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L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli, Study Guides, Projects, Research of Literature

Edmondo De Amicis was one of the first Italian reporters; his reportages were, at his time, famous and read by many people. Especially his travel reports about Mediterranean countries (Spain, Morocco, Constantinople), can be counted among the masterpieces of

Typology: Study Guides, Projects, Research

2018/2019

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Download L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli and more Study Guides, Projects, Research Literature in PDF only on Docsity! L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli Cristiano BEDİN * Orientalism in Edmondo De Amicis: Spain, Morocco, Constantinople Abstract Edmondo De Amicis was one of the first Italian reporters; his reportages were, at his time, famous and read by many people. Especially his travel reports about Mediterranean countries (Spain, Morocco, Constantinople), can be counted among the masterpieces of odeporic literature of the XIX century. In these works the writer, within a detailed account of facts and places, mixes actual reportage style with sentimentalism and the amazement of a tourist in front of a foreign country’s beauties, alternating gloomy and amusing parts. What we would like to highlight here is that oeuvres such as Morocco, Constantinople and, to a lesser extent, Spain, are a genuine example of Italian orientalism, formulated according to French and English stylistic patterns, but developed in a personal and original way. De Amicis aims to move readers’ feelings and to convey his emotions, whether positive or negative. He never expresses judgments about the East, but describes it with the feelings of someone fascinated by a completely different world. Keywords: De Amicis, Spagna, Marocco, Costantinopoli, Reporter, Orientalism, Edward Said. Introduzione. Nascita della figura del reporter in Italia Alla vigilia dell’Ottocento in Italia, si comincia a creare un vero e proprio mito dello scrittore di viaggio, che si affermerà in particolare con la diffusione degli ideali piccolo-borghesi. Lo scrittore di viaggio finisce in questo periodo per essere mitizzato, tanto che quasi tutti gli scrittori dell’epoca si sono * Okutman, Yabancı Diller Yüksek Okulu, Yeditepe Üniversitesi. L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 50 cimentati con questo genere (Trevi 2006: 10-11). Allo stesso tempo questo successo provoca la progressiva degradazione del genere a fenomeno di massa, spesso in balia delle pretese degli editori e del pubblico (Clerici 2008: XCIV). Infatti negli anni settanta del XIX secolo, in ritardo rispetto all’America e all’Europa, nella penisola italiana comincia ad apparire un nuovo stile di divulgazione delle notizie. Nasce, infatti, il reportage, brano generalmente di esigue dimensioni scritto da un giornalista inviato nella zona in cui è avvenuto il fatto. Da questo periodo, quindi, si preferisce la notizia trasmessa dal vivo e in simultanea. Tutto questo è favorito anche dalle nuove scoperte tecnologiche, dalla locomotiva al telegrafo, che creano un bisogno di conoscenza immediata di fatti provenienti da tutte le parti del mondo. Accanto allo sviluppo e alla diffusione del giornale, nascono le prime riviste che si interessano di viaggi e scoperte, rivolte oltre che a ricchi borghesi, imprenditori, avvocati e politici, anche a uomini della medio-bassa borghesia emergente, i quali sono soliti frequentare i caffè e i ritrovi cittadini alla moda (Bezzi 2001: 20). In concomitanza con questa evoluzione sociale, nascono in Italia alcune case editrici che si specializzano nella pubblicazione di reportage di viaggio e letteratura odeporica, secondo le nuove richieste del pubblico. Ne è un esempio la casa editrice Treves, che dopo un periodo di esilio in Francia, diffonde le nuove idee del giornalismo nordeuropeo, dandosi alla stampa di periodici popolari informativi. Allo stesso modo, a Firenze, Barbèra interessandosi alle vicende sociali italiane si avvia alla pubblicazione di nuovi generi di guide turistiche. In tutti e due i casi, “gli editori pongono il pubblico al centro delle loro strategie di marketing, puntando ad una diffusione popolare istruttiva e divagante” (Bezzi 2001: 22); in questo sta la novità nel panorama editoriale italiano fin de siècle. Questo nuovo clima porta alla comparsa di nuovi reporter che sanno cogliere gli impulsi forniti dal pubblico, tra i quali si possono citare, in primo luogo, Edmondo De Amicis, Folchetto e Giovanni Faldella. In questi autori il punto più importante diventerà la presentazione del vissuto, infatti dal giornale o dalla casa editrice per cui lavorano sono chiamati a descrivere ed interpretare gli avvenimenti direttamente visti con perspicacia e sensibilità (Bezzi 2001: 26). Ormai viene accantonata la mera relazione informativa, lasciando spazio ad una maggiore interpretazione dei fatti, cosa che darà la possibilità ai corrispondenti di attrarre l’attenzione di un pubblico sempre più curioso e esigente. Cristiano BEDİN 53 Costantinopoli. Prima di tutto si riscontra in queste due opere una maggiore autonomia dalle fonti rispetto a Spagna; infatti l’autore si preoccupa di “rendere nitidi i contorni delle figure che disegna mettendone in piena luce i tratti caratteristici e sottolineandoli in una tessitura aneddottica del racconto sempre esibita con astuzia e divertimento” (Bezzi 2007: 94). In queste prime opere si sviluppa e matura lo stile deamicisiano, ma anche se alcuni vi hanno visto una preparazione di quello che poi sarà il grande romanzo Cuore, in cui vengono sperimentate le varie potenzialità del sentimentalismo attraverso la descrizione paesaggistica (Portinari 1996: XXXII), è più giusto pensare alla produzione odeporica come a un territorio privilegiato in cui analizzare la società e descriverla. Basti pensare al capolavoro della prosa di viaggio deamicisiana, Sull’Oceano, in cui con la scusa di un viaggio in America Latina nel 1884, l’autore descrive le condizioni di 1.600 emigranti italiani diretti a Buenos Aires. In questo resoconto, assolutamente innovativo, in un panorama letterario che non aveva considerato minimamente il problema dell’emigrazione, De Amicis si concentra sulle storie e sulla descrizione dell’umanità che gli sta intorno, disegnando un bozzetto dell’Italia fin de siècle (Zappitelli 2007: 129). Quindi pur risaltando la descrizione paesaggistica, resa in maniera realistica e scientifica, “emotivamente persuasiva” (Bezzi 2007: 80), lo scrittore si allontana dal patetismo e dal sentimentalismo delle prime opere odeporiche e si concentra sull’“osservazione della civiltà anche nei suoi aspetti sociali”, mostrando “un’interesse sempre maggiore (che è spiegato anche con la sua adesione al socialismo) al problema dei rapporti sociali e alle loro conseguenze anche nella vita quotidiana” (Guagnini 1991: 92). Strettamente legate a questo reportage sono altre due opere di grande interesse per lo sviluppo della coscienza sociale di De Amicis. In America (1897), che racconta il suo ultimo viaggio, riprende la tematica di Sull’oceano e quindi “segue le sorti degli emigrati per raccontarle” (Bezzi 2001: 29). Ma con La carrozza di tutti (1899) lo scrittore ligure firma un racconto di viaggio “anomalo” e innovativo. Il viaggio si svolge nella quotidianità di Torino e i paesaggi presentati sono quelli dell’umanità cittadina, rinchiusa in una carrozza di un tram, “attraverso la vita sociale e quotidiana della moderna città italiana attraversata da nuovi sistemi comunicativi” (Bezzi 2001: 29). L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 54 De Amicis e l’orientalismo In questo periodo un gran numero di scrittori-giornalisti giungono in Oriente come inviati speciali per scrivere articoli su giornali e riviste, creando un sostrato di idee che alimentano un immaginario collettivo abbastanza artificiale (Petrosillo 2007: 185). Secondo E. W. Said “si è in tal modo formato un patrimonio letterario europeo di stile orientaleggiante, basato assai spesso su esperienze personali” (Said 1999: 159). Attraverso questa letteratura l’Occidente tenta quindi di studiare, interpretare e giudicare l’Oriente, incrementando l’eurocentrismo che si era profilato nell’epoca del colonialismo. Ma se per gli autori inglesi e francesi di ambito odeporico nell’Ottocento questo discorso può essere ineccepibile, tale considerazioni non possono essere accostate pienamente a De Amicis. Infatti lo scrittore pur rappresentando in ambito italiano “quella mentalità e quel pregiudizio eurocentrico che ci inducono a vedere l’Oriente come una rappresentazione occidentale del tutto distorta del reale” (Petrosillo 2007: 188), in Marocco e Costantinopoli risaltano espressioni di simpatia e ammirazione per quelle bellezze esotiche – seppure incarnate da idee stereotipate – in un contesto affascinante e suggestivo. Certo De Amicis si sofferma spesso sulla stranezza, irruenza, “crudeltà” e “bestialità” degli autoctoni (Petrosillo 2007: 191), ma non sembra farlo per sminuire o criticare la società islamica (per cui l’autore nutre un certo rispetto), ma piuttosto per genuino stupore di fronte al diverso 3 . In ogni caso è interessante notare come l’autore abbia pochissimi rapporti con gli autoctoni, cosa che invece era successa nei resoconti precedenti (Petrosillo 2007: 198). Se da una parte questo è dovuto al carattere ufficiale del viaggio in Marocco e alla brevità del soggiorno ad Istanbul, è ragionevole intuire che lo scrittore ritenga l’Occidente maggiormente evoluto rispetto alla civiltà orientale contemporanea (Bezzi 2001: 41-42). Inoltre non si deve trascurare che De Amicis non conosce le lingue dei paesi che visita, al contrario della Spagna, di Parigi o di Londra, quindi ha continuamente bisogno di un interprete per relazionarsi alla gente del posto, limitando le sue possibilità di interazione. 3 Cfr. le immagini orribili e le critiche che sono state spesso espresse nei riguardi della cattolicissima Spagna. Per tale motivo gli esempi di crudeltà, ferocia e fanatismo non implicano automaticamente una condanna deamicisiana all’Islam, come ha invece tentato di dimostrare (Petrosillo 2007: 181-200). Cristiano BEDİN 55 In ogni caso De Amicis pur rimanendo, in Marocco e Costantinopoli, in linea con le idee colonialiste e orientaliste dell’epoca, rielabora le sue esperienze in maniera personale, dando una rappresentazione molto particolare, emozionata, a volte quasi entusiasta dell’Oriente e della società orientale. Se si analizzano queste due opere possono essere portate ad esempio molte parti che danno un’idea abbastanza chiara di questo particolare modo di avvicinarsi all’Oriente e di descriverlo. Prima di tutto lo stupore è un sentimento che accompagna De Amicis sia in Marocco sia a Istanbul e questo sentimento esprime spesso reazioni contrastanti che sfiorano l’ammirazione e allo stesso tempo l’orrore. Si noti la descrizione dell’entrata dello scrittore a Fez. Come esprimere lo stupore, la meraviglia, la pietà, la tristezza che provai dinanzi a quel grandioso e lugubre spettacolo? Il primo effetto è quello d'una immensa città decrepita, che si vada sfacendo lentamente. Case altissime, le quali paion formate di più case sovrapposte, che si scompongano; scalcinate, screpolate di cima in fondo, puntellate da ogni parte, senz'altre aperture che qualche buco in forma di feritoia o di croce; lunghi tratti di strada fiancheggiati da due muri alti e nudi come muri di fortezza; strade in salita e in discesa, ingombre di calcinacci, di pietre e di rottami d'edifizi, che svoltano di trenta in trenta passi. (De Amicis 2006: 141) La stessa cosa è visibile nella prima reazione di fronte alla realtà della capitale dell’Impero Ottomano. Quella Costantinopoli tutta luce e tutta bellezza è una città mostruosa, sparpagliata per un saliscendi infinito di colline e di valli; è un labirinto di formicai umani, di cimiteri, di rovine, di solitudini; una confusione non mai veduta di civiltà e di barbarie, che presenta un’immagine di tutte le città della terra e raccoglie in sè tutti gli aspetti della vita umana. (De Amicis 2006: 204) L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 58 stanco, avvilito. Son graziose le ragazzine, non ancora obbligate a coprirsi; occhi neri, visetto pieno, carnagione pallida, boccuccie rotonde, mani e piedi piccini. (De Amicis 2006: 103) Spagna: l’orientalimo nelle pagine andaluse Nel maggio del 1873 Spagna esce nelle librerie riscuotendo successo e approvazione da parte del pubblico. In un anno di lavoro avviene una lunga elaborazione del materiale raccolto durante il soggiorno spagnolo e delle missive mandate dalla penisola Iberica a «La Nazione». Il nucleo che risulta una “prova generale per il volume” è la parte corrispondente alle lettere da Cordova e Granada (Danna 2000: 48). Infatti in questa sede De Amicis si dimentica del suo vero scopo di viaggio e si presenta come un normale turista. Per questo motivo nel libro De Amicis tace la vera ragione per cui si reca in Spagna e si presenta da subito come un normale viaggiatore che compie questo viaggio in ragione di un suo desiderio personale. Il passaggio da una serie di lettere a un libro impone allo scrittore l’esigenza di trovare un modello che lo possa guidare nello svolgimento dell’opera. Escludendo la sola silloge delle lettere e puntando verso un resoconto cronologico e romanzato, De Amicis si concentra su un tipo di “impianto misto”, in cui si alternano a descrizioni emotive, soggettive e romantiche parti oggettive ricavate da testi e guide turistiche dell’epoca (Danna 2000: 49). Gli autori di questi testi non vengono mai citati dall’autore, se non velatamente (come il Gautier designato “viaggiatore illustre”) o in maniera polemica e ironica (come Giuseppe Baretti) (Danna 2000: 61). Nell’organizzazione del materiale troviamo una preponderante presenza di elementi descrittivi, riferiti all’arte, all’architettura e al panorama urbano, oltre alla presentazione delle persone che l’autore incontra nelle varie tappe del viaggio. Importante valore è dato all’immagine della donna spagnola, a volte raffigurata in tutta la sua sensualità, mentre quasi inesistente è lo spazio dedicato al re, che compare insieme alla regina solo in alcune pagine del capitolo su Madrid. In questo punto si vede il poco interesse espresso per la situazione politica, presentata piuttosto attraverso la voce del popolo riportata in paragrafi scritti appositamente per il libro e non presenti nelle lettere(Danna 2000: 53). Già a partire dell’ultima frase del capitolo dedicato a Madrid, “E partii per Toledo fantasticando l'amor d'una regina come un giovane avventuriere delle Mille e una notte” (De Amicis 1872/1873: 178) si capisce il taglio che De Cristiano BEDİN 59 Amicis vuole dare ai capitoli riguardanti le città andaluse di Cordova, Siviglia, Granada e Valenza. In questa parte ormai l’attenzione alla politica è totalmente oscurata (se non solo velocemente accennata) e l’autore si dedica alla totale descrizione degli elementi artistici, paesaggistici e sociali delle città visitate. In ogni caso il vero interesse dello scrittore è quello di rivisitare e rivivere quel passato arabo-islamico dell’Andalusia ormai perduto, ma immaginato secondo schemi e preconcetti tipici dell’orientalismo di fine secolo. Questa parte può essere vista a ragione come una prima prova per i resoconti dei suoi viaggi in Marocco e a Istanbul. Non deve stupire il fatto che De Amicis, ormai passato l’interesse per l’avventura politica di Amedeo di Savoia, che aveva abdicato proprio tre mesi prima della pubblicazione del libro, ora in Spagna rivolga la sua attenzione a un altro tema, l’Oriente, che dagli inizi dell’Ottocento, con l’allargarsi della politica coloniale francese e inglese, era diventato uno dei soggetti preferiti da scrittori e artisti. Pur arrivando in Italia in ritardo rispetto ad altre nazioni, la suggestione dell’Oriente aveva riscosso grande successo e interesse, in concomitanza con le nuove scoperte in Africa, l’inizio dell’indipendenza dei Balcani dall’Impero Ottomano e le guerre turco-russe (Bezzi 2001: 38). Questa corrente, analizzata da Edward W. Said nel suo testo L’Orientalismo, ha la particolarià di creare non un’immagine realistica dell’Oriente, bensì una rappresentazione distorta di ciò che l’Occidente vuole vedere in esso (Petrosillo 2007: 182), pertanto improntata “a uno stile di pensiero fondato su una distinzione sia ontologica sia epistemologica tra l’Oriente da un lato, e [...] l’Occidente dall’altro” (Said 1999: 12). Questo aspetto, anche se non in maniera profonda come in Marocco e Costantinopoli, è presente anche nell’Andalusia deamicisiana. In ogni caso, in Spagna l’immagine dell’Oriente è, più che fisica, soprattutto onirica, una ricostruzione immaginaria di un tempo che non esiste e di cui ci si rammarica della scomparsa, tanto che all’uscita dalla moschea di Cordova De Amicis si stupisce di come gli abitanti dell’Andalusia, pur immersi in una cornice arabo-islamica, non si vestano da Arabi. Ohimè! – dicevo io ai miei compagni –: quanto sta male il cappello a staio per le strade di Cordova! Come avete cuore di appiccicare il figurino della moda su questo bel quadro orientale? Perchè non vi vestite da Arabi? (De Amicis 1872/1873: 126) L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 60 Questo interesse è prima di tutto dovuto al fatto che “aristocratici e borghesi condivideranno il medesimo entusiasmo e la grande curiosità che li spingerà a voler conoscere, principalmente attraverso la lettura, i paesi esotici appartenenti all’Oriente, i cui racconti circolavano con grande successo nei numerosi caffè e salotti dell’epoca” (Petrosillo 2007: 184). De Amicis, che è uno degli autori più sagaci e attenti alle “mode” della società italiana fin de siècle, non si farà sfuggire l’occasione di riempire le pagine andalusiane di immagini arabeggianti. Tra le più riuscite di queste descrizioni è quella dell’Alhambra, a Granada. Lo scrittore si aggira per le sale del vecchio palazzo dei califfi arabi pervaso da una specie di rapimento onirico. Non risposi, non lo vidi, ero già sterminatamente lontano da lui: l'Alhambra aveva già cominciato ad esercitare su di me quel fáscino misterioso e profondo a cui nessuno può sfuggire e che nessuno sa esprimere. [...] “È strano,” gli risposi; “quello che mi passa per la testa in questo momento. Quel cortile come lo si vede di qui, questa sala, queste finestre, questi colori, tutto quello che mi circonda, mi pare che non mi riesca nuovo; mi par che risponda a una immagine che avevo in capo, non so da quando, non so come, confusa in mezzo a mille altre, forse nata in un sogno, che so io! (De Amicis 1872/1873: 288- 291) Questo luogo fa esclamare allo scrittore ormai completamente perso nella suggestione di un mondo che aveva da tempo sognato e cercato: “- Ma che so io di Granata!- gli risposi; -che so io di sera e di mattina e di me stesso; io sono in Oriente!-” (De Amicis 1872/1873: 289). Lo scrittore in questa e in altre descrizioni suggestive, come la moschea di Cordova, intende descrivere l’Oriente come “l’effige sbiadita risorgente dal passato, un’illusione da preservare, il deposito dei sogni trasgressivi ed evasivi”(Bezzi 2001: 38), immagine a cui la stessa borghesia era interessata e che voleva trovare nei libri di viaggio dell’epoca. In ogni caso, pur ricollegandosi all’Oriente, l’esotismo presente in Spagna è abbastanza lontano da quello che invece si ritrova in Marocco e Costantinopoli. De Amicis si rende conto di essere nella Spagna Cristiano BEDİN 63 Tutti hanno nell’espressione del viso qualchecosa di vago e di profondo, come di chi sia dominato da un’idea fissa, o pensi a luoghi e a tempi molto lontani, o sogni ad occhi aperti. Appena entrato nella folla, mi ferì un odore particolare, che non avevo mai sentito in mezzo alla gente in Europa; non so di che, ma punto gradevole, e nondimeno cominciai ad aspirarlo con una viva curiosità, come se mi dovesse spiegare qualche cosa. […] pochi o nessuno sorridente; gli uni dietro gli altri silenziosi e lenti come una processione di spettri per il viale d’un camposanto. Non so come, ma davanti a quello spettacolo, sentii il bisogno d’abbassar gli occhi sopra me stesso, e di dire dentro di me «Io sono il tale dei tali, il paese dove mi trovo è l’Affrica, e costoro sono Arabi» e riflettere un momento per ficcarmi questa idea nella testa. (De Amicis 2006: 80) Ma l’immagine più viva del Marocco viene offerta dall’autore al Soc de Barra, dove egli può assaporare “più profondamente il carattere del paese” (De Amicis 2006: 83). In questa descrizione è possibile ammirare un saggio dell’emozione provata dallo scrittore alla vista di alcune scene di vita quotidiana, descritte con forte trasporto e realismo. In quel momento, vicino alla porta v’era un gruppo di donne arabe, sedute in terra, con mucchi d’erbaggi dinanzi; accanto alla tomba del santo una lunga fila di cammelli accosciati; più su, alcune tende nerastre e un cerchio d’arabi attoniti, seduti intorno a un vecchio, in piedi, che raccontava una storia; qua e là, vacche e cavalli; e sulla sommità, fra le pietre e i monticelli di terra del cimitero, altri arabi immobili come statue, col viso rivolto verso la città, tutta la persona nell’ombra, e le punte dei cappucci che spiccavano sull’orizzonte dorato dal crepuscolo. Su tutta questa scena una pace di colori, un silenzio, una mestizia, da non potersi efficacemente descrivere a voce, se non stillando parola per parola nell’orecchio di chi ascolta, come quando si confida un segreto. (De Amicis 2006: 84) L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 64 Dopo questo bozzetto esotico, l’autore esprime alcune considerazioni sulla situazione politica ed economica del Marocco, ormai ridotto in povertà e lontano dall’antico splendore e fornisce un’analisi dettagliata delle varie etnie presenti nella nazione. In questa parte emergono le conoscenze geopolitiche e sociologiche di De Amicis, anche se superficiali. Concluso il discorso generale sul Marocco, lo scrittore si dilunga in descrizioni di personaggi e avvenimenti visti durante il suo soggiorno per le vie del paese. Uno dei momenti più interessanti è la serata passata a casa del padre di Maometto, un marocchino che si aggirava nell’ambiente dell’ambasciata italiana. In questo episodio i commensali attorniati da pietanze disgustose vengono rapiti dalle note di una musica ammaliante, arrivando quasi a sentirsi parte integrante di quel quadro esotico. Un giorno suo padre ci invitò a desinare. Era un desiderio che avevamo da molto tempo. Una sera tardi, guidati da un interprete e accompagnati da quattro servi della Legazione, s’arrivò, per alcune stradette oscure, a una porta arabescata, che s’aperse, come per incanto, al nostro avvicinarsi; e attraversata una stanzina bianca e nuda, ci trovammo nel cuore della casa. […]Il padrone, pregato, sedette anche lui, per tenerci compagnia, e cominciarono a sfilare i piatti arabi, oggetto della nostra vivissima curiosità. Io assaggiai il primo con grande fiducia.... Eterno Iddio! Il mio primo pensiero fu di precipitarmi sul cuoco. Tutte le contrazioni che si possono produrre sul viso d’un uomo all’assalto improvviso d’una colica, o alla notizia del fallimento del suo banchiere, io credo che si sian prodotte sul mio.[…] A ogni boccone, il nostro ospite c’interrogava umilmente collo sguardo, e noi, stralunando gli occhi, rispondevamo in coro «Eccellente! Squisito!» e buttavamo giù subito un bicchier di vino per ravvivarci gli spiriti. A un certo punto, scoppiò nel cortiletto una musica bizzarra che ci fece balzar tutti in piedi. […] quella bizzarra musica araba, che a furia di ripetere il suo lamento misterioso, s’impadronisce dell’anima con una simpatia irresistibile; ci diedero per qualche momento una specie di ebbrezza taciturna e fantastica, durante la quale ognuno di noi credette di Cristiano BEDİN 65 sentirsi il turbante sul capo e la testa d’una sultana sul cuore. (De Amicis 2006: 110-113) Costantinopoli i. Genesi dell’opera L’interesse per l’Impero Ottomano e i Turchi, che prende piede negli anni settanta dell’Ottocento a causa della seconda guerra russo-turca e ai rivolgimenti che si stavano svolgendo sui Balcani (Danna 2000: 122), porta De Amicis a compiere un viaggio in Grecia e in Turchia nel 1874 e a pensare alla stesura di un resoconto incentrato sulla capitale ottomana. L’opera viene pubblicata solo nel 1877-78; tale ritardo è causato, oltre che alla pausa dovuta al suo viaggio in Marocco, dalla difficoltà di supplire alla pochezza delle fonti dirette con letture di altri testi (in particolare francesi). Infatti sebbene il libro che racconta il viaggio ad Istanbul sia voluminoso, De Amicis passa in questa città solo alcuni giorni (Danna 2000: 95). La brevità del viaggio impone, durante la stesura dell’opera (per altro uscita in due tomi), di attingere informazioni da numerose letture, sfiorando a volte il plagio (Ghisleri 1878: 38- 39). Di conseguenza, se nel caso di Marocco il resoconto nasce da un vero e proprio soggiorno, in cui l’autore ha il tempo per vedere e interpretare la realtà visitata, Costantinopoli appare un volume descrittivo, formatosi più attraverso la lettura che dalla diretta esperienza. “De Amicis esibisce riferimenti intertestuali letterariamente illustri, facendoli seguire ad altri […], in un elenco di «scrittori di viaggi» il cui ordine sembra essere appunto un’approssimativa climax di celebrità” (Danna 2000: 123). Se, quindi, lo scrittore ha ormai affinato le sue capacità narrative, in questo resoconto troviamo un arretramento, dato lo scarso spazio dato alla narrazione del viaggio in sè rispetto all’esposizione dei monumenti e delle particolarità sociali che si possono riscontrare nella capitale dell’Impero Ottomano. Questo è visibile anche nella stessa struttura del racconto; infatti, invece di dividere la narrazione in base alle tappe e ai luoghi visitati De Amicis divide il libro in capitoli riguardanti i temi affrontati, come per esempio il ponte di Galata, il gran bazar, alcuni aspetti dell’Harem turco, la religione islamica, la cucina turca e la condizione della donna turca. L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 68 questa visione divina! Chi osa descrivere Costantinopoli? Chateaubriand, Lamartine, Gautier, che cosa avete balbettato? Eppure le immagini e le parole s’affollano alla mente e fuggono dalla penna. […] Come afferrare i particolari di questo quadro prodigioso? Lo sguardo si fissa per qualche momento sulle rive vicine, sopra una casetta turca o sopra un minareto dorato; ma subito si rilancia in quella profondità luminosa e spazia a caso fra quelle due fughe di città fantastiche, seguito a stento dalla mente sbalordita. (De Amicis 1878: 17-18) Concluso il momento di emozione De Amicis si sofferma anche sui suoi compagni di viaggio, che come lui appaiono sbalorditi dal paesaggio. Passata la prima emozione, guardai i viaggiatori: tutte le faccie erano mutate. Le due signore ateniesi avevano gli occhi inumiditi; la signora russa, nel momento solenne, s’era stretta sul cuore la piccola Olga; persino il freddo prete inglese faceva sentire per la prima volta la sua voce, esclamando di tratto in tratto: – wonderful! wonderful! – (stupendo stupendo!) (De Amicis 1878: 19) Conclusioni De Amicis, per lungo tempo autore criticato e dimenticato, è soprattutto famoso per quel libro di cui, per anni, ha rimandato la pubblicazione e che stancamente ha scritto: Cuore. Oggi questo romanzo, più volte svalutato a causa del sentimentalismo che non si adatta alla società contemporanea perché troppo stucchevole, viene letto soprattutto in quanto documento di un’epoca e di uno scrittore che si è occupato durante la sua carriera di vari argomenti. Infatti l’importanza di Cuore nella produzione deamicisiana è stata progressivamente ridimensionata e oggi si tende, invece, a dare maggiore importanza ad altre opere come Amore e Ginnastica, Primo Maggio e i numerosi racconti di viaggio. De Amicis è stato uno dei primi inviati speciali italiani e i suoi reportage sono opere che sono state lette da moltissime persone e che hanno goduto di una grande fama. In particolare i suoi racconti di viaggio incentrati sul Mediterraneo, Spagna, Marocco, Costantinopoli, possono essere annoverati fra Cristiano BEDİN 69 i capolavori della narrativa odeporica dell’Ottocento. Lo scrittore in queste opere, all'interno di una narrazione precisa degli avvenimenti e delle varie tappe, mescola il reportage giornalistico al sentimentalismo e patetismo e allo stupore del turista di fronte alle bellezze di un paese straniero, alternando tratti malinconici e divertenti. Comunque elemento importante da non trascurare è che opere come Marocco, Costantinopoli e, in misura minore, Spagna sono una genuina testimonianza dell’orientalismo italiano, formulato secondo gli stilemi della letteratura francese ed inglese ma elaborata in maniera personale e originale. Si può notare che De Amicis intende emozionare il suo lettore, trasmettere le sue emozioni, positive o negative che siano. Non giudica l’Oriente ma lo descrive con il sentimento di colui che viene affascinato da un mondo diverso. BIBLIOGRAFIA Bezzi, Valentina (2001) De Amicis in Marocco. L’esotismo dimidiato, Il Poligrafo, Padova. Bezzi, Valentina (2007) Nell’officina di un reporter di fine Ottocento, Il Poligrafo, Padova. Clerici, Luca (2008) Introduzione, in Id. (a cura di), Scrittori italiani di viaggio. Volume primo 1700-1861, Mondadori, Milano. Danna, Bianca (2000) Dal taccuino alla lanterna magica. De Amicis reporter e scrittore di viaggi, L. S. Olschki, Firenze. De Amicis, Edmondo (2006) Memorie mediterranee. Viaggi in Spagna, Marocco, Costantinopoli e Sicilia, a cura di N. Misuraca, con una prefazione di E. Trevi, Edizioni Socrates, Roma. _______ Edmondo (1872/1873) Spagna, a cura di S. Fabris, Franco Muzzio Ed., Padova, 1998. _______ Edmondo (1878) Costantinopoli, a cura di L. Scarlini, Einaudi, Torino, 2007 Ghisleri, Arcangelo (1878) Costantinopoli di Edmondo De Amicis. Studio critico, Bignami, Milano. Guagnini, Elvia (1991) Dalla prosa odeporica tradizionale al “reportage moderno”. Appunti su forme e sviluppo della letteratura di viaggio dell’Ottocento, in «Problemi», n. 90, 1991. Petrosillo, Emanuela (2007) L’Orientalismo sadiano nella scrittura di De Amicis, in «Rivista di studi italiani», a. XXV, n. 1, Giugno 2007. L’Orientalismo in Edmondo De Amicis: Spagna, Marocco, Costantinopoli 70 Portinari, Folco (1996) Introduzione, in De Amicis, E., Opere scelte, Mondadori, Milano. Said, Edward W. ( 1999) Orientalismo. L’ immagine europea dell’Oriente, Milano, Feltrinelli, 7. ed., 2007. Zappitelli, Angelica (2007) Note su De Amicis reporter, in «Rivista di studi italiani», a. XXV, n. 1, Giugno 2007.
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