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12. la classe come contesto di apprendimento e di sviluppo, Dispense di Sociologia

Sociologia

Tipologia: Dispense

2015/2016

Caricato il 26/05/2016

ananas3
ananas3 🇮🇹

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Scarica 12. la classe come contesto di apprendimento e di sviluppo e più Dispense in PDF di Sociologia solo su Docsity! La classe come contesto d’apprendimento e di sviluppo 6.1 A scuola di socialità È molto importante riuscire a pensare la scuola come un contesto complesso, nel quale entrano in gioco molti fattori della personalità degli individui, siano essi alunni o insegnanti. Un fattore preponderante ma che spesso viene trascurato è sicuramente quello relazionale. La scuola è un mondo costituito dall’intrecciarsi di molte relazioni, tra insegnanti e allievi, tra insegnanti e insegnanti, tra dirigenti scolastici, insegnanti e personale non docente, tra dirigenti, insegnanti e famiglie, a cui vanno aggiunte le relazioni con il territorio, i servizi, i diversi consulenti esterni. Nella scuola si sono verificate sempre difficoltà organizzative, didattiche, relazionali, conflittualità con i colleghi, i dirigenti, gli allievi; tuttavia, negli ultimi anni, vi è stato un aumento di livello di tale problematicità in corrispondenza delle diverse fasi dell’evoluzione del sistema scuola. Una tappa importante è consistita nel passaggio dalla scuola d’élite alla scuola di massa, che ha inevitabilmente comportato la difficoltà di far fronte a grandi numeri di studenti, e non più solo a studenti motivati o già predisposti allo studio e all’incontro con il sapere dalla famiglia d’origine. Un’altra tappa significativa è stata la progressiva introduzione del lavoro in gruppo e collegiale tra insegnanti, cosa che inevitabilmente ha implicato doversi incontrare, e spesso scontrare, con le difficoltà della relazione con gli altri, con opinioni, stili educativi, modelli pedagogici, comportamenti diversi dai propri. Le ultime riforme hanno poi introdotto la legge dell’autonomia scolastica, che, diminuendo il peso degli organi centrali, rinvia al singolo istituto scolastico la decisione e la gestione riguardo tutte le complesse questioni organizzative, didattiche e relazionali. Questo spostamento di responsabilità comporta che la negoziazione, la mediazione intorno alle scelte da compiere debbano venire attuate in loco, con un presumibile e inevitabile aumento della conflittualità, dello stress e della fatica di accettarsi, comprendersi, trovare modalità per assumere posizioni diverse da quelle più abituali ed integrarle tra di loro per arrivare a soluzioni vantaggiose per tutti e per gli alunni soprattutto. Una finalità importante per la scuola è, da tempo ormai, diventata quella di individuare spazi di riflessione sulle proprie modalità di lavoro pedagogico e didattico per effettuare un’autovalutazione d’istituto, di consiglio di classe, di singolo docente. Valutazione da effettuarsi non in senso punitivo o giudicante, cosa che inibirebbe ogni tentativo di ricerca e di riflessione, ma nel senso dell’autovalutazione formativa. Può infatti questa essere intesa, per un verso, come un’occasione per ristrutturare in itinere il proprio modo di essere insegnante oggi, in un modello di scuola in via di trasformazione, per un altro verso, può servire affinché si acquisisca consapevolezza del rapporto tra individuo e gruppo, tra individuo e organizzazione, in modo da poter valutare le ristrutturazioni necessarie all’organizzazione o al modo di inserirsi in essa del soggetto e al modo di essere del soggetto in relazione agli altri abitanti della "casa scolastica". Modo di essere che deve tener conto, come abbiamo visto poc’anzi, dei propri stili comunicativi e relazionali. In questo capitolo si vuole dare un contributo nella direzione di una riflessione in tal senso, proponendo alcune attività volte ad approfondire la comprensione del modo di rapportarsi alla propria storia di formazione, alle difficoltà dell’interazione con i colleghi, gli allievi, le famiglie, ai modelli pedagogici e agli stili educativi interiorizzati nella propria esperienza e spesso ripresentati nell’attualità in modo irriflesso e acritico. La consapevolezza di questi aspetti può consentire lo sviluppo della professionalità pedagogica del docente nella nuova scuola dell’autonomia, sollecitando la costruzione di competenze pedagogiche e psicologiche indispensabili per riformulare una comprensione del ruolo degli insegnanti e della scuola in modo complesso. Verranno presentati delle tecniche di osservazione e di valutazione dell’ambiente scolastico che possono essere un valido supporto per tutti gli insegnanti che vogliono fare del proprio lavoro non solo una "trasmissione di sapere" ma un percorso formativo pieno, coinvolgendo i propri alunni nello sviluppo di tutte le loro potenzialità, sia intellettive che affettive. Da ciò parte anche la scommessa per sfidare gli insuccessi e gli abbandoni scolastici passando infatti attraverso la possibilità di concepire la formazione del bambino, del ragazzo e dell’adolescente in modo ampio e profondo, non appiattendola sull’apprendimento o sull’informazione. La riflessione e il percorso educativo che è possibile iniziare dalla conoscenza dei metodi e delle tecniche proposte in questo lavoro, può quindi essere vista come una fase di un processo complesso da tenere sempre attivo, nell’ottica della necessità di un’autovalutazione costante e di un’autoformazione permanente. L’obiettivo è dunque quello di acquisire maggiore padronanza nelle cosiddette competenze pedagogiche trasversali, tra cui risultano centrali quelle di tipo relazionale. 6.2 Aspetti psicosociali dell’apprendimento Dalla revisione delle teorie dello sviluppo psicologico possiamo dedurre cosa effettivamente produce apprendimento. Molti studi hanno posto l’accento su diversi fattori. Una ricognizione di tali fattori è essenziale per costruire percorsi di formazione che siano veramente tali. La domanda da porsi è: se ci disinteressiamo di ciò che fa apprendere, come possiamo decidere come insegnare? Il problema viene solitamente superato con il ricorso ai contenuti, l’interesse per i quali viene considerato sufficiente a motivare e mantenere l’impegno. Oppure con l’impianto metodologico: l’apprendimento viene attribuito alla lezione frontale, o alla didattica attiva o ancora all’esperienza da laboratorio. Tuttavia, i contenuti ed il metodo sono l’oggetto o il mezzo attraverso il quale si giunge all’apprendimento ma non mettono in luce i reali fattori psicologici che causano l’apprendere. In maniera molto generale cerchiamo qui di rispondere alla domanda: cosa fa apprendere? Possiamo identificare tre ordini di fattori: 1. Identificazione e proiezione; 2. La sperimentazione; 3. Il legame interpersonale e sociale. L’apprendimento avviene sicuramente per l’identificazione dell’allievo con il formatore. Apprendiamo per imitazione di un soggetto che investiamo affettivamente, per amore o per invidia di qualcuno che consideriamo migliore, più sapiente, più colto di noi. Questo soggetto non è necessariamente una persona, ma più spesso è l’ideale che proiettiamo su una certa persona. Possiamo anche dire che apprendiamo nello sforzo di raggiungere il nostro io ideale, incarnato per proiezione nel soggetto formatore. Questo è lampante nei processi di auto-apprendimento, cioè di apprendimento senza un formatore fisicamente presente. In questi casi, peraltro numerosissimi, impariamo cercando di raggiungere una forma che non esiste se non come proiezione del nostro io ideale. Da questo fattore discendono tutte le didattiche unidirezionali, a partire da quella principe e più diffusa quale la classica lezione o conferenza. Un secondo fattore di apprendimento è certamente la sperimentazione. Prove ed errori, applicazione attiva con verifica immediata dei risultati, simulazione, non sono mere esperienze. L’esperienza da