Docsity
Docsity

Prepare for your exams
Prepare for your exams

Study with the several resources on Docsity


Earn points to download
Earn points to download

Earn points by helping other students or get them with a premium plan


Guidelines and tips
Guidelines and tips

Epistemologia della cura: prospettiva ecologia profonda per professionisti cura, Transcriptions of Epistemology

La teoria dell'epistemologia della cura, una prospettiva di ecologia profonda che integra la complessità di dettaglio e le interazioni tra individui, le relazioni tra idee, tra concetti e tra livelli di sistema diversi. L'autore valeria di pietro esplora il ruolo dell'energia del pensiero, della mente, nel processo di cura e la necessità di prendersi cura di ciò che sta succedendo nella relazione tra curante e persona curata. Una visione sistemica del corpo, dell'organismo, come sistema di sistemi, vivente a sua volta parte di sistemi, e la base di ogni metodo di cura è la capacità di stare in relazione, di costruire, mantenere e nutrire la relazione.

Typology: Transcriptions

2022/2023

Available from 05/23/2024

valeria_dp
valeria_dp 🇨🇭

1 document

1 / 27

Toggle sidebar

Related documents


Partial preview of the text

Download Epistemologia della cura: prospettiva ecologia profonda per professionisti cura and more Transcriptions Epistemology in PDF only on Docsity! Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – CURE INFERMIERISTICHE a.a. 2021/2022 1. MITOLOGIA DELLA CURA Intraprendere un lavoro nel quale il compito è prendersi cura vuol dire farsi delle domande. Che operatori di cura vorremmo diventare? Con quali mattoni vorremmo costruire la competenza di curante? Quali sono gli strumenti che stiamo sviluppando per mostrare la nostra competenza? Quali sono gli indicatori della mia capacità di curare? Per “indicatori” si intende qualcosa che non è visibile dall’esterno. 1.1 SLOGAN DELLA CURA, VERI MITI E FALSI MITI Gli slogan sono racconti che nascondo ignoranza e vengono utilizzati per circostanza e/o convenienza. Gli slogan sono pensati per apparire e rivelano occhiali1 spesso inadeguati; automatismi che vanno smascherati perché sono semplificanti e non permettono di uscire dalla nostra comfort zone. I veri miti della cura sono, invece, racconti che insegnano a pensare bene, a sviluppare riflessività e comprensione. Per curare è necessario comprendere, per comprendere è necessario fare un percorso. Bisogna conosce il perché di ciò che si fa, essere professionisti con un background e non puramente dei tecnici. I veri miti della cura aiutano a essere consapevoli dei nostri occhiali. Invitano ad uscire dalla comfort zone e mettono davanti a verità scomode. Consideriamo i miti perché si tratta di storie che sono vere, senza tempo, raccontano una verità che non ha confini e parlano della natura profonda di ciò che siamo, facciamo, viviamo e sono eterni. 1.2 MITO DI CURA Trascritto 2000 anni fa, il mito di cura risale a un passato più lontano. Non descrive un fatto realmente accaduto, ma racconta una storia che riguarda ogni singolo essere umano. ➢ La cura è pensosa: la cura riflette, è vigile delle sue azioni. La cura agisce, riflettendo sulle sue azioni. Bisogna allenarsi a riflettere, a non inserire il pilota automatico. La cura va di pari passo con un pensiero riflessivo. ➢ La cura è potere: la relazione di cura è sempre una relazione di potere, 1 Metafora: il proprio punto di vista, cornice di riferimento, mappe occulte. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – CURE INFERMIERISTICHE a.a. 2021/2022 asimmetrica, in cui la persona che cura è più forte e la persona che viene curata è vulnerabile (basta pensare a contesti familiari, educativi, sportivi, terapeutici, istituzionali, curativi). La relazione di cura si intreccia con la relazione di potere e porta con sé il rischio dell’abuso e cioè il voler decidere dell’identità dell’altro. Bisogna imparare a essere vigili affinché la cura sia a servizio e beneficio, non a discapito, dell’altro. ➢ Cura come dimensione fondamentale dell’esistenza: ogni volta che ci relazioniamo (col mondo, con noi stessi, con l’altro), lo facciamo attraverso la cura. L’ESPERIMENTO DI FEDERICO II Questo imperatore si era posto una domanda: qual è la lingua originaria dell’essere umano? Qual è il linguaggio che fa parte del DNA di una persona indipendentemente dalla cultura e terra di provenienza/origine? L’antico esperimento consisteva nel sottrarre dei neonati alle loro madri affidandoli a delle balie le quali avevano ricevuto l’indicazione di non accudire i bambini ne con i gesti ne con le parole. E successe che tutti i bambini morirono. Da questa storia si possono trarre le seguenti conclusioni: la cura è la dimensione fondamentale dell’esperienza. Senza cura non c’è vita, non c’è vita umana senza cura. L’essere umano non può imparare a parlare se qualcuno non parla per primo. POLARITÀ SEMANTICHE Quando si entra nel mondo della cura bisogna tener presente due dimensioni significative: ➢ Curare inteso come preoccuparsi, affannarsi, far fatica, logorarsi, stancarsi; ➢ Curare come accudire, promuovere il bene. L’equilibrio è la chiave di queste due polarità semantiche. Se si è troppo spostati sull’una si rischia uno stress elevato, il burnout; troppo spostati sull’altra, si rischiano situazioni di abuso di potere. È importante quindi coltivare la motivazione, quella dimensione di piacere che appassiona nella dimensione di cura2. Ricorda: chi cura impara a riflettere! Chi cura è consapevole del potere che esercita (e di cui può abusare). Curare è faticoso e appassionante. 2 Metafore: percorso, impresa onerosa, manipolazione, accudimento, crescita. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – CURE INFERMIERISTICHE a.a. 2021/2022 Il giudice è saggio perché sa guardale da altri punti di vista. Ovvero è consapevole dei propri occhiali, è capace di uscire dalle proprie cornici di riferimento e quindi comprendere le ragioni altrui. Osservare il mondo come lo osservano gli altri ci permette di comprende l’altro. Per comprendere è fondamentale essere consapevoli delle proprie mappe occulte ed è necessario sperimentare, tentare di uscire dalla comfort zone e vedere il mondo come lo vedono gli altri (che sia paziente, partner, amico, genitori, colleghi, capi ecc.). “Hai ragione anche tu!” Vuol dire che dal tuo punto di vista, ho compreso le tue ragioni. Anche noi per imparare a comprendere dobbiamo imparare a entrare nelle cornici dell’altro. E per farlo bisogna uscire dalla propria, ma per uscirne bisogna sapere che ci sono ed essere in grado di individuarle. Per fare questo c’è bisogno di una capacità di ascolto attivo, dinamico concentrato. L’ascolto attivo si astiene dal giudizio. “La gente non ascolta, aspetta solo il suo turno per parlare.” [Chuck Palahniuk] Il giudice saggio è una figura che