Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

2° parziale economia ed organizzazione aziendale (costi ed investimenti), Appunti di Economia Aziendale

Una panoramica sulla contabilità generale e analitica, definendo i concetti di costo, oggetto di calcolo e configurazione di costo. Vengono inoltre classificati i costi in base al livello di attività, oggetto di calcolo ed esigenze di controllo direzionale. Sono presenti esempi di diverse configurazioni di costo e di oggetti di calcolo, nonché di costi diretti e indiretti, variabili e fissi. Viene infine descritto il calcolo del costo unitario di prodotto e il metodo orientato alle risorse per l'imputazione dei costi indiretti dei prodotti.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 04/06/2022

limaleonardo
limaleonardo 🇮🇹

5

(4)

6 documenti

1 / 18

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica 2° parziale economia ed organizzazione aziendale (costi ed investimenti) e più Appunti in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! 26/04/22 I costi: “Dirigere” un’impresa significa prendere decisioni di reperimento, allocazione e impiego di risorse (materiali, immateriali, finanziarie, umane, tecnologiche ecc.) per garantire efficacia ed efficienza ai processi che connotano la sua combinazione produttiva generale Contabilità generale vs contabilità analitica 1. Contabilità generale: - Consente la rilevazione in via consuntiva dei dati riferiti alle operazioni che l’azienda effettua con i soggetti dell’ambiente esterno. - Consente di osservare gli effetti prodotti dalle varie operazioni sugli equilibri generali aziendali. - Rileva i fatti di esterna gestione ed è finalizzata alla determinazione del reddito di periodo. 2. Contabilità analitica (o direzionale): - Favorisce l’analisi dei dati riferiti alle operazioni interne al sistema aziendale (attività o processi) - Si assumono i dati della CO.GE., si analizzano, si integrano, si rielaborano in termini prospettici, se ne controllano gli effetti sulla economicità degli specifici oggetti dell’operatività aziendale (singoli prodotti, singole produzioni, specifici reparti produttivi, attività e processi) - Non è obbligatoria, a differenza della contabilità generale. Scopi della contabilità analitica: 1. Misurazione: misurazione del costo di un oggetto di calcolo tramite configurazioni di costo a: costi pieni; costi variabili. 2. Controllo: valutazione dei risultati conseguiti dalle diverse unità organizzative tramite configurazioni di costo per centro di responsabilità 3. Scelta tra alternative: decisione di breve e lungo periodo, tramite configurazioni di costo differenziale. Concetto di costo: 1. Definizione: Valore monetario espressivo dell’impiego di condizioni produttive necessarie per lo svolgimento delle operazioni di gestione aziendale 2. Oggetto di calcolo: Prodotto, fase di produzione, reparto, ecc. 3. Configurazione di costo: Insieme degli elementi inclusi nel calcolo del costo (costo primo, costo pieno, ecc.) Costo di produzione vs costo di acquisto 1. Costo di produzione: valore monetario delle risorse impiegate per la realizzazione dei processi di produzione economica messi in atto dalle aziende. 2. Costo di acquisto: importo che ha origine in uno scambio monetario posto in essere per acquisire un fattore produttivo a date condizioni di negoziazione. Oggetti di calcolo: l’oggetto del costo di produzione è l’entità a cui viene riferito il calcolo del costo: esso può essere costituito da un’attività produttiva o da un risultato fisico tecnico parziale di un’attività. Esempi: oggetti finali; oggetti intermedi o alternati (unità produttive, fasi, funzioni aziendali, classi di clienti o di aree geografiche, combinazioni di prodotti, mercati e tecnologie, ecc.) Diverse configurazioni di costo: 1. Costo primo 2. Costo di trasformazione 3. Costo pieno di produzione 4. Costo pieno aziendale Classificazione dei costi: 1. Livello di attività: - Costi fissi/costi variabili - Costi di