sola non è un fattore di apprendimento. Può essere dolorosa o piacevole, può indurre a ripetere gli errori, può essere superficiale. La sperimentazione è una versione dell’esperienza ma protetta dalle eventuali conseguenze dannose, arricchita dalla verifica e dalla valutazione, diretta da una finalità esplicita. Finalità, protezione e valutazione sono i segni che distinguono la sperimentazione dall’esperienza. A differenza della sperimentazione scientifica, la sperimentazione come fattore formativo non necessita della formalizzazione e della replicabilità, perchè riguarda ogni singola soggettività. Dal fattore sperimentazione derivano tecniche didattiche come i laboratori, le simulazioni, l’action-learning. Il terzo fattore di apprendimento, molto spesso sottovalutato e quello che ci preme mettere in evidenza, è il legame di scambio che instauriamo con i singoli compagni di apprendimento o con il gruppo, il collettivo, il campo sociale che ci fa da riferimento. Apprendiamo grazie alle relazioni con i compagni di formazione, ed agli scambi nutritivi ed accrescitivi che queste consentono. Apprendiamo anche per l’appartenenza, per diventare e restare parte di un tutto, un sistema, un campo che ci rafforza, ci sorregge e ci dà identità. Ciò che rende possibili e facilita gli scambi comunicativi, ed è assolutamente indispensabile che vi stiano volentieri. Non possono esistere un pensiero e uno sviluppo cognitivo indipendentemente dal contatto con i sentimenti e le emozioni sperimentate con i compagni e con gli adulti. La qualità della scuola si misura dai modelli di relazione che vengono messi in atto dagli insegnanti e dall’istituzione in tutte le sue componenti. Una scuola ad hoc dovrebbe essere caratterizzata da un buon clima interno impostato al rispetto reciproco e al dialogo, all’ascolto e a una collaboratività che non esclude conflitti, ma ha la capacità di riconoscerli ed elaborarli per metterli al servizio dello sviluppo e non delle forze regressive della mente. La scuola va intesa come un "sistema di rapporti" che promuova la crescita e lo sviluppo delle persone e non badi solo alle regole esteriori e formali. Le relazioni vanno improntate allo sforzo di far fronte alle difficoltà piuttosto che a cercare di eluderle in maniera illusoria. Si dovrebbero formare soggetti e gruppi che si muovano nella prospettiva di lavorare insieme per individuare soluzioni di problemi e per dialogare. Cosi facendo, il fine ultimo della scuola non è solo quello di trasmettere sapere e cultura e introdurre gli individui nella società, ma anche quello di svilupparne le potenzialità a tutti i livelli, quello emotivo-relazione compreso. Il docente dunque, inteso come chi deve presiedere al conseguimento degli obiettivi, ha il compito di gestire sia il contenuto professionale sia delle relazioni. È in queste ultime che si manifestano spesso i problemi più difficili cui far fronte. Il lavoro dell’insegnante non si esaurisce nel possesso di competenze tecniche, ma implica una formazione personale mirata allo sviluppo di capacità relazionali. Si tratta di sviluppare una sensibilità che consenta di riconoscere ed entrare in contatto con i fattori emotivo-affettivi nel determinare il comportamento umano e nel modo di apprendere e conoscere. Trascurando questo aspetto, "paghiamo il prezzo di restare come siamo: giocattoli dell’economia, della politica, del destino" (Winnicott, 1965). Sapersi assumere la responsabilità emotiva della gestione educativa non vuol dire perseguire una utopica qualità organizzativa e didattica. Un insegnante non deve essere una figura ideale, perfettamente equipaggiata, ma un professionista che sa apprendere dai propri errori, così come una buona formazione e un buon processo educativo non sono quelli che formano soggetti che non sbagliano mai, ma persone che sanno pensare e riflettere su quello che fanno. Forte non è colui che non cede, ma colui che cede ed ha la forza di rialzarsi. Le capacità relazionali non sono l’equivalente di un atteggiamento di comprensività paternalistica e buonista che tutto tollera e niente punisce. Per l’insegnante significa fornire supporti conoscitivi, tecnici ed emotivi e assumere un atteggiamento orientato a individuare le cause oggettive e soggettive degli errori o delle mancanze, per correggerle dove possibile. Non si parla di manipolazione degli altri, ma di contenimento, ovvero della capacità di comprendere, capire. Il docente si pone come un interlocutore credibile, capace di accettare l’atteggiamento a volte contestativi e provocatorio degli allievi ma abbastanza forte da tenere loro testa. In sintesi egli dovrebbe: gestire la complessità interpersonale e quindi presidiare il clima del gruppo di lavoro; attivare la comunicazione nelle varie direzioni; negoziare i conflitti; favorire lo sviluppo di un contesto che soddisfi i bisogni fondamentali degli alunni. A questo punto è lecito chiedersi: "Quali sono i bisogni da soddisfare affinché i bambini vivano con serenità il loro stare a scuola?" Ci vengono in aiuto alcuni lavori di famosi psicologi. 6.4 I bisogni da soddisfare nel processo di apprendimento del bambino Le funzioni cognitive superiori, come pure i comportamenti più semplici messi in atto dai bambini, sono, in larga parte, il prodotto delle interazioni e delle comunicazioni messe in atto dal piccolo individuo con l’ambiente, in uno scambio biunivoco e mutuamente influenzato. Da ciò si potrebbe dedurre che anche la qualità di tali comportamenti è in funzione della qualità degli scambi e delle relazioni attraverso le quali essi si sono elaborati. Abbiamo già visto quali sono gli stili comunicativi qualitativamente più adatti allo sviluppo di relazioni e comportamenti positivi; vediamo ora quali dovrebbero essere i requisiti dell’ambiente e del contesto in cui cresce un bambino. È importante che l’ambiente presenti un certo grado di stabilità in modo da permettere il riconoscimento, da parte del bambino, degli elementi che lo compongono. L’ambiente deve soddisfare quelli che potremmo considerare i bisogni fondamentali del bambino e non solo. Riferendosi a tutto l’arco della vita, uno dei più grandi esponenti della Psicologia Umanistica, Abraham Maslow, ha formulato la Teoria dei bisogni. Rispetto alle altre teorie psicologiche, quella di Maslow si basa sull’osservazione di individui sani e cerca di trovare i metodi preventivi per non entrare nella malattia mentale ma anzi per permettere alle persone di raggiungere il pieno sviluppo delle proprie potenzialità sfruttando al massimo capacità e talenti. Egli considerava la natura umana fondamentalmente "buona" e riteneva che il "male" venisse fuori nei momenti di frustrazione dell’uomo, nei momenti in cui non fosse riuscito a soddisfare i suoi bisogni. Tale concezione ha profonde implicazioni pedagogiche e porta a rivedere il tipo di "metodo educativo" utilizzato nell’educazione dei bambini. Secondo lo psicologo americano un ambiente favorevole è il requisito fondamentale affinché un bambino possa sviluppare tutte le sue potenzialità, ambiente inteso soprattutto come contesto in cui si sviluppano relazioni positive con gli altri affinché vengano soddisfatti i bisogni di appartenenza e d’affetto. Dal punto di vista dello sviluppo infantile, si possono individuare diversi tipi di bisogni, dedotti da un’attenta osservazione del comportamento dei bambini. La soddisfazione di tali bisogni costituisce la motivazione ad agire di tutte le persone, quindi richiede energie sia fisiche che psicologiche. Distinguiamo: Bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo sono i bisogni fondamentali, connessi con la sopravvivenza; Bisogni di sicurezza: devono garantire all'individuo protezione e tranquillità. L’ambiente dovrebbe presentare una certa stabilità in modo da permettere al bambino di riconoscerne gli elementi e di trovare una collocazione rispetto ad essi. In questo modo si sentirà sicuro perché inserito in un ambiente stabile. Bisogno