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Tesina liceo classico, High school final essays of Political studies

Tesina liceale su Green economy e insostenibilità sociale e ambientale del modello consumistico

Typology: High school final essays

2019/2020

Uploaded on 01/20/2020

matteo-tezzon
matteo-tezzon 🇩🇪

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Download Tesina liceo classico and more High school final essays Political studies in PDF only on Docsity! Green economy L’insostenibilità sociale ed ambientale del modello consumistico Introduzione Questa mia tesina verte sul dimostrare l’insostenibilità sociale ed economica del consumismo; è necessario prima di tutto che definisca cosa intendo con questo termine: con consumismo mi riferisco a quel modello di sviluppo tanto criticato negli anni ’70, ma che personalmente credo abbia le sue origini più profonde nella crisi del ’29, causata, oltre dalle motivazioni che più avanti illustrerò, anche dalla saturazione del mercato dei beni di consumo durevole. In quel momento fu necessaria un’evoluzione del modello capitalistico, che si trasformò in consumismo, con la subordinazione della necessità rispetto al desiderio e le creazioni di nuovi bisogni, i cosiddetti “falsi bisogni” di Marcuse: un bene non va più sostituito, perché non più funzionante, ma perché obsoleto. Partirò con un parallelismo tra i Roaring twenties e i primi anni del XXI secolo, e le due crisi, quella del ’29 e del 2008, mostrando le numerose analogie e come l’eccessivo liberismo, la speculazione finanziaria collegata a una smodata ricerca del profitto, causino da un lato l’accentramento delle ricchezze nelle mani di pochi, dall’altro disagi, paure e impoverimento alla classe media. Parleremo di un altro grande evento avvenuto in questo periodo storico: il Dust Bowl. Ricercandone le cause e scoprendone le conseguenze, vedremo le inevitabili interazioni tra economia, vita sociale e ambiente. A questo punto è inevitabile far riferimento ad opinioni autorevoli di importanti filosofi e studiosi nel campo delle scienze sociali dal XVIII al XX secolo come Malthus, Marx e Marcuse. Prendiamo in considerazione Malthus per il suo Saggio sul principio di popolazione, esempio di come già allo scoppiare della Rivoluzione Industriale di fronte alla forte crescita demografica e all’abbandono delle campagna, si cominciasse a porre il problema della scarsità di risorse. Porremo poi l’attenzione alle teorie di Marx, per le tematiche tuttora interessanti trattate nel Capitale, quali la differenza tra valore di scambio e valore d’uso, il motivo per il quale la natura non deve avere valore di scambio essendo la fonte di ogni valore d’uso, come ogni scarto della produzione da quelli industriali a quelli per così dire umani possono e devono essere riutilizzati, la differenza e la necessità di integrazione tra città e campagna e infine la necessità di porre un limite allo sviluppo. Di Marcuse verranno citate le opinioni relative alle problematiche ecologistiche e le rispettive analisi, i bisogni reali e falsi o indotti, la possibilità di una decrescita e il ruolo delle popolazioni del Terzo mondo. Nella sezione successiva della tesina ipotizzerò, forse in maniera azzardata, il possibile sviluppo di paesi come Bangladesh, Indonesia e Vietnam, la cui attività produttiva è per ora relegata al solo abbigliamento che, grazie alla mano d’opera a basso costo, può essere rivenduto sui mercati occidentali a prezzo conveniente. Bangladesh, Indonesia e Vietnam, sulle orme della Cina, approderanno presto a un veloce sviluppo, alimentato probabilmente da combustibili fossili; a questo punto viene naturale chiedersi se una crescita del genere 1 sarà ancora sostenibile per il nostro pianeta, questo è stato uno dei maggiori punti d’attenzione della COP21 di Parigi. Citerò Pasolini e i suoi Scritti corsari, un’interessante riflessione sulla differenza tra Sviluppo quantitativo e qualitativo in Italia. Riporterò in calce tutto il suo articolo degno di essere conosciuto per la capacità quasi profetica di vedere le conseguenze economiche e sociali del boom degli anni sessanta Sintomo dello sviluppo quantitativo sono le materie plastiche, l’agricoltura intensiva, gli OGM e i danni alla biodiversità che in questa sezione approfondiremo. Traendo le conclusioni azzarderò alcune possibili soluzioni, concentrandomi su quella che credo più realizzabile. 