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riassunti italiano quinta, Essays (high school) of Italian

riassunti di italiano del xx secolo. svevo, Joyce , Pirandello stile e opere

Typology: Essays (high school)

2020/2021

Uploaded on 06/17/2021

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Il romanzo novecentesco Il romanzo novecentesco nasce con Joyce, Proust e Kafka:nasce con la morte del Naturalismo; l'abbandono della trama tradizionale, quella dove una sequenza narrativa è collegata logicamente alla precedente e alla successiva; nasce con il rifiuto del significato finale, dell'ideale religioso o patriottico, della motivazione sociale, come i grandi romanzi di Manzoni e Verga; nasce con la preferenza per la durata degli avvenimenti, per l'epifania delle cose come nel celebre incipit della Recherche di Proust quando un semplice gesto viene letto non consapevolmente, ma dilatato nel tempo dalla memoria inconsapevole;nasce dallo spaesamento del personaggio, che può dividersi in infiniti modi, come in Uno, nessuno e centomila di Pirandello, oppure rifiutare il modo con cui lo vede la società come ne Il fu Mattia Pascal, per cercare una nuova identità più consona al suo animo, pur sapendo che togliersi la maschera è pericolosissimo e ti destina alla sconfitta. Italo Svevo Prima di affrontare lo studio della poetica e delle opere di Italo Svevo, il prof mette in evidenza come Svevo sia uno dei tanti autori ebrei della letteratura italiana, come Saba, Bassani, Moravia, Primo Levi, ecc. Svevo è lo pseudonimo con il quale Aron Hector Schmitz ha firmato i suoi romanzi più importanti: Una vita, Senilitá, La coscienza di Zeno. Svevo nacque nel 1861 a Trieste, quando era ancora Impero austriaco, mentre diventerà Impero austro-ungarico nel 1867,quindi la crescita umana e culturale di Svevo avviene in una città sotto Vienna, sicuramente mitte l'Europa (cultura del centro Europa) ma con la lingua ufficiale tedesca: ne consegue che l'italiano dell'autore fu soprattutto quella colloquiale di famiglia e amici. Inoltre egli fece studi commerciali e le sue famiglie, sia quella d'origine sia quella che si formò con la moglie Livia Veneziani, trattavano con bonaria tolleranza la sua passione per la letteratura. I suoi primi due romanzi passarono, infatti, quasi del tutto inosservati e Svevo, anche con il sollievo della famiglia, sembrava avesse rinunciato alla scrittura;ma i primi anni del '900 offrirono due incontri che cambiarono il destino di Svevo e le sorti della letteratura italiana. Il primo incontro nasce dal fatto che Svevo, impiegato nella ditta di vernici del suocero, aveva bisogno di parlare fluentemente l'inglese e si rivolse e si rivolse alla Berlits school di Trieste che gli presentò un giovane Joyce, che dava lezioni di inglese visto che il suo successo come scrittore era ancora lontano. Tra i due si instaurò un rapporto che andò oltre l'insegnamento dell'inglese perché i due iniziarono a influenzarsi a vicenda su questioni letterarie. Fu proprio Joyce a motivare Svevo nel portare a termine il romanzo con il quale esplose il successo letterario: La coscienza di Zeno. Il secondo incontro avvenne con la conoscenza della psicanalisi di Freud, in quanto Vienna era la capitale della mitteleuropa asburgica dove Svevo vive.L’autore triestino trovò così interessanti gli studi di Freud per la letteratura che arrivò a definirli più utili per i letterati che per gli altri campi di applicazione. La questione primaria è la differenza di stile tra Joyce e Svevo perchè non sono ‘uguali’ come spesso si afferma, l’unica somiglianza tra i due è la differenza con i romanzi tradizionali, ‘’stream of conscience’’ .Ma lo stile di Joyce e il monologo interiore di Svevo è evidente perché il primo consiste in una libera rappresentazione e trascrizione dei pensieri che emergono alla mente, mentre il secondo è un tempo misto tra la memoria e la coscienza; con quest'ultima che valuta