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Tesina su Meritocrazia, Essays (university) of Philosophy

In questo elaborato traccio una breve disamina critica delle teorie meritocratiche, basandomi su testi di I. M. Young, A. Hayek e S. Cingari. Ricordo che chi lascia una recensione, oltre ad essere gentile, guadagna 10 punti download. Grazie

Typology: Essays (university)

2020/2021

Uploaded on 06/16/2021

giuseppeacciaio
giuseppeacciaio 🇮🇹

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Download Tesina su Meritocrazia and more Essays (university) Philosophy in PDF only on Docsity! LA MERITOCRAZIA TRA DISTRIBUZIONE E DOMINIO Scopo di questo elaborato è fornire degli spunti critici a riguardo dell’inadeguatezza della meritocrazia come criterio di giustizia. Per fare questo prenderò in esame principalmente le considerazioni di Iris Marion Young, sull’impossibilità di valutare il merito in modo oggettivo e sulla conseguente fondazione di questo criterio su presupposti culturali, che tendono a promuovere relazioni di dominio in una società gerarchica fondata sullo sfruttamento. A sostegno di questa tesi esporrò le critiche egualitarie di Salvatore Cingari, che vede nella meritocrazia un’ideologia volta alla giustificazione delle differenze sociali. Inoltre, sarà citato von Hayek, per mostrare come il criterio meritocratico sia incompatibile anche con una società fondata non sull’eguaglianza, ma sulla libertà. Basandomi sulle critiche di stampo egualitario, intendo sostenere, sulla scia di Young, la necessità di porre in dubbio non solo il criterio del merito, ma la più ampia cornice della giustizia come distribuzione, di cui la meritocrazia costituisce una declinazione. Il merito come problematico criterio distributivo Nel volume intitolato Le politiche della differenza, pubblicato nel 1996, Iris Marion Young rileva che il dibattito contemporaneo sulla giustizia è incentrato sul concetto di distribuzione. L’obiettivo fondamentale del paradigma distributivo è l’attribuzione secondo giustizia di differenti cariche e posizioni, in ambito lavorativo e sociale, a individui o gruppi. Il presupposto necessario, che rende possibile il discorso, è che le istituzioni lavorative siano organizzate su di una struttura gerarchica, in cui vige una divisone tra un ristretto numero di occupazioni privilegiate, altamente retribuite e caratterizzate da un forte potere decisionale, ed un numero molto maggiore di incarichi meno prestigiosi. Se ai titolari delle prime spetta il compito della definizione di determinate attività, al vasto numero degli occupanti del gradino più basso della piramide del lavoro, compete l’esecuzione di mansioni definite da altri. Si tratta della divisione, definita di classe dall’autrice, tra lavoratori professionali e non. Il discorso che identifica la giustizia come una questione di distribuzione, non pone in dubbio la legittimità di questa cornice istituzionale, che viene anzi assunta come un dato di fatto, ma si preoccupa esclusivamente di cercare un criterio alla luce del quale stabilire il modo migliore per, appunto, distribuire i vari compiti su cui è strutturata la gerarchia del lavoro, tra gli individui e i gruppi cui questi appartengono. La meritocrazia altro non è che uno tra i possibili princìpi di giustizia, secondo il quale le differenti cariche vanno attribuite in base al merito individuale; ciascun compito deve cioè essere conferito a chi possiede le competenze tecniche più appropriate per svolgerlo al meglio. È importante sottolineare come, in quanto criterio di distribuzione, quello meritocratico presuppone quella stessa struttura piramidale del lavoro, senza la quale non potrebbe esistere e che contribuisce ad alimentare; è questa una delle caratteristiche che rende possibili quelle critiche di stampo egualitario, che vedono nella meritocrazia un tentativo di legittimare le differenze esistenti. Come sottolinea Young, affinché il merito di ciascuno sia valutato correttamente è necessario che siano rispettate differenti condizioni1: le competenze di ciascuno devono essere appurate unicamente in base alle abilità tecniche, senza alcun riferimento a valori normativi o culturali; le capacità tecniche valutate devono essere pertinenti alla specifica occupazione per cui il candidato concorre, ed è necessario giudicare ciascun individuo singolarmente. Inoltre, anche la classifica finale deve essere stilata con criteri neutrali rispetto a valori e culture, per garantire che la valutazione ed il confronto dei candidati tengano effettivamente conto del solo merito tecnico. Young evidenzia però come, a livello pratico, diversi ostacoli rendano un giudizio obiettivo impossibile, ed un criterio valutativo immune da ogni influenza culturale resti di fatto irrealizzabile. Data la complessità della maggior parte dei lavori, è infatti estremamente complesso individuare le differenti mansioni in cui questi sono articolati per valutare le capacità del lavoratore in ognuna di queste. Inoltre, risulta molto difficile isolare e giudicare il contributo di ciascun impiegato, quando il prodotto finale o l’attività nel suo complesso è data dalla collaborazione di una molteplicità di addetti ai lavori. Risulta poi assai problematica, per quelle mansioni che prevedono un’ampia discrezionalità del singolo lavoratore, una valutazione oggettiva da parte di un esaminatore esterno al processo; specie se, come accade sovente nella grande produzione, la struttura gerarchica del lavoro fa sì che l’operato di chi esegue mansioni stabilite da altri, sia valutato da superiori che, svolgendo di regola compiti differenti e 1 I.M. Young, Le politiche della differenza, Milano, Feltrinelli, 1996, p. 252 possibilità di accesso ad impieghi più soddisfacenti, tra chi dispone delle risorse per prolungare il proprio percorso di studi e chi, non potendo diversamente, deve ridimensionare le proprie aspirazioni lavorative. Salvatore Cingari rileva come la stessa enfasi sul merito, in ambito scolastico, promuove un’educazione ispirata ad una cultura competitiva di tipo aziendalistico, incentrata sul concetto elitario della promozione dell’eccellenza, in netto contrasto ad un’idea egualitaria della scuola come strumento volto a garantire pari opportunità di crescita, con aiuti mirati chi è in difficoltà3. La natura prettamente classista della meritocrazia viene illustrata chiaramente da Cingari, che mostra come il discorso sul merito vada a costruire una vera e propria «ideologia della diseguaglianza», volta in concreto non a distribuire cariche e posizioni in base al merito effettivo, ma a giustificare l’attuale struttura sociale fondata sulle differenze sociali a guisa di una «teodicea del Neo-capitalismo»; inoltre, essendo il concetto di merito strettamente connesso a quello di efficienza, la prospettiva meritocratica è per sua natura incentrata sulla necessità di formare una classe dirigente, che “emerga” rispetto al restante tessuto sociale, piuttosto che a promuovere il progresso della società nel suo insieme4. Una giustizia al di là della distribuzione Le critiche prese in esame dimostrano sia la difficoltà di un’applicazione genuina del criterio del merito, sia i risvolti classisti e antiliberali che derivano da questa mancanza. Inoltre, come dimostrato da Young, la meritocrazia non può sussistere senza una società gerarchica fondata, in ultima analisi, su relazioni di dominio; anche qualora si rendesse possibile una valutazione obiettiva del merito individuale, l’effetto ottenuto dalla sua applicazione sarebbe quello della sostituzione di élite, createsi per fattori contingenti di diversa natura, con altre fondate sul talento. Si pone quindi come necessaria la ricerca di un criterio di giustizia che, con uno sguardo più ampio rispetto al paradigma distributivo, contesti la struttura delle attuali istituzioni lavorative e sociali tipiche del mondo occidentale e quello schema gerarchico che rende possibile il discorso sulla distribuzione. Il problema non è stabilire una misura attraverso cui assegnare i ruoli di subordinati e superiori, ma fare in modo che le stesse relazioni in 3 S. Cingari, Per un’Analisi Critica del Concetto di «Meritocrazia» come «Ideologia» Neo- liberista, in «South-East European Journal Of Political Science», Vol. I, No. I, 2013, p. 161 4 Ibidem, p. 161 ambito sociale e lavorativo siano esenti da sfruttamento e dominio, siano essi economici o culturali. Bibliografia  CINGARI, S., Per un’Analisi Critica del Concetto di «Meritocrazia» come «Ideologia» Neo-liberista, in «South-East European Journal Of Political Science», Vol. I, No. I, 2013  HAYEK, F. von, La società libera, Formello, Seam, 1998, p. 144  YOUNG, I.M., Le politiche della differenza, Milano, Feltrinelli, 1996
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