2 ricchezze, come non è più possibile pensare alla sola economia statale, dato che ogni Stato è ormai indissolubilmente legato agli altri. Infine vorrei porre l’attenzione sulle numerose analogie tra le due crisi: guardando alla storia (agli investements trust di allora e ai mutui subprime di ora) bisogna diffidare in ambiente finanziario di offerte troppo convenienti in apparenza. Le ferite di Banca Etruria and Co. sono ancora fresche… 5 Dust Bowl Analizziamo di seguito le cause e le conseguenze del Dust Bowl, come e perché questo evento sia ancora attuale. Verso la fine del XVIII secolo, come tutti sappiamo, ci fu la corsa alla colonizzazione del Far West, così la zona delle Grandi Pianure (Kansas, Oklahoma, Colorado e Texas) popolata da alcune tribù di Indiani e dal bisonte americano, venne colonizzata con i risultati ben noti a tutti: il bisonte americano si avvicinò all’estinzione così come le popolazioni indigene. La zona non sembrava particolarmente appetibile per qualsiasi tipo di coltivazione a causa della natura arida, quindi il governo americano iniziò una campagna pubblicitaria per favorire l’industrializzazione e la colonizzazione di queste terre. Seguendo la teoria “la pioggia segue l’aratro” un gran numero di coloni si stabilì in queste zone e dedicò questi terreni alla agricoltura intensiva. Sebbene le Grandi Pianure siano una zona inospitale per questo tipo di attività, l’uso intensivo di fertilizzanti chimici, la meccanizzazione dell’agricoltura diede buoni risultati per i primi anni, fino al ’30 quando le piogge iniziarono a scarseggiare sempre più; nel ’31 cessarono, il terreno s’inaridì e iniziarono le famose tempeste di sabbia, che costrinsero molti a emigrare verso Ovest, mentre le coltivazioni avvizzirono e animali e persone morirono di inedia. Il periodo di siccità durò fino al ’39, quando le piogge tornarono nella regione. Il governo di F.D.Roosevelt iniziò un programma per ristabilire l’equilibrio ecologico della regione, fondando la Soil Conservation Service che, guidata da Hugh Bennet, concesse degli incentivi agli agricoltori per l’uso di nuove tecniche agricole, che portarono a un risparmio del 65% del suolo. Veniamo ora ad un’analisi più approfondita delle cause che hanno portato al Dust Bowl:  La regione delle Grandi Pianure è caratterizzata da periodi di siccità, lo si può notare dalla assenza di alberi ad alto fusto, dalla profondità delle falde acquifere, dalla scarsità di anfibi. Recenti studi svolti dalla NASA hanno dimostrato come questa zona, come la regione africana del Sahel, risente dei cambiamenti della temperatura dell’Oceano Atlantico, all’inizio del 1900 ci fu un innalzamento naturale delle temperature nella zona dei tropici, che contribuì a inaridire la zona. Ciò che accadde nel Sahel negli anni ‘70 e continua tuttora è ben più grave, le emissioni di agenti inquinanti, biossido di zolfo soprattutto, nell’atmosfera creano delle specie di aerosol, che incrementano la formazione di nubi, così nelle zone dell’emisfero boreale e negli oceani le precipitazioni aumentano, ma le piogge sono più deboli; la fascia tropicale si sposta più a sud e la zona del Sahel, dove le piogge sono concentrate nel mese di giugno e dovrebbero essere torrenziali, non riceve un sufficiente apporto d’acqua, oltre agli evidenti mutamenti ambientali, questo fenomeno causò la morte di un milione e mezzo di Africani nel giro di dieci anni.  L’altra causa su cui vorrei soffermarmi più a lunga è quella umana: le Grandi Pianure vennero colonizzate a partire dalla seconda metà del 1800 dopo una campagna pubblicitaria del governo, che tesseva le lodi della fertilità della zona, un gran numero di agricoltori si diresse lì in cerca di fortuna. Avendo poco denaro da 6 investire e abituati ai metodi di coltura adottati nel clima umido dell’Est, gli agricoltori impiegarono pratiche non adeguate alla geografia delle Grandi Pianure. L’insediamento fu propiziato da un periodo non secco, che convinse l’opinione pubblica che il clima della zona fosse ideale per la coltivazione, il Congresso americano supportò questa tesi con il Timber Culture Act, il quale sosteneva che l’insediamento umano e piantare alberi avrebbe aumentato le piogge e favorito l’agricoltura. Per i successivi vent’anni non fu necessario cambiare i metodi di coltivazione. All’inizio degli anni ’20, aumentando l’offerta, i prezzi dei raccolti diminuirono, ma non quelli dei macchinari, così gli agricoltori presero a sfruttare più intensamente i terreni, facendo un uso massiccio di fertilizzanti artificiali che, come spero sia ben noto a tutti, a lungo andare impoveriscono e inaridiscono il terreno. Utilizzarono l’aratro a disco unico e iniziarono a coltivare terreni più poveri senza rotazione di colture, favorendo l’erosione e la lisciviazione dei terreni, la diminuzione dell’umidità e l’aumento della siccità. Poniamo l’attenzione qui sulle conseguenze del Dust Bowl:  La conseguenza più immediata ovviamente sono i disagi per la popolazione, si diffuse una polmonite da polvere, molti morirono soffocati nelle tempeste, altri di inedia, tutti videro le loro speranze e i loro sogni infranti, paura e ansia nel domani. Ci fu un impoverimento generale, che mise in seria difficoltà i coloni, anche nella prospettiva di un futuro miglioramento.  Ma il punto più importante su cui mi pare necessario soprattutto in questo momento storico porre più attenzione, è il fenomeno migratorio, conseguente a ogni episodio di questo genere. Un gran numero di agricoltori, vedendo sommersi da metri di sabbia i propri terreni e la morte le proprie vacche, decise di fare le valigie ed emigrare verso Ovest. Questo sta accadendo e accadrà in maniera sempre più frequente nei prossimi anni, basti pensare al Sahara che ogni anno strappa sempre più territorio alle foreste tropicali africane e si avvicina al Mediterraneo, inasprendo le condizioni di vita dei popoli che abitano queste zone oppure costringendoli molto più probabilmente ad emigrare (si veda l’esempio del Sahel). La stessa sventura accadrà agli abitanti di paesi come il Bangladesh, l’Indonesia o le isole tropicali, che non avendo le possibilità dell’Olanda per contrastare l’innalzamento dei mari, verranno sommersi. Mi chiedo quindi come faremo a risolvere questi problemi, quando l’immigrazione non sarà più solo politica, ma ambientale e sei miliardi di persone o forse più saranno relegate a vivere nella parte più a Nord dell’emisfero boreale e quella più a Sud di quello australe. Il Dust Bowl è un esempio ante litteram di come le leggerezze nello studio dell’ambiente, l’eccessiva competizione, che inevitabilmente porta all’uso massiccio dell’agricoltura intensiva con i danni a essa collegati e il solo desiderio di profitto, causino problemi che vanno ben oltre il solo danno ecologico (già di per sé importante), ma interessino l’intera società, l’economia e la politica. Questa è la cifra più significativa della mia tesi. 7 ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze.  "Le popolazioni che sradicavano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell'Asia minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo creavano le condizioni per l'attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estirpando i boschi, i centri di raccolta e di deposito dell'umidità.  "Il singolo industriale o commerciante è soddisfatto se vede la merce fabbricata o comprata con l'usuale profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o al compratore. lo stesso si dica per gli effetti di tale attività sulla natura. Prendiamo il caso dei piantatori spagnoli a Cuba, che bruciarono completamente i boschi sui pendii e trovarono nella cenere concime sufficiente per una generazione di piante di caffè altamente remunerative. Cosa importava loro che dopo di ciò le piogge tropicali portassero via l'ormai indifeso 'humus' e lasciassero dietro di sé nude rocce ? Engels scrisse questo nel 1876, solo cento anni dopo i suoi moniti furono presi in considerazione dalle legislazioni e divennero norme nei cosiddetti paesi “evoluti”; nelle aziende fu d’obbligo la previsione delle conseguenze di ogni azione sulla natura, la valutazione di Impatto ambientale. Alcune sezioni de Il Capitale di Karl Marx sono particolarmente interessanti per la loro modernità. Secondo Marx la salvezza va cercata nella identificazione del valore d’uso delle merci, contrapposto al valore di scambio, e Marx ricorda che "la natura e' la fonte di ogni valore d'uso" perciò questa non può e non deve entrare nei processi produttivi. Inoltre fa notare come i residui della produzione abbiano ancora valore d’uso:  "Per residui della produzione intendiamo gli scarti dell'industria e dell'agricoltura, per residui del consumo sia quelli derivanti dal ricambio fisico umano sia le forme che gli oggetti d'uso assumono dopo essere stati utilizzati. Sono quindi residui della produzione, nell'industria chimica, i prodotti accessori che vanno perduti, le limature che risultano dalla fabbricazione meccanica, ecc. Residuo del consumo sono le secrezioni naturali umane, i resti del vestiario in forma di stracci, ecc. I residui del consumo sono di grandissima importanza per l'agricoltura. Ma nella loro utilizzazione si verificano, in regime di economia capitalistica, sprechi colossali; a Londra, per es., dello sterco di 4 milioni e mezzo di esseri umani non si sa far di meglio che impiegarlo con enormi spese per appestare il Tamigi". 10 Tutto il paragrafo continua esponendo le prospettive di produzione della lana dagli stracci, la produzione di coloranti dal catrame di carbon fossile. E anche in questa parte Marx ripete che alla base degli sprechi, degli inquinamenti, si trova il modo capitalistico di produzione. Maarx e Engels riconoscono poi nelle modalità di sviluppo capitalistico le cause della separazione tra città e campagna che riassumono in questo modo:  "Il modo di produzione capitalistica porta a compimento la rottura dell'originale vincolo di parentela che legava agricoltura e manifatture nella loro forma infantile e non sviluppata. Con la proporzione sempre crescente della popolazione urbana che la produzione capitalistica accumula nei grandi centri essa turba il ricambio organico fra uomo e terra, ossia il ritorno alla terra degli elementi costitutivi consumati dall'uomo sotto forma di mezzi alimentari e di vestiario, turba dunque l'eterna condizione di una durevole fertilità del suolo. Così distrugge insieme la salute fisica degli operai urbani e la vita intellettuale dell'operaio rurale ... Come nell'industria urbana, così nell'agricoltura moderna, l'aumento della forza produttiva e la maggiore quantità di lavoro resa vengono pagate con la devastazione e l'ammorbamento della stessa forza-lavoro" Engels propone nell’ “Antiduhring” una soluzione:  "Solo una società che faccia ingranare armoniosamente le une nelle altre le sue forze produttive secondo un solo grande piano, può permettere all'industria di stabilirsi in tutto il paese con quella dislocazione che è più appropriata al suo sviluppo e conservazione, e rispettivamente all'utilizzazione degli altri elementi della produzione. Solo con la fusione fra città e campagna può essere eliminato l'attuale avvelenamento di acqua, aria e suolo, solo con questa fusione le masse che oggi agonizzano nelle città saranno messe in una condizione in cui i loro rifiuti siano adoperati per produrre le piante e non le malattie. La civiltà ci ha senza dubbio lasciato nelle grandi città un'eredità la cui eliminazione costerà molto tempo e molta fatica." Marx alla fine del III libro del Capitale conclude affermando come la vera libertà non derivi affatto dal liberismo sfrenato, che propone una libertà edulcorata dal denaro, ma piuttosto è necessario perseguire una cultura del limite, approfondiremo meglio questo aspetto nella sezione successiva, ben anticipata dalle parole di Marx:  "La libertà può consistere soltanto in ciò che l'uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati, come da una forza cieca; che essi eseguono il loro compito con il minore possibile consumo di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di 11 essa. Questo il vero regno della libertà" La scopo di questa sezione, è quello di porre all’attenzione di tutti tematiche profondamente attuali, che sono proprie anche di grandi pensatori, che hanno profondamente segnato il secolo appena trascorso e non di “radical chic”, che si definiscono ecologisti solo per le velleità di cambiamento, che amano mangiare biologico e che dicono di non sopportare la vita in centro città; uso questi toni ironici, perché mi voglio distaccare da tali posizioni e non esserne affiancato, sottolineando come questi miei pensieri non siano frutto di influenze passeggere, ma nascano da una seria consapevolezza. 12 Lo sviluppo del Terzo Mondo Ormai paesi come la Cina e l’India hanno raggiunto una posizione di tutto rispetto nel panorama dell’economia mondiale, ma a quale prezzo? Gli indicatori del PIL non testimoniano altro che la crescita di un paese a livello finanziario, ma questo repentino sviluppo deriva da una grande disponibilità di forza lavoro e a basso costo, una larga quantità di risorse, questi fattori hanno portato però a uno sviluppo quantitativo e non qualitativo; in Cina le ricchezze sono raccolte nelle mani di pochi e dello Stato, mentre i cittadini vivono soffocati dallo smog e costretti ad emigrare nelle città, dato che molte campagne a causa dello sfruttamento e dell’inquinamento sono diventate desertiche. In India invece l’arricchimento è stato in favore di investitori stranieri, che hanno visto negli anni ’90 un’importante possibilità di profitto, attraverso la Green revolution, che ha portato un benessere effimero, visto che la maggior parte della popolazione vive in megalopoli inquinate e caotiche oppure in villaggi alla soglia della povertà. Di gravissima portata sono i danni ambientali causati da un “progresso” miope. Entrambi questi paesi hanno alimentato la loro crescita con i combustibili fossili, essendo la fonte di energia più economica e disponibile e dopo aver usato per decenni il carbone, solo ora stanno iniziando a investire nelle energie rinnovabili, quando ormai il deserto è alle porte di Pechino, il Gange non più balneabile, il Fiume Giallo e Azzurro poveri di pesci; ma i problemi non si fermano alla flora e fauna di queste zone: dove coltiveranno riso e soia per un miliardo e mezzo di persone i Cinesi se continueranno di questo passo? E gli Indiani dove il cotone unica fonte di sostentamento in alcune regioni? Credo sia fondamentale trovare risposte a queste domande al più presto. Mi chiedo inoltre come si possa ignorare cosa stia succedendo in paesi come Bangladesh, Vietnam e Indonesia, che in questi anni grazie alla produzione di abiti a basso costo, stanno conoscendo una rapida crescita, e che nei prossimi anni sarà probabilmente a base di combustibili fossili, essendo, come dicevo prima, i più economici e reperibili, tralasciando le altre problematiche legate allo sviluppo. E la Cop21? Domanda lecita che sorge spontanea. Come tutti sanno, o almeno spero, lo scorso dicembre a Parigi si è tenuta un’altra conferenza sul clima. I rappresentanti dei 196 paesi partecipanti hanno discusso oltre che della necessità di mantenere l’aumento climatico entro i 2° (per saperne di più si legga un mio articolo sul giornalino scolastico), anche del futuro sviluppo dei paesi di Africa e Indocina, il risultato più significativo del dibattito è che verranno stanziati cento miliardi l’anno dai paesi di vecchia industrializzazione per incentivare l’uso delle rinnovabili in questi paesi, inoltre verranno risarciti economicamente i paesi che più soffrono il cambiamento climatico, come accade per il Sahel per esempio, insomma, verranno messe delle pezze, per altro il tutto partirà dal 2020. Altri risultati sono stati la promessa di riduzione delle emissioni di CO2 e il suo completo azzeramento entro il 2050, il tutto sarà autocertificato, ci si basa sulla fiducia in pratica. Per quanto riguarda i paesi inadempienti (ammesso che lo ammettano) verranno inseriti in una “shame list”, la sanzione sarà quindi la vergogna e l’imbarazzo di fronte agli altri paesi, mi chiedo come si farà a sopportare una pena tanta amara… 15 In conclusione penso che questo problema sia largamente sottovalutato volutamente o no dalle principali economie mondiali; non sono comunque del tutto pessimista, ci sono spiragli di luce che dopo verranno mostrati. 16 Le plastiche, gli OGM e il caso Punjab Gli elementi che danno il titolo di questa sezione sono a mio parere l’esempio lampante dell’insostenibilità del modello capital-consumistico. Il Punjab è una regione dell’India confinante con il Pakistan che ha subito e sta subendo sulla sua pelle e su quella dei suoi abitanti lo sviluppo forzato indiano, vedremo come una multinazionale in particolare gioca un importante ruolo in questo dramma. Come tutti sappiamo Ziegler e Natta nel 1953 e 54 scoprirono come tramite una reazione di polimerizzazione e l’uso di specifici catalizzatori fosse possibile unire diverse molecole di idrocarburi, propene nel primo caso ed etene nel secondo, a creare molecole a lunga catena, facilmente lavorabili e riciclabili. Inizialmente le sintesi furono accolte con entusiasmo, perché avrebbero permesso un minor uso di metalli e carta, garantivano bassi costi e la possibilità di utilizzare gli scarti della raffinazione del petrolio. Peccato soltanto che non si era posta attenzione sugli effetti collaterali delle plastiche: il petrolio, stipato sotto terra, è rimasto sconosciuto agli esseri viventi della superficie, così le materie plastiche, per le quali non esiste battere o fungo in grado di decomporle; ecco quindi perché è indispensabile che non vengano disperse materie plastiche, le quali hanno tempi di decomposizione abbastanza lunghi, intorno ai cento anni per quelle più semplici; anche se vengono scomposte nella loro più minuscola parte, diventando invisibili ad occhio nudo, continuano ad appestare terre ed oceani soprattutto, basti pensare all’isola di plastica situata a nord delle Hawaii, dove una corrente tropicale ha raggruppato cinque milioni di tonnellate di detriti. Nell’ultimo decennio sono state inventate nuovi tipi di plastiche vegetali, non nego che questa sia una buona notizia, ma bisogna fare attenzione anche in questo caso: non si possono radere al suolo boschi per coltivare mais da plastica in modo intensivo, la soluzione migliore è che ognuno abbia la coscienza personale di non comprare cibi eccessivamente imballati, usare materiali durevoli (piatti in ceramica e non in plastica), di non buttare la plastica ma riciclarla, quella in circolo potrebbe ampiamente bastare. Gli OGM, scoperti nel 1973 da Cohen e Boyer ebbero subito un importante impatto sulla comunità scientifica, la prima applicazione fu sul battere dell’Escherichia Coli, nei cui geni vennero impiantati geni di una rana, poi questo battere venne usato a scopo medico, inserendo dei geni che permettevano la produzione di insulina. Gli OGM hanno cambiato radicalmente gli studi sul rapporto tra crescita demografica e risorse alimentari, da quando si è scoperto come le modificazioni genetiche fossero imprimibili anche al genoma delle piante. I risultati sembrarono immediatamente grandiosi, piante più resistenti alle malattie e agli insetti voleva dire raccolti maggiori, sembrava si fosse aperta una nuova frontiera per la lotta della fame nel mondo. Con lo slogan della Green Revolution l’azienda americana Monsanto direzionò i suoi investimenti in India, in accordo con il governo indiano: iniziò a vendere le sue sementi e i fertilizzanti agli ignari contadini della fertile regione del Punjab – nome che in indiano sta per “regione dei cinque fiumi” -, ovviamente i raccolti furono grandiosi e per un breve periodo il problema della fame sembrò risolto, fino a cinque anni fa quando i campi hanno iniziato a non dar più i frutti sperati. L’eccessivo sfruttamento e l’uso massiccio di fertilizzanti chimici hanno finito per impoverire il terreno seppur fertile della zona, i contadini che avevano stipulato un patto con la Monsanto per il rifornimento di semi non si 17 anni crescono, ma ci sono voluti migliaia di anni, quindi, dato che l’offerta non soddisferà mai la domanda, la foresta amazzonica presto non esisterà più.  La soluzione da me più avvalorata e che ha dato il titolo a questa tesina, è quella della Green Economy. Con questo termine si indica un’economia che integra e dà maggiore rilievo al tema dell’ambiente come fondamento per il futuro e fonte di un possibile profitto, chiarisco questa definizione facendo un paio di esempi: quest’anno la fondazione Rockfeller ha permesso proprio in una conferenza sul Lago di Como la nascita di due nuovi tipi di obbligazioni che si stanno velocemente diffondendo sul mercato, i sib (social impact bond) e i green bond, i primi sono destinati a promuovere la creazione di soluzioni innovative e usando la minor quantità di risorse nel campo delle politiche sociali, quindi coinvolgono principalmente gli enti pubblici e statali, i green bond invece sono delle obbligazioni finalizzate al finanziamento di importanti progetti ad impatto ambientale positivo come la diminuzione di emissione di CO2, l’efficienza energetica e l’uso di materie prime. Sono iniziative giovani, che spero ottengano sempre maggior successo, ma solo il fatto che siano state proposte nutre qualche speranza positiva. 20 21 22 25 26 28
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