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La Transizione alla Democrazia: Libertà, Economia e Istituzioni, Sintesi del corso di Sistemi Politici Comparati

Sulla differenza tra la libertà e la democrazia antica e moderna, il rapporto tra democrazia e economia capitalista, e la definizione minima di democrazia. Viene analizzata la storia della democrazia nel mondo, le prime ondate di democratizzazioni e le transizioni dal comunismo alla democrazia. Inoltre, vengono presentate le fasi dell'instaurazione democratica e del consolidamento democratico.

Tipologia: Sintesi del corso

2012/2013

Caricato il 09/11/2013

far84
far84 🇮🇹

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Scarica La Transizione alla Democrazia: Libertà, Economia e Istituzioni e più Sintesi del corso in PDF di Sistemi Politici Comparati solo su Docsity! DEMOCRAZIE E DEMOCRATIZZAZIONI: Il concetto di “democrazia” nasce nell’antichità, ma col tempo ha profondamente modificato i suoi significati. La libertà degli antichi consisteva nell’esercizio diretto e collettivo della maggior parte delle funzioni della sovranità, attraverso decisioni prese sulla pubblica piazza (si veda il “Discorso di Pericle agli Ateniesi”). Tuttavia, l’individuo era libero in quanto membro del corpo collettivo, e non aveva margini di azione autonoma come singolo. La libertà e la democrazia dei moderni, invece, si differenzia nettamente da quella antica in quanto cambia il concetto di “libertà individuale”, intesa come “Homo oeconomicus”, che può agire, uscire al di fuori di sé, raggiungere la felicità individuale e la proprietà privata: questo spiega come il rapporto tra democrazia ed economia capitalistica e di mercato divenga inscindibile. In generale, tuttavia, quando si parla di democrazia è più facile immaginare un mondo ideale piuttosto che cercare di comprendere quello reale nel quale viviamo. Da ciò deriva che si adottano spesso definizioni che dicono più quello che noi vorremmo che fosse la democrazia che quello che la democrazia effettivamente è. E quindi, mentre tutti sappiamo come dovrebbe essere una democrazia ideale, troppo poco sappiamo intorno alle condizioni di una democrazia possibile. L’attribuzione ai governi democratici di compiti sempre più estesi, come garantire il benessere di tutti, l’istruzione di massa, l’assistenza pensionistica, la tutela della salute, il lavoro, la casa, è andata di pari passo con l’affermazione del welfare state. Gli attori politici si assumono continuamente questo genere di impegni, col risultato di accrescere le aspettative sulla democrazia, ma anche le delusioni, in quanto la democrazia non può svolgere tutti questi compiti, o per lo meno non può svolgerli tutti quanti bene allo stesso modo. DEFINIZIONE: Bisogna sempre partire, dunque, da una definizione empirica e procedurale, come quella proposta da Schumpeter: “Il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare”. In una prospettiva di definizione minima, anche l’assenza di uno solo dei seguenti caratteri significa che siamo al di sotto della soglia accettabile di democrazia: - Elezioni libere, competitive, corrette, garantite; - Suffragio universale maschile e femminile; - Inclusione delle cariche politiche nel processo democratico; - Autonomia delle istituzioni democratiche e dei processi decisionali da poteri esterni; - Diritto di partecipazione per tutti i membri della comunità; - Pluralismo partitico e garanzia di competizione; - Libertà di espressione, di associazione, di dissenso e di opposizione; - Rispetto dei diritti fondamentali della persona e dei diritti umani; - Libertà e pluralismo di informazione. LE TRE ONDATE DI DEMOCRATIZZAZIONI: Se seguiamo le stime di Freedom House, le democrazie nel mondo sono 87 su 195 Stati, ossia il 45%. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un forte aumento delle democrazie. La democratizzazione è il processo di trasformazione da un regime non democratico ad uno democratico. Inizia con l’attenuazione dei rigori repressivi e con aperture pluralistiche, che lasciano prevedere una direzione democratica del cambiamento, fino poi all’edificazione di un regime democratico vero e proprio. Tale processo può anche portare a un fallimento, portando lo Stato a regredire verso il precedente regime o verso un nuovo regime non democratico (regimi ibridi). LA PRIMA ONDATA: La prima ondata, che si conclude poco dopo la Prima guerra mondiale, solleva le questioni relative all’affermazione della democrazia di massa sugli assetti politici tradizionali. Essa portò ad un primo incremento delle democrazie, fece seguito all’industrializzazione e fu fortemente connessa all’esigenza di incorporare nei sistemi politici degli Stati dell’Occidente i nuovi ceti che ne erano ancora esclusi (operai e contadini). La prima democratizzazione ha sollecitato alcune spiegazioni del come e del perché la democrazia si è affermata in alcuni contesti dell’Europa occidentale anziché in altri. Una prima ricostruzione è quella offerta da Dahl, meglio nota come “Scatola di Dahl”, secondo cui la trasformazione dalla politica oligarchica a quella di massa è