e ironizza su ciò che la memoria ricorda. Resta il fatto che sono entrambi, sia l'Ulisse sia La coscienza di Zeno, romanzo sperimentali nella forma e con lo stesso obiettivo, la stessa poetica: non possiamo conoscere oggettivamente la realtà. Sono quindi improntati a un forte soggettivismo, dove il narratore interno non è semplicemente un personaggio del romanzo ma il romanzo stesso è dove il tempo non è un susseguirsi di istanti sempre uguali, ma, come ci dice Beckson, il tempo si sottrae alla misura e gli istanti si dilatano e si restringono secondo i soggetti. Anche i primi due romanzi firmati Svevo, Una vita e Senilitá, sono romanzi psicologici, ma manca lo sperimentalismo de La coscienza di Zeno, in quanto hanno uno stile naturalistico, una focalizzazione esterna, narrati in terza persona. Però il protagonista della sua opera più celebre assomiglia molto ai protagonisti dei suoi primi due romanzi, Alfonso Nitti ed Emilio Brentani, entrambi aprono un motivo letterario che avrà fortuna nel novecento. Il motivo dell'inetto: già l'etimologia della parola ci suggerisce che i tre protagonisti non sono capaci di mettere in atto i loro desideri, sono spettatori della loro vita e hanno piacere nel guardarla. La vita non è né brutta né bella, ma originale Il motivo dell'inetto, che Svevo ha sviluppato nei primi due romanzi, lo ritroviamo nel romanzo che gli ha dato il successo, con la notevole differenza che in questo cambia lo stile allontanandosi definitivamente dalla scrittura tradizionale. Come esemplifica bene il titolo, l'oggetto della narrazione è la coscienza di Zeno: in prima persona, Zeno Cosini scandaglia la sua coscienza ricercando le cause di una malattia della volontà che lo ha accompagnato per tutta la vita. Il romanzo si divide in otto parti: una prefazione, un preambolo e sei capitoli. 1. Nella prefazione c'è l'artificio di immaginare che un fantomatico dottor S(potrebbe essere Sigmund Freud o Svevo) pubblichi il lavoro di psicoanalisi del suo paziente Cosini, per vendetta perché Zeno ha abbandonato la terapia. 2. Dal preambolo ai sei capitoli sarà Zeno a parlare e in un tempo misto tra passato e presente, tra memoria e coscienza, ripercorrendo episodi significativi della sua vita, a partire dal primo, che si riferisce ai suoi vani tentativi di smettere di fumare per mancanza di volontà. L'umorismo di Svevo ricorda le date scritte sul muro per celebrare la fine delle sigarette oppure date significative: tutte dimenticate da una debole volontà. Negli altri capitoli Zeno ricorda e ironicamente giudica altri momenti significativi come aver sposato la donna, Augusta, che tra le figlie di un imprenditore triestino le piaceva meno, ma era l'unica disponibile a sposarlo. Il brano in programma si riferisce al capitolo che ricorda l'associazione commerciale con il cognato Guido, colui che con la sua brillante personalità aveva sposato Ada, la bellissima sorella maggiore di Augusta. Guido rappresenta una personalità opposta di Zeno: infatti tutta la sua personalità si scioglie dinanzi alle difficoltà della vita e inizia anche a lamentarsi pesantemente della moglie fino ad affermare che la vita è stata con lui dura e ingiusta. Cosini, che invece è dotato di sottile ironia, afferma che 'la vita non è né brutta né bella, ma è originale', anticipando così l'ultimo capitolo. Nell'ultima parte del romanzo, come è ormai chiaro ai lettori, Zeno si autoassolve perché è la vita stessa una malattia, un flusso continuo di opportunità, desideri e disillusioni; a lui pare che i suoi contemporanei non l'abbiano capito, sia coloro che vivono solo inseguendo grandi profitti sia le masse che incendiano le piazze negli anni '20 sia i cattivi maestri(gli Ideologi) che condurranno l'umanità alla distruzione tramite un enorme ordigno. della persona e del mondo stesso, a partire dalla moglie che gli fa notare che il suo naso pende da una parte e non è bello come se lo vede lui. Il treno ha