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100 DOMANDE E RISPOSTE PER FILMOLOGIA, Prove d'esame di Cinematica

Un centinaio di domande e risposte (85) utili alla preparazione dell'esame di Filmologia. 2/3 delle domande si basano su appelli precedenti, il restatante 1/3 sono potenziali quesiti comunque utili al ripasso.

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

Caricato il 08/03/2023

PaoloS.
PaoloS. 🇮🇹

4.2

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Scarica 100 DOMANDE E RISPOSTE PER FILMOLOGIA e più Prove d'esame in PDF di Cinematica solo su Docsity! DOMANDE 1. Chi interpreta Maciste 2. Come si chiamavano i due fratelli Lumiere 3. Perché il Kinetoscopio non ha avuto successo? Come funzionava? 4. Anno Inferno – Anno Cabiria 5. Data dell’Inferno, casa di produzione, altra compagnia ha prodotto un film stesso titolo. 6. Che problemi di censura ha avuto l’Inferno di Dante? Perché viene eliminato un quadro? 7. Che cos’è il divafilm? Elencare i nomi di alcune dive 8. Qual è il primo film sonoro italiano? Sistema utilizzato? 9. Regista Cabiria 10. La presa di Roma: anno, casa di produzione, COLORE 11. Anno della censura in Italia 12. In che anni ci fu il boom di produzione in Italia? 13. Qual era la vera attrazione dello spettacolo dei fratelli Lumière? 14. Perché i film dei Lumiere duravano 50s 15. Apparecchi ottici antecedenti al cinematografo, come la lanterna magica, kinetoscopio o Theatre Optique 16. Quando la produzione si concentra a Roma? 17. Come conosciamo Gustave Doré? 18. Di che città era l’Itala Film 19. Quali sono i film dell’Itala Film 20. Primo film sonoro della storia: regista, anno, particolarità del sonoro, che sistema usa per riprodurre il suono? 21. La prima Casa di produzione ad avere il sonoro 22. Sound on disc/on film 23. Pantografo 24. Se le perforazioni sono colorate, che colorazione ho fatto? 25. Dove si poteva trovare il cinematografo nel cinema delle origini? 26. Case di produzione cretinetti, tontolini, Polidor, Kri-Kri, Lea Giunchi 27. Luca Comerio 28. Nomi di dive italiane e Divi italiani 29. Za la Mort e Francesca Bertini 30. Lyda Borelli 31. Per quale scena è diventata famosa Asta Nielsen 32. I Diversi tipi di colorazione 33. Come funzionava il Pochoir? 34. Tipologie di colorazioni chimiche 35. Diva che ha fatto un solo film e viene dal teatro? 36. Chi era presente alla proiezione dei fratelli Lumiere? 37. Perché non si conservavano le pellicole? 38. Perché la colorazione a mano veniva affidata alle donne 39. Segundo de chomon: il suo cinematografico e il suo contributo 40. Di che colore è il vestito della danza serpentina? 41. Primo film italiano protetto dal diritto d’autore 42. Scegli una casa di produzione italiana e parlane 43. Primo lungometraggio italiano: titolo, anno, regista, casa di produzione 44. Parliamo di cinema muto, ma in realtà muto non è. In che senso? 45. Caso particolare di un incendio che fu quasi la morte del cinema 46. Ruolo dell’imbonitore 47. Con chi combatte Roma in “LA PRESA DI ROMA”? Come conclude il film? 48. Spiegare il titolo del libro “Seduzione dello Spettro” 49. Voyage dans la lune, plagio? 50. Spiegare il titolo “Una passione infiammabile” 51. ARGOMENTO A SCELTA 52. Composizione dei programmi nel cinema delle origini 53. Prima casa di produzione italiana 54. Crisi anni ‘09 55. L’UCI 56. Formati wide screen 57. Cosa sono maquette, trasparente ed effetto Schuftan 58. Sviluppo e stampa 59. Che genere di produzione era quella delle origini 60. In cosa consiste il richiamo dei fratelli Lumiere nei film di Melies? 61. Come si concretizzava il fantastico? 62. In che modo operava Melies nella produzione dei film, qualche film? 63. Formati pellicola 64. Capitolo 11 di “introduzione al cinema muto italiano” 65. La pirotecnica 66. Pellicola ortocromatica e pancromatica 67. “Uscita degli operai” dei Lumière è un corto o lungometraggio, spiega 68. Cataloghi cinematografici del cinema primitivo 69. Chi è che realizza le vedute dei fratelli Lumiere? 70. Loie Fuller e le imitazioni 71. Questione del corto/lungometraggio 72. Il restauro delle pellicole. Come funziona ora a Bologna? 73. Tipi di restauro 74. Tipi di pellicola 75. Materiali extrafilmici 76. Era possibile dire a fine Ottocento “andiamo a vedere un film dei fratelli Lumière”? 77. Arresto della ripresa, mascherino e contromascherino, ingrandimento, sovraimpressione. 78. Cinema attrazione: dal 1895 al 1918 79. La féerie, colorazione 80. Un esempio di arresto e sostituzione in VIAGGIO SULLA LUNA 81. Voyage dans la lune e Uso del colore. 82. Quali film dei Lumiere ha visto? Quali erano i soggetti? 83. Maggiori case di produzioni italiane sino agli anni ‘30 84. Rapporto tra gli intellettuali e il cinema 85. Chi ha i brevetti delle tecniche per riprodurre il suono? 86. Il sonoro: dalla colonna sonora magnetica al dolby 87. MRP e MRI (Burch) 88. Come si poteva vedere un inseguimento nel cinema primitivo 89. Genere cinematografico che si ricollega direttamente al teatro dell’interprete femminile. Dell’attrice, non del personaggio: questi è scritto per far risaltare l’attrice. Questo genere ha durata breve. Le dive italiane si calano in personaggi che rispecchiano la loro personalità e a volte i soggetti sono suggeriti dalle stesse alla produzione. Le donne fatali italiane si ispirarono alle Vamp (donne-vampiro) scandinave, in particolare ad Asta Nielsen, protagonista nel 1910 del film Abisso, visto ad esempio da Francesca Bertini. Nel 1913 Lyda Borelli girò il primo diva-film Ma l'amor mio non muore di Mario Caserini. Colpì soprattutto il suo ballo sensuale e seduttivo attorno all'uomo, che inaugurò una figura di donna dominatrice e alla ricerca di un nuovo ruolo sociale. Tra le grandi dive del cinema italiano vi furono oltre alle già citate Bertini e Borelli, anche Pina Menichelli, Italia Almirante Manzini e, presa dal teatro, anche Eleonora Duse. In ambito maschile divenne estremamente popolare Bartolomeo Pagano, l'attore di Maciste, dove tornava, come in Linder, la sovrapposizione tra personaggio sullo schermo e persona nella vita reale (suggerita da molti film della serie, dove Pagano-attore è nella vita normale e gli eventi lo fanno diventare Maciste). Altro esempio di divismo maschile nel cinema muto italiano è incarnato da Emilio Ghione, tutt'uno con il celebre personaggio da lui inventato e interpretato, Za la Mort. Un divo era qualcosa di diverso dall'attore: l'attore può recitare molte parti diverse, mentre un divo è essenzialmente un prodotto legato alla propria immagine, che quindi ripete sempre un medesimo modello nelle varie pellicole. 8. Il primo film sonoro italiano uscì nell’Ottobre del 1930, prodotto dalla Cines e dall’avanguardistico Stefano Pittaluga, su un soggetto di Luigi Pirandello: La Canzone dell’amore, diretto da Gennaro Righelli. La grande popolarità che ha accompagnato il film fin dalla sua apparizione è stata dovuta in parte anche alla colonna sonora composta da Cesare Andrea Bixio con la celebre canzone che porta il titolo del film. Per  ottimizzare  al  meglio  le  risorse  a  disposizione,  Pittaluga  produce  in  contemporanea  tre  versioni,  italiana,  tedesca  e  francese,  quest’ultima  con  altri  attori,  ma  diretta  sempre  dallo stesso  regista. Il sonoro fu inciso su disco, e Pittaluga investì un grande capitale per riadattare i suoi cinema coadiuvato dalla Western Electric (la stessa di The Jazz Singer). 