rappresenta consapevolezza, pensiero sistemico, abbandono di ogni significato di semplicità e rigidità. Non giustifica, ma comprende l’altro. Gli ostacoli a questa competenza possono essere: ➢ L’etnocentrismo: il proprio gruppo, la propria etnia. ➢ Attivazione delle mappe occulte: valori culturali dell’universale, della standardizzazione, della cecità ai contesti, dell’imbarazzo per casi concreti. Vale a dire, gli occhiali con cui guardiamo il mondo. Le mappe occulte ci guidano a raggiungere i nostri obiettivi ma ci portano a essere intrisi di preconcetti e possono procurare sofferenze. Ciò che vedo non è oggettivo perché è frutto delle nostre esperienze e quindi sono le nostre premesse. “Muoversi dentro la cornice o cambiare la cornice, sono due processi differenti. [M. Sclavi] Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – CURE INFERMIERISTICHE a.a. 2021/2022 Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – CURE INFERMIERISTICHE a.a. 2021/2022 1.6 PARADIGMI DI CURA Da dove vengono le nostre convinzioni? Distinguiamo due tipologie di paradigma: ❖ Paradigma positivista (razionale, moderno) ❖ Paradigma ecologico (olistico, sistemico) Filologia di pensiero: ✓ Kuhn: il paradigma scientifico è una costellazione di successi (concetti, tecniche, valori ecc.) condivisi da una comunità scientifica e usati per definire la validità di problemi e soluzioni. ✓ L. Mortari: il paradigma è come un’organigramma concettuale, una mappa concettuale di convinzioni. Ogni paradigma pone richieste al ricercatore perché definisce tipologie di domande che guidano il processo di studio e di ricerca. ✓ E. Morin: il paradigma è un sovrano sotterraneo (determina il nostro modo di vedere il mondo, guidare la conoscenza ecc.) perché il modo di concepire e organizzare le teorie è guidato da postulati o presupposti occulti. Secondo Morin, il paradigma pone in struttura gerarchica, conferisce alle proprie teorie il carattere di verità. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 migliaia, dei milioni, dei miliardi di variabili che rappresentano la realtà e la natura nel suo insieme. L'essenza dell'ecologia profonda è semplicemente porsi domande più profonde, chiedersi quali sono le premesse da cui partiamo, quali sono le conseguenze del nostro modo di fare, del nostro modo di intendere, del nostro modo di vivere rispetto all'orientamento che tendiamo ad avere lanciato verso la crescita smisurata al materialismo, a produrre di più, a conoscere di più, magari nel nel credo di una modernità che di per sé è un valore da difendere a priori. Mettere in discussione questa prospettiva significa entrare dentro uno scenario di relazioni di cui noi siamo parte e che quindi ci mette nella condizione di poter essere molto più responsabili, ma anche parti attive, di quello che succederà alle generazioni successive. In quest'ottica, non facciamo riferimento solo a un sapere ma a una molteplicità di concetti che arrivano da discipline diverse. Il background, lo sfondo teorico, del pensiero sistemico e della complessità arrivano da almeno tre pilastri di ricerca fondamentali che nel tempo hanno avuto modo di determinare l'innesco di ulteriori filoni di ricerca molto più vasti. Innanzitutto, va considerato che ogni essere vivente è un sistema complesso. Nel secolo scorso sono tre gli orientamenti teorici che si sono sforzati di cercare nuovi modelli in grado di descrivere e predire il comportamento complesso degli esseri viventi. In particolare, la teoria del caos, portata avanti da Edward Lorenz che era un meteorologo, un matematico che studiava i fenomeni discontinui della natura. Cercava di riprodurre dei modelli matematici che permettessero di prevedere con ragionevole affidabilità quali erano le evoluzioni di certi fenomeni che in natura sembrerebbero essere veramente imprevedibili come le fluttuazioni del tempo meteorologico oppure l'andamento delle popolazioni all'interno di determinati ecosistemi e quindi tentò di riprodurre, attraverso l'uso di macchinari elettronici molto elementari rispetto a quelli che abbiamo oggi, quelle che erano le evoluzioni delle sue formule matematiche. Da questo ramo di ricerca, nasce il concetto di “butterfly effect” quello secondo cui un battito d'ali di farfalla in un continente potrebbe partecipare, in modo incredibilmente sproporzionato, all'instaurarsi di un uragano dall'altra parte del pianeta. Un secondo pilastro della ricerca, che fornisce oggi gli strumenti per poter parlare di teoria della complessità, fu quello della cibernetica. Questo ramo di ricerca, condotto principalmente da Norbert Wiener che era anche lui un matematico, cercava di studiare il controllo e la comunicazione delle macchine e degli animali. Da questo filone di ricerca, nasce il concetto di feedback di retroazione. Infine, il terzo pilastro di ricerca a cui faremo riferimento nel parlare della teoria della complessità è quello creato quasi interamente da questo ricercatore, Ludwig von Bertalanffy, che era un biologo austriaco grazie al quale oggi possiamo parlare di sistemi. Quando parliamo di pensiero sistemico (oppure attraverso i postulati del paradigma ecologico) intendiamo una realtà sistemica. Questa parola prende le sue radici dalle ricerche Ludwig von B. grazie al quale si è sviluppata la teoria generale dei sistemi e che si fonda proprio sullo studio e sull'analisi delle proprietà, appunto, dei sistemi. Proviamo ora a indossare gli occhiali della teoria della complessità. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 Per osservare l'uomo, è possibile identificare due sfumature importanti di complessità: quelle che riguardano la cosiddetta complessità di dettaglio e quella che riguarda i sistemi semplici. Basta pensare a un puzzle formato da decine di migliaia di pezzi e cosa vuol dire mettere insieme tutti questi pezzi che stanno in modo caotico in una scatola. Eppure se noi partissimo da un singolo pezzo, se ripetessimo con pazienza il processo di prendere un pezzo dopo l'altro, provare tutte le varie possibilità che ogni pezzo offre per essere combinato con quello che abbiamo in mano, ripetendo questo processo tale quale dall'inizio alla fine, saremo in grado di comporre questo puzzle perfettamente perché le parti, per quanto possano essere numerose in un sistema semplice, non hanno bisogno di un pensiero complesso per essere affrontate e gestite proprio perché possono relazionarsi e combinarsi tra di loro in pochi modi che sono stabiliti e che restano nel tempo. Questa è una complessità di dettaglio che non ha quindi bisogno di pensiero sistemico, che non ha bisogno di un approccio alla complessità particolarmente elaborato. Mentre invece ci sono dei sistemi, come quelli viventi, che sono di fatto molto diversi perché si rifanno alla metafora degli scacchi. Immaginatevi cosa vuol dire, in uno scenario composto da una trentina di