fischiato(pag.907) La produzione novellistica di Pirandello attraverso tutta la vita dell’autore, visto che egli scrisse da adolescente la sua prima novella e la sua ultima, Effetti di un sogno interrotto, pubblicata ne ‘Il corriere della sera’ il giorno prima della morte, avvenuta il 10/12/1936. Le novelle di Pirandello sono inserite nella raccolta Novelle per un anno,in quanto l’autore voleva scriverne 365 ma si fermò a cento in meno.Le sue novelle hanno sia valore artistico proprio sia vanno viste come laboratorio per la creazione dei romanzi e delle opere teatrali, basti pensare che molti drammi pirandelliani derivano dalle novelle, sono lo sviluppo delle novelle: ad esempio il dramma ‘Così e se vi pare’ deriva dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. I motivi ispiratori delle novelle sono quelli del contrasto tra essere e apparire, contrasto più amaro della romantica dissonanza tra sogno e realtà, e dell’alienazione dell’uomo moderno, motivo questo che fa entrare Pirandello tra quegli autori, da Kafka a Musil, che hanno descritto il quadro spirituale e intellettuale del primo novecento. Dinanzi a questo contrasto i personaggi pirandelliani provano a ribellarsi partendo da un evento casuale, come il ritrovamento di un corpo creduto essere Mattia Pascal oppure l’osservazione della moglie sul naso di Vitangelo Moscarda: così avviene per Belluca come la celebre La patente, celebre perché è stata rielaborata più di una volta al cinema basti pensare all’interpretazione di Totò. Al protagonista, Rosario Chiarchiaro, la gente del paese dove abita ha rozzamente messo in faccia la maschera dello ‘iettatore’ allora egli si ribella e beffardamente chiede per vie legali ‘la patente di iettatore’. La novella entra subito in medias res con il narratore che è un vicino di casa dell’impiegato Belluca, il quale impazzisce e la novella inizia con la rappresentazione con i fenomeni della folla per tornare indietro a scoprire le cause della pazzia. Dopo la descrizione impietosa e grottesca delle visite dei colleghi il narratore/vicino di casa, inizia a darci delle informazioni per risalire alle cause: la prima è l’ambiente di lavoro, fatto di abusi e provocazioni, che richiama la stessa condizione dello scarafaggio del protagonista de La metamorfosi di Kafka. Citando Dante Alighieri, il prof. ricorda che nello stesso cerchio il sommo poeta aveva messo gli iracondi e gli accidiosi e così è Belluca, il quale dopo aver infinitamente sopportato(come un accidioso), esplode d’ira. Anche in questa novella c’è un evento casuale che dà inizio alla ribellione, Belluca sente un fischio lontano del treno che lo porta a immaginare di andarsene via, sia dall’ambiente di lavoro(come Pascal) dalla sua situazione familiare. Ma, a differenza di Pascal e di Vitangelo Moscarda, Belluca viene in qualche modo reintegrato, perdonato dalla società, la quale scende per una volta a patti con lui: durante il suo grigio lavoro, Belluca avrà il diritto di farsi qualche viaggio mentale seguendo il fischio di un treno lontano. Opere teatrali Concludiamo il nostro viaggio attraverso la poetica e le opere di Pirandello, premio nobel per la letteratura nel 1934, guardando la sua produzione teatrale diviso in quattro fasi: 1. fase siciliana: chiamata così perchè è in dialetto siciliano con le successive traduzioni e i temi richiamano i motivi visti finora, a partire dal contrasto tra l’essere e l’apparire, tra le forme, le maschere e la viti degli istinti, dell’inconscio che non ne vuole sapere di fissarsi in una forma, in una maschera. Tra le opere di questa prima fase emerge Il berretto a sonagli. Le vicende prendono il via fa un tradimento e da una denuncia: la moglie del cavaliere denuncia al delegato statale Spanò il tradimento del marito con la giovane moglie dello scrivano del marito, Ciampa. Memorabile, per comprendere uno dei motivi primari della produzione pirandelliana, è il dialogo tra Ciampa e