9. Il regista di Cabiria è Giovanni Pastrone, noto già in precedenza per aver girato “la caduta di Troia” nel 1911. Nel 1907 ne divenne il direttore amministrativo e nel 1908 comproprietario con Carlo Sciamengo dando il via alla nuova casa di produzione Itala Film di Torino. Anche se brevettato a nome dell'allora responsabile dell'ufficio tecnico dell'Itala Film Secondo Torta il carrello (anche noto come "dolly"), per effettuare riprese in movimento, risulta essere un'invenzione di Pastrone che, in seguito, se ne attribuì ufficialmente la paternità. Nel 1910, a ventotto anni, cominciò ad affrontare la regia a più ampio respiro, che fu d'ispirazione anche per importanti maestri del cinema internazionale come David Wark Griffith, che s'ispirò, per il suo film Intolerance, anche al film Cabiria. Nel 1919, all'apice del successo, abbandonò l'attività cinematografica e l'Itala Film, che fu assorbita da un'altra compagnia, rifiutando numerose offerte di lavoro per dedicarsi a studi ed esperimenti di medicina. 10. La Presa di Roma è un film dalla durata di 10 minuti (di cui ne restano 4), diretto da Filoteo Alberini nel 1905, e fu la prima pellicola a essere proiettata in pubblico in Italia. Prodotto dalla Alberini e Santoni (Roma). La presa di Roma è una "grande ricostruzione storica in sette quadri", di cui l'ultimo a colori, dell'assalto di Porta Pia condotto dai bersaglieri italiani dopo i vani tentativi di mediazione con le truppe pontificie. Alberini sviluppa l'idea di fondo dividendola in una serie di quadri, ognuno costituente una unità narrativa autonoma, che in virtù del montaggio ricostruiscono fatti e personaggi della storia italiana recente. A tal fine, egli coinvolge Augusto Cicognani nella realizzazione delle scenografie di cartapesta utilizzate per i tre quadri ripresi in teatro di posa che si alternano a quelli girati in esterni dal vero che conferiscono un'inedita autenticità alle scene di massa. L’ultimo quadro del film (l’apoteosi) era stato colorato. 11. Risale al 1913 la prima legge che introduceva un vero e proprio intervento censorio sulle proiezioni, allo scopo di impedire la rappresentazione di spettacoli osceni o impressionanti o contrari alla decenza, al decoro, all'ordine pubblico, al prestigio delle istituzioni e delle autorità. Giolitti diffonde una circolare per cui prescrive l’obbligo dell’autorizzazione preventiva alla proiezione e vieta determinate scene contrarie al “buon costume” o che possano indurre all’agire in maniera negativa. La Censura cinematografica di Stato definisce nella circolare il cinema come una autentica “vera e potente scuola del male”. 12. Dopo il superamento della crisi del 1909 il cinema italiano vive un momento di decollo: tra il 1909 e il 1920 si produce un numero vertiginoso di pellicole. Nonostante i metraggi brevi, le stime quantitative parlano di una frenesia produttiva: solo la casa torinese Ambrosio in quindici anni produsse 1400 film. Il boom si registrò soprattutto tra il 1912 e il 1914. 13. Nel cinema dei Lumière parte dell'attrazione era la macchina stessa: abbiamo detto che la proiezione durava 20min anche se i film messi insieme avevano una durata di circa 10min, questo perché erano previste delle pause fra un film e l'altro. durante le pause venivano accese le luci, il proiezionista riavvolgeva la pellicola, e il pubblico poteva andare a vedere da vicino come funzionava la macchina. Si parla anche, per il cinema di questo primo periodo, di cinema-attrazione. -Hugo Münsterberg (psicologo tedesco e studioso di cinema) sosteneva che in questo primo cinema l'interesse non era tanto per le immagini mostrate, che erano piuttosto banali, ma per il fatto che esisteva una macchina che potesse riprodurre esattamente il movimento. Più avanti, nei film dei Lumière erano presenti molti riferimenti che sarebbero stati ovvi agli spettatori dell'epoca, ad es. la gag dell'Innaffiatore innaffiato era già comparsa in una striscia a fumetti, mentre Una partita a carte fa riferimento al quadro I giocatori di carte di Cézanne. 14. Tutti i film dei Lumière sono composti da una sola inquadratura fissa, e hanno la stessa lunghezza della pellicola e quindi la stessa durata: 17 metri cioè circa un minuto. Motivo per cui le proiezioni comprendevano una decina di film circa. 15. Ad anticipare il cinematografo ci sono stati diversi apparecchi che proponevano la proiezione di una “successioni di immagini”. Il Diorama fu lanciato a Parigi nel 1822 da Louis-Jacques-Mandé Daguerre lo stesso che più tardi inventò il dagherrotipo. Consisteva di grandi pannelli dipinti (anche 21 metri per 12) dove alcune parti erano trasparenti per lasciar trasparire luci. Così la stessa scena poteva mostrare stagioni diverse o variare dal giorno alla notte. La lanterna magica era un apparecchio costituito da una potente fonte di luce, concentrata da un condensatore, che colpiva un'immagine trasparente e la proiettava ingrandita su uno schermo bianco. Era il primo sistema moderno di proiezione dell'immagine. Lo spettatore non doveva accostare gli occhi all'apparecchio, al contrario gli volgeva le spalle, e a volte ne ignorava del tutto la presenza. Il pubblico non era costituito da un gruppo come nel teatro d'ombre. Costruita alla fine del Seicento sarebbe rimasta popolarissima fino alla fine dell'Ottocento. La lanterna magica si fece sempre più complessa nel tempo creando immagini in movimento, ad esempio con due lastre sovrapposte una delle quali veniva mossa da un filo. Poi vennero introdotte lanterne con più d'un obiettivo per ottenere dissolvenze da una lastra all'altra. Il fotografo inglese Eadweard Muybridge (che si trasferì negli USA a venti anni) dal 1878 provò a fotografare cavalli in movimento, su indicazione di un appassionato. Nel 1878 analizzò le fasi successive del galoppo di un cavallo usando 12 macchine fotografiche il cui scatto era comandato dall'avanzamento del cavallo stesso che passava sopra fili disposti di traverso sulla pista e che faceva scattare al passaggio. Il successo lo spinse a fotografare altri animali. Questi però non correvano lungo una pista e dunque escogitò un meccanismo automatico ad orologeria. Poi fotografò atleti e molti altri soggetti. Zoopraxiscope. Nel 1879 Muybridge decise di ricomporre le varie immagini in una sequenza che desse l'impressione del movimento. Ristampò le fotografie su una lastra circolare trasparente che ruotando davanti a una lanterna magica proiettava le immagini su uno schermo. Ricordiamo nel 1889 il Théâtre Optique di Emile Reynaud, che utilizza il cristalloide (una sostanza simile alla celluloide: si trattava di un procedimento in cui per la prima volta abbiamo una bobina che contiene centinaia di "pose" (= fotogrammi) e che viene fatta scorrere all'interno di un tamburo rotante (= otturatore) con dei fori regolari. in questo modo si vede una posa alla volta, a un ritmo regolare. Vitascope. Francis Jenkins e Thomas Armat lavorarono nel 1894 ad un proiettore Phantascope servendosi di un meccanismo simile a quello inventato da George Demenÿ, una rotella che ad ogni giro spingeva avanti la pellicola, e la presentarono nell'ottobre 1895. Poi si divisero, Armat riprogettò la macchina e la chiamò Vitascope. Edison la vide all'inizio del 1896 e raggiunse un accordo con Armat per la sua produzione. Il battesimo pubblico avvenne il 23 aprile 1896 a New York, con soggetti realizzati con il Kinetograph. Negli USA ebbe successo, ma non in Europa, dove era già da tempo apparso il cinematografo dei Lumiere. Il kinetoscopio è un apparecchio prodotto da Thomas Edison nel 1888, precursore di un proiettore cinematografico. Fu sviluppato tra il 1889 e il 1892 dall'operatore di Edison William Dickson. 16. Durante la Prima guerra mondiale abbiamo il definitivo rovesciamento dei rapporti di forza tra il polo produttivo torinese (dal 50 al 27% delle pellicole italiane) e quello romano (dal 35 al 51%). 