di appartenenza: consiste nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato, di amare e di cooperare con altri; Bisogno di stima: riguarda il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, di sentirti competente e produttivo; ci sono dei presupposti senza i quali l’insegnamento si rivela insensato: fondamentale tra questi fattori è, ad esempio, l’autostima. È importante condurre gli allievi a riflettere su se stessi, sulle proprie qualità e difficoltà al fine di forgiare un’immagine positiva di se stessi. La letteratura psicologica ci spiega come questo possa essere di vitale importanza soprattutto in periodi critici della sviluppo di una persona quali l’adolescenza. L’autostima, insieme ai bisogni fondamentali di un bambino, risulta, inoltre, essere il motore principale di qualsiasi tipo di apprendimento. Bisogno di autorealizzazione: inteso come l’esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative, nonché di occupare una posizione soddisfacente nel proprio gruppo. A questi cinque bisogni ne aggiungere un sesto la cui soddisfazione è un requisito fondamentale per un sano sviluppo, del bambino prima, e del ragazzo poi. Anche se non inserito in nessuna teoria compiuta, esso è unanimemente riconosciuto da tutti coloro che si occupano di psicologia dello sviluppo: Bisogno di autonomia: più il bambino potrà valersi della sua autonomia tanto più le sue attività contribuiranno allo sviluppo delle azioni e delle relazioni. Quest’ultime saranno vissute in modo più significativo se il bambino le sperimenta da solo, agendo in autonomia e responsabilità. Gli atteggiamenti iperprotettivi e possessivi da parte dei genitori provocano reazioni contrastanti nel bambino, soprattutto se gli viene impedita, a causa di convinzioni spesso errate e pregiudiziali, l’attività spontanea. Non si dovrebbe, tuttavia, lasciare il bambino di fronte a se stesso, oppure lasciargli fare quello che vuole; il tipo di azione che i bambini intraprendono di fronte ad un oggetto o una persona è data da tre ordini di fattori: Le caratteristiche dell’oggetto: qui ci si riferisce sia alle caratteristiche fisiche degli oggetti quali dimensioni, peso, etc., sia alle caratteristiche di personalità, nel caso di adulti o altri bambini. La presenza di modelli di riferimento: adulti o altri bambini forniscono dei modelli di comportamento che possono essere seguiti dal bambino. Questi può addirittura far propri ed elaborare, sulla base delle esperienze fatte, dei modelli di comportamento relazione e di attaccamento: i modelli operativi interni (M.O.I) (Bowlby). I M.O.I. rivestono un’importanza fondamentale nello sviluppo infantile in quanto costituiscono il substrato sul quale andranno ad appoggiarsi tutte le future relazioni d‘attaccamento del bambino. I modelli di riferimento sono, inoltre, molto importanti perché costituiscono anche un termine di paragone grazie al quale il bambino valuta il proprio operato. Essi danno la misura di ciò che si può fare e ciò che non si può; pongono i limiti all’azione e costituiscono, infine, un riferimento per l’apprendimento imitativo. L’intenzionalità dell’azione: ogni bambino mette in atto dei comportamenti funzionali agli scopi per cui sono stati iniziati. Questi scopi, inoltre, sono dati da bisogni che il bambino cerca di soddisfare. Se un bambino ha fame, per esempio, si adopererà in maniera tale da appagare, richiedendo e attivandosi egli per primo, l’esigenza di cibo. 6.5 Osservare le relazioni in classe: il sociogramma Il lavoro di molti psicologi ha permesso di sostituire all’osservazione casuale e alla conoscenza intuitiva, l’osservazione metodica e scientifica del comportamento infantile, utilizzando appropriate tecniche e strumenti. Tramite l’osservazione sistematica dei comportamenti messi in atto dai bambini in classe, luogo nel quale il bambino fa la prima esperienza degli altri e delle regole sociali, si è giunti a constatare un certo numero di fenomeni sociali di grossa rilevanza: Quando un bambino incontra altri bambini, egli non si dirige verso uno qualsiasi di essi ma scegli colui che potrà diventare suo partner anche se non lo conosce ancora. I bambini più piccoli tendono a dirigersi verso quelli più grandi anche se quest’ultimi non li accettano. I bambini piccoli sono spesso molto attratti dalle attività dei bambini più grandi e per questo cercano di "rapportarsi" con loro fino al punto di sottomettersi o di stare in sordina. Un bambino solo è sempre agitato ed instabile oppure annoiato, questo è vero anche per le situazioni in cui abbia a disposizione una grande varietà di giocattoli. Le relazioni a due sono sempre più statiche di quelle del piccolo gruppo dove invece anche i conflitti possono essere affrontati e risolti senza che la relazione abbia per forza fine. Infatti, nelle relazioni diadiche, il conflitto o non viene espresso oppure nel caso in cui si palesi, viene risolto con la fuga di uno dei due attori in gioco. Questo è un fenomeno che capita spesso tra i bambini e i ragazzi in età scolare. Oltretutto le relazioni a due sono più stabili di quelle a più persone. Si è notata una certa stabilità nella scelta dei partner, sia nelle relazioni a due che in quelle di gruppo. I bambini non gradiscono molto gli interventi degli adulti volti ad influenzare le sue scelte su chi frequentare, con chi giocare, studiare o semplicemente passare del tempo. Le attività che denotano coesione e unità d’intendi sono molto più frequenti di quelle conflittuali. I bambini che sono maggiormente benvoluti dai compagni sono quelli che appaiono ai loro occhi come più rassicuranti. Ogni bambino quando entra a far parte di una classe mette in atto una ricerca attiva di relazioni cercando deliberatamente partners di gioco e di studio. In questa fase il processo comunicativo ha una grande importanza in quanto senza di esse non potrebbero esserci scambi di nessun tipo. L’interlocutore viene scelto sulla base delle sue capacità di accettazione e di scambio pertanto è colui che permette al soggetto di riconoscersi ed essere riconosciuto dall’altro. Il sentimento di sicurezza portato da delle relazioni positive incrementa anche l’impegno nelle attività didattiche e permette di vivere la situazione di gruppo in maniera gratificante. A volte però alcuni bambini tendono ad isolarsi o ad essere emarginati. Non è facile rendersi conto di tali situazioni per questo ogni insegnante che si appresti ad affrontare un percorso formativo con degli alunni, non può prescindere dalla conoscenza della situazione relazionale della classe in cui va a lavorare. Egli già mette in atto una sorta di osservazione delle interrelazioni affidandosi a ciò che vede tutti i giorni e Kurt Lewin, conscio di queste problematiche, propose una metodologia nuova per poter affrontare la dinamica delle relazioni tra l’individuo e la situazione reale, all’interno di una mutua relazione tra persone. La metodologia della ricerca-azione si concretizza oggi, da una parte, nella ricerca partecipata il cui valore principale sta nel concepire l’impegno sociale come momento centrale dell’educazione, avvicinando sempre più quest’ultima ai cambiamenti sociali e dunque tenendo presenti opinioni e necessità degli emarginati (pensiamo a tutti quei bambini che come afferma Canevaro (1976) si perdono nel bosco delle difficoltà psicologiche, affettive, relazionali, relative a problematicità dovute a ritardi dell’apprendimento o derivanti da deficit); dall’altra, nella ricerca-azione in classe il cui fondamentale valore è di permettere agli insegnanti di divenire consapevoli del loro essere educatori, migliorando così la loro professionalità. Queste osservazioni consentono di guardare al gruppo-sezione e al gruppo-classe come ad un’entità dinamica –nel senso più concreto del termine- che giunge a possedere determinate qualità costruttivistiche socio-culturali: • Interdipendenza tra il bambino e l’ambiente (materiale e sociale); • Attitudine all’osservazione e alla riflessione, sia co-partecipate che in situazione, sulle azioni e sui comportamenti, finalizzata al ricorrente porsi in discussione; • Sviluppo dell’empowerment, ossia come apprendimento della ricerca personale e del gruppo delle risorse necessarie al “miglior” cambiamento. Bisogna, inoltre, tener conto anche di quanto asserisce Vygotskij (1934): “Quanto i bambini fanno oggi insieme, tanto saranno in grado di farlo domani da soli”. Di capitale importanza, a tal proposito, diviene l’apprendimento cooperativo, una strategia tesa all’inclusione dell’altro: nel piccolo gruppo i bambini lavorano insieme per migliorare reciprocamente il loro apprendimento e il loro benessere fisico. Il lavoro in gruppo e lo scambio fra i bambini che ne fanno parte, quindi, né impediscono il lavoro individuale né favoriscono la dipendenza, al contrario facilitano i processi di autonomia per conseguire successi individuali1. L’osservazione a scuola, da quanto detto sin qui, deve essere collegata alla qualità del Progetto educativo per poter consentire un riscontro congruente tra le potenzialità dei bambini e il raggiungimento-potenziamento delle loro competenze nelle varie componenti dello sviluppo. 6.6.1 Perché osservare e valutare Partendo da quanto sostenuto nelle nuove indicazioni (2007) si può affermare che l’osservazione sia una sorta di modello strategico che consente di evidenziare i legami tra esperienze, capacità, abilità e competenze che si formano, si strutturano, si sviluppano, si trasformano lungo l’arco vitale. Le tecniche per produrre una buona osservazione dovranno essere, pertanto, finalizzate a scomporre un certo fenomeno, un comportamento, un’azione, cercando di cogliere per ognuno le relazioni esistenti tra gli elementi 1 che lo compongono. Dobbiamo però alla fine di questo processo cogliere anche la relazione tra le parti e il tutto in modo da non perdere di vista la “persona” intera. L’osservazione è dunque non soltanto un mezzo, ma anche un fine, ossia il bisogno di evidenziare nella pratica quotidiana tutta l’informazione che consente di procedere alla costruzione dinamica del progetto personalizzante delle attività educative (Tab. 2.1.). Tab. 2.1. Le caratteristiche di un buon osservatore COME DEVE ESSERE COSA DEVE SAPER FARE 1. Essere competente per capire il rapporto di causa-effetto del fenomeno osservato 2. Essere intuitivo per comprendere le tendenze personali che possono inficiare il giudizio 3. Avere esperienza e ricchezza di esperienze sociali 4. Possedere un’intelligenza sociale che favorisce la corretta valutazione degli altri nel saper predire un loro probabile comportamento 1. Saper rilevare gli affetti, lo stile personale e le intenzioni (comunicazione interpersonale relativa ai messaggi non verbali). 2. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa ai messaggi verbali. 3. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa ai messaggi misti (messaggi verbali e non verbali). 4. Saper rilevare la comunicazione interpersonale relativa al contesto. Dunque per conoscere il bambino in situazione e verificare il grado di sue eventuali compromissioni in ordine a problemi relazionali o cognitivi, partiamo con l’osservazione dei rapporti che si sviluppano all’interno della classe, verificando anche come il bambino possa vivere il gruppo dei coetanei. Per avere un quadro completo dell’evoluzione della personalità del bambino, potremo utilizzare dei test proiettivi come il disegno test della figura umana, il disegno test della famiglia, il disegno test della famiglia di animali, il disegno test dell'albero, il disegno test della casa, della famiglia. La valutazione di tali test può consentirci, a livello preventivo, l’individuazione di situazioni di disagio. Le informazioni, una volta raccolte, potranno concorrere all’elaborazione di progetti da sviluppare in classe. Si veda, ad esempio, la scheda per la segnalazione di casi di disagio, ad opera degli insegnanti di classe, adottata in un Circolo Didattico di Roma. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO DIREZIONE DIDATTICA STATALE 138° CIRCOLO - “G. B. B A S I L E” RMEE138009 Dist.16° Telef. e Fax (06) 2011102 - e-mail: rmee138009@istruzione.it Via Merope, 24 - 00133 ROMA SCHEDA SEGNALAZIONE CASI DI DISAGIO DATA DELLA SEGNALAZIONE • Al Dirigente scolastico • Al referente del Dipartimento Integrazione SCUOLA DELL’INFANZIA SCUOLA PRIMARIA CLASSE SEZIONE INSEGNANTI CHE SEGNALANO IL CASO INFORMAZIONI SULL’ALUNNO NOME COGNOME DATA E LUOGO DI NASCITA Da quanto tempo si sono evidenziate tali difficoltà? Quali tentativi sono stati fatti per risolverle nella scuola? Quali tentativi sono stati fatti per risolverle nella classe? INFORMAZIONI SUL RAPPORTO SCUOLA-FAMIGLIA FIRMA INSEGNANTI IL DIRIGENTE SCOLASTICO Prof. Salvatore SASSO COME SI INTENDE SVOLGERE IL PROGETTO • OBIETTIVI • DURATA • SVILUPPO (TAPPE) • VERIFICA • VALUTAZIONE 6.7 Cosa osservare e valutare Lo sviluppo dei rapporti con i coetanei Fra due e i sei anni di vita, il bambino si avvia sempre più a interagire con i coetanei in maniera attiva, sviluppando verso di loro un diverso tipo di rapporto sociale e aumentando così le possibilità di gioco e di scambio comunicativo. L’acquisizione progressiva dei comportamenti a livello sociale danno modo al bambino di imparare a comunicare in modo adeguato all’interno di un contesto sia con i gesti che con la voce, ad approcciarsi agli altri in modo efficace per richiamare la loro attenzione e dunque farsi ascoltare, a individuare strategie per ottenere il loro affetto, a difendersi da attacchi aggressivi, a saper scegliere il momento giusto per poter chiedere od offrire collaborazione. Imparare a stare con gli altri offre, inoltre, al bambino l’opportunità di saper controllare le sue inclinazioni individualistiche e a saper governare risposte emotive contro il piacere di stare semplicemente insieme. L’interesse per i pari ha inizio in età molto precoce. Infatti, se mettiamo su un tappeto due bambini di sei mesi l’uno di fronte all’altro essi inizieranno immediatamente a toccarsi, a tirarsi i capelli, a sorridersi e a imitare le azioni dell’altro (Hay, Nash e Pedersen, 1983). Vediamo nella tabella che segue come avviene il successivo sviluppo delle interazioni nella prima e nella seconda infanzia (Tabella 2. 21.). Tab. 2.21. Lo sviluppo delle interazioni nella prima e nella seconda infanzia Età in cui avvengono le interazioni Modalità dell’interazione Autori 10 mesi I bambino preferiscono giocare ancora con gli oggetti. Possono “giocare” l’uno con l’altro se non hanno altro materiale. Harper e Huie, 1985. 14-18 mesi Due bambini possono iniziare a giocare insieme con lo stesso oggetto, a volte collaborando, altre volte stando vicini ma giocando con altri oggetti. Harper e Huie, 1985. 14-24 mesi I bambini pur avendo interazioni sociali reciproche, non hanno ancora “vere” amicizie. Howes, 1983; 1987. 24-36 mesi I bambini utilizzano l’altruismo, un comportamento sociale positivo che consiste nell’offrirsi per aiutare un bambino che si è fatto male oppure nel dare un giocattolo ad un compagno oppure nel confortare un altro bambino. Zahn-Waxler, Yarrow, 1982; Marcus, 1986. 36-48 mesi A 3 anni e mezzo solo il 20 per cento mostra segni di una stabile amicizia; la metà del gruppo osservato a 4 anni giocava più spesso con lo stesso compagno Hinde, 1985. 2-5 anni Le amicizie sono prevalentemente fra bambini dello stesso sesso (35%). Gottman, 1986. Dopo i 6 anni I bambini di seconda elementare facevano il nome di almeno quattro amici. Molte amicizie rimangono stabili. Reisman, Shorr, 1978. Diviene quindi necessario, sia per gli insegnanti come per gli psicologi, comprendere l’essere sociale del bambino all’interno di una rete di relazioni di cui fanno parte i suoi pari e quanto tale processo si sviluppo per la maggior parte dl tempo a scuola. corso degli anni la graduale diminuzione del controllo diretto d parte degli insegnanti, faccia diventare i bambini estremamente abili nel gestirsi spazi di autonomia con “attività sotterranee” totalmente o parzialmente sconosciute agli insegnanti. La classe, le cui caratteristiche iniziali sono quelle di un aggregato sociale ch consente di impartire istruzione ad un’età specifica, si sviluppa gradualmente in una entità significativa, dotata di esistenza reale (Speltini, Palmonari, 1999) e di una propria precisa fisionomia che spesso si impone agli insegnanti. È importante che il senso di appartenenza ai gruppi non prevalga su quello di appartenenza alla classe. Infatti se la struttura sotterranea dei piccoli gruppi diventasse esplicita, potrebbero verificarsi conflitti, per la cui risoluzione sarebbero necessari interventi specifici da parte degli insegnanti. A livello sociale si può confermare come durante la scuola primaria si verifichino le maggiori ramificazioni dello sviluppo. Non è un caso che proprio a partir dalla scuola primaria che alcuni bambini vengano definiti “asociali”, caratteristica che diventa nel corso degli anni un’etichetta. Affinché l’insegnante possa diventare un promotore dei processi di socializzazione e di socialità, deve possedere la conoscenza delle strutture sociali che si costituiscono spontaneamente tra gli alunni. Se questo non fosse, le differenze tra le norme e le regole che egli proporrà a livello generale e le norme e le regole valide all’interno dei gruppi spontanei saranno troppo divergenti e ciò comporterà difficoltà nella gestione della classe. L’insegnante perciò deve essere consapevole del ruolo di potenziamento che la classe possiede nei confronti di tutte le capacità dei bambini, non solo i quelle cognitive, ma anche di quelle sociali. A maggior ragione si deve tener conto che tale potenziamento può agire sia in direzione positiva sia in direzione negativa. Cosa significa tutto ciò? Se il bambino popolare può trovare in classe le condizioni migliori per sviluppare le proprie abilità di relazioni sociali, al contrario i bambini isolati o marginali potranno ricevere un danno più grave di quello che accadrebbe in altri contesti. Infatti le esperienz sociali negative vissute nella scuola primaria lasciano tracce indelebili nella memoria e nella personalità degli alunni. Fino ad oggi la capacità dell’insegnante di promuovere la socializzazione e la socialità, è soprattutto legata a componenti individuali di personalità piuttosto che a competenze professionali specifiche, fondate anche sul ricorso strumenti scientifici. Per questo motivo l’analisi dei legami affettivi tra i bambini e la valenza positiva o negativa che possiedono, così come il concetto di “altro” che, sia pure inconsapevolmente, influenza le relazioni reciproche, devono ricevere l’attenzione necessaria, in primo luogo da parte dell’insegnante ma anche da parte di uno psicologo che all’interno della classe si proponga un qualsiasi intervento. Il test sociometrico può essere uno degli strumenti di cui l’insegnante impara a servirsi per gestire efficacemente gli alunni. I dati che permette di raccogliere non soltanto consentono di conoscere lo status sociale reale di ogni bambino, ma possono essere utilizzati anche per un’autovalutazione dell’efficacia della propria azione. Il lavoro di elaborazione e interpretazione dei dati induce a “pensare” tutti i bambini indistintamente e con un’attenzione maggiore da quella consueta. Tale prospettiva produce già da sola modifiche positive nella realtà sociale della classe. Vediamo ora come poter rappresentare e riconoscere i fenomeni sociali che si manifestano all’interno di una classe considerata come gruppo. Le procedure sociometriche, secondo Moreno (1953), aiutano ad osservare i diversi aspetti della situazione sociale che si è stabilita, come i rapporti interpersonali, la rete e la struttura delle relazioni tra i membri del gruppo, il grado di accettazione di un bambino da parte degli altri, l’opinione che il gruppo ha nei confronti dei singoli appartenenti ad esso. Secondo Nothway, la sociometria non misura le relazioni tra le persone, ma consente di portare alla luce come si sono formate (1959), permettendo di osservare tutte quelle strutture invisibili a livello macroscopico (Moreno, 1953). Da quanto detto, possiamo evincere come la sociometria possa integrare l’osservazione, consentendo di individuare elementi difficilmente rilevabili ad “occhio nudo”. I diversi strumenti legati alla sociometria, quali lo psicodramma, il sociodramma, il test di percezione sociometrico e lo stesso test sociometrico, possono essere ritenuti sia degli strumenti per fare una diagnosi sia per fini terapeutici. 6.8 Il test sociometrico Il test sociometrico consiste nel chiedere ai bambini con chi vogliono svolgere una determinata attività. Sono gli stessi insegnanti che possono predisporlo e somministrarlo. Le scelte dei bambini sono riportate sulla matrice sociometrica, dalla quale è possibile ricavare un diagramma che mostra graficamente le scelte dei singoli bambini e la situazione della classe. Per la rilevazione sociometrica è necessario predisporre tre o quattro domande (criteri), dando la possibilità ad ognuno di formulare per ognuna al massimo tre o quattro scelte(Tab. 2. 23.). Un compagno scelto nel primo criterio può essere ripetuto negli altri due/tre. Alla fine avremo in totale, per ogni bambino, nove oppure sedici scelte. Tab. 2.23. Le domande da porre ai bambini per la rilevazione sociometrica Criteri Domande Categoria Criterio sociale (1) Con chi ti piacerebbe/non ti piacerebbe fare i compiti in classe? Situazione scolastica Criterio personale (2) Chi vorresti/non vorresti come compagno di banco? Situazione scolastica Criterio personale (3) Chi inviteresti/non inviteresti alla festa del tuo compleanno? Situazione extrascolastica Criterio sociale (4) Con chi vorresti/non vorresti giocare fuori della scuola? Situazione extrascolastica Le scelte dei bambini devono essere riportate successivamente nella matrice sociometrica, seguendo l’ordine dei criteri. Nell’esempio che segue, sono stati adottati i primi tre criteri della tabella, e inoltre ponendo le domande ai bambini soltanto in termini positivi, anche se il test consente di invitare a esprimere scelte e rifiuti nei confronti dei compagni appartenenti alla classe. Infatti alcuni sociometristi, quali Bastin (1961) e Marhaba (1974), hanno evidenziato come la formulazione indicante il rifiuto possa creare malessere ai bambini sia con conseguenti resistenze al test sia con l’evidenziazione di intolleranze o divergenze all’interno della classe. Per altri autori (Hayvren, Hymel, 1984; Coie, Dodge, Coppotelli, 1982), è vero anche il punto di vista contrario, in quanto l’espressione del rifiuto permetterebbe di individuare situazioni che altrimenti rimarrebbero nascoste, dando la possibilità all’insegnante di gestire la classe in modo efficace. Un elemento importante riguarda il verbo al condizionale con il quale devono essere poste le domande. Questo perché, secondo Marhaba (1974), la frase deve sottintendere l’inciso –se non vi fosse alcun impedimento. Le modalità di somministrazione del test sociometrico Essendo un test “carta e matita”, per la somministrazione bisogna avere tre o quattro foglietti (dipende dai criteri utilizzati) su ognuno dei quali sia scritta una domanda relativa sia alle scelte che ai rifiuti. È meglio somministrare il test quando tutti gli alunni sono presenti, sia perché tutti partecipino, sia perché gli assenti potrebbero essere dimenticati nel compiere le scelte o rifiuti. Nel caso in cui ci fosse qualche compagno assente, l’insegnante o lo psicologo deve ricordare i nomi dei bambini che mancano. I foglietti vanno distribuiti uno ala volta; pertanto il secondo andrà dato agli alunni quando tutti avranno riconsegnato il primo. Andrà chiarito che le scelte o i rifiuti da effettuare riguardano soltanto i compagni della classe. Un consiglio è quello di somministrare il test una volta che il gruppo classe si è avviato. Quindi non andrà mai utilizzato nei primi mesi di scuola si per le classi di nuova formazione, sia per le cassi dove vi sono stati nuovi inserimenti. Consideriamo attentamente il ruolo degli alunni diversamente abili, in quanto, anche se questi non fossero in grado di esprimere scelte neanche a voce, dovranno comunque essere soggetti a scelte o rifiuti. lEAD ERSH IP L=S +A 1 0 2 1 8 7 8 1 6 1 4 1 2 6 4 4 4 3 2 2 2 2 - 3 1 lEADERSHI P L=S+A amico preferito scelta reciproca Fig. 2.9. La matrice sociometrica. 6.9.1 Come leggere la matrice sociometrica Nella matrice possiamo individuare dei totali per riga e dei totali per colonna. I totali di riga si riferiscono alle scelte e/o ai rifiuti compiuti da ogni bambino nei confronti degli altri compagni della classe (Indice C). Il numero totale rappresenta i bambini presi in considerazione in termini di scelte e di rifiuti, relativamente ai 3 o 4 criteri. Ad esempio, il bambino DD sceglie sei compagni: CC per il primo criterio, FF per il secondo, GG per il primo e il terzo criterio, PP per il primo criterio, TT per il secondo e il terzo, infine ZZ per il secondo criterio. L’indice ci consente di comprendere se nell’indicare le preferenze il bambino faccia riferimento alle caratteristiche di personalità dei compagni o se faccia riferimento alle abilità nelle diverse situazioni (il compagno scelto per fare i compiti e non per la gita) Sotto ogni colonna sono riportati, invece, i punteggi totali, relativi alle scelte e/o ai rifiuti ricevuti da ogni bambino per ogni criterio. Ad esempio, la bambina AA è stata scelta una volta per il primo criterio, tre volte per il secondo, 2 per il terzo. I punteggi ai vari criteri sommati tra loro consentono di individuare lo status sociometrico di ogni bambino (Indice A), ossia il grado di accettazione sociale da parte della classe (Marhaba, 1974), rivelando quindi il grado in cui la classe si pone verso il singolo bambino (Vermigli, 1994). L’importanza di questo indice è data dal fatto che, da una parte, lo status è influenzato dal comportamento del bambino in classe e, dall’altra, è proprio per la posizione che ricopre in classe che egli verrà riconosciuto dai compagni e dall’insegnante. Il punteggio può essere elevato, medio o debole. Le dimensioni di riferimento si sviluppano sia lungo la linea di popolarità- isolamento (sommando le scelte), sia lungo la linea di esclusione-accettazione (sommando i rifiuti). Lo status sociometrico viene calcolato basandosi sulla media della classe: i bambini considerati popolari sono quelli il cui punteggio si discosta dalla media. La stessa considerazione vale per i bambini rifiutati. Lo scarso numero di scelte e di rifiuti riguarda i bambini marginali, mentre chi non riceve né scelte né rifiuti sono i cosìddetti bambini isolati. Nel caso in cui i bambini avessero lo stesso numero di scelte e rifiuti possono essere considerati come bambini controversi. Possiamo quindi concludere dicendo che lo status sociometrico fornisce indicazioni sullo spazio psicologico che un bambino occupa nella mente dei compagni e non tanto sulla quantità e qualità delle interazioni che egli intrattiene con gli altri. Il focus riguarda soltanto la posizione del bambino nel gruppo e non i processi che hanno prodotto tale posizione (Bombi, 1994b). Osservando la tabella, possiamo vedere come esista una bambina isolata, altri marginali e tre, con gradualità diverse, popolari. Il bambino isolato è come se fosse nella classe fosse trasparente perché non è considerato da nessuno. I bambini nella media sono a basso impatto, in quanto quelli ad alto impatto sono pochi. Nella classe considerata, nonostante il numero delle femmine sia più elevato (10) rispetto ai maschi (7), i tre bambini con alta popolarità sono presenti fra questi ultimi. Fra gli altri quattro per due medio bassa, per gli altri due è bassa. Fra le femmine possiamo vedere come la stessa popolarità sia medio-bassa per quattro soggetti e bassa per i rimanenti. Tale distinzione può essere ottenuta osservando anche il sociodramma e i relativi punteggi inseriti all’interno dei settori. La bambina che non può essere inserita all’interno di nessun settore è quella che è stata definita isolata. Un altro indice cui fare riferimento è quello che definiamo come S, ossia il numero dei compagni che hanno scelto il soggetto, rappresentando la ricettività sociale. Se A, S e C sono considerati come indici individuali di ciascun bambino, possiamo, partendo da questi indici, costruire degli indici collettivi che riflettono i legami di ognuno con il proprio gruppo classe: 1. Indice di Espansione emozionale (EE), ossia numero dei membri del gruppo verso cui il soggetto prova interesse. Il suo calcolo si ottiene sommando il numero dei compagni scelti a cui aggiungere le scelte totali dei compagni nei propri confronti (EE=C+A); 2. Indice di Espansione sociale (ES), ossia il numero dei membri del gruppo che interessano al soggetto e quello di coloro a cui egli stesso è interessato. Si calcola facendo: E S = E E + S = C + A + S; 3. Indice di Leadership, ossia il numero che indica il grado di interesse che un individuo riscuote nel gruppo, la sua posizione sociale. Si calcola facendo: L = S + A. Dall’analisi e la comparazione dei dati così ottenuti è possibile tentare di interpretare le dinamiche interne al piccolo gruppo basando le proprie considerazioni su dati oggettivamente ricavati per via empirica. È logico che occorra ripetere il sociogramma dopo un arco di tempo significativo, per avere maggiore possibilità di controllo della bontà dei risultati a cui si è pervenuti, ma anche per poter "monitorare" l’evoluzione delle relazioni sociali in gioco. 6.10 La classificazione sociometrica di un bambino Se ora volessimo descrivere il bambino in base a alcuni fattori individuali potremmo farlo in base alle caratteristiche inserite nella tabella che segue (Moreno, 1953). 6.10.1 La coesione di gruppo Elemento fondamentale del gruppo è la coesione che esso manifesta al suo interno. L’indice di coesione, secondo Carli e Mosca (1980), rappresenta la forza dei legami tra gli individui ch appartengono al gruppo. Può essere individuato come il risultato dl rapporto tra le scelte reciproche positive e il numero dei soggetti del gruppo. La formula è: Coesione = totale delle scelte reciproche positive : il numero totale dei componenti del gruppo. 6.10.2 La rappresentazione grafica delle relazioni sociali Secondo Jakob Moreno (1953), la matrice sociometrica si rferisce soprattutto a materiale non ancora elaborato e quindi può non mettere a fuoco i fato sociometrico veri e propri. Il passo successivo è la quindi costruzione del sociogramma circolare che consente di visualizzare la struttura della classe, evidenziando i sottogruppi, la posizione periferica di alcuni bambini e quindi la rete dei rapporti dei bambini e il “traffico” comunicazionale. 6.11 Il sociogramma Il sociogramma aiuta a conoscere meglio i propri alunni e a migliorare la situazione relazionale e consiste in un metodo d'osservazione delle relazioni all’interno di un gruppo. La sociometria, metodo sperimentale e scienza della società, è stata definita e formulata nel 1951 dallo psicologo e sociologo romeno Jakob Levy Moreno (1892-1974) che elaborò anche un insieme di tecniche particolari di analisi nelle relazioni all'interno di un piccolo gruppo. Il grande merito di Moreno è di aver proposto un mezzo semplicissimo per ottenere dati molto precisi sulla struttura dei gruppi: ha pensato di rappresentare graficamente le relazioni interpersonali, raffigurando ciascun membro con un cerchio o un triangolo o un quadrato…, e ogni relazione con un tratto che unisce cerchi e triangoli o quadrati. A queste rappresentazioni grafiche Moreno ha attribuito il nome di sociogrammi. Il test sociometrico di Moreno, come si è visto, consiste nel chiedere a tutti i membri del gruppo classe con quali compagni preferirebbero interagire maggiormente o non interagire affatto, per poter individuare le reti di comunicazione e conflitto costruite all’interno dello stesso gruppo e la posizione in esse ricoperta da ogni singolo soggetto; altri due quesiti permettono di verificare in modo con cui ogni soggetto percepisce la sua posizione nel gruppo, cioè la sua socioempatia positiva o negativa. Il sociogramma è l’elaborazione tipica della sociometria, forse perché lo stesso Moreno lo ha utilizzato fin dal 1923, e lo ha perfezionato a lungo pur non riuscendo a dargli una formula definitiva. Attraverso il sociogramma, Moreno ricostruisce delle "mappe sociali" in cui egli indica quelle "correnti sociali", quelle vie di comunicazione emotiva che, a suo dire, costituiscono delle reti interpersonali, le social networks. "Siccome la tecnica del sociogramma costituisce realmente un metodo di esplorazione, i sociogrammi sono congegnati in modo tale che si può estrarre, dalla prima Fig. 2.10. Il sociodramma circolare relativo alla matrice sociometrica della fig. 2.9. 6.12 Le strutture rilevabili all’interno del sociogramma All’interno del sociodramma possiamo osservare diverse strutture relazionali. Struttura del sociodramma Esemplificazione Coppia di scelte e/o di rifiuti Triangolo Quadrato Catena Stella Le strutture più complesse, come i triangoli, le catene e i quadrati, cominciano ad essere individuati nei gruppi classe che frequentano la seconda della scuola primaria. La loro evidenziazione ha come significato la promozione, in ambito scolastico, dello sviluppo sociale. In prima il bambino ha ancora come riferimento specifico l’insegnante on il quale il bambino ha un rapporto di tipo diadico. In età scolare si è riscontrato come le scelte reciproche avvengano soprattutto all’interno di piccoli gruppi formati dallo stesso genere. È possibile, inoltre, comprendere se un bambino effettua scelte di tipo introverso (riferite ai compagni del suo stesso gruppo) o estroverso (dirette a bambini esterno al gruppo a cui il soggetto appartiene. 6. 13 Alcuni strumenti utili all’interpretazione Per poter meglio interpretare i dati del test sociometrico, A. Reffieuna suggerisce alcuni strumenti osservativi (2003) per raccogliere una serie di informazioni che riguardano la vita della classe. Tali informazioni, raccolte precedentemente, potranno essere consultate una volta completata l’elaborazione dei dati del test sociometrico. 1. La piantina della classe che deve comprendere - la disposizione dei banchi con il nome di chi li occupa - la posizione della cattedra - la posizione della porta, delle finestre, dell’armadio… - l’area di azione dell’insegnante (lo spazio in cui più frequentemente si muove durante le lezioni colorato) Domande a cui rispondere dopo aver disegnato la piantina: • la disposizione dei banchi è sempre la stessa oppure subisce cambiamenti nel corso della giornata scolastica, a seconda delle attività che vengono svolte? • Da chi è stata scelta la disposizione dei banchi? • Quale criterio è stato seguito per la disposizione? (Sociale; cognitivo; per gestire facilmente la classe) 2. Scheda relativa al rendimento scolastico - va indicato il rendimento globale degli alunni (scala da 1 minimo a 4 massimo) - va effettuato il raggruppamento degli alunni per genere - va riportata l’etnia dell’alunno oppure se è diversamente abile - va riportato il tempo di appartenenza alla classe 3. Scheda relativa ad alunni problematici o con comportamenti peculiari - vanno riportati a. alunni con problemi di apprendimento; b. alunni che manifestano comportamenti sociali particolarmente negativi; c. alunni con comportamenti sociali particolarmente positivi 4. Scheda relativa agli alunni che trascorrono molto tempo fuori dell’aula - per interventi individualizzati (bambini diversamente abili seguiti da un insegnante di sostegno); - per corsi di lingua italiana (bambini di nazionalità non italiana); - per punizione (allontanamento di compagni fuori dall’aula). 5. Scheda relativa agli incarichi assegnati agli alunni - vanno indicati, in ordine di scelta decrescente, gli alunni scelti e non scelti: a. per andare dai colleghi o dal dirigente scolastico; b. a cui affidare il controllo della classe in assenza dell’insegnante; c. per mostrare i quaderni a un estraneo. 6. Scheda relativa alla modalità di punizione utilizzate dall’insegnante - vanno riportati i nomi dei bambini puniti più frequentemente, secondo una scala da 1 (raramente) a 5 (spesso), in ordine ai seguenti descrittori: a. isolare il bambino in classe,separando il suo banco da quello dei compagni; b. mandare il bambino fuori dell’aula; c. negare la ricreazione; d. far mangiare il bambino isolatamente a mensa; e impedire il gioco con i compagni in cortile. - va riportato anche se non si fa mai ricorso a questi tipi di punizione. 7. Scheda relativa alla percezione della posizione sociale degli alunni - vanno indicati i nomi dei: a. bambini isolati (quelli che interagiscono poco e che non sono presi in considerazione); b. bambini rifiutati (quelli che sono speso allontanati o non accettati nelle attività di gruppo); c. bambini leader (popolari nei criteri scolastici ed extrascolastici); d. gruppi chiusi e di diadi (quelli che spesso si relazionano tra loro) 6. 14 Dai dati all’intervento Dopo aver proceduto ad una lettura approfondita dei dati, è necessario andare verso una interpretazione delle dinamiche sociometriche. Infatti bisogna comprendere le ragioni per cui all’interno di un gruppo classe alcuni bambini sono accettati mentre altri non lo sono. Il test come già detto non potrà mai sancire uno “statu quo”! Il suo scopo è appunto quelo di consentire lo sviluppo della socializzazione di quel gruppo classe che per diverse ragioni si è bloccato dando vita a stereotipi o pregiudizi nei confronti di alcuni alunni. L’insegnante, già forte delle sue ipotesi, deve cercare di far superare quella distorsione cognitiva che porta a considerare un bambino che disturba al rifiuto da parte del gruppo classe; può capitare anche che un bambino con difficoltà di apprendimento sia successivamente isolato dal gruppo. È necessario dunque che tali difficoltà comunicative siano modificate, per il buon clima della classe: scomparsa del pregiudizio e miglioramento scolastico del bambino target. Nella tematica del capitolo, l’osservazione è un’operazione di fondamentale importanza e quindi va affiancata al test sociometrico. Fra gli indicatori vanno inseriti gli approcci utilizzati dall’insegnante per stimolare la partecipazione attiva degli alunni. Spesso gli insegnanti sono in __________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ Pensa che nel gruppo-classe sia necessaria la presenza di un leader tra gli insegnanti? __________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ Secondo lei, quali sono le condizioni che rendono, inizialmente, possibile il lavoro di gruppo tra gli alunni di una classe? __________________________________________________________________________________ __________________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________ Grazie per la collaborazione. Università degli Studi "G. d’Annunzio"- Chieti-Pescara FACOLTA’ DI PSICOLOGIA Cattedra di Psicologia Clinica LABoratorio INtegrazione INFANT WORK GROUP PERCEPTION QUESTIONNAIRE (S.Sasso, A.Cardellini, 2004) Il presente questionario mira a conoscere i vissuti e i comportamenti dei bambini nell’ambito di un gruppo di lavoro/gioco. Leggi ogni frase e poi scegli una delle immagine. Se penso al mio gruppo di bambini vedo… tanti amici bambini in gara tra loro un circo di leoni 2. quando sto con i miei amici … sto bene sono preoccupato ho paura sono terrorizzato sto con gli altri bambini… per giocare e divertirmi per imparare cose nuove solo per festeggiare il compleanno solo perchÉ lo dicono i miei genitori 4. imparo di più… da solo con uno o più amici davanti alla tv con gli insegnanti con la mia famiglia 5. preferisco giocare… con il computer da solo con gli altri bambini 6. la classe di