caratterizzata da due processi fondamentali: il processo di Liberalizzazione e competizione e il processo di Inclusività, partecipazione, espansione dei diritti politici. Seguendo questi due processi si giunge, attraverso tre strade diverse, alla “Poliarchia” (regime liberalizzato nel quale è stata riconosciuta la legittimità della partecipazione del popolo al governo): 1) L’affermarsi della Liberalizzazione prima dello sviluppo dell’Inclusività trasforma le egemonie chiuse in Oligarchie competitive. Il conseguente ampliamento della Partecipazione (inclusività) trasforma le Oligarchie in Poliarchia. È il caso di tutte quelle democrazie che si affermano in modo graduale (Gran Bretagna ecc.), si consolidano precocemente e reggono l’urto dei totalitarismi del novecento. 2) L’affermarsi invece dell’Inclusività prima della Liberalizzazione trasforma le egemonie chiuse in Egemonie includenti, e il successivo avvento della liberalizzazione porta alla Poliarchia (Germania). 3) Infine, è possibile che Liberalizzazione e Inclusività siano simultanei, prefigurando una sorta di “scorciatoia”, un percorso diretto verso la democrazia. La prima ondata di democratizzazioni si interrompe e subisce un arretramento durante il ventennio tra il 1922 e il 1942, con la crisi e il crollo delle democrazie più fragili, come Italia, Polonia, Stati baltici, Germania e Spagna. È il periodo in cui si afferma il totalitarismo comunista e quello nazionalsocialista. LA SECONDA ONDATA: La fine del fascismo e del nazionalsocialismo, i processi di decolonizzazione e quelli di formazione dello Stato nel Terzo mondo costituiscono il contesto storico nel quale si sviluppa la seconda ondata. Il numero delle democrazie torna elevato e la democrazia comincia ad essere accettata anche al di fuori del mondo occidentale. Nel corso degli anni Sessanta, tuttavia, le democrazie nate dal processo di decolonizzazione si dimostrano fragili, con conflitti interni, e vi è difficoltà ad integrare le istituzioni militari nella democrazia, generando colpi di Stato. LA TERZA ONDATA: Le democratizzazioni della terza ondata, iniziate nel 1974 con la “Rivoluzione dei garofani” in Portogallo hanno posto ulteriori questioni teoriche ed empiriche. Esse sono più distribuite nel globo rispetto a quelle precedenti e coinvolgono Stati di quasi tutti i continenti, sollevando problemi di compatibilità con la democrazia di tradizioni e culture lontane da quelle europee e anglosassoni. Gli inizi risalgono agli anni Settanta, con la fine dei regimi autoritari nel Sud Europa tra il 1974 e il 1978 (Portogallo, Spagna e Grecia). L’ondata investe poi l’America Latina. Negli anni Ottanta, dopo il ritorno alla democrazia dell’India (1977), è il turno del’Asia (Filippine, Corea del Sud, Taiwan). Negli anni Novanta si compie qualche passo verso la democrazia anche in Africa, con la democratizzazione del Sud Africa, della Namibia, del Ghana, del Mali e del Senegal. Per quanto riguarda invece il Medio Oriente, Israele rimane per ora l’unica vera democrazia dell’area. GLI SFORZI DI SOPRAVVIVENZA DEL REGIME NON DEMOCRATICO: La crisi del regime non democratico può manifestarsi in molti modi: con la crescita della violenza, con l’incapacità del regime di governare le emergenze, con l’abbassamento del suo rendimento politico, con le divisioni interne all’élite, con la nascita di movimenti, sindacati e partiti, e quindi la crescita della domanda di partecipazione, che trova sempre più coraggio per uscire allo scoperto e svolgere azioni di opposizione. Queste condizioni interne possono poi essere aggravate dall’isolamento internazionale e da minacce all’unità dello Stato provenienti da gruppi etnici interni. LE REAZIONI DEL REGIME: Per tentare di sopravvivere, il regime può attuare la Repressione, la Riforma del regime, l’Avventura militare esterna come diversivo. L’incremento della repressione costituisce la reazione naturale da parte di un regime che rifiuta di ammettere la crisi; gli sforzi di introdurre dei cambiamenti attraverso una Riforma avvengono anche andando incontro alle richieste sempre più pressanti degli emergenti gruppi di opposizione, per creare una sorta di legittimazione. L’ultima operazione per salvare il vecchio regime è l’avventura militare esterna, il cui obiettivo è trasferire le tensioni interne sul versante internazionale, recuperando coesione e consenso: il regime spera, infatti, che di fronte ad una minaccia esterna (creata ad arte) l’opinione pubblica dimentichi le proteste contro il regime e si stringa attorno alla bandiera. Gli esiti sono due: il regime si riconsolida, o comunque guadagna tempo. oppure, si accentuano le divisioni nella vecchia élite e si moltiplicano le opposizioni. LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA: Quando ormai ogni tentativo di restaurare il vecchio regime si è dimostrato vano, si apre la transizione democratica vera e propria. Il cambiamento si conferma e assume sempre più una direzione verso la democrazia: l’élite politica proclama l’intenzione di avviare una fase nuova e di estendere diritti e libertà, il
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