17. L'opera grafica di Gustave Doré, pittore e incisore francese dell’800, di impianto potentissimo e dotata di fantasia inesauribile, è stata un riferimento iconografico imprescindibile per moltissimi grandi registi del cinema del XX e XXI secolo, specialmente per quanti si siano cimentati con le trasposizioni su pellicola dei grandi classici già illustrati dall'artista francese. Si va dalla rivelazione de La Vie et la Passion de Jésus-Christ, prodotto dalla Pathé nel 1903, al Viaggio nella Luna di Georges Méliès, che si è direttamente ispirato alle scene oniriche di Doré, passando per i molteplici adattamenti cinematografici di Dante, in particolare l’Inferno della Milano Films (1911), diretto da Francesco Bertolini. 18. L’Itala Film nasce a Torino nel 1907 sotto il nome di Carlo Rossi & C. La produzione della Carlo Rossi & C., che riguardò documentari e brevi film "a soggetto" fu abbastanza sostenuta, ma venne interrotta dopo soli otto mesi, a causa di contrasti sorti tra i soci e la società venne posta in liquidazione. Della liquidazione della società si occupò l'ing. Carlo Sciamengo (genero del Remmert). Costui, assieme al giovane contabile Giovanni Pastrone, rilevò la ditta, che nel settembre 1908 venne trasformata in Itala Film. Nella nuova società Sciamengo assunse la carica di direttore amministrativo e produttore esecutivo, mentre due teatri di posa perché decide di dedicarsi ai film di finzione; nel 1908 girerà una versione dell'Amleto che è la prima ad essere realizzata in Italia, e inizia anche a pensare a una versione cinematografica della Divina Commedia e nel 1908, in seguito al terremoto di Messina, la sua è una delle prime case cinematografiche ad accorrere sul posto per documentare la tragedia. In seguito, la sua casa cinematografica si unisce alla SAFFI, che produceva pellicole, creando la SAFFI-Comerio; questa poi nel 1910 cambierà nome in Milano Films, e i nuovi dirigenti allontaneranno Comerio, nonostante fosse stato il fondatore della società originale. alla fine, quindi L'Inferno (1911) sarà prodotto senza di lui; nel 1911 documenta la guerra italo-turca dalla Libia, e realizza queste riprese a colori, utilizzando un sistema primitivo (il kinemacolor) di cui parleremo. Nel 1915, allo scoppio della Prima guerra mondiale, Comerio ottiene il permesso di documentare direttamente dal fronte. Negli anni 20 e 30 subirà la crisi del dopoguerra e una serie di problemi economici. inoltre, nonostante fosse di tendenze nazionaliste, non era gradito al regime fascista che limiterà la sua libertà di filmare. 28. Tra i Divi e le Dive del primo cinema italiano, ricordiamo, per gli uomini: Emilio Ghione (Za la Mort) e Bartolomeo Pagano (Maciste); per le donne invece pensiamo a Lydia Borrelli, Francesca Bertini, Eleonora Duse, Asta Nielsen. Abbiamo poi gli esponenti del cinema comico: André Deed (cretinetti), Raymond Dandy (Kri-Kri) e Ferdinand Guillame (Tontolini/Polidor) 29. La prima comparsa cinematografica di Ghione fu come cascatore stuntman. Durante un viaggio in Francia Ghione si rese conto dell'attrattiva popolare che avevano i personaggi quali Arsenio Lupin e ambientazioni di tipo gotico, crepuscolare. Fu allora che Ghione, tornato in Italia nel 1915, impersonò per la prima volta Za la Mort, personaggio allo stesso tempo brutale e patetico nell'omonimo film. Seguì la serie di film I topi grigi composta da otto episodi realizzati tra il 1916 e il 1918, in cui interpretava sempre. Za la Mort, che gli portò fama e successo. Francesca Bertini fece della propria vita un’opera d’arte attraverso una sapiente costruzione mediatica, e D’Annunzio le aveva mostrato la via. Nei primi anni del secolo compare negli spettacoli teatrali del Teatro Nuovo di Napoli, poi approda alla Cines, scritturata dalla Film d’Arte Italiana; da cui passano anche Lyda Borelli, Pina Menichelli e Leda Gys, Hesperia, che poi divennero note anche all’estero. Ogni casa produttrice fece di tutto per accaparrarsi una propria diva. Francesca Bertini strinse un sodalizio duraturo dopo il 1915 con Gustavo Serena, quando la scritturò per Assunta Spina. Molte dive avevano dei propri operatori con cui sperimentavano determinati effetti: quel che premeva ad entrambi era creare e rendere affascinante non il personaggio, ma la figura della diva stessa. La ricordiamo per film come La signora delle camelie, regia di Gustavo Serena (1915) o Fedora(1916), regia di Giuseppe De Liguoro e Gustavo Serena. 30. Lyda Borelli è stata un'attrice e diva del cinema muto italiana. Proveniva da una famiglia di artisti di Reggio Emilia, debuttò da bambina in teatro ne “I due derelitti”. Il 1913 è l'anno del suo debutto cinematografico: diretta da Mario Caserini, interpreta Elsa Holbein in Ma l'amor mio non muore, accanto a Mario Bonnard. Considerato come il primo "diva film" del cinema italiano, Ma l'amor mio non muore! ebbe un grandissimo successo e il pubblico riconobbe in Lyda Borelli un nuovo tipo di fascino femminile, facendola subito diventare una diva amata e ammirata. Nacquero neologismi come "borellismo" e "borelleggiare" per descrivere il fenomeno di imitazione che aveva scatenato nel pubblico femminile. La sua fama era eguagliata solo da Francesca Bertini, l'altra diva del cinema muto italiano. La carriera cinematografica di Lyda Borelli fu intensa ma breve: dal 1913 al 1918 interpretò in totale tredici film. Le sue pose enfatiche, caratterizzate da un'espressività intensa e accuratamente studiata, dimostrano come la diva sia stata fortemente influenzata dal fenomeno del modernismo. Una delle interpretazioni forse più celebri della diva è quella della contessa Alba d'Oltrevita in Rapsodia satanica (1917), diretto da Nino Oxilia. Accompagnato dalla musica composta da Pietro Mascagni e basato sul testo poetico composto da Fausto Maria Martini, il film è caratterizzato da connotazioni simboliste e decadenti. 31. Asta Nielsen fu un’attrice di origine danese che si espresse soprattutto in Germania negli anni ‘10, firmando un sodalizio per decine di film con Urban Gad. Particolarmente famoso nella sua carriera è l’ esordio della Nielsen, Afgrunden (L’abisso, 1910), suscitatore di scandalo per l’oggi innocente danza gaucha, è tutt’altro che probante sulle doti dell’attrice, la quale, certo trascinata da Urban Gad, indulge al repertorio da palcoscenico più scontato e approssimativo, senza riuscire nemmeno a dare una caratterizzazione. La « danza del ventre » attorno al cow-boy legato con il lazo è però potente per il periodo. Un esordio che scosse le ingenue platee del tempo con mezzi, anche recitativi, che oggi non hanno nessun peso culturale. La consacrò come prima diva del cinema. 32. La colorazione delle pellicole ha origine poco dopo l’invenzione dello stesso cinematografo. Furono sviluppate diverse tecniche: Colorazione a mano: la prima forma di colorazione nel cinema consisteva semplicemente nel colorare la pellicola a mano. questa era una tecnica conosciuta già ai tempi di Edison, ma aveva il difetto che il colore fuoriusciva dai bordi dell'immagine e creava degli aloni visibili. Nel cinema di Méliès, il colore spesso veniva usato per realizzare una sorta di "primo piano cromatico", cioè per mettere in evidenza un oggetto specifico all'interno dell'inquadratura. Colorazione a Pochoir: un secondo sistema di colorazione è quello del pochoir (stencil), che però fu brevettato dalla Pathé appunto con il nome di Pathécolor (o Pathéchrome). La tecnica consiste nel ritagliare via da una pellicola qualsiasi solo le parti che si vogliono colorare, in modo da ottenere una mascherina. la mascherina poi viene appoggiata sulla pellicola da colorare e si passa il colore, che riempie solo la parte tagliata via. Il problema principale si pone quando bisogna ritagliare delle sezioni di pellicola molto piccole. Per questo motivo si usava un pantografo, cioè uno strumento che riproduce un movimento su scala più grande o più piccola. Tintura/Imbibizione: un altro metodo di colorazione è la tintura, realizzata con colori ad acqua detti aniline. Tutto