bambini dove sto… mi piace non mi piace 7. La mia classe gioca con le altre classi si no 8. quando gioco con altri bambini ci deve essere un capo si no 9. Il mio gruppo di amici È come … il mondo un puzzle come un trenino come una piramide egizia 10. Faccio lavori e disegni con i miei amici si no 11. mi piace fare un lavoro o un disegno con gli altri bambini? si no Iniziali del proprio nome:_____________ Classe:_______ Università degli Studi "G. d’Annunzio"- Chieti-Pescara FACOLTA’ DI PSICOLOGIA Cattedra di Psicologia Clinica LABoratorio INtegrazione IL SOCIOGRAMMA Iniziali del proprio nome:___________ Classe:__________________________ A )Con quale compagno ti fa piacere giocare? Elenca tre nomi: 1)___________________________________________ 2)___________________________________________ 3)___________________________________________ A) Con chi ti piacerebbe studiare? Elenca tre nomi: 1)___________________________________________ 2)___________________________________________ 3)___________________________________________ Chi inviteresti alla festa del tuo compleanno? Elenca tre nomi: 1)___________________________________________ 2)___________________________________________ 3)___________________________________________ GRAZIE PER L’IMPEGNO. LE TESTIMONIANZE DEGLI INSEGNANTI Riporto alcune risposte degli insegnanti che evidenziano una graduale consapevolezza dell’importanza della formazione dei gruppi all’interno della classe ed emerge l’esigenza di avere più strumenti e competenze per agevolare questi processi importanti per lo sviluppo dell’alunno. "L’obiettivo primario del lavoro di gruppo nella classe è mettere a disposizione di questo le proprie abilità, conoscere da vicino gli altri, condividere sia i successi che i fallimenti assumendosi le responsabilità." "Tra gli insegnanti deve esserci confronto e condivisione. Ognuno deve dare il proprio contributo e poter contare sugli altri." " Inizialmente la condizione che rende inizialmente possibile il lavoro in gruppo tra gli aunni è l’eterogeneità dei gruppi, inizialmente si devono evitare i gruppi con elementi in conflitto tra loro. In seguito tutti devono interagire a rotazione." " Il gruppo classe può favorire molto lo sviluppo delle conoscenze attraverso attività di gruppo, cooperative learning, tutoring, che dovrebbero essere presenti costantemente nell’attività scolastica." SOCIOGRAMMA classe seconda scuola SALVAIEZZI 20 alunni INDICI INDIVIDUALI A= stasus sociometrico che rappresenta l’accettazione sociale. S= numero dei soggetti che hanno scelto il soggetto, rappresenta la ricettività sociale. C= numero dei componenti del gruppo scelto da ciascun soggetto. INDICI COLLETTIVI EE= espansione emozionale ES= espansione sociale L= leaderschip ACCETTAZIONE SOCIALE SIGLA SCELTE 1 CRIT. SCELTE 2 CRIT. SCELTE 3 CRIT A DP 2 1 2 5 DD 3 3 2 8 VD 2 6 4 12 GI 4 5 4 13 MM 8 8 6 22 PD 1 2 1 4 ML 5 6 7 18 MF 1 1 3 5 MA 4 5 5 14 FC 4 1 3 8 SS 5 7 5 17 SG 2 0 0 2 FG 3 4 4 11 LU 2 0 2 4 LA 4 0 4 8 CR 2 3 1 6 FA 3 1 2 6 SI 1 1 2 4 AB 2 2 1 5 LT 2 1 1 4 RICETTIVITA’ SOCIALE E NUMERO DEI COMPONENTI DEL GRUPPO SCELTI DA CIASCUN SOGGETTO SIGLA S C DP 2 6 DD 5 6 VD 9 4 GI 9 7 MM 17 5 PD 3 7 ML 14 9 MF 6 4 PAGE 2 MA 9 6 FC 3 9 SS 10 7 SG 2 3 FG 9 5 LU 4 5 LA 6 7 CR 5 7 FA 6 7 SI 3 8 AB 4 7 LT 3 7 EE= ESPANSIONE EMOZIONALE EE= C+A SIGLA EE DP 11 DD 16 VD 16 GI 20 MM 29 PD 9 ML 25 MF 14 MA 18 FC 14 SS 13 SG 15 FG 14 LU 9 LA 13 CR 13 FA 13 SI 12 AB 12 LT 11 ES ESPANSIONE SOCIALE ES= EE+S=C+A+S SIGLA ES DP 13 DD 21 VD 25 GI 29 MM 46 PD 12 PAGE 2 ML 39 MF 20 MA 27 FC 17 SS 23 SG 17 FG 23 LU 13 LA 19 CR 18 FA 19 SI 15 AB 16 LT 14 L LEADERSCHIP SIGLA L DP 7 DD 13 VD 21 GI 22 MM 39 PD 7 ML 32 MF 11 MA 23 FC 11 SS 27 SG 4 FG 20 LU 8 LA 14 CR 11 FA 12 SI 7 AB 9 LT 7 In questa classe, composta da venti alunni, è evidente un buon grado di socializzazione, dall’analisi del sociogramma non appaiono bambini isolati o emarginati ma godono tutti di una certa popolarità, emerge la figura di un unico leader: MM , questo risultato porta ad una piccola, forse apparente, contraddizione: alla domanda del questionario sul bisogno di avere o meno un capo all’interno del PAGE 2 FACCIAMO CONOSCENZA È importante prestare attenzione, all’interno del gruppo classe , alla formazione dei gruppi, in cui ciascuno dovrebbe riuscire a sentirsi importante e in grado di poter dare il suo contributo di crescita all’interno del gruppo. Tra i compiti dell’insegnante c’è proprio quello di facilitare tali meccanismi. Proponiamo alcuni possibili "giochetti facilitatori". Le attività che proponiamo consentono di conoscere meglio se stessi e a un tempo stesso di conoscere gli altri come diversi da sé. IO E GLI ALTRI Ogni bambino si presenta alla classe o liberamente (scegliendo cosa mettere in risalto di sé) oppure seguendo uno schema guida consigliato dall’insegnante, proponendo interviste a coppie, tabelle dei compleanni,ecc.; alla fine del giro degli alunni si potrebbe creare un cartellone di sintesi con le schede informative di ciascuno, in modo tale da dare a tutti un quadro completo sui propri compagni. DI TE RICORDO CHE.. In palestra si potrebbe fare un gioco con la palla in cui tutti i bambini sono seduti a terra, un bambino lancia la palla ad un compagno a scelta dicendo : " Di .. (nomina il compagno) ricordo che…" e dichiara almeno una caratteristica che identifichi il ragazzo, a sua volta chi ha ricevuto la palla la lancia ad un altro compagno e così via fino a che tutti almeno una volta abbiano ricevuto la palla. FACCIO FINTA DI ESSERE… Un alunno imita un compagno con la consegna di mettere in evidenza soprattutto le qualità, con questo gioco i compagni dimostrano attenzione per gli altri e ci si rende conto che non sempre gli altri hanno delle percezioni rispondenti alla realtà, si impara ad accettare i propri limiti. ENTRO IN RELAZIONE Proporre agli alunni una serie di attività che mirino ad evidenziare le cose che uniscono e non quelle che dividono, da considerare, però, come possibili fonti di arricchimento. ricercare elementi comuni nelle fiabe, nei giochi, nelle storie di diversi paesi. Comparare elementi importanti nella vita delle persone:nascita, morte, matrimonio. Attraverso la narrazione corale e l’intreccio di storie di vita, dare visibilità e voce a ciascuno, apprendere gli uni dagli altri, abbattere gli stereotipi. IO PER GLI ALTRI È importante far accrescere nei bambini la consapevolezza che ognuno di loro è in grado di dare qualcosa agli altri, sia all’interno della classe sia al di fuori. Si può proporre una scheda come quella riportata sotto in cui il bambino può scrivere cosa può fare per aiutare i suoi compagni in determinate situazioni. COSA POSSO FARE PER… AZIONI Chi è triste Raccontare barzellette, inventare filastrocche per ridere… PAGE 2 Chi è solo Invitarlo a giocare, chiacchierare con lui/lei Chi è stato offeso Chi è annoiato Un altro gioco sulla falsa riga di quello di sopra potrebbe essere quello di far dichiarare a ciascun bambino sia i propri bisogni ma nello stesso tempo anche mettere a disposizione dei compagni quello che sa, quello che sa fare, quello che può prestare. NOMI HO BISOGNO DI… POSSO DARE IL MIO AIUTO… EDUCARE ALL’OSSERVAZIONE… L’osservazione risulta essere l’elemento-base per la valutazione di ogni fase di un progetto educativo elaborato (S. Sasso "L’osservazione a scuola" 1999). Vediamo in maniera sintetica alcuni punti-cardine : 1) REGOLE NECESSARIE PER L’OSSERVAZIONE: Evitare le ipersemplificazioni di fronte ad un comportamento "non conosciuto". I modelli per la conoscenza di un comportamento "non conosciuto" sono vari. È necessario, ai fini dell’osservazione, utilizzare solo un "modello conosciuto alla volta, evitando eclettismi, ma proponendo un modello integrato. I bambini osservati non sono e non possono essere isolati dal contesto fisico e interpersonale in cui si trovano in quel determinato momento. (Sasso 1999) PAGE 2
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