la moglie del cavaliere: un afflitto Ciampa ricorda alla signora che nella nostra testa ci sono 3 strumenti:la corda civile, quella seria e la corda pazza. Per la tranquillità sociale, continua Ciampa, noi usiamo quasi sempre la corda civile, perchè in caso contrario ‘’ci mangeremmo tutti, signora mia’’; a volte, in pochi casi, utilizziamo la corda seria, quando le cose si ingarbugliano, la situazione si fa difficile e allora per chiarire, per mettere le cose apposto giriamo la corda seria. L’ultima è la soluzione estrema, quando le due corde precedenti ci sonos sfuggite, ma Ciampa non vuole utilizzarla e beffardamente, per il bene di tutti, per la tranquillità sociale sia Ciampa sia i parenti della moglie tradita la convincono di rimettere le cose apposto recitando lei, per poco tempo, il ruolo della pazza, di una che ha avuto un’allucinazione, così che lo stato sociale non venga alterato nel paese. 2. fase umoristica. Se la prima fase del teatro pirandelliano è ancora legata ai temi della tradizione siciliana, dei ruoli fissi e immutabili della società, della ‘roba’ come le novelle verghiane, vede personaggi anticonformi che, con i loro ragionamenti paradossali, svelano l'insensatezza del vivere, l’inconoscibilità del reale, il gioco fittizio delle maschere. L società ti fissa in una forma e l'unico modo per delegittimare è l’umorismo e capolavoro di questa fase è Così è se vi pare : in una città di provincia arriva,sopravvissuta al terremoto della Marsica(Abruzzo),arriva una famiglia giudicata strana dalla gente e composta da una coppia di sposi e un'anziana signora. L’anziana donna sostiene di essere la madre della sposa; il marito dichiara che non è così, in quanto la figlia è della sua prima moglie. L’intera città si coalizza contro questi due diversi, eccetto il personaggio Lamberto Laudisi,alter ego di Pirandello, che sorride di questo accanimento, ritenendo che non si possano conoscere profondamente gli altri e non si possa arrivare a una verità assoluta,facendo così trionfare una ricostruzione soggettiva della vita e dei fatti. Quando, dopo una serie infinita di ricerche, pettegolezzi,indagini, appare finalmente nella scena finale la giovane donna che dovrebbe dire la verità ella afferma:’Sono colei che mi si crede’’ e il dramma si chiude con il sorriso di Laudisi che commenta:’’ Ecco a voi,signori, la verità’’.Il gioco fittizio delle maschere e delle parti trova punto di arrivo in un dramma(il prof ricorda che il dramma mischia elementi comici ed elementi tragici) intitolato proprio Il giuoco delle parti, dove sarà l’amante della moglie a morire in duello al posto del marito che pretende dall’amante questo scambio in quanto nel giuoco delle parti sociali lui è il marito, ma nella vita, al di fuori delle forme, è l’amante il vero marito. 3. il metateatro.Nella terza fase del teatro pirandelliano, ‘il teatro nel teatro’, che avevamo già incontrato in Goldoni quando nella commedia del teatro comico il capo spiegava agli attori le qualità della riforma goldoniana, Pirandello mette in scena personaggi che rifiutano ogni mediazione in quanto il teatro non può rappresentare la vita perché questa non può essere fissata in alcuna forma, neppure quella teatrale.Appartiene a questa fase la trilogia Sei personaggi in cerca d'autore, Ciascuno a suo modo, Questa sera si recita a soggetto.Pirandello porta così a conclusione il suo percorso di destrutturazione del teatro classico. 4. teatro dei miti.L’ultima fase vede un’altra trilogia con l’autore che insegue il sogno, in voga in quei decenni, basti pensare al superuomo, di un nuovo uomo che evada dalla meschina società contemporanea e approdi nell’eternità dei miti, evasione nell’utopia politica(La nuova colonia)nella fede religiosa(Lazzaro) e nell’arte(I giganti della montagna).Ma è Pirandello fino in fondo e quindi queste evasioni, questi tentativi di rinascita, finiranno in un insuccesso costellato di intrighi,violenze e pratiche bigotte. Massimo Bontempelli e Dino Buzzati In Italia non si manifestò un movimento dichiaratamente Surrealista come in Francia(come il manifesto surrealista di André Breton). Tuttavia, con percorsi e modi autonomi dagli anni del primo dopoguerra fino all’esplosione neorealista del decennio 1940-1950, alcuni autori italiani hanno elaborato tecniche e risultati avvicinabili al Surrealismo. Possiamo citare Aldo Palazzeschi, ma delle avanguardie(Futurismo, Dadaismo, Surrealismo) ne parleremo nella prossima lezione di poesia. Per quanto riguarda la prosa italiana è più esatto parlare di Realismo magico e i casi più rappresentativi sono quelli di Bontempelli e Buzzati. Surrealismo significa che lo sfrenamento dell’inconscio libera una dimensione alogica come possiamo trovare in Joyce o in Uno, nessuno e centomila di Pirandello; il Realismo magico ripone l’attenzione su un oggetto materiale, sull’effettiva esistenza delle cose nel mondo con l’obiettivo di catturare la natura fantastica e misteriosa della realtà. L’espressione fu coniata dal critico tedesco Roh il quale si riferiva al rinnovato interesse per la realtà tangibile dei pittori della Nuova Oggettività, un realismo però magico,stregato. I dipinti del Realismo magico tedesco hanno influenzato Bontempelli, il quale si riconosceva in questa espressione e ci ha dato egli stesso una definizione di Realismo magico:” Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben appoggiata sul suolo e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, attraverso un'inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la nostra vita si proietta’’. Bontempelli ha ben chiaro la novità delle avanguardie e del clima culturale nuovo portato dalla narrativa di Joyce, Pirandello, Kafka, ma i suoi romanzi richiamano una solidità strutturale antica,che si sviluppa in equilibrio con i due opposti, fantasia e realtà, come nella pittura del 1400, dove il Realismo è immerso in un’atmosfera di stupore che dà corpo alla magica illuminazione del vero, come ne La adorazione dei magi di Masaccio e La camera degli sposi di Mantegna. Ecco allora che la poetica del Realismo magico di Bontempelli si realizza in racconti e romanzi quali La tavola della signora, Il figlio di due madri e La scacchiera davanti allo specchio. Il bellunese Buzzati è l’autore di uno dei romanzi più rielaborati e citati nel 1900, Il deserto dei Tartari. I temi ricorrenti nella produzione di Buzzati sono l’angosciosa ricerca di un senso della vita e l’irrazionale ossequio ha una regola inconoscibile e tirannica; i suoi luoghi sono quasi costantemente il deserto e la montagna, luoghi metafisici, immagini simbolo della solitudine e dell’impossibilità di sfuggire al proprio destino. Sono temi cari a Kafka e al teatro dell’assurdo di Ionesco e Beckett, l’autore del dramma Aspettando Godot. Il deserto dei Tartari, pubblicato nel 1940, è ambientato in un’atmosfera arcana e incantata e narra le vicende del Tenente Giovanni Drogo, che consuma la sua vita nella Fortezza Bastiani nella vana attesa dell’attacco di misteriosi Tartari(storicamente un popolo asiatico, ma nel romanzo il termine è volutamente simbolico di un qualcuno nemico e ignoto), attesa che è metafora della vita e delle sue inutili aspirazioni: il romanzo diventa così una grandiosa allegoria della condizione umana. Tutti in quella fortezza che è la vita attendono l’evento che può trasformare il tempo da kros(lo scorrere del tempo) a kairòs(la qualità del giorno). I due capitoli che riporta il libro(cap XI-XII) sono incentrati rispettivamente su un sogno del Tenente Drogo(XI) e su un tragico e assurdo avvenimento nella vita militare(XII).Nel capitolo undici Giovanni sogna e si rivede bambino, giocoso e scherzoso come sono i fanciulli; ma dall’altra parte vede un altro bambino in cui riconosce un ufficiale della fortezza, Angustina, che invece è serissimo ed è
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