elementi nel caso degli scacchi, cambiare la configurazione delle combinazioni possibili. Ogni mossa determina il cambiamento di tutto lo scenario di possibilità della mossa che seguirà (Complessità dinamica). Nei sistemi complessi le variabili sono molte, ma anche se fossero poche ci porterebbero a dover approcciare in modo diverso la questione perché la relazione tra di loro cambia a seconda delle variabili che intervengono nel tempo: per ogni mutamento che riguarda un singolo componente di quel sistema, l'intera configurazione di combinazioni possibili (quindi di relazioni possibili tra le parti) cambierebbe di volta in volta. Quindi questa è la complessità di cui intendiamo occuparci come professionisti di cura in divenire perché nel mondo degli esseri umani, degli esseri viventi in generale, questa è una complessità che specialmente le interazioni che avvengono tra individui, le relazioni che avvengono tra idee, tra concetti e tra livelli di sistema diversi. Le parti, quindi, anche se poco numerose possono relazionarsi e unirsi in una miriade di combinazioni diverse. Ma cosa significa adattativo? Possiamo per semplicità dire che tutti i sistemi viventi sono esposti a una tendenza universale che, ad esempio, i fisici chiamano tendenza all'entropia che possiamo semplificare dicendo che gli esseri viventi tendono essere portati dalla natura dell'universo, a disintegrarsi, a uscire fuori dall'equilibrio, a andare in una condizione di completo caos ma tutti gli esseri viventi hanno la proprietà intrinseca di difendersi cercando dei nuovi equilibri. Se lo Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 stato di equilibrio viene sollecitato nuovamente, la sfida di adattarsi a un nuovo livello di equilibrio rappresenta una crescita della complessità. Si verificherà l’adattamento a un'interazione più complessa con l'ambiente, in caso contrario il sistema collasserà gli esseri viventi moriranno, si disintegreranno e così le loro parti. Cosa significa sistema? Innanzitutto, parliamo di sistema aperto e non di sistema chiuso. Il sistema vivente scambia qualcosa con il suo ambiente costantemente (quindi non è un sistema chiuso come dentro un barattolo, senza interazione). Cos'è quindi un sistema, come lo definiamo, com'è fatto e come funziona? Il sistema aperto lo possiamo definire come un'entità che è in comunicazione con il suo ambiente attraverso flussi di energia, informazione e materia. È una definizione generale che possiamo utilizzare su scale diverse, in contesti diversi, che riguardano gli esseri viventi per cui questo vale per una cellula vale per un tessuto vale per un organo ma in realtà vale anche su scale più piccole e vale su scale molto più grandi ecco che questo concetto così generale può essere adattato per interpretare e quindi comprendere livelli differenti che continuano a interagire nello scambio con l'ambiente. Com'è strutturato un sistema vivente? Un sistema vivente è strutturato su livelli di ordine crescente per cui possiamo osservare che ciò che appare su larga scala è strutturato su livelli di ordine più piccolo che sottostanno evidentemente a delle regole diverse. A partire da un'unità più piccola, che è l'atomo, si vengono a costituire livelli crescenti di sistema che via via porteranno a delle interazioni e a dei fenomeni diversi su scala crescente. La struttura di un sistema è caratterizzata da sottosistemi. Per esempio, il sistema sanitario è un macroscopico sistema complesso che emerge (da qui emergenza) da interazioni che stanno a livelli gerarchicamente o funzionalmente inferiori e questi sistemi, come l’infermieristica, la fisioterapia, l’ergoterapia, lavorano in parallelo e in simultanea con altri sistemi come quello della medicina, come altri elementi basta pensare a quello dei servizi sociali o quello della radiologia e così via. Se continuiamo a espandere questa rappresentazione vedremo che ciascuna disciplina del sistema sanitario fa riferimento a sottosistemi che sono idee, concetti e valori come, per esempio, la cognizione, l'età, le credenze ma anche questioni molto più tecniche e disciplinari, la clinica, l'autonomia, l'educazione. Questi sottosistemi sono interconnessi con ciò che poi, a livello macroscopico, noi riconosciamo emergere nel sistema sanitario complessivo. Non possiamo separare questi elementi e dobbiamo iniziare a considerarli come interagenti su livelli diversi ma nello stesso momento. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 segnale in rilascio di ossitocina la quale agisce sui muscoli della parete dell'utero facendoli contrarre con maggiore efficacia. Il feto, spingendo, aumenta questo innesco che retroagisce con feedback positivo aumentando la distensione della cervice che di conseguenza amplifica ancora di più il processo, il quale giunge al termine con il parto e quindi del ciclo di feedback positivo. Ø il feedback negativo è esattamente l'opposto. È una retroazione di bilanciamento. Anche qui il termine negativo non ha significato di brutto, cattivo, ma è sinonimo di inibire e di tendere al riequilibrio del sistema. Un esempio della nostra fisiologia potrebbe essere quello relativo al mantenimento della pressione arteriosa. Se uno stimolo produce l'aumento della pressione arteriosa, i barocettori l'inviano dei segnali all'encefalo che rilascerà impulsi nervosi a cascata che agiscono sul cuore, sui vasi sanguigni, producendo una frequenza cardiaca minore che ridurrà la pressione arteriosa. Questo provocherà un feedback negativo che andrà a ripristinare l'equilibrio della pressione arteriosa. Questo è il tentativo che il corpo fisiologicamente fa in ogni momento e tutte queste interazioni avvengono contemporaneamente sempre su scale e livelli diversi del nostro sistema. La teoria del caos ci ricorda che l’elemento di non linearità fondamentale è da riconoscere e tener sempre presente quando abbiamo a che fare con sistemi adattativi complessi perché c'è sempre sproporzione tra ciò che entra e ciò che esce. Nei processi complessi che riguardano i sistemi viventi c'è sempre una sproporzione sulla qualità dei fenomeni. Non è detto che tanta qualità in ingresso corrisponde ad altrettanta qualità in uscita, ma è vero anche il contrario potrebbe esserci poca qualità in ingresso e potrebbe esserci una grande qualità in uscita. La sproporzione può essere di tipo qualitativo e anche di tipo quantitativo. Nella prospettiva della complessità non importa quanta energia, materia, informazioni sono entrate in un sistema. La sua risposta non sarà necessariamente proporzionale. Un altro fenomeno legato alla non-linearità dei sistemi complessi è quello dell'auto-organizzazione e delle proprietà emergenti. È una dinamica che riflette un organismo vivo. Un organismo vivo è l'emergenza di qualcosa che sta a livelli diversi. Il comportamento esteriormente osservabile del nostro sistema corporeo in realtà è frutto di un'emergenza, di un comportamento, di una qualità che scaturisce dalle interazioni dei sistemi che compongono il nostro corpo. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 Quando un sistema vivente si auto-organizza emergono delle strutture e delle proprietà globali che diventano dominanti per il comportamento globale del sistema. Questo stesso fenomeno immaginato su una scala più grande chiarirà che la stessa cosa avviene, per esempio, tra un gruppo di persone che neanche si conoscono ma che, trovandosi nelle condizioni di dover studiare un programma di studio comune, si trovano all'interno di un'aula facendo emergere un comportamento, una proprietà, che singolarmente per ciascuna di queste persone non sarebbe osservabile, ma che in questo caso rappresenterebbe un comportamento emergente di gruppo. Il sistema possiede delle peculiari proprietà emergenti che sono diverse da quelle delle singole parti prese in esame. Dobbiamo intendere l'emergenza come un'insieme di qualità e di proprietà che emergono dal sistema durante il suo funzionamento e si tratta di proprietà e qualità di comportamento che non si possono prevedere logicamente ma solo constatare con l'esperienza. Il confronto e l’osservazione del comportamento di un sistema complesso portano a un risultato incerto che non vuol dire che non abbia senso cercare di prevedere il meglio possibile, ma significa uscire dalla logica di un'assoluta certezza riguardante il risultato. Perché i sistemi complessi interagiscono in modo complesso con altri sistemi complessi e ogni azione inevitabilmente si trasforma in una rete di conseguenze che si propagano nella rete di relazioni che collegano le parti del sistema. Ecco perché è fondamentale, oltre all'approccio di analisi, quello della sintesi. Questo permette di avere occhiali diversi nel momento in cui si posa lo sguardo, come professionisti, su pazienti, colleghi, familiari équipe. La conoscenza procede di pari passo con l'ignoranza. L'urgenza classificatoria che spinge subito a etichettare qualcosa o qualcuno sulla base delle informazioni che abbiamo è legata necessariamente a una carenza di informazioni, a degli automatismi e su questi bisogna vigilare e poter leggere da prospettive ed angolazioni diverse i fenomeni riguardanti la cura. E. Morin dice chiaramente che il problema non sta tanto nel fatto di avere più conoscenza ma quanto piuttosto di saperla organizzare quindi l'obiettivo avere strumenti per poter sviluppare un'argomentazione riflessiva su quello che si dice e si fa, come curanti ma anche come persone. Facciamo un salto indietro e proviamo a prestare attenzione a quanto tutto questo possa essere importante. Questo è il nostro pianeta. È dove viviamo, ed è molto molto bello. Tutti i giorni, ovunque, miliardi di persone come voi e come me si tirano fuori dal letto ed incominciano un nuovo giorno, un giorno pieno di cose da vedere da fare, decisioni che devono essere prese, lavori che devono essere svolti insomma un altro giorno di vita sulla terra. Il mondo intorno a noi è pieno di materiale informativo e di decisioni che devono essere prese. Il modo in cui gestiamo le informazioni, il modo in cui le organizziamo e diamo adesso significato è chiamato – sì potrebbe sembrare banale – ma è chiamato pensiero. Ma il pensiero è incredibile – intendo dire – pensiamo a cosa sarebbe se non potessimo pensare, se accumulassimo solamente tonnellate e tonnellate di informazioni come fanno le macchine ma senza creare una nostra idea personale di esse, niente di buono, giusto. Molte informazioni ci rendono informati ma i pensieri, alcuni pensieri ci rendono svegli e intelligenti. Ci sono semplicemente delle cose che non possiamo trovare su Google, l'informazione da sola non è sufficiente a risolvere problemi ed è lì che subentra il pensiero. Il pensiero è come noi costruiamo significato dall'informazione che si trova in azione e lo facciamo in continuazione. Tutto il tempo che ne siamo consapevoli o no, essere consapevoli e renderci conto di come pensiamo al mondo in rapporto a come il mondo funziona possiamo chiamarlo pensiero sistemico. E come quasi ogni cosa che facciamo, possiamo migliorarla quindi poniamo che vogliamo essere dei pensatori sistemici di che cosa avremmo bisogno pensare al nostro pensiero? Noi usiamo il pensiero per trasformare le informazioni in conoscenza, costruiamo la nostra conoscenza a partire da un'informazione, l'informazione la prendiamo dai nostri sensi in ogni momento della nostra vita mentre essa scorre. Se guardaste un cane potreste volerlo accarezzare o oppure proprio no. È il vostro modello mentale che fa la differenza e non si tratta di giusto o di sbagliato; i modelli mentali sono conoscenza. Sono, infatti, ciò che generiamo quando costruiamo significato a partire dall'informazione, ricordi ed esperienze. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche 2021/2022 Proprio come queste esperienze sono uniche per ciascuno di noi, allo stesso modo lo sono i modelli mentali che costruiamo i quali sono qualcosa di molto potente perché influenzano il modo in cui percepiamo il mondo ed evidentemente anche il modo in cui agiamo dal momento in cui siamo nati. Noi costruiamo modelli mentali e per i bambini questo rappresenta un'intera mole di costruzione perché praticamente ogni cosa è nuova per loro quindi stiamo costruendo tutti quanti i nostri propri modelli mentali in ogni momento, costantemente. Ma in che modo costruiamo modelli mentali? Poiché il pensiero fa la differenza, cosa stiamo facendo esattamente mentre pensiamo per costruire i nostri modelli mentali? Tutti noi usiamo quattro semplici schemi di pensiero: facciamo distinzioni tra cose e altre cose, tra identità e altre identità, poi organizziamo le cose in sistemi sistemi di parti e sistemi di interi, poi identifichiamo relazioni tra azione e reazione oppure tra causa ed effetto e poi assumiamo prospettive da un certo specifico punto di vista. Tutti questi quattro processi avvengono insieme continuamente facciamo distinzioni fra la tua testa e le loro teste. Fare distinzioni è facile, lo facciamo tutto il tempo, tutta un'identità: tu, il caffè, il colore la felicità, la Svizzera, gli Stati Uniti. Ma da dove arriva questa identità? Arriva dagli altri. Pensiamoci un attimo: tutto ciò che non è esattamente quella precisa cosa facciamo distinzione con tutti i nostri sensi. Fare distinzioni significa vedere ciò che un oggetto, un'idea, è in rapporto a cosa non è, e le tue distinzioni sono probabilmente diverse da quelle di qualsiasi altro, ma questo è ciò che poi rende la vita interessante. E poi c'è un'altro modo in cui il pensiero opera ed è organizzando le cose in sistemi di parti e sistemi di interi. I sistemi possono essere molto grandi o davvero molto piccoli molto complessi oppure molto