prodotto/costi di periodo 2. Oggetti di calcolo: - Costi diretti/costi indiretti 3. Esigenze di controllo direzionale: - Costi standard/costi effettivi Diverse classi di costo: 1. Costi diretti e costi indiretti 2. Costi variabili e costi fissi 3. Costi specifici e costi comuni 4. Costi comuni e costi congiunti 5. Costi di prodotto e costi di periodo 1. Costi diretti e indiretti: A. Costi diretti: Costi dei fattori produttivi utilizzati in via esclusiva per l’ottenimento di un dato prodotto (oggetto di costo): costo di materie prime, costo manodopera diretta, costo forza motrice, lavorazione di terzi, costi diretti commerciali. B. Costi indiretti: Costi dei fattori produttivi usati alternativamente o contemporaneamente per la produzione di più prodotti (oggetti di costo): costi indiretti di produzione, costi indiretti amministrativi, costi indiretti commerciali, costi generali. 2. Costi variabili e costi fissi: A. Costi variabili: Costi dei fattori produttivi il cui consumo complessivo varia al variare dei volumi di produzione di un particolare prodotto. →variabilità lineare: se la variazione del costo totale è proporzionale ai volumi di produzione. →variabilità crescente o decrescente: se i consumi complessivi di un dato fattore produttivo variano in misura più o meno che proporzionale alla variazione dei volumi di produzione (cvu crescente o decrescente). 1. costi energia per forza motrice 2. costi di trasporto 3. consumo di materie prime 4. provvigioni 5. riscaldamento 6. manodopera diretta 5. Costi eliminabili e costi ineliminabili: A. Costi eliminabili: Costi delle risorse impiegate per la realizzazione di un prodotto (costo specifico) che potrebbero essere eliminati qualora il prodotto dovesse venir meno. B. Costi non eliminabili: Costi delle risorse impiegate per la realizzazione di più prodotti (costo comune) che non potrebbero essere eliminati qualora il prodotto dovesse venir meno. Le configurazioni di costo A. Direct cost: Il costo del prodotto è costituito da soli costi diretti, la cui imputazione non necessita di alcuna base di ripartizione. B. Full cost (o costo pieno): Il costo del prodotto è composto dai costi diretti e da quote di costi indiretti attribuiti utilizzando delle basi di ripartizione Graduale addensamento (stratificazione) di costi diretti e indiretti riferibili a un determinato oggetto di costo. Può comprendere tutti i costi riguardanti l’oggetto o può fermarsi a livelli intermedi, ognuno dei quali è caratterizzato dall’inclusione di certi costi e/o dall’esclusione di altri. Diverse configurazioni di costo: - Costo primo - Costo di trasformazione - Costo pieno di produzione - Costo pieno aziendale Calcolo del costo unitario di prodotto: A. Costi diretti: B. Costi indiretti: Costo indiretto (base di ripartizione) = coefficiente di attribuzione Le imputazioni dei costi indiretti dei prodotti: il metodo orientato alle risorse Dobbiamo individuare un legame di consumo tra i fattori produttivi e l’unità di prodotto. - Tutti i costi indiretti sono attribuiti all’unità di prodotto utilizzando un’unica base di ripartizione - I costi indiretti sono attribuiti all’unità di prodotto utilizzando diverse basi di ripartizioni. Full costing per centri di costo: Migliorare il sistema di rilevazione dei costi a causa di: - Esigenza di un migliore controllo dei costi per ogni funzione organizzativa - Esigenza di un migliore controllo dei costi per ogni fase produttiva Centro di costo = reparto/funzione aziendale all’interno del quale viene svolta una certa attività. Prezzo di acquisto del fattore produttivo X Quantità del fattore produttivo consumata dall’unità di prodotto = Costo diretto attribuito all’unità di prodotto Coefficiente di attribuzione X Quota base della ripartizione consumata dall’unità di prodotto = Quota di costo indiretto attribuito all’unità di prodotto A. Caratteristiche centri di costo: 1. Omogeneità delle attività svolte: per ogni centro di costo deve essere possibile individuare e misurare l’attività svolta. 2. Attribuzione obiettiva dei costi: rilevare nei centri i costi che gli stessi generano con la loro attività (costi diretti). 3. Indipendenza da altri centri: ciascun centro deve essere un’unità autonoma e indipendente dagli altri centri. La sua attività deve essere chiaramente identificata in termini di output. 4. Identificazione di un responsabile: il centro di costo deve corrispondere ad un’unità organizzativa assegnata a un responsabile. L’orientamento ai fattori produttivi: - Le singole voci di costo indiretto sono scomposte e aggregate per categorie omogenee di fattori produttivi (personale, ammortamenti…). - A ciascuna categoria si applica una bdr più appropriata in grado di rappresentare l’assorbimento dei costi da parte dell’unità di prodotto. L’orientamento funzionale: - Separazioni dei costi relativi al processo di trasformazione fisica (costi di produzione) dai costi generali (relativi agli altri processi). - Le classi di costi raggruppano le voci di costi indiretti (personale, ammortamenti…). Misurazione dei costi basata sui centri di costo: 1. Localizzazione dei costi nei cdc 2. Gerarchizzazione dei cdc 3. Allocazione dei costi dai cdc intermedi ai cdc finale 4. Imputazione dei costi dai cdc finali all’unità di prodotto 1. Localizzazione dei costi nei centri di costo: →la localizzazione dei costi consente la misurazione delle risorse consumate dai singoli centri. →consiste nell’individuazione dei centri di costo e nell’attribuzione dei costi agli stessi. →i costi di localizzati nei centri di costo possono essere: a. Costi specifici di centro di costo, se riguardano risorse specificamente ed esclusivamente riferibili ad un dato centro di costo. b. Costi comuni, se si riferiscono a risorse consumate di più dei centri di costo. →in presenza di risorse consumate da due o più centri di costo occorre procedere alla ripartizione della risorsa comune ai centri di costo che la utilizzano mediante opportune basi di ripartizione - Costi diretti per il prodotto: direttamente attribuiti al prodotto. - Costi indiretti per il prodotto ma direttamente localizzabili in un cdc: relativi a risorse utilizzate in modo esclusivo dal cdc, attribuiti direttamente al cdc di competenza. - Costi indiretti per il prodotto e indiretti per il cdc: relativi a risorse utilizzate da più cdc, allocati ai cdc 2. Gerarchizzazione dei centri di costo: →consente di evidenziare le relazioni che intercorrono tra i vari centri di costo, in particolare le relazioni di consumo che intercorrono tra i centri di costo intermedi e i centri di costo finali. a. I centri di produzione: unità organizzative al cui interno si svolgono i processi di trasformazione. b. I centri ausiliari: unità operative funzionalmente collocate nell’area della produzione, ma che forniscono la loro utilità ad altri centri di costo. c. I centri di servizi: esterni all’area della produzione d. I centri virtuali: non corrispondono ad unità operative dell’azienda, essi rappresentano spesso dei centri di costo ‘residuali’. →i centri di produzione hanno una relazione diretta con l’unità di prodotto e assumono la veste di centri finali ai quali allocare i costi degli altri centri, che vengono così ad assumere la natura di centri intermedi. →la finalità della gerarchizzazione e successiva allocazione dei costi fra i centri consiste, dunque, nell’imputare alle unità di prodotto i costi che, data la loro natura, non sono a esse parametrabili. Metodo diretto: - Con il metodo diretto si ipotizza una relazione diretta di ciascun centro di servizi con i centri di costo di produzione. - Il pregio di questo metodo è rappresentato dalla semplicità, ma presenta il grande limite di non considerare le relazioni tra i centri di servizi. Metodo per passaggi: - Consente di esprimere il legame tra alcuni centri di servizi. Più complesso rispetto al metodo diretto perché è necessario ricorrere ad una sequenza di successive imputazioni, a partire dall’unità che eroga la maggior quota di servizi agli altri centri di servizi per finire con l’allocazione dei costi dell’unità che eroga la minor percentuale dei propri servizi agli altri centri di servizi. - Questo metodo si articola con un effetto cascata. Metodo reciproco: - Pone in essere allocazioni bidirezionali (o reciproche) e consente di individuare tutte le interrelazioni esistenti tra i vari centri di costo, di conseguenza perviene ad allocazioni di costo più accurate. - Per applicare questo metodo è necessario un sistema di equazioni: le relazioni tra le diverse unità organizzative sono espresse tramite un sistema di equazioni lineari. Ciascuna equazione rappresenta un’unità. 3. Allocazione dei costi dai centri intermedi a quelli finali: →scelta della base di ripartizione in grado si esprimere il rapporto di causalità che si instaura tra il centro intermedio e i centri “utenti”. a. Si ricorre ad indicatori di impiego quando le relazioni tra i centri risultano misurabili su basi oggettive. b. L’adozione di indicatori di attività è opportuna quando i servizi forniti dal centro di costo intermedio non sono misurabili su basi oggettive; tuttavia, i costi ad esso relativi sono influenzati dalle variazioni nel livello di attività dei centri di costo utenti. c. Si possono utilizzare indicatori di capacità quando, in assenza di legami con l’impiego o l’attività dei centri utenti, è tuttavia possibile individuare una relazione tra la capacità produttiva del centro intermedio e date ipotesi di impiego esplicitate dai centri utenti su basi di lungo periodo. →calcolo del coefficiente di allocazione: rapporto che pone al numeratore i costi del centro di costo intermedio e al denominatore il valore assunto dalla base di ripartizione prescelta. →alla fine di questa fase abbiamo tutti i costi caricati solo ed esclusivamente sui cdc produttivi, mentre i cdc intermedi si dice che sono stati chiusi da un pdv contabile. 4. Imputazione dei costi dai centri finali ai prodotti: →ricerca di basi di ripartizione in grado di rappresentare la diversa intensità con cui ciascun prodotto assorbe la capacità produttiva di ciascun centro di costo finale. a. Capacità teorica: rappresenta il massimo livello di attività realizzabile da un centro in assenza di inefficienze. b. Capacità attesa: esprime il livello di capacità produttiva programmato a breve. c. Capacità attuale: si riferisce all’effettivo utilizzo della capacità produttiva verificatosi in un dato periodo La determinazione dei costi di prodotto nelle aziende che operano per lotti: - Ciascun lotto è caricato dei costi ad esso direttamente attribuibili (materiali, lavorazioni esterne ecc.). - Il costo complessivo viene determinato allocando una quota dei costi localizzati nei centri produttivi in cui il lotto è transitato ed eventualmente una quota dei costi localizzati nei centri di struttura. - Allocazione ai lotti di una quota parte dei costi localizzati nei cdc. - Scelta della base di imputazione dei costi ai prodotti che rappresenti correttamente l’attività svolta dal centro sui differenti lotti (es: ore di manodopera lavorate nel centro di costo, le ore di produzione degli impianti, il costo della manodopera ecc.). - Calcolo di un coefficiente di allocazione dei costi (coefficiente di allocazione = costi totali del centro / valore base). Direct costing e margine di contribuzione: la sola informazione di costo rilevante ai fini decisionali è quella relativa agli elementi variabili. Margine di contribuzione: differenza tra ricavo e costo variabile a. Margine di contribuzione unitario = ricavi – costo variabile unitario di prodotto b. Margine di contribuzione complessivo = margine di contribuzione unitario X quantità vendute totale di prodotto c. Margine di contribuzione aziendale = sommatoria dei margini di contribuzione di prodotto Il conto economico a margine di contribuzione: - In un C/E a mdc le singole voci di costo si riferiscono a costi variabili oppure a costi fissi - In un C/E a cdv possono confluire all’interno delle singole voci sia costi variabili sia costi fissi I sistemi di misurazione a costi diretti e variabili: - Direct costing: il costo unitario di prodotto è costituito da soli costi diretti (non è necessario definire la bdr). - Variabile costing: il costo unitario di prodotto è costituito da soli costi variabili di prodotto 17/05/22 Il rischio operativo: È il rischio che l’impresa corre di generare delle perdite, a livello di reddito operativo, per effetto di variazioni nei livelli di attività connessi alla gestione caratteristica. Per apprezzare le condizioni di rischio operativo cui un’azienda si espone in presenza di variazioni nei livelli di attività è importante conoscere le relazioni che si instaurano tra i costi, i ricavi, i volumi e i risultati economici. I più noti algoritmi di valutazione del rischio operativo sono la break even analysis, il margine di sicurezza, la leva operativa. Punto di pareggio (break even point): - Il punto di pareggio (break even point) rappresenta il livello di attività in corrispondenza del quale i costi totali aziendali coincidono con i ricavi totali di vendita. - Il livello di attività, nel punto di pareggio, può essere espresso in quantità (volumi di produzione/vendita) o in valore (ricavi di vendita). - Per determinare il punto di pareggio occorre mettere in relazione tra loro i costi, i ricavi, i volumi di attività e i risultati economici che ne scaturiscono. - L’analisi del punto di pareggio è anche nota come analisi costi-volumi-ricavi (CVR). Il rischio operativo equivale al rischio di subire una contrazione della propria redditività per effetto di una contrazione nei livelli di attività: - Ricavi (fatturato) - Costi (variabili e fissi) - Volume di vendita RT – CT = RO P x Q – (cvu x Q +CFT) = RO Il punto di pareggio (BEP) rappresenta il livello di attività in corrispondenza del quale i costi totali aziendali coincidono con i ricavi totali di vendita. - Definizione: livello di attività al quale i ricavi conseguiti dall’azienda eguagliano i costi totali. - Obiettivo: prevedere il livello minimo che l’azienda deve conseguire per evitare di incorrere in perdite. 𝑄𝑒𝑞 = 𝐶𝐹 (𝑃 − 𝑐𝑣𝑢) Il rischio operativo d’azienda e il margine di sicurezza (MGS): Obiettivo: prevedere di quanto (in termini % o assoluti) possono diminuire i livelli di attività prima che l’azienda entri nell’area delle perdite. 𝑀𝐺𝑆 (𝑄) = 𝑄 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑒 − 𝑄 𝐵𝐸𝑃 𝑄 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑒 [%] 𝑀𝐺𝑆 (𝑄) = 𝑄 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑒 − 𝑄 𝐵𝐸𝑃 [𝑢] 𝑀𝐺𝑆 (𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜) = 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 − 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 𝐵𝐸𝑃 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 [%] Il rischio operativo d’azienda e la leva operativa (GLO): Obiettivo: misurare la variazione % del reddito operativo per effetto di una variazione % dei volumi di vendita. 𝐺𝐿𝑂 = ∆𝑅𝑂/𝑅𝑂 ∆𝑄/𝑄 = 𝑚𝑑𝑐𝑢 𝑥 𝑄 𝑅𝑂 Più elevato è il GLO più elevate sono le opportunità di incrementare il RO in presenza di un innalzamento dei volumi di vendita ma è anche più elevato il rischio operativo al quale l’azienda si espone nel caso di contrazione (diminuzione) delle vendite. Definizione: - L’effetto della leva operativa è la variazione percentuale che subisce il reddito operativo, in un intervallo di tempo definito, come conseguenza di una variazione percentuale nei volumi o nei valori di vendita, riferiti al medesimo periodo. Esso è rappresentato dalla seguente relazione: 𝐿𝑂 = ∆𝑅𝑂 / 𝑅𝑂 ∆𝑄 / 𝑄 - La leva operativa è, dunque, un moltiplicatore che determina la sensibilità del reddito operativo (RO) alle variazioni delle quantità vendute (Q). Break even analysis: - BEP indica la quantità di produzione/vendita del prodotto che consente di generare un margine di contribuzione complessivo sufficiente a coprire i costi fissi. - La break even analysis in termini di quantità è utilizzabile solo in imprese monoprodotto o in imprese multiprodotto ma solo per analisi riferite a particolari segmenti di produzione. - È utilizzabile per definire la quantità o il fatturato che consentirà all’azienda di raggiungere il risultato di esercizio obiettivo RT0 = (CF + RO0) / mdcu Dove: - RO0 = risultato operativo obiettivo - RT0 = ricavi totali (fatturato) obiettivo Il grado di leva operativa: - Definizione: variazione percentuale del risultato operativo che risulta da una variazione percentuale delle unità vendute. - Obiettivo: indica l’impatto sul risultato operativo di una variazione del volume di vendita 𝐿𝑂 = ∆%𝑅𝑂 ∆%𝑄 𝐿𝑂 = 𝑄1 𝑄1 − 𝑄𝑒𝑞 Calcoleremo un flusso di cassa per ogni anno di vita utile dell’investimento (0,1, 2, …n): - Anno 0: esborso iniziale F0 per l’acquisto dell’immobilizzazione →uscita di cassa - Anno 1 fino ad anno n: flussi di cassa (positivi o negativi) derivanti dall’utilizzo dell’immobilizzazione - Anno n: eventuale vendita dell’immobilizzazione ad un valore VR = entrata di cassa (eventualmente anche nullo). Le regole fondamentali: 1. Considerare solo oneri e benefici differenziali, cioè solo uscite e/o entrate che variano se e solo se il progetto di investimento viene realizzato. 2. Determinare correttamente: - L’esborso iniziale per l’acquisto dell’immobilizzazione (f0) - La vita utile dell’investimento (anni) - L’eventuale valore di realizzo (VR) - Ed un tasso di attualizzazione che rifletta il profilo di rischio dell’investimento (r o WACC) 3. Seguire il criterio di cassa e non della competenza →flussi di cassa 4. Costruire una sequenza temporale corretta dei flussi di cassa differenziali, riconducendoli ad uno stesso istante temporale→attualizzazione. La valutazione finanziaria: L’analisi finanziaria, in misura più o meno rilevante, e deve verificare la compatibilità dei flussi dell’investimento con il profilo di entrate ed uscite aziendali, sia sotto il profilo dimensionale che temporale. Progetti economicamente convenienti potrebbero non essere finanziariamente sostenibili: 1. Regola 1: considerare solo oneri e benefici differenziali: - Flussi di cassa differenziali conseguenti alla decisione di effettuare l’investimento. - NO spese configurabili come costi affondati. - Confronto tra: caso base (situazione attuale, senza investimento), caso con investimento (situazione futura, con investimento) 2. Regola 2: determinare correttamente: - L’esborso iniziale per l’acquisto dell’immobilizzazione (f0). - La vita utile dell’investimento (anni): numero di anni tra l’esborso iniziale (anno 0) e il momento in cui l’investimento realizzerà l’ultimo dei suoi benefici (anno n), in cui avviene la vendita, sostituzione o alienazione dell’oggetto dell’investimento. - L’eventuale valore di realizzo (VR): valore che stimo di realizzare (incassare) al momento della vendita dell’immobilizzazione. - Un tasso di attualizzazione che rifletta il profilo di rischio dell’investimento (r oppure WACC →ci da informazioni sulla modalità di finanziamento dell’investimento) - r (tasso di attualizzazione, %): a. è il rendimento minimo che mi aspetto di ottenere dall’investimento. b. È il costo-opportunità per un investimento (finanziario) alternativo del capitale 3. Regola 3: seguire il criterio della cassa, non della competenza: - Oneri/benefici differenziali si registrano nel momento in cui si sostiene un costo/si contabilizza un ricavo. - Flusso di cassa: somma algebrica tra entrate di cassa generate dai benefici differenziali ed uscite di cassa generate dagli oneri differenziali 4. Regola 4: costruire una sequenza temporale corretta dei flussi di cassa differenziali, riconducendoli ad uno stesso istante temporale: - I flussi di cassa differenziali si manifestano in periodi (anni) diversi →non possono essere confrontati tra loro - Dobbiamo esprimere il valore attuale di un flusso di cassa differenziale che abbiamo stimato si manifesterà in futuro →quanto vale oggi il flusso di denaro che avrò nell’anno x? Come calcoliamo flussi di cassa: I flussi di cassa devono essere riconducibili direttamente al progetto: - Si deve trattare di flussi di cassa differenziali rispetto a quelli che l’impresa avrebbe rilevato se non avesse intrapreso il progetto. Uscite di cassa tipiche: 1. Investimento iniziale, (inclusi eventuali costi di trasporto, installazione, prima manutenzione ecc.) →anno 0. 2. Altri fabbisogni operativi che si traducono in maggiori uscite, (per esempio costi di gestione e/o di manutenzione del bene). 3. Fabbisogni aggiuntivi di capitale operativo (ad esempio le maggiori giacenze di magazzino, la concessione di nuovi crediti che vanno a ridurre i flussi di cassa disponibili). Entrate di cassa tipiche: 1. Incremento di fatturato 2. Eventuale incasso valore di recupero al momento della vendita (anno n) Tecniche di valutazione dei progetti d’investimento: - Sono fondate su criteri economico-finanziari - Presupposti: a. l’impresa ha una quantità limitata di risorse da investire, b. l’impresa tende a massimizzare il rendimento e minimizzare il rischio dell’investimento. - Rispondono ai quesiti: a. Quali progetti sono accettabili rispetto al valore standard? b. Quali progetti sono preferibili nell’ambito di una lista di alternative comparabili? Tali tecniche permettono al decisore di fare valutazioni su basi razionali, nonostante l’esistenza di: 1. Ipotesi restrittive: a. Quadro di certezza b. Investimenti tra loro 2. Limitazioni: a. Trascurano gli elementi di valutazione non economico-finanziari. b. Trascurano gli effetti i particolari tipologie di investimenti sui rapporti tra l’impresa e il mercato e l’ambiente. c. Si basano su ipotesi deterministiche lontane dalla realtà. Principali tecniche di valutazione dell’investimento economico-finanziario: 1. PBP→payback period, tempo di recupero 2. dPBP→discounted payback period, tempo di recupero attualizzato 3. VAN→valore attuale netto 4. TIR→tasso interno di rendimento 5. IRA→indice di rendimento attualizzato 1. Tempo di recupero (payback period): - Il concetto del PBP risponde alla domanda: fra quanto tempo recupererò l’investimento iniziale? - Il PBP è il numero di periodi necessari affinché i flussi di cassa netti positivi cumulati eguaglino l’investimento iniziale. - Maggiore è il PBP, maggiore è il rischio insito del progetto. - Fissato T = tempo massimo entro il quale l’esborso iniziale che ha consentito l’investimento dovrà essere completamente recuperato: a. se il tempo di recupero t è ≤ T il progetto va accettato. b. se il tempo di recupero t è > T il progetto va respinto. A. Difetti: a. non considera i flussi conseguiti nei periodi successivi al PBP; b. non considera il valore finanziario del tempo; c. non considera l’ammontare di capitale investito; d. è un indicatore di rischio (esposizione temporale), non di rendimento. B. Pregi: a. Considera i flussi di cassa; b. Facilità di calcolo, uso e comunicazione 2. Il tempo di recupero attualizzato (dPBP): Il PBP attualizzato (o dPBP), supera uno dei limiti della versione più semplice, in quanto tiene conto del valore finanziario del tempo e del costo del capitale. 3. Valore attuale netto (VAN): A. Il van è la somma algebrica di tutti i flussi di cassa attualizzati (positivi e negativi) generati dal progetto considerato. B. Rappresenta la ricchezza incrementale generata da un progetto, espressa come se fosse immediatamente disponibile. C. Quindi se il VAN è positivo c’è creazione di valore! Proprietà del VAN: a. L’additività del valore: 𝑀𝑉𝑎𝑏 = 𝑀𝑉𝑎 + 𝑀𝑉𝑏 Dove MVab è il valore dell’impresa b. Il valore differenziale: 𝑉𝐴𝑁 (𝑎) − 𝑉𝐴𝑁 (𝑏) = 𝑉𝐴𝑁 (𝑎 − 𝑏) Se il VAN dell’operazione differenziale è > 0, allora la prima alternativa è migliore della seconda. 4. Tasso interno di rendimento (TIR): A. È quel particolare tasso di attualizzazione che rende identici i valori dei flussi positivi e negativi di un progetto (valore di r per il quale il VAN = 0)
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved