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1 canto paradiso dante, Appunti di Italiano

riassunto e accenni primo canto del paradiso di dante

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 19/01/2023

tersicore-ferraresi
tersicore-ferraresi 🇮🇹

4.5

(2)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica 1 canto paradiso dante e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! CANTO PRIMO del Paradiso La retorica del tempo prevedeva che la parte iniziale di un’opera fosse divisa in propositio (vv.1-12), in cui si esplica il contenuto dell’opera, invocatio (vv.13-36), in questo caso rivolta ad Apollo, e dedicatio (che qui manca ma che Dante spiega nella lettera a Cangrande della Scala). La pars retorica del Paradiso è molto ampia rispetto a quella dell’Inferno e del Purgatorio, ma qui l’elemento centrale non è più l’io del poeta ma Dio; infatti i primi tre versi sono autonomi rispetto al resto della protasi e descrivono il Paradiso e l’ordine universale, che Beatrice spiegherà poi nella prima zona teologica, nella seconda parte del canto (per questo si parla di struttura ad anello). La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove. (vv.1-3) La gloria (lumen divinum) è quella di colui che tutto move (Primo Mobile) nel senso che Dio è grazia e amore che si riflette e si rifrange nei cieli determinando il movimento come bisogno delle creature per ricongiungersi a Dio (principio); l’universo è tutto il creato suddiviso in quattro beni primi: angeli, cieli, materia prima (natura), anima. Dai beni primi, creati da Dio, derivano i beni secondi. Il lumen penetra in tutto questo, riferito all’essenza (anima), e risplende nell’esistenza (corpo). Tale manifestarsi avviene in una parte più e meno altrove, cioè in maniera differente, a sottolineare la gradualità della capacità di accogliere Dio. E’ il tema dell’unità (Dio) e della gradualità (creato) della Grazia, concepibile ponendosi in una condizione “transumana”. Dopo aver esaltato Dio, nelle tre terzine successive Dante parla di sé stesso, ponendo l’accento sull’io poetico ed esponendo la poetica del Paradiso, definita “dell’ispirazione divina” o “del poeta teologo”. Nel ciel che più de la sua luce prende Fu’io, e vidi cose che ridire Né sa né può chi di là sù discende; (vv.3-6) Egli si è ritrovato nell’Empireo e ha visto (è sottolineato, anche grazie alla cesura fu’io, e vidi, l’atto del vedere con i propri occhi) cose che sono troppo alte per essere totalmente comprese dagli esseri umani. A tal proposito si noti l’uso di parole monosillabiche per indicare la difficoltà di ciò che sta per raccontare. Perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire. (vv.7-9) Avvicinandosi a Dio (al suo disire), infatti, il nostro intelletto si profonde a tal punto che la nostra immaginativa (memoria), in questa condizione di excessus mentis, non riesce a ricordare tutto. Veramente quant’io del regno santo Ne la mia mente potei far tesoro, sarà ora materia del mio canto. (vv.10-12) Questa terzina spiega la poetica dello Stilnovo, la cui novità sta nel fatto che “quando amor mi ditta io vo significando”. Poiché l’amore per eccellenza è Dio, che penetra nella mente del poeta, Dante diventa semplice scriba Dei, il quale non inventa nulla ma trascrive soltanto: Dante è così notarius, Dio dictator. La poetica del Paradiso risulta allora concentrata su tre elementi fondamentali: 1. Visio (Dante vede e conosce) 2. Memoria (Dante ricorda ciò che ha visto) 3. Verbum (Dante traduce per ispirazione divina) L’invocazione è rivolta ad Apollo, che si presenta come umbra futurorum di Cristo, chiamato in causa perché entri nel suo pectus e dia forma alla materia, con quella stessa potenza che mostrò nella gara contro Marsia (l’excessus corporis di Marsia è chiamato a modello per l’excessus mentis del poeta). Con la vicenda di Marsia, Dante cita un mito di superbia punita, come se volesse allontanare da sé ogni ipotesi di atto di superbia, visto che la sua poesia non sfida la divinità, ma, anzi, è da essa voluta.
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