semplici, ma sono comunque sempre composti da parti che per lo più sono a loro volta delle sotto parti. Ogni cosa che pensiamo, proprio come ogni cosa che costruiamo è composta da parti. Pensiamo anche solo un lavandino o un bagno: si tratta di una collezione di parti più piccole che lavorano tutte insieme per funzionare in un'insieme più grande e ciascuna di esse è una parte di un sistema più grande ancora, che include il luogo da cui proviene l'acqua e il posto in cui l'acqua finisce. Il pensiero sistemico ci aiuta a vedere che tutta l'acqua sulla terra è connessa in un sistema grande quanto il pianeta, molte, moltissime parti. Qualche volta facciamo giustamente attenzione alle singole parti del sistema, ma talvolta è, probabilmente sempre più spesso, è di aiuto vedere l'intero. I sistemi ci forniscono una struttura per comprendere il mondo, essere consapevoli delle relazioni e poi, altrettanto importante, potremmo pensare che le relazioni siano solamente qualcosa che riguarda le famiglie o gli amici ma esistono relazioni tra idee e concetti. Anche relazione significa interazione. È causa ed è anche effetto, è azione e reazione. Le relazioni stanno avvenendo di continuo attraverso spazi infinitamente piccoli, tra le particelle atomiche e attraverso le vastità immense dell'universo. Comprendere le relazioni e le interconnessioni può essere molto importante in diversi modi. Talvolta riconoscere una nuova relazione oppure vedere una vecchia relazione in modo diverso può provocare una nuova idea. Per vedere l'importanza di come le idee si influenzino a vicenda è necessario però vedere le cose diversamente, costruire nuova conoscenza con i dati che si hanno a disposizione e risolvere problemi che hanno importanza. Le relazioni esistono ovunque: tra gli atomi, le galassie, gli scienziati o due persone nella stessa famiglia. Nelle nostre vite di tutti i giorni creiamo distinzioni specifiche, organizziamo le cose in sistemi, mettiamo in relazione alle cose. Secondo il nostro schema di pensiero, assumiamo prospettive specifiche rispetto al mondo intorno a noi, navighiamo le strade delle nostre città usando la prospettiva dello spazio, gli angoli e la velocità, la previsione dei rischi e dei ritardi. Ogni prospettiva possiede un punto ed una vista: possiamo osservare le cose dalla prospettiva di altre persone, altre nazioni, altre idee. Qualche volta ci aiuta a comprendere le cose: il fatto di osservarle da un particolare punto di vista, il nostro punto di vista, scolpisce e dà forma a qualcosa. Il modello mentale che costruiamo, lo comprendiamo. La prospettiva determina non solo ciò che guardiamo ma cosa realmente vediamo. La prospettiva è alla radice di così tante cose che è fondamentale nella società umana: empatia, compassione, connettività; la prospettiva determina il modo in cui ci si relaziona gli uni agli altri nel mondo intorno a noi. Tipo: qual è la tua prospettiva sulle parti, sull'arte e sul pensiero sistemico? Il pensiero sistemico ci aiuta a vedere gli schemi soggiacenti, le strutture, e può guidarci a pensare a tutti i tipi di cose nuove, possiamo apprezzare più identità differenti degli altri, possiamo riconoscere le relazioni tra le parti e gli interi, possiamo cogliere il rapporto tra azioni e reazioni e possiamo nutrirci delle diversità dei punti di vista nel mondo intorno a noi. Tutto questo rende il pensiero sistemico molto entusiasmante ed interessante perché offre la possibilità di avere l'abilità di pensare attraverso le cose, comprendere il modo in cui pensi ti aiuta a essere migliore: uno studente, un'artista, un musicista, un genitore, scienziato, atleta, Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 È importante integrare questo significato: il corpo è plasmato da esperienze fisiche, psichiche, emotive e il corpo a sua volta plasma queste esperienze da causalità, è circolare. Siamo dentro la teoria della complessità. Non siamo fatti solo di muscoli e ossa. Il nostro corpo è la sede dove le emozioni prendono forma e si manifestano patologie frequenti come la lombalgia o il dolore cervicale. Le cure, in cui si trova un notevole beneficio, derivano da un approccio che guarda il soggetto nel suo insieme, a partire dalla postura, dalle abitudini della vita e dal vissuto personale. Quindi la presa in carico della persona è ampia e tiene conto di tutti questi aspetti, problematiche corporee ed emozionali, che si somatizzano nel corpo. Cosa significa aprirsi alla visione sistemica del corpo, dell'organismo, come sistema di sistemi, vivente a sua volta parte di sistemi? Quali implicazioni per i metodi di cura? Il metodo di cura: la relazione La parola metodo indica il concetto di strada, di percorso. Metodo significa percorso, dunque, quando si adotta un metodo nella cura significa che si sta intraprendendo un percorso da seguire. Se si intraprende una strada, è essenziale conoscere da dove si parte, da dove si comincia e dove si vuole arrivare, dove/come si vuole accompagnare il paziente quale meta, destinazione, quali gli obiettivi che si attendono, quali i risultati. Gli obiettivi della cura proteggere da ciò che rappresenta una minaccia quindi prevenire, curare, guarire, riparare un danno oppure promuovere benessere, l'auto cura, lo sviluppo del potenziale, far fiorire (come diceva L. Mortari). Questi obiettivi possono intrecciarsi e interagire tra loro, ma gli approcci cambiano a seconda dell'obiettivo principale che viene posto insieme al paziente. La seconda domanda da porsi riguarda anche chi è, qual è l'oggetto della mia cura? Occorre la consapevolezza del fatto che il soggetto della cura non siamo solo noi singoli curanti ma è una rete cioè un sistema composto da persone, istituzioni, funzioni, ruoli che sono in interazione tra loro; una rete, composta da me curante e dal paziente (anche lui soggetto di cura), la quale si estende a un team multidisciplinare, poi si estende alla famiglia, all'ambiente di vita, alla molteplicità di servizi sul territorio. Oggetto della cura è un soggetto, una persona, che non è solo oggetto della cura ma anche relazione: l'intreccio che si crea tra me curante, la rete di cui faccio parte e chi riceve cura, il paziente e la sua famiglia. Dunque, il curante è a sua volta oggetto di attenzione di cura, di riflessività. Il curante è attento a ciò che sta succedendo e al contempo si prende cura anche di sé stesso nella relazione con l'altro (concetto delle polarità semantiche). Può succedere che nella relazione, oltre ad aspetti professionali e terapeutici, entrino anche elementi emotivi/affettivi. Non si può ingenuamente pensare di essere separati e dunque quando si investe nella relazione con un paziente l'emotività, il pensiero, la propria mente, il proprio corpo, entrano in relazione e questo può suscitare nel paziente, in chi riceve cura, emozioni- sensazioni- pensieri e si crea dunque un intreccio relazionale che può generare ulteriori pensieri- sensazioni- preoccupazioni- sentimenti di coinvolgimento, di innamoramento, di eccitazione, di paura, di rabbia, di conflitto. Bisogna osservare questa relazione, bisogna prendersi cura di ciò che sta succedendo nella relazione tra curante e persona curata. Ecco la riflessività della cura. La cura è pensosa, la cura riflette. A seconda degli obiettivi, di chi è l'oggetto della cura, di come si configura la relazione di cura, si utilizzano strumenti e linguaggi diversificati. Lo strumento principale della cura è il corpo fatto di gesti, parole. La prima rappresentazione che viene mostrata è il corpo: il proprio corpo, la propria energia, la propria fisicità. Cosa si comunica attraverso il corpo: la vicinanza, la distanza, la paura, Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 l'emotività, la padronanza o l'insicurezza; che cosa sta comunicando? Cosa sta esprimendo? Cosa si vuole comunicare e cosa arriva all'altro? Che cosa l'altro percepisce della mia comunicazione? Esistono cliché, stereotipi, che hanno accompagnato per tanti anni l'immaginario dell'infermiera come oggetto di attenzione erotica: l'infermiera sexy. Ancora oggi ci sono serie televisive o film che raccontano ancora di questo immaginario collettivo ed è molto importante essere consapevoli che nell'immaginario collettivo esiste questa rappresentazione dell'infermiera come oggetto/soggetto portatore di una carica erotica importante perché l'infermiera tocca, si prende cura di un corpo, spesso un corpo nudo scorporabile. Non possiamo prescindere da questo elemento. Che lo vogliamo oppure no, il primo veicolo della cura è rappresentato dal nostro corpo. Il tema è importante: come si gesticola, come si usano le braccia, le mani, con quale padronanza e anche come si cammina: la comunicazione non verbale e la comunicazione paraverbale sono rilevanti molto più della comunicazione verbale. Quindi l’andatura può comunicare fretta, disinteresse oppure può comunicare attenzione, vicinanza. La propria postura, il proprio modo di stare vicino esprime le intenzioni, le proprie motivazioni e poi c’è la parola. Bisogna saper padroneggiare questi strumenti della cura. Un buon curante deve padroneggiare gli strumenti della cura innanzitutto quelli che riguardano il linguaggio del corpo, i gesti, le parole e poi altri strumenti della cura fondamentali come il ragionamento clinico, il processo decisionale o processo di cura, a seconda delle professioni. Lo strumento di cura metodologico è importante per fare un ragionamento clinico, condurre un processo decisionale o di cura e, da ultimo, lo strumento centrale della capacità di cura è l'utilizzo di buone pratiche codificate basate sulle prove di efficacia, la medicina narrativa. Quindi quali sono i linguaggi adeguati nella cura? Sono tutti i linguaggi dell'umano: si incontrano uomini e donne di ogni cultura e bisogna essere aperti a ogni possibilità di entrare relazione utilizzando i linguaggi della relazione, linguaggi della scienza, il linguaggio delle emozioni, linguaggio del corpo, il linguaggio delle dimensioni irrazionali, linguaggio della musica, il linguaggio dell'arte, delle passioni, della poesia. Questo non significa essere tuttologi, non significa essere esperti di tutto ma essere curiosi aperti, non rigidi esploratori di mondi, come diceva M. Sclavi, ma possibili esploratori di altre cornici. Un esempio di approccio alla cura sistemico è rappresentato da questa infermiera dell’Alaska che si è approcciata alla cura di bambini con il cancro che affrontavano la chemioterapia e quindi la conseguente perdita di capelli. Questa infermiera ha immaginato di promuovere il loro benessere attraverso la creazione di parrucche tratte da i personaggi Disney, tratte da personaggi di principesse o di eroi, coinvolgendo volontari, genitori, famiglie, gruppi di persone, a realizzare queste parrucche da spedire gratuitamente in tutti gli ospedali che ospitavano i reparti di oncologia pediatrica e da questa sua iniziativa è nato un progetto di respiro nazionale e internazionale per cui giungono richieste da tutto il mondo e si aggiungono volontari da tutto il mondo. Uno sguardo curioso, aperto a diversi approcci, può portare a una cura davvero sistemica e olistica. Il percorso un viaggio è importante così come la sua destinazione. A volte il percorso modifica addirittura il valore attribuito alla meta. Focalizzarsi solo sul risultato diventa frustrante, motivo di ulteriore sofferenza quindi è importante il metodo, il viaggio, il percorso. Come si accompagna il paziente rappresenta un viaggio che assume un valore, diventa il centro. Quindi la cura è un sistema complesso multidimensionale. Che cosa accomuna, in una visione sistemica, tutti i metodi, gli approcci, affinché siano davvero curativi? Alla base c’è la relazione. Il metodo adeguato che fonda ogni altro approccio è la capacità di stare in relazione; chi cura è esperto di relazione. Questa è la base di ogni riflessione sui metodi di cura: ogni approccio, strumento, linguaggio, si fonda sulla capacità di costruire, mantenere, alimentare, la relazione tra curante e chi riceve la cura. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 Cosa significa stare in relazione? Significa innanzitutto coltivare la consapevolezza è far fronte alla distrazione. È sempre più faticoso mantenersi focalizzati. Stare in relazione presuppone la capacità di non distrarsi, di ascoltare attivamente. Stare relazione presuppone un allenamento all'attenzione cioè un allenamento alla non distrazione e dunque occorre vigilare sulla propria facilità alla distrazione. Per un paziente percepire di non essere ascoltato è un'esperienza frustrante. È molto importante osservarsi e, magari, essere consapevoli che ci stiamo distraendo e allora allenandoci a osservare la nostra distrazione, siamo più capaci di recuperare e quindi di rimetterci in contatto col paziente. Per essere un esperto di relazione occorre diventare esperti di questa consapevolezza di capacità di distrazione. Stare in relazione poi significa essere consapevoli delle proprie maschere. Tutti indossano delle maschere; si recita una parte, dicono alcuni autori, recitiamo un copione la nostra vita è un susseguirsi di copioni diversi a seconda degli scenari diversi in cui noi stiamo agendo. Quali sono le maschere che io indosso quando sono davanti a un paziente? Quando sono davanti agli altri, sono davvero io? Se dovessimo togliere le maschere che cosa resterebbe di noi? L'altra dimensione centrale in questo sistema della relazione è essere autentici , essere veri, non fingere, consapevoli delle maschere che si indossano perché abbiamo dei ruoli ma se si cerca di purificare e alleggerire queste maschere è possibile essere veri e in contatto con ciò che si percepisce. Essere consapevoli delle proprie maschere richiede di ricercare continuamente la verità, di sapere dove si è in quel momento, cosa si sta facendo. Togliere le maschere disfunzionali mi aiuta ad essere più autentico più vero. Accanto al tema delle maschere, si affianca al tema delle etichette, i titoli, le mostrine. Abbiamo bisogno di attaccare delle etichette che proteggono, sono una manifestazione di potere. Ricordando il mito di cura, la nostra etichetta, la nostra divisa, i nostri titoli, sono tutte manifestazioni/strumenti che possono essere utilizzati per un abuso di potere. Stare in relazione significa essere consapevoli delle maschere che si indossano, delle etichette che ci proteggono, dell'uso che ne facciamo e dunque essere capaci col tempo di lasciar cadere le maschere che ci impediscono di essere veri, di essere umani. Lasciar cadere le etichette è importante perché altrimenti impediscono una relazione empatica, una relazione affettiva. Se cadono le maschere, se non uso le etichette e non mi proteggo dietro le etichette, emerge la propria umanità e quindi vulnerabilità che significa accettazione delle proprie imperfezioni, lavorando su sé stessi e entrando in contatto col proprio. È possibile avere la percezione di non essere mai pronti o perfetti ma non è la perfezione la cura. La cura è l'autenticità, rendere visibile l'autenticità di ognuno e quindi essere consapevoli delle vulnerabilità. Una visione sistemica permette di focalizzarsi sulla relazione e su sé stessi, per pulire la relazione dagli elementi che allontanano da una relazione di cura autentica. Come insegna il mito di Chirone, stare in relazione presuppone un contatto permanente col proprio mondo interno, con le proprie paure, le proprie insicurezze, la propria percezione di imperfezione, di errore. Nel momento in cui si sviluppa questa consapevolezza del valore della vulnerabilità, della risorsa della vulnerabilità, si sviluppano delle attitudini diverse rispetto ad una posizione distante, distaccata, oggettiva e sono le attitudini di gentilezza innanzitutto verso me e poi nella relazione. Tutto questo diventa possibile nella misura in cui sento io curante sento che c'è una connessione intima, profonda, vera, con la persona che sto curando non perché Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 Penso ai miei pensieri, rifletto sul mio comportamento, utilizzo un pensiero creativo divergente oltre il consueto perché non esiste solo questo modo di pensare, non esiste solo questa cornice di riferimento. Ci sono molteplici possibilità di arrivare a quella destinazione, ma quali sono le più adeguate? Poi ricerco le connessioni, unisco gli elementi, i dati, i significati, cerco di comprendere le relazioni, interpreto i feedback (cosa significa quello che mi sta dicendo il paziente?) che possono avere un effetto sulla mia azione di cura, mi lascio interrogare dal feedback che mi ritorna dal paziente, dall'effetto della terapia, dall'effetto del mio intervento, da quello che vi dicono gli altri e dunque il metodo sistemico complesso integra tutte le dimensioni dell'umano. Come diceva un medico, all'inizio del 900, nella clinica, come nella vita, bisogna avere un preconcetto, uno solo, ma inalienabile il preconcetto che tutto ciò che si afferma e che pare vero può essere falso. Bisogna criticare tutto e tutti prima di credere. Bisogna domandare sempre come primo dovere perché devo credere questo? Questo è proprio l'esercizio del pensiero critico riflessivo: non do per scontato nulla e mi interrogo sempre, mettendo in dubbio le mie conoscenze. Edgar Morin sostiene che le attività auto osservatrici devono essere inseparabili dalle attività osservatrici, le autocritiche devono essere inseparabili dalle critiche, i processi riflessivi devono essere inseparabili dai processi di oggettivazione. Tutto ciò è necessario perché le nostre conoscenze sono sempre a rischio di errore e di illusioni. Morin li definisce come tallone di Achille: sono gli errori possibili, sono errori innanzitutto di percezione. Secondo Luigina Mortari, la conoscenza non è specchio delle cose, non viene dagli stimoli che noi registriamo, interpretiamo, traduciamo e ricostruiamo, interpretiamo. Non c’è nulla di oggettivo. Come possiamo dire che la conoscenza è specchio delle cose? Ovviamente dipende dal funzionamento del nostro “sistema di registrazione” dato dai nostri sensi, dalla sofisticazione dei nostri sensi e dalla capacità che abbiamo di tradurre e di ricostruire quello che noi sperimentiamo grazie alle nostre cornici. E quindi ciò che mi appare può essere molto diverso da ciò che appare a un mio collega. Si parla di self- deception, un egocentrismo, un bisogno di auto-giustificazione una tendenza a negare gli errori. Gli errori di percezione (quindi legato al sistema proprio percettivo nervoso) sono la prima fonte di rischi e a questo si aggiunge l'errore di comprensione intellettuale dovuto proprio alla nostra capacità mentale di conoscere. La complessità attraverso la povertà delle nostre parole nasconde sempre il rischio di errore di semplificazione eccessiva. Quando noi traduciamo ciò che abbiamo sentito/percepito, interpretiamo e in ogni interpretazione c'è il rischio dell'errore. Un esempio è il gioco “telefono senza fili” in cui si sperimenta molto bene come, da una persona all'altra, il messaggio viene recepito in modo diverso e viene tradotto/ reinterpretato in modo diverso. Alla fine l’output è profondamente differente dall’input. Quindi esiste anche l’errore della ragione, legato alla nostra razionalità. La razionalità è coinvolta con l'emotività, l'affettività, secondo Morin, le perturbazioni mentali, le paure, i desideri, tutto questo modifica, perturba la logica della nostra razionalità. Anche quando la razionalità viene assolutizzata, diventa dogmatica, non c'è più autocritica; anche questo moltiplica il rischio di errore. Quando la ragione si usa in modo pertinente, si è consapevoli che bisogna fare i conti con una parte di me che oscura (con l'ombra, con i limiti dunque della logica della ragione, non solo con l'affettività, ma anche con l'irrazionale, con i miti, le magie). Il mito del progresso inarrestabile diventa la religione del progresso inarrestabile, della crescita illimitata. Secondo Capra, è un mito tipico del positivismo della ragione, della razionalità della scienza, che risolve ogni problema- che risponde ad ogni domanda. Oggi bisogna fare i conti con l'incertezza di una situazione pandemica, con l'incertezza di crisi globali, dei cambiamenti climatici. La razionalità, la ragione, deve fare i conti, deve dialogare con questi limiti. Morin parla di errori dovuti agli accertamenti dei paradigmi. Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 I paradigmi possono produrre illusioni ed errori: se si considera l'uomo una macchina e lo tratto come una macchina e lo curo come una macchina, produco illusioni- errori- quindi bisogna essere consapevoli che ogni conoscenza comporta in sé un rischio dell'errore e dell'illusione; ogni conoscenza quindi va verificata continuamente. Se la conoscenza comporta in sé sempre il rischio dell'errore- dell'illusione- come possiamo adottare un metodo affinché la nostra conoscenza sia pertinente? Morin afferma che, affinché sia pertinente, la conoscenza deve affrontare la complessità, deve affrontare il multidimensionale e dunque non bisogna isolare una parte dal tutto, una parte dalle altre parti; bisogna affrontare il globale. Ecco la visione sistemica: affrontare il contesto non isolarlo. Bisognerebbe avere una visione che unisce e non separa, che considera, onora e rispetta la complessità. In questo modo è possibile avvicinarsi a una conoscenza pertinente che aiuta ad affrontare il tema della comprensione. Il problema della comprensione è a livelli diversi non va di pari passo con il progresso, anzi, su vari livelli, c'è difficoltà a capirsi, a comprendersi sia tra culture, sia in casa, tra generazioni, sia in gruppi. Quindi il tema della comprensione dell'incomprensione è centrale per noi curanti; serve a imparare a comprendere che la comunicazione non produce necessariamente comprensione, bisogna fare un passo in avanti. Non basta comunicare per comprenderci, non basta dire le cose, perché ci sono due tipi di comprensioni: una oggettiva, intellettuale e allora comprendere significa spiegare (comprensione oggettiva delle cose, di una patologia, di un funzionamento di una funzione, di una struttura, di un oggetto). Ma quando si parla di esseri umani, l'altro livello di comprensione è una comprensione intersoggettiva: se voglio comprendere un bambino che piange, non mi basta misurare la salinità delle lacrime (questa è la comprensione intellettuale oggettiva faccio un prelievo, misuro, ho dei test, dei risultati). Comprendere un bambino che piange dunque significa identificarmi con lui, identificandolo con me stesso. Quindi è un processo di relazione empatica inter-soggettiva: comprendere comporta sempre un processo di empatia, di identificazione e in qualche modo di proiezione. Il nostro egocentrismo seleziona ciò che è favorevole per sé stessi, ciò che è gratificante; maschero le mie debolezze, fingo, indosso delle maschere, mi proteggo dietro le mie etichette e mi nascondo dietro le mie etichette; l’etnocentrismo (prima i nostri, il gruppo) rappresenta un altro ostacolo. È quello che Morin chiama spirito riduttore, riduzionismo, ridurre la conoscenza di una personalità a uno solo dei suoi tratti. Un quarto ostacolo è l'assoggettamento cioè l'essere posseduti da un'idea, da una fede, che ci dà la convinzione assoluta della verità e questo ci impedisce di comprendere un'altra idea o un'altra fede. Allora quali sono i facilitatori della comprensione? Morin afferma che bisogna imparare ad argomentare anziché e condannare o stigmatizzare; comprendere prima di condannare, giudicare, etichettare. I facilitatori della comprensione sono due: il ben pensare cioè pensare bene e il pensare bene rimanda ai principi della conoscenza significa comprendere, tenere insieme contesto oggettivo e soggettivo locale/ globale e accanto al ben pensare l'altro facilitatore della comprensione è l'introspezione, la pratica riflessiva. Il mito di Pigmalione Mito greco ripreso da Ovidio, che racconta di uno scultore che lavorava per il re di Cipro. Uno scultore abilissimo, che aveva scolpito, modellato in avorio una statua che raffigurava una ragazza molto bella e della quale alla fine si innamora. Se ne innamora al punto tale da chiedere alla dea Afrodite di poter dar vita a questa statua e la dea concede questo desiderio a Pigmalione. Allora la statua diventò viva, i due si sposarono ed ebbero una figlia. Si parla molto del mito di Pigmalione e si parla anche molto dell'“effetto Pigmalione”: questo mito dell'uomo scultore che scolpisce da sé una propria statua e si innamora di questa statua al punto da non vedere altro che questa statua e da non voler altro che questa statua. Questo mito ci permette di riflettere sul rischio che corriamo, come curanti, di confondere la realtà con la nostra idea, con la nostra rappresentazione. Noi conosciamo, litighiamo, ci arrabbiamo, ci innamoriamo non delle persone, ma delle idee che ci siamo fatti delle persone come se fossero “statue” scolpite da noi oppure con un quadro dipinto da noi. Costruiamo un'immagine di una persona che può essere un paziente e poi ci relazioniamo nel tempo con questa immagine. Dice un maestro di meditazione, è come se noi dipingessimo un quadro di una persona e pensiamo di conoscere quella persona proprio perché abbiamo dipinto quel quadro di quella persona. Con il quadro conosciamo in realtà l'immagine di quella persona che abbiamo costruito dentro di noi. Poi quella persona magari sparisce per 20 anni perché fa un viaggio, Epistemologia della cura 1 Valeria Di Pietro – Cure Infermieristiche a.a. 2021/2022 cambia paese, cambia lavoro, cambia attività, evolve, cresce fa tante esperienze, ma noi, pensando quella persona, siamo ancora legati a quel quadro, legati a quella statua, a quell'immagine che ci siamo costruiti. Poi quella persona torna dopo 20 anni e la nostra difficoltà sta proprio nella capacità di relazionarci con quella persona, la quale magari è cambiata tantissimo, ma siamo ancora fermi, ancorati irrigiditi dentro la nostra cornice che ci fa vedere quella persona con gli occhi dell'immagine che ci siamo fatti. Il rischio del mito di Pigmalione è quello di condannare la persona a rappresentazioni rigide e antiche che noi abbiamo costruito su di lei a partire da relazioni antiche. Invece la cura a questo effetto è stare nel presente: noi cambiamo, io cambio, il paziente cambia, le persone cambiano, i colleghi cambiano, il caporeparto cambia, i docenti cambiano, gli amici cambiano, siamo in un movimento continuo e allora aggiorniamo le nostre coscienze, lasciamo da parte la nostra rappresentazione legata a un passato e con curiosità, con apertura avviciniamoci alla cura, alle persone, ai colleghi, i pazienti come se fosse la prima volta, come se fosse nuovo, chiaro che questo non è possibile. Ma questa è la tendenza, questa è l'intenzione proprio per scongiurare il rischio di irrigidirci sulla conoscenza che in realtà non riflette la vera natura di quella persona ma riflette semplicemente l’immagine che ci siamo fatti di quella persona. Questo porta a una cecità: la persona è cambiata, la persona sta vivendo come noi, sta affrontando come noi le sfide della vita. La centralità delle competenze da sviluppare intorno alla relazione di cura è stare in una relazione che promuova benessere per me che curo e per te che ricevi la cura.
Docsity logo



Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved