime opere, produceva in serie le sue opere con l'ausilio dell'impianto serigrafico. Le sue opere più famose sono diventate delle icone: Marilyn  Monroe, Mao Zedong, Che Guevara e tante altre. La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori  (prevalentemente vivaci e forti). Prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi  commerciali (famose le sue bottiglie di Coca Cola, le lattine di zuppa Campbell's, e i  detersivi Brillo) o immagini d'impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a  mettere a disagio il visitatore proprio per la ripetizione dell'immagine su vasta scala. La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all'interno di un museo o di una  mostra d'arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: secondo uno dei più grandi  esponenti della pop art l'arte doveva essere consumata come un qualsiasi altro prodotto  commerciale. Ha spesso ribadito che i prodotti di massa rappresentano la democrazia sociale e come tali  devono essere riconosciuti: anche il più povero può bere la stessa Coca Cola che beve il  Presidente degli Stati Uniti o Marilyn Monroe. 20 Citazioni by Andy Warhol Alcuni critici hanno detto che sono il Nulla in Persona e questo non ha aiutato per niente il mio senso dell'esistenza. Poi mi sono reso conto che la stessa esistenza non  è nulla e mi sono sentito meglio. Ignoro dove l'artificiale finisce e cominci il reale. Il modo per essere contro culturale e avere un successo commerciale di massa è  dire e fare cose radicali in una forma conservatrice. Come ha fatto McLuhan:  scrivere un libro per dire che i libri sono obsoleti. Io ho la malattia sociale. Devo andare fuori tutte le sere. Se sto a casa una notte  comincio a parlare coi miei cani. Una volta sono stato a casa per una settimana e i  miei cani hanno avuto un collasso nervoso. La pop art è un modo di amare le cose. Le masse vogliono apparire anticonformiste, così questo significa che  l'anticonformismo deve essere prodotto per le masse. Quel che c'è di veramente grande in questo paese è che l'America ha dato il via al  costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del  più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca­Cola, sai che  anche il Presidente beve Coca­Cola, Liz Taylor beve Coca­Cola, e anche tu puoi  berla. 21 Le opere d’arte nella pubblicità Che la pubblicità sia considerata un’arte, lo sappiamo, ma che l’arte flirti con lei è una novità. Forse stanchi dei soliti noti, i pubblicitari si sono rivolti a testimonial che per essere belli e trendy non hanno bisogno di restauri (se non  sporadici!).  Quindi al posto di famosi dello spettacolo, abbiamo visto il David di  Michelangelo in jeans, la Venere di Milo con gli occhiali da sole, la  Gioconda di Leonardo coi capelli ricci. Bisogna ammetterlo: le statue greche sono meglio dei calciatori e la  Gioconda piace di certo più delle veline. Antico vs iper­moderno. Arte vs pubblicità .Sacro vs profano. Dimensioni parallele che trovano un incontro e si compenetrano in un mix di sottili  alchimie. Sarà per l'alone di mistero che avvolge la sua storia ma Monna Lisa, la famosissima opera di Leonardo, resta il dipinto più "sfruttato" al mondo.  Infatti, dalle improbabilissime caricature pittoriche, al cinema, alla pubblicità, la Gioconda è testimonial perfetta della "creatività" più sfrontata.  L'ultimo caso viene dall'advertising. La prima immagine a sinistra è un soggetto stampa Pantene che, come potete vedere, è solo l'esempio più recente (e di sicuro neanche l'ultimo) in ordine di apparizione. Ecco altri due casi in cui si utilizza l’arte per fare pubblicità. Ho messo insieme questi due perché in entrambi il messaggio è simile: l’obesità è qualcosa di negativo. Per trasmettere questo messaggio si sono prese due immagini artistiche molto famose: “l’uomo di Leonardo” e il David di Michelangelo che a loro modo rappresentano due esempi di bellezza, due canoni di bellezza ­ il primo molto di più del secondo, e sono stati resi grassi grazie ai soliti miracoli del fotoritocco. 22 mondiale,   quando   l’avvento   dell’aria   condizionata   e   la   disponibilità   di   un’affidabile riserva idrica resero la vita del deserto sopportabile.  Geografia Las   Vegas   sorge   nello   stato   del   Nevada   nel  deserto   del  Mojave.   Di   conseguenza,   il paesaggio naturale è secco, roccioso, con vegetazione scarsa. La   generale   aridità   del   territorio   circostante   rende   ancora   più   evidente   l’abbondanza d’acqua   utilizzata   in   città   per   scopi   puramente   decorativi,   come   alimentare   il   verde artificiale o riempire i laghi e le fontane che molti casinò hanno installato. Si tratta, forse, di uno spreco, ma il risultato di stupire il visitatore è sicuramente raggiunto.  L’amministrazione   comunale   cerca,   suggerendo   la   procedura   nota   come  xeriscaping ("giardini" di pietrisco bianco, ciottoli e rocce abbinati a qualche pianta di aloe e cactus), di convincere gli abitanti a rinunciare al prato all'inglese ed a ricorrere, per il giardinaggio, a specie vegetali autoctone e, quindi, più parche nei consumi. Clima  Il   clima   di   Las   Vegas   non   può   che   risentire   dell'ambiente   desertico  in   cui   la   città   è costruita, con precipitazioni scarse ed alte temperature estive. Economia  L'immagine  della  città  è   legata  al  gioco  d'azzardo  e  ai  divertimenti.  Non bisogna però trascurare   che   Las   Vegas   è   anche   diventata   una   sede   primaria   per  congressi   e   fiere, riuscendo così ad attirare un consistente turismo d'affari. Altro   fattore  essenziale   è   lo  shopping.  La  continua  presenza  di   turisti  ha   incrementato notevolmente il commercio al dettaglio, al punto che i centri commerciali sono ormai un polo attrattivo a sé stante. Identico discorso può essere fatto per i ristoranti. Come sede di contea e di un distretto giudiziario federale, Las Vegas è caratterizzata da un gran numero di avvocati ed addetti ai servizi legali in genere. Edifici, luoghi d'interesse turistico e spettacoli  Tra gli edifici di Las Vegas si possono citare i casinò e gli alberghi, spesso inclusi in un unico complesso. Molti  casinò  sono collegati  con ferrovie a monorotaia oppure con passaggi sotterranei. La  periferia,   formata  da  quartieri   residenziali,   si  estende  nel  deserto.  Molti  pensionati provenienti da ogni parte degli Stati Uniti si sono trasferiti a Las Vegas. Molti   casinò   "storici"   sono   stati   fondati   da   imprese   collegate   a   varie   organizzazioni criminali, come la mafia. Sicuramente personaggi legati alla criminalità organizzata, come Bugsy Siegel, hanno contribuito alla creazione della "capitale del gioco d'azzardo" e sono parte integrante della leggenda cittadina. Alcuni casinò  Il  Bellagio:  aperto   nel  1998,   cerca   di   imitare   l'atmosfera delle   ville   attorno   al  Lago   di   Como.   Il   lago   artificiale 25 davanti  all'albergo ogni mezz`ora presenta  uno spettacolo di  getti  d'acqua danzanti  al ritmo di musica. Il Bellagio ospita anche il celebre spettacolo "O" del Cirque du Soleil.  Il  Venetian Resort: Basato sul tema di Venezia,  aperto nel maggio del  1999 sul luogo dove sorgeva il  Sands, uno degli   hotel   e   casinò   più   importanti della   "vecchia   Las   Vegas".   Il complesso   ha   al   suo   interno   canali d'acqua   che   ricreano   l'atmosfera   e gondolieri   che   permettono   ai visitatori   di   girare   in   gondola   per l'immenso complesso,  che  all'esterno riproduce Piazza San Marco .   Caesars Palace: Aperto nel 1966, è stato più volte ampliato. Attualmente si esibiscono: la cantante­attrice americana  Cher  col suo show   "Cher   at   the   Colosseum",   il britannico  Elton   John  col   suo   "The   Red Piano" e Bette Midler. Come si intuisce dal nome è un casinò con ambientazione che si rifà all'epoca dell'Impero romano.  L'Excalibur : Con aspetto di castello medioevale, aperto nel 1990.  All'interno dell'edificio si può  assistere ad uno show  chiamato   "Tournament   of   Kings"   che riprende storie medievali e riproduce  giostre  e duelli. Per alcuni anni vicino all'ingresso era possibile vedere uno spettacolo in cui i protagonisti erano Merlino e un drago impegnati in un duello, ora questa   attrazione   non   esiste   più.All'interno della   struttura   esiste   una   cappella   in   cui   è possibile   sposarsi,   e   l'albergo   offre   anche   la possibilità  di   celebrare  un matrimonio  in  stile medievale. Il  Luxor:  A forma di piramide di vetro nero e acciaio alta 30 piani, con statue che imitano lo stile egizio del granito di Aswan ed una sfinge. Dal   tramonto  all'alba  un   fascio   di   luce  dalla punta della piramide è  puntato verso il cielo. L'atrio   dell'albergo   è   il   più   grande   atrio   del mondo.  26 Il  Mandalay   Bay  è   un   imponente gruppo   di   edifici   con   vetrate dorate   che   risalta   in   tutte   le fotografie. Ha un casinò ed enormi piscine   e   fontane   con   giochi   di luce   ed   acqua.   Il   tema   principae sono   i   tropici.   Il   mandalaybay contiene un enorme acquario che si   chiama   Shark   reef   dove   si possono   vedere   varie   specie   di pesci   tropicali   compresi   enormi squali.  Il  New   York,   New   York:  con   un   facciata composita che integra miniature di edifici emblematici di  New York ed una piccola Statua della  Libertà,   il   tutto  avviluppato dai   binari   di   una   montagna   russa. All'interno   ricrea   scorci   di   una   piccola porzione della città. Il Paris: Un grattacielo in bilico tra lo stile del  romanticismo  e   del  neoclassicismo francese,   accompagnato   da   una  Tour Eiffel  ed   un  Arc   de   Triomphe  in miniatura.   Ricrea   al   suo   interno   una piccola parte della città di Parigi.  Il Treasure Island: Aperto nel 1993, ha per tema   l'Isola   del   Tesoro,ogni   sera all`esterno   c'e`uno   spettacolo   che riproduce  una  battaglia  navale  con  un galeone dei pirati.  27 Il mito nell’arte Michelangelo Merisi (CARAVAGGIO) Narciso (1597­1599) Olio su tela, 112 x 92 cm Roma, Galleria nazionale d’arte antica Caravaggio non ritrae in modo diretto ed evidente il soggetto del quadro, ma il suo "Narciso" costituisce un esempio significativo di come l'arte possa rappresentare il rapporto tra la bellezza ideale e la complessità della realtà. In questa tela l'artista lombardo risolve il   tema   mitologico   accentuandone   la   drammaticità,   anziché risolverla   in   una   composizione   dall'equilibrio   classico.   Nulla   è mostrato  dell'ambiente  che circonda  il  soggetto:  Narciso emerge dall'ombra   e   ciò   sottolinea   drammaticamente   lo   stupore improvviso,   la   meraviglia   ed   il   coinvolgimento   che   prova   nel vedere un'immagine così bella, l’espressione anelante che si coglie dal   suo   profilo.   La   naturalezza   della   posa   del   fanciullo, inginocchiato,   che  si  protende verso  l’acqua,   segue   l’andamento verticale   della   tela.   Caravaggio   predilige   le   atmosfere   magiche, sospese e sorprese, introspettive, sonda le infinite possibilità del rapporto luce­ombra e ne risulta un fascio di luce quasi surreale che investe le spalle e la schiena di Narciso evidenziando tutto lo splendore e l’eleganza degli abiti che contribuiscono alla sua bellezza. Salvador Dalì,  Metamorfosi di Narciso(1937) olio su tela, cm 50x78, Londra, Tate Gallery La scelta iconografica del dipinto deriva dalle suggestioni artistiche ricevute durante il viaggio in Italia compiuto dall’artista nel 1936, così come le figure dei nudi sullo sfondo che evocano pose classiche e atteggiamenti formali tipici dell’arte rinascimentale e manierista. Il mito classico del giovane  Narciso,   che   innamoratosi  della  propria   immagine  riflessa   in  uno specchio d’acqua e impossibilitato a possederla si trasforma nel fiore che porta il suo nome, offrì lo spunto all’artista per   inscenare   questa   metamorfosi   ovidiana   in   un’ambigua   relazione   tra   illusione   e   realtà.   La splendida figura accovacciata di Narciso, che giganteggia come una roccia sulla superficie lucida e riflettente   del   lago,   si   trasforma   nel   suo   doppio   che   assume   l’aspetto   di   una   grande   mano pietrificata   che   regge  un   uovo  crepato da cui nasce il   fiore narciso.  Le fasi di trasformazione   sono   rese   in   una narrazione   consecutiva   da   sinistra   a destra,   così   anche   i   colori   opachi   e   le forme dapprima trasparenti, evanescenti e   quasi   invisibili   acquistano gradatamente   una   connotazione realistica   e   concreta,   come   un   lento risveglio dopo un sogno visionario. 30 El Narcisismo de Lorca Biografía de Federico Garcìa Lorca Nació  en  Granada  (España), en el seno de   una   familia   de   posición   económica desahogada, el 5 de junio de 1898, y fue bautizado con el nombre de Federico del Sagrado Corazón de Jesús García Lorca. Como estudiante fue algo irregular. De niño fue puesto a la tutela del maestro Rodríguez Espinosa, en  Almería. Inició bachillerato   de   vuelta   a   su   provincia natal   y   abandonó   la  Facultad   de Derecho de Granada  para instalarse en la Residencia de Estudiantes de Madrid (1918–1928); pasado un tiempo regresó a la  Universidad   de   Granada,   donde   se graduó  como abogado, aunque nunca ejerció  la profesión, puesto que  su vocación era la literatura. La   ubicación   meridional   de   Granada,   donde   se   encontraba   viva   la   herencia   mora,   el folclore, el oriente y una geografía agreste, quedaron impresas en toda su obra poética, donde los romanceros y la épica se funden de manera perceptible.  La España de García Lorca era la de la Edad de Plata, heredera de la Generación del 98, con una rica   vida   intelectual   donde   los   nombres   de Juan   Ramón   Jiménez,  Antonio   Machado, Manuel   Machado,  Ramón   del   Valle­Inclán imprimían   el   sello   distintivo   de   una   crítica contra la realidad de España. En   esta   época   frecuentó   activamente   a   los poetas  de   su  generación  que  permanecen  en España,   sobre   todo  Buñuel  y  Dalí,   a   quien después le tributó Oda a Salvador Dalí.  31 En 1929 marchó a  Nueva York. Para entonces se habían publicado, además de los antes mencionados, sus  libros  Canciones  (1927) y el  Primer romancero gitano  (1928), siempre su obra poética más popular y más accesible. A García le molestaba mucho que el público lo viera como gitano. De su viaje y estancia en Nueva York surge el libro Poeta en Nueva York. En 1930 regresó a España. En 1933 viajó a la Argentina de la Década Infame para promover la puesta en escena de algunas de sus obras por la compañía teatral de  Lola Membrives. Entre este año y  1936 escribió La casa de Bernarda Alba y trabajaba ya en La destrucción de Sodoma cuando estalló la Guerra Civil española. Colombia y  México, cuyos embajadores previeron que el poeta pudiera ser víctima de un atentado debido a su puesto de funcionario de la República, le ofrecieron el exilio, pero Lorca rechazó  las ofertas y se dirigió  a su casa en Granada para pasar el verano. Tras una denuncia anónima, el 16 de agosto de 1936 fue detenido en la casa de uno de sus amigos, el también poeta  Luis   Rosales,   quien   obtuvo   la   promesa   de   las autoridades nacionales de que sería puesto en libertad «si   no   existía   denuncia   en   su   contra».   La   orden   de ejecución fue dada por el gobernador civil de Granada, José   Valdés   Guzmán,   quien   había   ordenado   al   ex diputado de la CEDA Ramón Ruiz Alonso la detención del poeta. Las últimas investigaciones, como la de  Manuel Titos Martínez,  determinan que fue  fusilado  la madrugada del 18 de agosto de 1936, seguramente por cuestiones territoriales, ya que algunos caciques,  muy conservadores,   tenían rencor  al  padre  de  Lorca  porque era  un cacique progresista.  32 Pirandello  nacque  nel  1867  a  Càvusu,   luogo  che  al  momento  della   sua  nascita  aveva cambiato la sua denominazione originaria in "Caos",oggi  Agrigento,  in una  famiglia  di agiata condizione borghese . L'infanzia   di   Pirandello   non   fu   sempre   serena ma,   come   lui   stesso   racconterà   nel  1935, caratterizzata   anche   dalla   difficoltà   di comunicare con gli adulti e in specie con i suoi genitori,   in   modo   particolare   con   il   padre. Questo   lo   stimolò   ad   affinare   le   sue   capacità espressive  e a studiare   il  modo di  comportarsi degli   altri   per   cercare   di   corrispondervi   al meglio. Dopo   l'istruzione   elementare   impartitagli   da maestri   privati,   andò   a   studiare   in   un  istituto tecnico  e   poi   al  ginnasio.   Qui   si   appassionò subito alla letteratura.  Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio   dello   zolfo,   e   poté   conoscere direttamente il mondo degli operai nelle miniere e   quello   dei   facchini   delle   banchine   del  porto mercantile. Iniziò   i   suoi   studi  universitari  a  Palermo  nel 1886,   per   recarsi   in   seguito   a  Roma,   dove continuò i suoi studi di filologia romanza che poi dovette completare a Bonn, importante centro culturale di quei tempi. Si   laureò  nel  1891  con una  tesi  sulla  parlata  agrigentina "Voci  e  sviluppi  di  suoni nel dialetto di Girgenti" . Nel  1892 Pirandello si trasferì a  Roma, qui conobbe  Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo letterario e che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere giornalisti, scrittori, artisti e critici. Nel  1894,  a  Girgenti,  Pirandello  sposò  Maria Antonietta  Portulano,  questo  matrimonio probabilmente  concordato  soddisfaceva  anche gli   interessi  economici  della   famiglia  di Pirandello. Nonostante ciò tra i due coniugi nacque veramente l'amore e la passione. Nel 1895, a completare l'amore tra gli sposi, nacque il primo  figlio:  Stefano, a cui seguirono due anni dopo, Rosalia (1897) e nel 1899 Fausto. Nel  1903, un allagamento e una  frana  in una miniera di zolfo del  padre li  ridusse sul lastrico.Questo avvenimento accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella andava sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, causate anche dalla gelosia. Solo diversi  anni dopo, nel  1919, egli,  ormai disperato, acconsentì  che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicanalisi di Sigmund Freud, lo studio dei meccanismi della mente e ad analizzare il comportamento sociale nei confronti della malattia mentale. Il suo primo grande successo fu merito del romanzo “Il fu Mattia Pascal”, pubblicato nel 1904 e subito tradotto in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità 35 del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello. Perché Pirandello arrivasse al successo riconosciuto si dovette aspettare il 1922, quando si dedicò totalmente al teatro. Dopo la guerra, lo scrittore si immerse in un lavoro frenetico, dedicandosi soprattutto al teatro.   Nel   1925   fondò   la   "Compagnia   del   teatro   d'arte".   Cominciò   a   viaggiare   per   il mondo: le sue commedie vennero rappresentate anche nei teatri di Broadway. Nel 1929 gli venne conferito il titolo di Accademico d'Italia. Nel giro di un decennio arrivò ad essere il drammaturgo di maggior fama nel mondo, come testimonia il premio Nobel ricevuto nel 1934. Pirandello morì di polmonite. Vennero rispettate le sue volontà espresse nel testamento: "Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il  carro, il  cavallo, il  cocchiere e basta". Per sua volontà  il  corpo fu  cremato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono sparse per il "Caos" (la sua tenuta, nell'omonima contrada). Il pensiero   L'umorismo Nel saggio  "L'umorismo"  Pirandello  distingue   il   comico  dall'umorismo.   Il  primo,  definito come "avvertimento del contrario", nasce dal contrasto tra l'apparenza e la realtà.  L'umorismo,   invece,   nasce   da   una   considerazione   meno   superficiale   della   situazione. Mentre   il   comico   genera   quasi   immediatamente   la   risata   perché   mostra   subito   la situazione   evidentemente   contraria   a   quella   che   dovrebbe   normalmente   essere, l'umorismo nasce da una più ponderata riflessione che genera una sorta di compassione da cui si origina un sorriso di comprensione. Nell'umorismo c'è   il senso di un comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le debolezze altrui che sono anche le proprie.  L'umorismo è  meno spietato del comico che giudica in maniera immediata. «Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. "Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora  dovrebbe  essere.  Posso  così,   a  prima giunta  e   superficialmente,  arrestarmi  a  questa   espressione comica. “ «Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le rughe, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più  addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. ».  La disgregazione dell'io  L'analisi   dell'identità   condotta   da   Pirandello   lo   portò   a   formulare   la   teoria   della disgregazione dell'io.  Quando si  arriva  alla  perdita  dell'identità   si  entra  nella  follia,   tema centrale   in  molte opere, Questo comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla pazzia. « Il  nostro spirito consiste di elementi distinti,  più  o meno in rapporto tra loro,   i  quali  si  possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori   dalla   coscienza  dell'io   normale,   ha   una  propria   coscienza   a   parte,   indipendente,   la   quale   si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di 36 vero e proprio sdoppiamento dell'io. Talché veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto. »  Il contrasto tra la vita e la forma  Pirandello   svolge   una   ricerca   inesausta  sull'identità   della   persona  nei   suoi   aspetti   più profondi, dai quali dipendono sia la concezione che ogni persona ha di sé, sia le relazioni che  intrattiene  con gli  altri.  Egli  mette   in  evidenza  il  contrasto esistente  tra   la  fluidità inarrestabile   della   vita,   che   è   diversa   di   momento   in   momento   e   che   presenta contemporaneamente   aspetti   molteplici   ed   anche   contraddittori,   e   l'esigenza   di cristallizzare   quel   flusso   continuo   in   immagini   certe,   stabili,   alle   quali   ancorare   la conoscenza che si ha, o meglio si crede di avere, di sé e degli altri.  Il relativismo psicologico Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il  relativismo psicologico che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel rapporto interpersonale, e verticale, ovvero nel rapporto che una persona ha con se stessa. Gli  uomini  nascono  liberi  ma  il  Caso  interviene  nella   loro  vita  precludendo ogni   loro scelta: l'uomo nasce in una società precostituita dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve comportarsi. Ciascuno è  obbligato a seguire il  ruolo e le regole che la società   impone,  anche se l'io vorrebbe manifestarsi   in  modo diverso:  solo  per   l'intervento  del  caso  può  accadere  di liberarsi di una forma per assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare indietro, come accade al protagonista de “Il fu Mattia Pascal”. L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno sé stesso, poiché ognuno vive portando ­ consapevolmente o, più spesso, inconsapevolmente ­ una maschera dietro la quale si agita una moltitudine di personalità diverse e sconosciute. Queste riflessioni trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel romanzo “Uno, nessuno e centomila”: Uno  (perché   ogni   persona   crede   di   essere   un   individuo   unico   con caratteristiche   particolari); Centomila  (perché   l'uomo   ha,   dietro   la   maschera,   tante personalità quante sono le persone che ci giudicano); Nessuno (perché, paradossalmente, se l'uomo ha 100.000 personalità invero non ne possiede nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero "io").  La reazioni al relativismo  ­ Reazione passiva     L'uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi   o   deluso   dopo l'esperienza  di  vedersi   attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive   nell'infelicità,   con   la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno vivere per come 37 Se  tu  mi  vedi  come uno  jettatore  per  quanto  io   faccia  non riuscirò  a  cambiare   la   tua opinione e dunque sarò come tu mi vuoi ma che almeno possa trarne un vantaggio. Il giudice D'Andrea, seriamente convinto che la jella non esista, vuole rendere giustizia al pover'uomo così ingiustamente messo al bando dalla società per una sciocca superstizione ed è quindi disposto a condannare il figlio del sindaco e un assessore, contro i quali s'è querelato  per  diffamazione  Chiarchiaro   a   seguito   degli   scongiuri   che   quelli   hanno pubblicamente e sfacciatamente fatti al suo passaggio. Ma il giudice viene a sapere dallo stesso  querelante   che  questi   è   andato  a   fornire  prove  e   testimonianze   certe  della   sua capacità jettatoria agli stessi avvocati dei querelati. Dunque sarebbe lui che vuole essere condannato. Eppure Chiarchiaro ha diversi motivi per chiedere giustizia: a causa della cattiva fama costruita su di lui la sua famiglia s'è rinchiusa in casa, le sue belle figliole non trovano più nessuno che voglia sposarle, lui stesso ha perduto il lavoro e fa la fame. Ma proprio per questo il presunto jettatore vuole che non ci siano più dubbi sulle sue doti di autore di malefici:  chi  li  teme dovrà  pagare una piccola somma per evitarli  e perché  questo non appaia   come   un'estorsione  egli   pretende   che   il   giudice   gli   dia,   condannandolo,   un attestato,  una  patente  per esercitare  legalmente la sua professione di  jettatore.  Come il giudice con la sua laurea può esercitare la sua professione così Chiarchiaro potrà scrivere sul suo biglietto da visita: "di professione jettatore" e così, apertamente, potrà far pagare una tassa anti­jella ai superstiziosi. Il  giudice naturalmente si  rifiuta,  quando, proprio mentre Chiarchiaro pretende al alta voce la sua patente di jettatore, un colpo di vento fa cadere la gabbia dove, ormai morto per la caduta, cantava un cardellino unico ricordo della defunta cara mamma del giudice. I giudici del collegio giudicante hanno assistito muti e sbigottiti all'accaduto: pagano in silenzio   il   loro   obolo   a   Chiarchiaro   che   lo   accetta   sghignazzando:   da   adesso   potrà ufficialmente esercitare la sua professione. ­ Reazione drammatica     L'uomo vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli allora sarà quello che gli altri credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime   e   drammatiche   conseguenze.   Si chiuderà   in una solitudine disperata  che lo   porta   al   dramma,   alla   pazzia   o   al suicidio   come   accade   ad   esempio   al protagonista di “Uno,nessuno,centomila”. Uno,nessuno, centomila Il   protagonista   di   questa   vicenda, Vitangelo   Moscarda,   è   una   persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca   del   padre   e   vive   di   rendita affidando   a   due   fidi   collaboratori   la gestione dell'impresa. Un giorno, tuttavia, in seguito alla rivelazione da parte della moglie   di   un   suo   difetto   fisico   (il   naso leggermente storto), inizia a scoprire che 40 le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa da quella che lui ha di sé. È la consapevolezza di essere presente nelle persone intorno a lui in centomila   forme   differenti   che   accende   il  desiderio   di   distruggere   queste   forme   a   lui estranee,   con   l'obiettivo   di   scoprire   il   vero   sé.   Inizia,   quindi,   ad   agire   con   il   fine   di strappare queste immagini sbagliate di sé che sono nelle persone, iniziando con la moglie e il suo Gengè (il nomignolo con cui lo chiamava e cui ella affidava l'immagine del marito). La sua prima consapevolezza, dunque, ha come oggetto ciò che non è, e nel tentativo di distruggere   queste   errate   convinzioni,   apre   la   strada  per   la   scoperta  di   ciò   che   è.  La difficoltà, però, sta nel conoscere se stesso, la vera essenza di sé. Vitangelo Moscarda tenta di sorprenderla in un attimo in cui si affaccia sulla realtà, ma nel momento in cui si rende conto di ciò, la fa scomparire. Ne deriva l'impossibilità a conoscere l'io profondo, l'essenza stessa di sé. Il   protagonista   arriverà   alla  follia,   che   non   è   considerata   in   modo   negativo,   ma   è considerata come un momento in cui, sospesi tutti i comportamenti prima automatici, la facoltà percettiva riesce ad allargarsi e vedere il mondo con "altri occhi", perché finalmente libera dalle regole consuete. L'opera finisce con la presentazione della "vera vita", finalmente libera dalle costrizioni, capace  di   rinascere   in  ogni  attimo.  Vitangelo  Moscarda   conclude  che  per  uscire  dalla prigione in cui   la  vita  rinchiude,  non basta  cambiare  nome,  ma bisogna rifiutare  ogni nome,   inteso   come   la   rappresentazione   della  forma  di   una   cosa,   la   sua   parte   statica. Proprio perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l'unico  modo per  vivere   in  ogni   istante  è  vivere  attimo per  attimo  la  vita,   rinascendo continuamente in modo diverso. The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde INTRODUCTION Nowadays men become like a Dr Jekyll, with two opposite faces in the same man. This  double   is   the  portrayal  of  “good” and “evil”   that  can be  compared, today on two personalities: one with fair behavior and good ideals and the other influenced by society. In the famous Stevenson’ s novel, Dr Jekyll, a virtuous and handsome man, falls in a deep interior confusion that brigs him to take a potion able to release his evil side, Mr. Hyde. 41 Today, this potion ca be the symbol of society and men can be compared to Dr. Jekyll. Up to this theory, developed by Stevenson, two parties can’t be divided, in fact the separation, that is a break of personality, in really appeared like a multiplication. That it change is only the strong power of a part on the other. On the other hand, nowadays we haven’t the possibility to choose in taking a potion, only strong ideals can defend and support us from an “ill society” that spoil our personality and is able to let grow our bad alter ego, our Mr. Hyde. The good side should overcome the bad side. It should not happen what took place in the story where Dr.Jekyll had to kill himself to eliminate the evil side. We ought not to let society influence negatively our ideals. PLOT Mr. Utterson is a London lawyer who is a friend of Dr. Jekyll. Jekyll gave up his regular practice to experiment with non­traditional medicine. Utterson is concerned because Jekyll has written a will that leaves all his money to his new partner Mr. Hyde. Utterson has heard bad things of Hyde and disliked him at first sight. The lawyer thinks his friend is being blackmailed. One day, the lawyer is asked to identify the body of a murdered man, Sir Danvers Carew, one of Utterson's clients.  Hyde is suspected of the murder, but he has disappeared. Jekyll swears   that  he has  not  seen  Hyde and has broken with him forever.  The case  remains unsolved and Jekyll  becomes  more sociable than he had been. Suddenly, though, he locks himself   into   his   laboratory,   yelling   to   the servants through the door, directing them to gather   chemicals   for   him.   The   servants recognize a change in his voice and think that 42 restaurants et s'habille avec élégance et raffinement. C’est à cette époque que Baudelaire écrit les premiers poèmes des Fleurs du Mal.     Il se lie avec JEANNE DUVAL, la Vénus noire, mais leurs amours seront tumultueux et souvent   douloureux.   Plus   tard,   il   fera   la   connaissance   de   MARIE   DAUBRUN   ,   puis d'APOLLINE   SABATIER.   Ainsi,   la   vie   affective   de   Baudelaire   sera   essentiellement partagée entre ces trois femmes, différentes mais complémentaires : Jeanne, la sensuelle, Marie, la sage et la tendre, Apolline, la sainte qu'il vénère.     Baudelaire devient critique d'art, il s'intéresse à la politique au moment de la révolution de 1848 et il écrit des articles dans un journal républicain, mais ses propos sont jugés trop excessifs par le directeur et il est vite congédié. Il recommence à écrire, en 1857 il publie la première édition des Fleurs du Mal.  Très vite son recueil est retiré de la vente et Baudelaire est condamné en correctionnelle pour immoralité. Il est contraint à une amende et doit retirer de son recueil les six pièces condamnées ( " Lesbos" ; " Femmes damnées"; " Le Léthé" ; " A celle qui est trop gaie" ; " Les bijoux" ; " Les métamorphoses du vampire" ). En 1864  il  publie   ,  dans  le  Figaro,  des  poèmes en prose sous  le   titre  Spleen de Paris. Accablé   des   dettes,   il   quitte   Paris   pour   se   réfugier   en   Belgique.  Miné   par   l'alcool,   la drogue, la maladie, Baudelaire vit d'autant plus mal son exil volontaire que son oeuvre ne connaît pas un vif succès. Il vit misérablement et oublié de tous ; seule la concierge du petit immeuble qu'il habite lui prodigue soin et attention. A la suite d'une chute, Baudelaire devienne aphasique et hémiplégique. Il est ramené  à Paris où il meurt le 31 août 1867. Les thèmes dominantes de ses ouvres sont :  ­   Les  paradis   perdus,  l’inspiration   provoque   la   même   joie   que   prouve   l'enfant   en découvrant les formes et les couleurs ; ­  L'exotisme: sentiment qu'il éprouve après avoir fait son voyage aux Indes, où tout est calme et volupté. ­ Le spleen: forme exaspérée du mal du siècle, le spleen traduit le malheur qui tourmente Baudelaire au court de toute sa vie. Il s'agit d'un état presque pathologique caractérisé par un dégoût de la vie. ­  L'idéal: malgré son désespoir le poète aspire à la beauté et l'art est le meilleur chemin pour atteindre l'idéal: échapper au spleen à travers des instants d'oubli. ­ La ville: on peut dire que Baudelaire est un poète moderne car contrairement à tous les autres poètes, il choisit la ville comme décore privilégié de ses poèmes. Sa poésie rompt avec l'inspiration pastorale et paysagiste pour découvrir  l'atmosphère urbaine.  Homme des foules et de la solitude dans la foule, Baudelaire décrit la ville, qui rend ses êtres seuls, et c'est de cette solitude que nait le spleen. 45 ­  la   recherche   d'une   évasion   spatio­temporelle,   Baudelaire   aspire   à   un   monde   plus vivable et il pense que l'âme sur cette terre est en exile. Pour s'évader il trouve différents moyens: a) évasion par les senses:  le corps est un point de départ pour aller ailleurs. Les sons, les parfums, les odeurs constituent des correspondances entre un monde en bas et un monde en haut. b) évasion   à   travers   les   paradis   artificielles:  vin,   opium,   tabac.   Ces   moyens permettent  d'avoir  des  visions,  de récupérer  des aspects  de  la vie  intérieure. Baudelaire a souvente l'impression du "déja­vu":  "J'ai plus de souvenirs que si j'avait mille ans" c)  évasion par  la mort:  le  dernier  poème des  Fleurs  est   "Le  voyage".  Tous   les voyages  sur   la   terre  mènent  à   la  déception  et   la  recherche  de   l'au­delà  devient essentielle. Spleen de Paris     Si le titre "Spleen de Paris" fut souvent évoqué par Baudelaire, force est de constater que le thème du mal­être du poète n'est pas le thème dominant du recueil, Baudelaire parle aussi du   mal­être   des   autres   et,   par   ailleurs,   cet   état   n'est   pas   spécifiquement   parisien. Contrairement aux Fleurs du Mal, il y a une diversité thématique dans le recueil en prose et le moi du poète n'est plus le seul  motif d'inspiration :  Baudelaire se livre certes à  une forme  d'introspection,  mais   il   tourne  aussi   son   regard  vers   les  autres   et   il  devient   le chantre des pauvres, des artistes en général, de l'homme qui a du mal à trouver sa place dans la société.      S'évader   du  quotidien  et  de   ses   soucis,  de   la  ville   et   de   ses   tourments,   de   la compagnie des autres,  est un motif récurrent dans le recueil  et souvent, c'est le besoin d'évasion qui préside à l'écriture, l'écriture étant d'une part un moyen de s'enfermer dans un monde sans limites et sans frontières et d'autre part un moyen de transfigurer la réalité. Comme dans   les  Fleurs  du  mal,  l'évasion  devient  un   remède  au   spleen  de   l'auteur  et Baudelaire use de tous les moyens qui peuvent l'aider à s'affranchir du réel.      L' ivresse, c'est cet état second qui caractérise l'homme sous l'emprise de l'alcool. On sait que Baudelaire usait (et abusait) du vin et d’autres liqueurs.  Dans   le   recueil   en   prose,   un   seul   poème   fait   allusion   à   l'alcool   et   à   ses   vertus thérapeutiques pour soigner les blessures du temps : il s'agit du poème XXXIII, Enivrez­ vous (ci­dessous).  Mais il convient de prendre le verbe dans son sens élargi et métaphorique : ce que propose Baudelaire, c'est de dépasser la réalité qui nous environne en nous "plongeant" dans un autre univers par le moyen d'un excipient quelconque : 46 " Enivrez­vous sans cesse ! De vin, de poésie, de vertu, à votre guise". Ce n'est donc pas tant l'éloge de l'alcool que la nécessité  de s'évader de l'esclavage du temps qui préside à ce poème.  XXXIII ENIVREZ­VOUS Il faut être toujours ivre. Tout est là : c’est l’unique question. Pour ne pas sentir l’horrible  fardeau du Temps qui brise vos épaules et vous penche vers la terre, il faut vous enivrer sans trêve. Mais de quoi ? De vin, de poésie ou de vertu, à votre guise. Mais enivrez­vous. Et si quelquefois, sur les marches d’un palais, sur l’herbe verte d’un fossé, dans la solitude morne de votre chambre, vous vous réveillez, l’ivresse déjà diminuée ou disparue, demandez au vent, à la  vague, à l’étoile, à l’oiseau, à l’horloge, à tout ce qui fuit, à tout ce qui gémit, à tout ce qui roule, à  tout ce qui chante, à tout ce qui parle, demandez quelle heure il est ; et le vent, la vague, l’étoile,  l’oiseau, l’horloge, vous répondront : « Il est l’heure de s’enivrer ! Pour n’être pas les esclaves  martyrisés du Temps, enivrez­vous ; enivrez­vous sans cesse ! De vin, de poésie ou de vertu, à votre guise. » 47
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