il fotogramma prende un colore uniforme, e in verità tutta la pellicola risulta colorata (anche oltre le perforazioni). è un metodo noto anche come imbibizione, perché la pellicola veniva imbevuta di anilina immergendola in una tinozza di colorante. Viraggio: un altro metodo è il viraggio, un processo chimico in cui i sali d'argento (che insieme alla gelatina costituiscono la parte fotosensibile della pellicola) vengono sostituiti da sali di sostanze diverse in base al colore che si vuole ottenere (ad es. rame per ottenere il rosso); la differenza è che la tintura colora le parti chiare, mentre il nero rimane invariato; il viraggio invece non colora le parti della pellicola che non sono state esposte alla luce, quindi ad es. i margini con le perforazioni rimangono trasparenti. il viraggio era il più costoso fra i due procedimenti e di solito. Mordenzatura: analoga al viraggio ma più complicata, e rende possibile un numero più ampio di colorazioni 33. Nel 1906 la Pathé introduce il sistema del pochoir, o "coloritura a matrice". Con questo metodo sono necessari tanti positivi quanti i colori che si vogliono usare, più uno. Per ogni colore si tagliano via da un positivo le parti che devono essere tinte di quel colore, si sovrappone il positivo tagliato (la matrice appunto) a quella che sarà la copia finale, e si passa il colore sopra. in questo modo risultano colorate solo le parti lasciate scoperte dalla matrice. è comunque un lavoro delicato e lungo perché le matrici devono essere ritagliate a mano; quindi, presto si trova il modo di meccanizzarlo il più possibile usando un pantografo (cioè l'operaio lavora su un'immagine ingrandita del fotogramma, mentre il pantografo replica il movimento a dimensioni ridotte ritagliando la pellicola che diventerà la matrice) e dei pennelli o rulli automatizzati per colorare. Il sistema sarà commercializzato col nome di Pathécolor. 34. Viraggio: è un'operazione chimica in cui i sali d'argento vengono trasformati in sali derivati, che hanno una colorazione diversa. tutti i neri e grigi assumono la nuova colorazione in maniera più o meno intensa, mentre il supporto rimane trasparente. i colori possibili però sono pochi (seppia, blu, verde, rosso, arancione). Mordenzatura: analoga al viraggio ma più complicata, e rende possibile un numero più ampio di colorazioni. 35. Cenere è un film muto girato nel 1916 diretto ed interpretato da Febo Mari, ed è tratto dall'omonimo romanzo del 1904 della scrittrice Grazia Deledda. In questa pellicola, girata nell'agosto 1916, si registra l'unica interpretazione cinematografica dell'attrice teatrale Eleonora Duse. Il film è ambientato a Fonni in Sardegna, ma la casa di produzione torinese Ambrosio, per contenere i costi, fece girare gli esterni "sardi" tra Ala di Stura e Balme nelle vicine Valli di Lanzo. 36. George Méliès era presente alla prima rappresentazione cinematografica del 28 dicembre 1895, e rimase colpito dall'invenzione dei fratelli Lumière. Intuendo le potenzialità del nuovo mezzo nell'intrattenimento e nella realizzazione di giochi di prestigio, cercò di farsi vendere un apparecchio, ma al rifiuto degli inventori se ne fece costruire una copia dal suo ingegnere. 37. Il nitrato di cellulosa usato come supporto nelle prime pellicole, oltre che essere estremamente infiammabile, è anche chimicamente instabile e quindi soggetto a decadimento nel tempo (anche con rilascio di anidride solforosa e altri gas). Altri possibili problemi erano: un grave degrado dell'emulsione se il processo di fissaggio non era svolto correttamente in fase di stampa; ulteriori reazioni chimiche che potevano essere causate dai processi di viraggio e mordenzatura; graffi, rotture e altre lesioni al supporto dovute al passaggio costante fra gli elementi meccanici delle macchine da presa e proiezione. Per questa serie di motivi si passò dapprima al triacetato di cellulosa e poi al poliestere. 38. Tipicamente la colorazione a mano era considerata un lavoro femminile perché estremamente delicato e lungo nel tempo. Fu importante Elisabeth Thuiller, colorista per la Pathé e per Méliès, che gestiva uno studio dove lavoravano più di duecento operaie. 39. Segundo de Chomon è stato un cineasta spagnolo, pioniere del cinema internazionale e grande innovatore di tecniche cinematografiche, in particolar modo la capacità di maneggiare il girato per ottenere effetti speciali. Iniziò lavorando nel laboratorio di Georges Méliès, e qui ideò un particolare sistema di colorazione a mano dei fotogrammi mediante anilina. Dal 1902 girò i primi documentari e film "a soggetto", tra cui Choque de trenes. Sempre in quell'anno a Barcellona creò due stabilimenti, uno per lo sfruttamento industriale presente nella sala di proiezione, in primo luogo le pellicole. Le fiamme che divampano nella struttura in legno e tela avvolgono i visitatori che, presi dal panico, cercano di scappare accalcandosi gli uni sugli altri. Su 1200 persone del pubblico, 126 persero la vita (ben cento di queste, tra cui la duchessa di Alençon sorella dell’Imperatrice Sissi di Austria, erano donne, sovrastate dalla galanteria degli uomini del tempo). Quest’episodio fece scalpore in tutto il mondo e l’immagine del cinematografo subì un grave colpo. Alcuni paesi, come la Francia stessa, cercarono immediatamente di bloccare le proiezioni ma, per fortuna, il cinema non fu fermato e la gente, semplicemente, dimenticò. 46. Di notevole importanza in questa fase della storia del cinema è la figura dell’imbonitore o narratore, cioè colui che aiuta nella comprensione del film parlando al pubblico. Questa figura era già presente nell’ambito degli spettacoli ambulanti e il suo compito era quello di richiamare l’attenzione per attrarre più spettatori possibili. L’imbonitore inoltre accompagnava i clienti all’interno della tenda e narrava le storie legate alla merce esposta (umana e non). È quindi normale che il narratore sia presente fin da subito anche nelle sale cinematografiche. Ma il vero motivo della sua presenza è soprattutto che lo spettatore dell’epoca non è ancora in grado di capire una storia narrata solamente per immagini. L’imbonitore ha il ruolo di leggere le didascalie dei film muti per gli spettatori analfabeti (la maggior parte) e di spiegare lo svolgersi delle scene che stanno vedendo. Questo aspetto è molto importante perché ci fa rendere conto dell’enorme sforzo che hanno dovuto compiere i futuri registi nello studio e nell’analisi delle inquadrature, dei movimenti di camera, del montaggio delle scene, ecc…per inventare da zero un nuovo linguaggio che doveva essere appreso e capito senza l’aiuto di narratori e didascalie. 47. Come indicato nel bollettino della Alberini & Santoni, La presa di Roma è una "grande ricostruzione storica in sette quadri", di cui l'ultimo a colori, dell'assalto di Porta Pia condotto dai bersaglieri italiani dopo i vani tentativi di mediazione con le truppe pontificie. Alberini sviluppa l'idea di fondo dividendola in una serie di quadri, ognuno costituente una unità narrativa autonoma, che in virtù del montaggio ricostruiscono fatti e personaggi della storia italiana recente. Suddiviso in sette quadri: 1. Il parlamentario Generale Carchidio a Ponte Milvio. 2. Dal Generale Kanzler – Niente resa!. 3. Al campo dei bersaglieri – All’armi!. 4. L’ultima cannonata. 5. La breccia a Porta Pia – All’assalto!. 6. Bandiera bianca. 7. Apoteosi. 48. La “seduzione dello spettro” è un titolo ispirato al film Le Spectre rouge è un muto francese di fantasia su pellicola, diretto da Segundo de Chomón e Ferdinand Zecca, e rilasciato nel 1907 . È considerato uno dei primi film gotici spagnoli e il "capolavoro riconosciuto" del suo regista. In una sinistra caverna, uno scheletro ammantato si concede un intrattenimento diabolico, grazie ai suoi poteri soprannaturali. Evoca le donne e poi le trasforma in fiamme tremolanti. Come un mago, fa apparire due altari, vi mette sopra un grande lenzuolo nero e vi depone le due donne una dopo l'altra prima di dar loro fuoco. Uno spirito di luce appare nelle sembianze di una donna, che contrasta i disegni dello Spettro Rosso. Il diavolo fa apparire tre bottiglie vuote, nelle quali versa l'acqua. Il contenuto delle bottiglie viene rivelato sullo schermo: tre donne in miniatura. Lo spirito buono interrompe la sua esperienza. Lo spettro rosso continua lo stesso. Presenta un dipinto composto da tre parti girevoli in cui mostra una giovane donna. Ma lo spirito buono interviene di nuovo. Lo spirito del bene alla fine vince sullo spirito del male. Trasforma lo spettro in un vero scheletro, ponendo fine all'incantesimo. 49. Dopo il successo del più noto “Voyage dans la Lune” di Georges Méliès, la Pathé si lanciò in una bella impresa commerciale producendo “Excursion dans la Lune” (1908) di Segundo de Chomòn, assunto alla Pathé nel 1906. Servono comunque pochi secondi per capire che Segundo de Chomón si ispira a piene mani da “Voyage sur la Lune“, in un modo che noi moderni non esiteremmo a chiamare un vero e proprio plagio, ma che per l’epoca doveva avere certamente un altro significato. Una delle scene più simpatiche e riuscite è, a mio avviso, quella dell’allunaggio in cui la navicella, invece di finire nel povero occhio della Luna, finisce nella sua bocca. 50. Il titolo “una passione infiammabile” fa riferimento alla composizione della pellicola, soprattutto quella utilizzata sino agli anni ’50 in “nitrato di cellulosa”, altamente infiammabile (a tal punto da poter entrare in autocombustione quando secche). Per questo e altri motivi la pellicola al nitrato di cellulosa verrà sostituita dapprima con quella in triacetato di cellulosa, poi definitivamente con il poliestere. 51. Luca Fortunato Comerio è stato un fotografo, cineasta e regista italiano, pioniere del documentario e dell'industria cinematografica italiana. inizia la sua carriera come fotografo; nel 1898 documenta la "rivolta dello stomaco" a Milano, per cui a volte viene definito anche uno dei primi documentaristi; nel 1907 partecipa a un concorso fotografico e vince presentando delle immagini di vita quotidiana a Milano, modificate grazie al fotomontaggio; con i soldi del premio compra una cinepresa Pathé, e in questo modo si avvicina al cinema, dopodiché fonda la propria casa cinematografica, Luca Comerio & C., e fa anche costruire due teatri di posa perché decide di dedicarsi ai film di finzione; nel 1908 girerà una versione dell'Amleto che è la prima ad essere realizzata in Italia, e inizia anche a pensare a una versione cinematografica della Divina Commedia e nel 1908, in seguito al terremoto di Messina, la sua è una delle prime case cinematografiche ad accorrere sul posto per documentare la tragedia. In seguito, la sua casa cinematografica si unisce alla SAFFI, che produceva pellicole, creando la SAFFI-Comerio; questa poi nel 1910 cambierà nome in Milano Films, e i nuovi dirigenti allontaneranno Comerio, nonostante fosse stato il fondatore della società originale. alla fine, quindi L'Inferno (1911) sarà prodotto senza di lui; nel 1911 documenta la guerra italo-turca dalla Libia, e realizza queste riprese a colori, utilizzando un sistema primitivo (il kinemacolor) di cui parleremo. Nel 1915, allo scoppio della Prima guerra mondiale, Comerio ottiene il permesso di documentare direttamente dal fronte. Negli anni 20 e 30 subirà la crisi del dopoguerra e una serie di problemi economici. inoltre, nonostante fosse di tendenze nazionaliste, non era gradito al regime fascista che limiterà la sua libertà di filmare. + MILANO FILMS +INFERNO Gustave Doré  Corto/Lungometraggio 52. un programma tipico di proiezioni a cavallo del XIX e XX secolo si componeva di più titoli (da una ventina il numero si riduce in rapporto alla crescita della durata) e generi, affiancando alle scene dal vero film a trucchi, comiche e drammi. Dal 1900 si affiancano alle scene “dal vero”, film a trucchi, comiche, drammi realisti e edificanti. Diversificazione dell’offerta: è una dimostrazione di come il medium cinema si introduca senza causare traumi nella realtà spettacolare dell’epoca. 53. La prima casa di produzione italiana, l’Alberini & Santoni, nasce a Roma alla fine del 1904 su iniziativa di Filoteo Alberini, realizzando l’anno successivo “La presa di Roma”, il primo vero film italiano a soggetto. Nel 1906 si costituisce la società collettiva Ambrosio & C, per iniziativa di Arturo Ambrosio mentre l’anno successivo viene fondata la Carlo Rossi & C., dalle cui ceneri nascerà nel 1908 l’Italia Film di Carlo Sciamengo e Giovanni Pastrone. 54. Dopo la crescita vertiginosa del trend produttivo (50 film nel 1905, 370 nel 1908), nel 1909 il settore entra in una crisi economica generale per via dei primi provvedimenti di regolamentazione, della riorganizzazione della distribuzione, che gradualmente passa dalla vendita diretta al noleggio, e della concorrenza spietata delle case straniere: la conseguenza pratica di questa crisi è la sovrapproduzione, ossia l’eccesso di offerta di titoli rispetto alle capacità di assorbimento del mercato interno, rendendo necessaria per la ripresa una maggiore visibilità internazionale. Dopo il superamento della crisi il cinema italiano vive un momento di decollo: tra il 1909 e il 1920 si produce un numero vertiginoso di pellicole. Nonostante i metraggi brevi, le stime quantitative parlano di una frenesia produttiva: solo la casa torinese Ambrosio in quindici anni produsse 1400 film. Il boom si registrò soprattutto tra il 1912 e il 1914. 55. Il 30 gennaio 1919, la risposta dei maggiori dirigenti dell’industria italiana (Barattolo e Fassini, Caesar film e Cines), alla grande crisi del Dopoguerra, si manifesta nella società anonima Unione Cinematografica Italiana (UCI), sostenuta dal finanziamento di grandi istituti di credito e diretta al controllo monopolistico della produzione per strategia “verticale”, dal concepimento alla distribuzione e all’esportazione (società Cito Cinema). Nell'UCI confluirono altre case cinematografiche italiane dell'epoca tra le quali la Ambrosio Film, la Itala Film, la Gloria Film, la D'Ambra Film e molte altre (non la Lombardo Film e la S.A.S.P). Il risultato è un ennesimo eccesso produttivo legato non a un calo dei consumi, ma all’inadeguatezza distributiva e organizzativa e a un mercato saturo di pellicole estremamente costose e per niente innovative, sia dal punto di vista tecnico che formale e contenutistico, che dirigono tali consumi (in continua crescita) verso le pellicole d’importazione. Negli anni ’20, epoca d’oro del cinema muto, il divario con lo standard qualitativo e la maturità espressiva delle cinematografie estere (première vague in Francia, cinema espressionista in Germania, rivoluzionario e ideologico-formale in URSS e narrazione classica negli USA) divenne incolmabile. Questo fatto riapre tuttavia gli spazi del mercato ai piccoli produttori indipendenti, come nel caso dell’acquisizione della stessa UCI da parte del ligure Stefano Pittaluga nel 1926. 56. alcuni effetti speciali sviluppati nei primi anni sono: la maquette (o glass shot), che consiste nel collocare davanti alla macchina da presa un vetro sul quale è dipinta parte di un paesaggio o di una costruzione, che deve combaciare prospetticamente con la scenografia reale. gli attori sono comunque visibili grazie alla trasparenza del vetro il trasparente (o rear projection) consiste nel proiettare un fondale usando un proiettore posto dietro ad uno schermo, mentre gli attori si collocano davanti allo schermo. il problema principale era che il fondale appariva piuttosto sbiadito, e il procedimento fu abbandonato con l'avvento del colore perché le emulsioni erano troppo poco sensibili per rilevare il colore del fondale in maniera soddisfacente l'effetto Schüfftan consiste nell'utilizzo di un modellino in scala che viene riflesso in uno specchio posto a 45° rispetto alla MdP, in modo da farlo apparire ingrandito "racconto a stazioni". Le inquadrature sono dette "autarchiche", perché si esauriscono in sé stesse e ogni "quadro animato" veniva inanellato a quello successivo. È considerato l’inventore degli effetti speciali. nel 1896 inventò l'effetto speciale della sostituzione (in francese: arrêt de camera, cioè "interruzione della macchina") Méliès raccontò che l'invenzione accadde per caso perché la macchina ebbe un malfunzionamento e si interruppe; quando ricominciò a funzionare, un veicolo per strada era stato "sostituito" da un carro funebre, dando a Méliès l'idea per l'effetto. Il film in questione però non è mai stato ritrovato. Fu anche un grande utilizzatore della pirotecnica e uno dei primissimi ad agire sulla colorazione del film. A questo proposito ricordiamo che i fumi e i fuochi dovevano essere i più chiari possibili (entro le tonalità del grigio, come tutto in scena per via dell’ortocromatismo), per poter essere colorati al meglio. Méliès utilizza la convenzione dell’apoteosi, cioè il gran finale, che era presente in tutte le féerie sia teatrali che cinematografiche. Una partita a carte (1896): è un cortometraggio muto del 1896 diretto da Georges Méliès (Star Film 1), probabilmente il primo. Dura circa 1 minuto ed è un rifacimento de La partita a carte dei Fratelli Lumière; il film è privo di quegli effetti speciali che resero poi famoso Méliès. Escamotage d'une dame chez Robert-Houdin (1896): della durata di circa 1 minuto in bianco e nero, con alcune versioni colorate a mano. È il primo che ci sia pervenuto in cui Méliés sperimenta la tecnica della sospensione della ripresa per creare un trucco puramente cinematografico (arresto e sostituzione). Un homme de tètes (1898): In questo film si vede, forse per la prima volta per Méliès, il trucco del mascherino e contromascherino, tipico dei suoi capolavori, che si andava ad aggiungere al trucco dell'arresto della ripresa, molto usato nei suoi film precedenti. L' uomo orchestra (1900): Il film è uno dei più celebri di Méliès, per la perfetta padronanza della tecnica del mascherino, contromascherino e della sovraimpressione, che permetteva di filmare la pellicola in più fasi separate, con un risultato che faceva sembrare tutto girato contemporaneamente. Anche la tecnica dell'arresto della ripresa, che permetteva di far sparire e apparire gli oggetti, viene qui usata. Méliès arrivò a sdoppiare sé stesso ben sette volte, creando un'orchestra intera composta da una sola persona. L'Homme à la tête en caoutchouc (1901): Su un piccolo ripiano, dotato di tubo con valvola, pone una testa che trova in una scatola, la sua stessa testa, che si muove e parla (effetto speciale del mascherino-contromascherino). Attaccato un mantice al tubo, egli inizia a gonfiare la testa, che diventa di proporzioni gigantesche (effetto speciale ottenuto avvicinando la cinepresa per ottenere un ingrandimento, solo nella parte girata al centro della pellicola). Chiusa la valvola, la testa rimane grande, poi quando la riapre la testa si "sgonfia" e ridiventa piccola. Le Voyage dans la Lune (1902): Guarda nello specifico Le royaume des fées (1903), una pellicola di più di 300 m di lunghezza per circa 16 minuti di proiezione. 63. Per mettere ordine in un mercato caotico, dove circolavano film "pirata" e macchine contraffatte, fu indetto nel 1909 a Parigi il Congresso degli editori di film, ove si stabilì in via definitiva che la pellicola 35 mm, la più usata, avrebbe avuto quattro perforazioni per fotogramma secondo il progetto di Thomas Edison, che l'aveva usata per primo (in luogo delle due circolari come invece adottato dai Lumière). Si arrivò così a definire il formato 35 mm standard usato ancora oggi, che a partire dal 1928 venne modificato per accogliere anche le piste per il sonoro. In seguito, vennero introdotte migliorie, nuovi formati ridotti (16 mm (due fori); 8 mm (due fori); 9,5 mm, super 8 mm (due fori), nonché molti altri formati oggi abbandonati, per es. 17,5 e 28 mm). Poi ricordiamo il 70mm utilizzato dalla mutascope nel cinema delle origini con un solo foro, tondo, ma che rammentiamo essere anche il formato di Odissea nello spazio (5 perforazioni), e quello utilizzato da Filoteo Alberini (pioniere italiano). Ma abbiamo anche formati da 22, 60 e 63 mm. Oppure il pathé- baby da 9.5 mm. Senza dilungarci nei formati WideScreen (vedere nello specifico). 64. Per una filologia del cinema muto italiano (Michele Canosa): La filologia è una disciplina che si dedica a testi di un passato più o meno remoto, e che si ritrova a dover fronteggiare una soverchiante perdita di materiale a causa della massiccia distruzione inflitta dalle vicende storiche, e, incredibilmente, lo stesso vale per l’oggetto filmico, nonostante la sua relativa giovinezza; altra particolarità che questi due medium apparentemente opposti condividono è che entrambi si fondano sul sistema editoriale della copia, pratica in cui, col passare del tempo e della divulgazione, sorgono errori, innovazioni e varianti: questa torbida situazione rende necessario l’intervento dell’ecdotica, ovvero la scienza di scovare gli errori che distanziano una copia dalla fonte originale e l’arte di rimuoverli, siano questi nati per contaminazione, omissione, permutazione (spostamento), sostituzione o interpolazione (intrusione: per integrazione o innovazione). Nell’ambito filmico, identifichiamo tutte le copie pellicolari conservate con il nome di “tradizione diretta”, e nel caso del muto italiano ci troviamo tra due estremi. La filologia si dedica a testi di un passato più o meno remoto, e si staglia contro un fondo di perdita: il patrimonio filmico è stato distrutto dalle vicende storiche. Una filologia del cinema muto italiano si muove tra le rovine. Prendiamo il film di Filoteo Alberini del 1904: L’albero genealogico della Presa di Roma è un aquilone, o una costellazione. Abbiamo provato ad indicare la tradizione indiretta della Presa di Roma fissata in certe lezioni “caratterizzanti” dei contesti letterari. 65. un altro metodo di spettacolarizzazione era la pirotecnia, che fu anch’essa ereditata dal cinema delle origini soprattutto per i film a trucchi. un problema era dato dal colore delle fiamme che venivano filmate. siccome si usavano pellicole ortocromatiche, non sensibili al rosso, se le fiamme fossero state arancio/rosse sarebbero apparse come macchie nere sulla pellicola (impossibili anche da colorare) → bisognava usare sostanze che producessero fiamme il più possibile bianche, in modo che apparissero bene sulla pellicola e potessero essere colorate. per via dell’ortocromatismo, i colori applicati spesso sono del tutto virtuali; un elemento rosso nel film proiettato sicuramente non poteva essere rosso anche sul set, ma poteva essere di qualsiasi altro colore a cui la pellicola fosse sensibile (ad es. blu o viola). 66. fra i tipi di pellicola utilizzati ci sono due famiglie principali: pellicola ortocromatica (molto sensibile ai raggi ultravioletti e alla luce blu, poco sensibile al giallo e al verde, per nulla sensibile al rosso); pellicola pancromatica (sensibile a tutto lo spettro cromatico; brevettata dalla Kodak nel 1912 e anche una pellicola pancromatica sensibile all'infrarosso che falsava i colori reali, facendo sembrare notturne anche le riprese effettuate di giorno., ma comincia ad essere usata nel cinema solo verso metà o fine degli anni 20). Siccome è sensibile a più gradazioni di colori, la pellicola pancromatica restituisce più gradazioni di grigio rispetto a quella ortocromatica, questo significa che è superiore dal punto di vista del bianco e nero, ma in realtà spesso si usava quella ortocromatica proprio perché il minor numero di sfumature di grigio la rendeva più facile da colorare. 67. Uscita degli operai dalla fabbrica è un film dei fratelli Auguste e Louis Lumière, compreso tra i dieci film che vennero proiettati al primo spettacolo pubblico di cinematografo del 28 dicembre 1895 al Salon indien du Grand Café di Boulevard des Capucines a Parigi. Fu il primo film a venire visto dal pubblico, per cui viene solitamente indicato come il punto di partenza della storia del cinema. Non solo non è ascrivibile né per il lexicon né per la legge nei cortometraggi e ancora meno nei lungometraggi(in quanto dura 45 secondi, cioè circa 15 mt di pellicola), ma in ogni caso “misurare” il cinema delle origini con gli stessi strumenti di oggi è una presunzione e un errore da parte nostra. Ai tempi dei Lumiere non esisteva questa distinzione, non c’era nemmeno la possibilità di girare film diversi. Se la bobina fosse stata di 15 mt, il film sarebbe durato 15 mt. 68. un'altra fonte importante per noi sono i cataloghi dei film che venivano prodotti dalle varie case cinematografiche. nel catalogo Pathé 1896-1900 sono inclusi circa un migliaio di film, suddivisi in nove categorie: 1. vedute generali e scene di genere; 2. vedute panoramiche; 3. scene storiche e politiche - in particolare, in questo periodo la Pathé (ma anche Méliès) realizza un'intera serie di film sull'affare Dreyfus → si parla di attualità ricostruita; 4. scene comiche: in questo periodo sono ancora scenette singole con delle gag, non si sono ancora affermate le serie con delle maschere, cioè un personaggio ricorrente; 5. scene a trasformazione: è un genere che comprende praticamente tutti i film con "effetti speciali"; 6. scene militari; 7. Danze: erano popolari soprattutto le "danze serpentine" inventate dalla ballerina Loïe Fuller; secondo alcune stime ne sono state filmate più di 300 versioni, (di cui una trentina sopravvissute fino a oggi), nessuna delle quali è però interpretata dalla stessa Fuller; 8.scene maliziose e "dal carattere piccante": spesso questi film si "giustificavano" in quanto tableaux vivants, cioè riproduzioni di quadri classici (ad es. di Ingres o di Gérôme) per questi film di solito venivano organizzate delle "serate nere", riservate agli uomini adulti; 9. vita e passione di Cristo questi film erano autonomi e ciascuno rappresentava un episodio . della vita di Gesù, ma erano pensati per poter essere mostrati tutti di fila (poi ciascun proiezionista decideva quali mostrare) 69. Il prodotto caratteristico del cinematografo Lumière sono le cosiddette "vedute animate" ovvero scenette realistiche prese dal vero della durata di circa cinquanta secondi (la durata di un caricatore di pellicola). L'interesse dello spettatore era tutto nel guardare il movimento in sé e nello scoprire luoghi lontani, non tanto nel veder rappresentate vere e proprie vicende. Le inquadrature sono fisse e non esiste, se non in casi eccezionali, il montaggio; sono caratterizzate da un'estrema profondità di campo (si pensi all'Arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, dove il treno è a fuoco sia quando si trova lontano sullo sfondo sia quando arriva in primo piano) e da personaggi che entrano ed escono all'inquadratura, in una molteplicità di centri di attenzione (si pensi all'Uscita dalle officine Lumière). La centratura dell'immagine era infatti valutata approssimativamente, perché la macchina da ripresa Lumière non era dotata di mirino. L'operatore non è invisibile, anzi spesso dialoga con i personaggi, come nel film “L'arrivo dei fotografi al congresso di Lione” (1895), ed è quasi sicuramente uno dei due fratelli. 70. Loie Fuller è stata una danzatrice e attrice teatrale statunitense; pur non avendo mai studiato danza fu delle pioniere della danza moderna americana, artefice di una nuova idea di danza, basata sugli effetti combinati del movimento del corpo con stoffe e luci colorate. Per muovere i veli usava delle bacchette lunghe sino a 4 metri, da lei inventate (depositò anche il brevetto). Nello spettacolo originale di Loie Fuller, dal vivo, il colore era dato da quello del viraggio. un certo punto le pellicole furono capaci di raccontare da sole senza bisogno dell'intermediazione umana. Questo passaggio non va qualificato esclusivamente nell'ottica di un progresso: fu qualcosa di diverso, che sacrificò la secolare comunicazione tra persone fisiche in spettacoli di proiezioni (presente sin dall'epoca della lanterna magica e del Mondo nuovo), in favore di una fruizione più di massa, ma più impersonale. 79. La sintassi cromatica delle féerie (genere fantastico-fiabesco) derivava dall’immaginario popolare influenzato ad es. dagli spettacoli di lanterna magica e dalle illustrazioni delle fiabe. un esempio è il color oro che veniva usato spesso per indicare tesori e oggetti magici (ad es. La gallina dalle uova d’oro di Gaston Velle, 1905.) Difficilmente però si riscontra l’uso del colore per creare continuità, siccome nella féerie è più importante l’effetto visivo piuttosto che la linearità. 80. Sono diverse le occasioni in cui usa la tecnica di arresto e sostituzione, dalla sparizione della navicella dopo lo sbarco, agli alieni colpiti e fatti sparire nell’Ottavo quadro, e due volte nello scontro tra gli astronauti e il re (prima sostituito con un manichino e poi con una nuvola di fumo), poi ancora negli scontri con gli alieni altre volte. 81. Viaggio nella Luna (Le Voyage dans la lune) è un film muto del 1902 scritto, prodotto, montato, musicato, scenografato e diretto da Georges Méliès. Ci sono varie versioni di circa 14 minuti. È in genere considerato il primo film di fantascienza, benché preceduto da alcune opere dello stesso regista. Una delle scene iniziali del film, la navicella spaziale che si schianta sull'occhio della Luna (che presenta un volto umano), è entrata nell'immaginario collettivo ed è una delle sequenze che hanno fatto la storia del cinema. La trama si divide in diciassette quadri in cui: Un congresso di astronomi decide di sparare sulla Luna una navicella a forma di proiettile, tramite un gigantesco cannone; saranno gli astronomi stessi a intraprendere il viaggio. Mentre un gruppo di ballerine festeggia l'evento (Méliès, quale uomo di spettacolo, ben conosceva l'importanza delle ballerine negli spettacoli d'intrattenimento), il proiettile arriva sulla Luna, conficcandosi direttamente nell'occhio della faccia dell'astro e provocandogli una visibile irritazione. Una volta scesi, i viaggiatori incontrano i Seleniti, vengono catturati e presentati al loro Re. Riescono a scappare, e ripartono facendo cadere il proiettile verso il basso, verso la Terra (secondo un'intuitiva legge di gravità, secondo cui la Terra si trova in basso rispetto alla luna, e quindi, per tornare sulla terra, basta "cadere" dalla luna), finendo in mare e venendo poi riportati in un porto. Gli effetti speciali utilizzati sono i più svariati: Arresto e sostituzione, mascherino e contro- mascherino, sovraimpressione. Del film furono fatte sicuramente delle versioni colorate a mano, anche se molti colori originali si sono deteriorati a tal punto da non risultare più. 82. 1895: L'uscita dalle officine Lumière; L'arrivo dei fotografi al congresso di Lione; L'innaffiatore innaffiato: È la prima pellicola cinematografica in cui vi è una "messa in scena" inequivocabile, con tanto di semplice trama, la prima commedia della storia del cinema); 1895 - Una partita a carte: lo riprenderà Melies l’anno dopo come suo primo soggetto 1896 - L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat 1896 - Battaglia con le palle di neve: La scena è ambientata in una strada innevata di Lione dove una dozzina di ragazzi inscena una battaglia di palle di neve. A un certo punto passa una bicicletta, il cui portatore viene pure colpito e cade davanti alla cinepresa. Si tratta di un chiaro caso di scena realistica ma riprodotta artificiosamente, per il piacere del pubblico, soprattutto nella parte dove il ciclista arriva e cade (favorendo uno scoppio di risa nella sala di proiezione). Come in altri film dei Lumière anche in questo i personaggi entrano ed escono dall'inquadratura e la scena è caratterizzata da un'estrema profondità di campo, che permette di vedere a fuoco sia gli oggetti lontani che vicini. 1900 - Corrida Spagnola: la particolarità di questo film è la posizione della cinepresa che non è, come di solito, centrale in campo medio, ma posta fra gli spettatori, assumendo la parvenza di una primitiva forma di inquadratura soggettiva. 83. Arturo Ambrosio & C.-Anonima Ambrosio-Ambrosio Film: Torino. Fondatore Arturo Ambrosio con finanziatore Alfredo Gandolfi. Crisi nel 1914\15 e ritiro di Gandolfi, fallimento nel 1924. Gli ultimi giorni di Pompei (Ambrosio e Maggi, 1908), serie di Robinet. Cines (ex Alberini & Santoni): Roma, fondatori Filoteo Alberini e Dante Santoni, aggiunta nel 1906 di Adolfo Pouchain che li estromette lentamente. Banco di Roma tra gli azionisti (fatto insolito). Puchain allontanato nel 1910 e Fassini nuovo capo, che comincia ad investire su nuove attività. Venduta nel 1916 a un complesso francese. La presa di Roma (1905), Quo vadis? (1913, Enrico Guazzoni) Luca Comerio & C.-Saffi-Saffi-Comerio-Milano Films: fondatore Luca Comerio che si unì poi alla Comerio. Inizialmente film dal vero che però ebbero poco successo. Estromissione di Comerio e entrata di nuovi soci appartenenti all’aristocrazia milanese. Posta in liquidazione nel 1932, sopravvive per alcuni anni il teatro di prosa in cui viene girato Il museo dell’amore. L’Inferno (1911, De Liguoro, Padovan, Bertolini), L’Odissea (Giuseppe De Liguoro, Francesco Bertolini e Adolfo Padovan) Dora Film: Napoli, attività famigliare della famiglia Notari (figura centrale: madre Elvira) che sopravvisse anche alla guerra ma non al passaggio al sonoro e all’avvento del fascismo. È piccerella (1922, Elvira Notari) Itala Film: Torino. Pratiche poco chiare, nasce dalla Rossi & C. a seguito dell’estromissione, per opera dell’industriale Remmert, dello stesso Rossi e l’insediamento nel 1908 (anche se diventa ufficiale nel 1911) di Carlo Sciamengo e Giovanni Pastrone. Acquistata nel 1917 dai romani (guidati da Gioacchino Mecheri) che stanno costituendo un pool di aziende cinematografiche. La situazione peggiora, l’Itala aderisce all’UCI e di lì son cazzi. Liquidata nel 1926. Cabiria (1914, Giovanni Pastrone), La caduta di Troia (1911, Pastrone e Luigi Romano Borgnetto), Tigre Reale (1916, Pastrone) serie di Maciste (Bartolomeo Pagano), serie di Cretinetti (Andrè Deed) Lombardo-Teatro Film; Lombardo Film; Titanus: Napoli e poi Roma. Fondatore Gustavo Lombardo. Lombardo nasce come distributore nel 1910 (Sigla), per poi dedicarsi alla produzione dal 1916. Non aderisce all’Uci (perché era intelligente) e, con l’avvento del sonoro e del fascismo, decide di trasferirsi a Roma dove fonda la Titanus. Società Anonima Stefano Pittaluga (SASP): Torino. Stefano Pittaluga, genovese, si trasferisce a Torino e ingloba un po’ alla volta noleggio, distribuzione e produzione (quest’ultima riservata ad un’attività che ingloba, la Fert). Si espande notevolmente fino al 1926, quando acquista ciò che resta dell’UCI, ma a questo punto è dipendente dalla Banca Commerciale Italiana, e la produzione italiana è agli sgoccioli. Dopo la morte di Pittaluga (31) viene liquidata (35). Ultimi due film della saga di Maciste, La canzone dell’amore (1930, Righelli) Società Italiana Pineschi; Società Tecnoteatro Italiano Brevetti Pineschi: Roma. Due fratelli sfigati provano a fare brevetti che sincronizzino audio e video ma riescono a far usare il loro sistema solo per un film, Il barbiere di Siviglia (1922). Nel frattempo, nel 1909 sono stati estromessi dalla loro stessa casa di produzione, diventata Latium Film. 84. Fra i primi testi teorici italiani inseriti nel canone della teoria internazionale spiccano i Quaderni di Serafino Gubbio operatore, o Si Gira (1915), di Luigi Pirandello, opera in cui era ottimamente ricostruito lo shock psico-sociale causato dall’irruzione violenta e disomogenea (data l’arretratezza industriale italiana) della modernità spettacolare all’interno dell’artisticità: curioso notare infatti come, oltre a Pirandello, la maggior parte degli altri autori che trattarono del cinematografo e delle sue teorie all’interno delle proprie opere lo fecero per mezzo di romanzi, poesie o comunque racconti finzione, e non di saggi. In questo senso, ad essere di rilievo furono gli articoli pubblicati tra il 1907 e il ’14 sui quotidiani di tutto il paese, tra cui ricordiamo La filosofia del cinematografo di Giovanni Papini (La Stampa, 1907), che identifica nel cinematografo lo strumento perfetto attraverso cui l’uomo può sperimentare nuove conformazioni dell’Io e del mondo, e il Trionfo del cinematografo di Ricciotto Canudo (Il Nuovo Giornale, 1908), in cui l’autore affianca il cinema all’automobile, entrambe macchine percettive destinate a riconfigurare l’identità cognitiva dello spazio urbano. in un primo momento l’arrivo del cinematografo in Italia è accolto con grande curiosità dalla stampa quotidiana e periodica, a cui seguirono alcuni anni di scarso interesse fino a rinnovarsi, nel 1905, con la nascita dell’esercizio cinematografico, portando con sé i primi interventi di intellettuali (1907) interessati alla natura e al futuro del nuovo medium, ma anche la nascita (promossa dalla stessa industria per necessità di copertura) di rubriche e riviste cinematografiche specializzate, da quelle più generaliste a quelle tecniche a quelle critico-teoriche. In queste prime pubblicazioni si trovano soprattutto informazioni tecniche sugli apparecchi di ripresa e proiezione. Dal 1909 sono sempre più numerosi gli articoli che, accanto alle pubblicità, s’interrogano sullo statuto sociale, culturale e artistico (rispetto a teatro, musica ecc.) dell’industria cinematografica che, dal 1911, in concomitanza con il progressivo aumento del metraggio e della qualità media dei film, punta (e riesce) a conquistare un pubblico sempre più ampio, rendendo necessario per le riviste passare alla fondazione di una critica cinematografica indipendente. Dai primi film del 1905-1906 fino al 1912 il cinema italiano sfrutta in modo quasi selvaggio i soggetti della letteratura e del teatro. Dopo l’affermazione del lungometraggio il cinema richiede però l’intervento attivo dei letterati, che rispondono in maniera ambigua intimoriti dai rischi che comporta il cinema. D’Annunzio “vende” la sua firma a Cabiria, risultandone ufficialmente il regista, limitandosi a scrivere le didascalie di Pastrone e inventando i nomi di alcuni personaggi. Giovanni Verga invece, nel 1912, avvicinandosi alla pratica dello “scenario” desidera non vedere avvicinato il proprio nome alle trasposizioni delle sue opere. 85. Colonna sonora ottica: nel 1926 gli sviluppi sono tali che la Fox acquista il prima sistema sonoro (chiamato Movietone). la colonna sonora occupa relativamente poco spazio sulla pellicola, la velocità di ripresa e proiezione viene fissata a 24 fps per evitare problemi meccanici, e l'amplificazione permette l'utilizzo del sistema anche nelle sale cinematografiche. In Italia: Giovanni Rappazzo fu l’inventore originale della pista ottica già dal 1914, ma non trovando finanziatori, il suo brevettò scadde e fu “rubato” dalla Fox.
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