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Decentramento e Nuovo Teatro a Torino: Scabia e la ricerca di nuove forme di comunicazione, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Il decentramento teatrale a torino negli anni '60 e '70, guidato dal poeta drammaturgo scabia. Il movimento nuovo teatro nasce alla ricerca di prassi e pensieri innovativi, smontando la centralità del teatro e sperimentando nuove forme di creazione e partecipazione del pubblico. Scabia interroga cosa sia il centro del teatro, creando un nuovo tipo di sensibilità drammaturgica e collaborando con le istituzioni. Il documento include informazioni sul convegno di ivrea del 1967, il progetto nuovo teatro, e il ruolo di scabia e quatrucci nella creazione di zip, uno spettacolo collettivo. Il decentramento teatrale si lega alla ricerca di un nuovo pubblico e alla creazione di assemblee per la partecipazione.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 17/01/2024

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4.5

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Scarica Decentramento e Nuovo Teatro a Torino: Scabia e la ricerca di nuove forme di comunicazione e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! 600000 e altre azioni teatrali, Stefano casi Anomalie Il lavoro di decentramento da parte del Teatro Stabile di Torino tra il 68/9 cerca di portare il teatro nelle periferie, sotto la guida del poeta drammaturgo Scabia. L’obiettivo non sono semplicemente le messe in scena in sé, ma il creare delle nuove modalità di elaborazione, sperimentando nuove forme di creazione, e la partecipazione del pubblico. Il progetto dello stabile viene quasi subito abbandonato, data anche l’instabilità storica in cui si inserisce l’esperienza. Il decentramento ha avuto delle contraddizioni, poiché il teatro tradizionale, borghese, cerca di gestire un teatro differente, che nasce nelle borgate, un teatro di contestazione. Cercava inoltre di inglobare le differenze, ma senza contare molto sulle differenze demografiche e di vita dei vari quartieri torinesi. I quartieri sorti a Torino negli anni 50 e 60 avevano bisogno di modalità di produzione, di partecipazione e di distribuzione diverse da quelle di un teatro istituzionalizzato. Concentrico, eccentrico, acentrico Nuovo teatro: è un movimento teatrale che nasce negli anni 60’, ed è alla ricerca di prassi e pensieri innovativi, sia per quanto riguarda l’estetica, che la poetica che l’organizzazione stessa. Si interroga su quale sia il centro del teatro, smontandolo, e criticando la centralità, mettendo in atto una revisione di cosa è centrale nel teatro. Riguardo a cosa è il centro nel teatro: per quanto riguarda lo spazio è il suo edificio (a cui vengono contrapposti dei nuovi spazi), nel testo ( a cui viene contrapposta la parità di tutti gli elementi), nell’attore (creazione di un lavoro complessivo, dove ci sono oggetti e spettatori), nella tradizione (individuazione di nuovi riferimenti), nello spettacolo (focus sulle azioni che lo compongono). Nel 1967 a Ivrea c’è stato un convegno sul teatro, dove viene delineato il progetto di Nuovo Teatro. Si pensa ad un allontanamento dalle istituzioni, poiché avevando la tendenza ad inglobare le novità, per poi soffocarle o normalizzarle, affievolendo la volontà di rinnovamento. Si pensa alla necessità di una grande sperimentazione, come ad esempio fa Bene con il suo teatro ego-centrico. Il nt sarà acentrico, ovvero non avrà un suo centro: cercherà di esplorare la società, di confrontarsi con le comunità, ricercherà i confini del teatro, il teatrabile. Scabia: poesia e partecipazione Scabia era un poeta, estraneo al mondo teatrale, il suo approccio al nt si lega quindi a degli aspetti poetico-drammaturgici, creando delle ibridazioni tra il genere di poesia e quello orale. Il suo primo contatto con il teatro sarà insieme a Luigi Nono, con la “fabbrica illuminata”. Il suo è inizialmente un lavoro sulla fonetica, e sulla poesia insieme ad essa. Nel 1964 Scabia entra in contatto con Quatrucci, legandosi inizialmente ad una corrente post-avanguardista vicina a Piscator o Mejerchol’d. Inizia a lavorare sulla scrittura scenica, assolvendo anche il ruolo di regista, creando un nuovo tipo di sensibilità drammaturgica. Il lavoro sulla scrittura scenica cerca di rifondare i meccanismi della rappresentazione e della scrittura, avvicinandoli. Scabia e Quatrucci crearono Zip, uno spettacolo collettivo incentrato sulla corporeità, e sulla articolazione e deflagrazione dello spazio. L’obiettivo di s. era “una via politica per una scrittura poetica”. Da qui nasce l’uso del teatro, poiché strumento politico. Scontri sociali ed altri spazi Dal 65’ in poi si diffonde il fenomeno della sperimentazione, e anche la questione del luogo, del dove, inizia a svilupparsi. Con il convegno del 67’ il tutto si consolida. Per Scabia: il teatro deve avere una struttura che si possa portare al centro di una comunità, focalizzandosi non sull’avvenimento politico del momento, ma sulle problematiche di fondo della comunità, riferendosi principalmente agli spettatori, cercando quindi un confronto sempre fervente con il pubblico. Con questa modalità S cerca quindi di mettere al centro non il prodotto finale, lo spettacolo, ma la produzione ed i suoi processi, con il fine di apportare delle innovazioni sociali. (si avvicina quasi al teatro di guerriglia  con azioni rapide ed improvvise in spazi pubblici con la differenza che queste hanno dei precisi obiettivi politici) S. cerca la comunicazione e la collaborazione con le istituzioni ma i suoi progetti, a causa della loro rivoluzionarietà, vengono quasi sempre rifiutati o mutilati. Cercava la comunicazione poiché credeva che ci fosse la necessità di essere sia dentro che fuori le istituzioni. Nel 1969 compose Scontri Generali, all’ATER, una dramaturgia autonoma dove la scrittura doveva coinvolgere attivamente anche gli spettatori, generando una continua revisione della drammaturgia in ogni replica. Sempre nel 69’ propone Il grande funzionario, un’azione di strada. Scabia insegna alle scuole medie, e crea del teatro didattico, rivolgendosi verso la politca, la ricerca, l’esplorazione. Decentramento teatrale nell’autunno caldo Dal concetto di centro si apre il dibatto sul decentramento, su base geografica, territoriale, urbanistica, con l’obiettivo di spostare “fuori dal centro”. Nel settore del teatro questo avviene con la ricerca di un nuovo pubblico, ma senza un’indagine approfondita su cosa questo pubblico vuole. Ci sono stati certamente dei tentativi di semplificazione di quello che veniva messo in scena nelle periferie, ma in modo distaccato e superficiale. Lo spettacolo che ne nascerà sarà “Un nome così grande”, ed in esso Scabia si troverà a lavorare più come dramaturg che come operatore teatrale di comunità. Debuttò l’8 aprile, con una scarsa affluenza e con il malcontento di Scabia. In realtà, ebbe un esito positivo, con tanto di repliche anche in altri quartieri. Corso Taranto, origini dell’animazione Anche questo si differenzia dagli altri quartieri: qui c’è una maggiore consapevolezza politica, grazie anche ad un gruppo di studenti di architettura che supporta le lotte operaie. Come negli altri quartieri i problemi sono gli stessi, urbanizzazione e scolarizzazione. C’è più adesione al progetto di Scabia, dato che questo progetto potrebbe mettere in luce la problematica degli spazi pubblici, che sono assenti. Qui S. attiva un doposcuola teatrale, dove ci sono sia attività creative-manuali (come la creazione di scenografie), sia attività di osservazione degli spazi del quartiere. L’attivo teatrale del quartiere decide di girare un film, prima si punta sul tema dell’immigrazione, poi sulle lotte di quartiere: si chiamerà “cinegiornale di lotta”, con l’idea di proiettarlo in itinere per il quartiere, ma alla fine il progetto non verrà portato a termine. Anche lo spettacolo con i bambini non verrà fatto a causa delle imminenti elezioni, e le problematiche politiche che potrebbero derivarne. Alla fine verrà messo in scena Un nome così grande, dove però vengono esposti anche gli elaborati del doposcuola. “Il teatrino di corso Taranto”, anche se non messo in scena, è comunque l’inizio dell’animazione teatrale, che in seguito verrà istituzionalizzata perdendo parzialmente il suo potenziale di collante cittadino. L’animazione teatrale: si basa su laboratori, giochi ed improvvisazioni Il teatrino si lega al movimento torinese degli anni 68/70 dell’animazione, ed anche la Perissinotto scriverà la sua tesi di laurea su questo tema. Per arrivare a questo tipo di improvvisazione bisogna superare le impostazioni tradizionali del teatro, ovvero concentrarsi non sull’elaborato finale, sullo spettacolo, ma su tutti i processi messi in atto per la sua realizzazione. Lo spettacolo sarebbe dovuto essere un “riassunto” della giornata tipo dei bambini, diviso in 8 momenti (cinque “classici” e due fantasiosi), facendo interpretare sé stessi e i loro doppi (gli elaborati) agli stessi. Le Vallette, azioni di strada e teatro d’occasione Questa ha rappresentato la zona più problematica per Scabia, è un quartiere molto lontano dal centro, con solo una linea di autobus a collegarlo (la linea 54): è da qui che nasce l’idea di lavorare su questa tematica. L’attivo teatrale è qui formato da un gruppo di giovani appassionati di arte, che facevano happening e azioni politiche (diventeranno L’assemblea Teatro Le Vallette), ed entreranno in conflitto con Scabia durante il progetto, fino al punto di diventare autonomi, ideando un progetto di 33 ore. Il tema che verrà scelto qui è Brecht, ed il manicomio, ma viene abbandonato da Scabia per ritornare al tema dell’autobus, pensando una piccola messa in scena ed una processione pomeridiana. Racconto degli spettacoli L’obiettivo del decentramento era quello di avere un prodotto, in realtà per S. l’essenza dell’operazione era l’elaborazione. Nel decentramento in totale sono stati prodotti 4 spettacoli, un’azione no-stop, un film ed un progetto di spettacolo con e per bambini, di tutto questo sono rimaste poche testmonianze materiali, fatta eccezione per Le vallette e la performance da 33 ore. Sistema reparto chiuso: azione di 33 ore no stop (è l’aspetto che più ha colpito il pubblico). E’ stato allestito un finto reparto psichiatrico, con foto e video degli stessi, composto da 5 spazi differenti, tra cui in uno (l’isolamento) il pubblico non poteva entrare. Nello spazio i performer, che interpretano i degenti o l’infermiere, agiscono ma senza avere una traccia ben definita di quello che si andrà a fare, creando numerose micro-azioni, dove si tende alla mortificazione dei pazienti. C’è anche una sala che è dedicata alle assemblee, al dibattito sul tema. Quest azione si lega al teatro del Living, associandosi genericamente a discorsi sulle istituzioni repressive (oppressione sociale). I performer attivano l’azione non attraverso la recitazione, ma mettendo in moto la loro presenza, subendo realmente ciò che stanno vivendo, immedesimandosi quindi nelle identità a loro destinate. Lo spazio e il tempo, nell’azione, rompono i classici canoni per rivolgersi totalmente alla fruizione del pubblico, mediante una chiave politica. Qui hanno una struttura aperta che ogni spettatore con la sua fruizione percepisce in un modo personale ed unico (visione parziale), creando in egli delle prese di coscienza sullo scontro tra oppressione/oppressore. Durante le 33 ore ci sono dei contatti tra i performer ed il pubblico, che vanno a rompere le implicite regole dell’azione e la sua struttura: dovrebbero esserci due spazi ben definiti, dove fare delle cose, quello dove si guarda e si prende coscienza, senza possibilità di confronto, e quello dell’assemblea, dove ci si confronta. 600’000 Parla degli eventi lungo corso Traiano a Mirafiore nel 69. Per la sua realizzazione vengono raccolti materiali di ogni genere riguardo alla tematica, e Scabia li elabora creando una drammaturgia, che viene messa in scena da attori professionisti. Lo spazio è composto da quattro differenti blocchi di spettatori, posti al centro della scena, con le azioni svolte nello spazio circostante in modo dislocato, con tanto di 5 differenti edicole che vanno a imitare delle testate giornalistiche (ognuna con la propria visione dell’accaduto). Durante l’azione si narrano tutti i fatti che ruono attorno l’evento, dal prima al dopo, includendovi testimonianze di chi era presente quel giorno, mostrando filmati e fotografie. Viene raccontata l’assemblea pre-sciopero, spiegate tutte le motivazioni, viene rievocata la situazione in cui avvennero gli scontri veri e propri, ed anche i seguenti processi. Lo strumento che s. utilizza è la citazione, rendendo quindi gli attori non dei personaggi, ma dei portatori di persone reali, delle pure voci. Infatti nello spettacolo non c’è finzione, ma solamente puro montaggio dei materiali, dando vita ad un “documentario teatrale” (in realtà più di un documentario perché cerca di scendere nel presente per aprire dei discorsi sul futuro). L’intento è quello di creare della contro informazione, che si va a legare alla comunità ed alle sue esigenze. Qui, come è stato detto, ci sono degli attori professionisti, c’è quindi un allontanamento dall’animazione e dal teatro di comunità. Vi è comunque l’assemblea post spettacolo che diventa un continum attivo della rappresentazione. Un nome così grande In questo spettacolo si parla invece delle problematiche legate alla scuola, sotto un punto di vista primario, ma in secondo ci si avvicina alle problematiche dei lavoratori FIAT. Anche questo testo è Scritto da Scabia attraverso il montaggio e l’elaborazione di due testi, ma lo spazio della rappresentazione è invece classico, frontale e costituito su più livelli verticali. Durante la rappresentazione i “professori” leggono i pezzi di Lettera, discutendone, fino a quando non si apre il teatrino dei burattini, con una seguente discussione (questa volta con anche il pubblico come partecipante). Il teatro qui per S. diventa uno strumento di analisi di una linguistica che scaturisce dal confronto con i parlanti di un territorio, una comunità. C’è la ricerca di una lingua concreta, non intendendo lingua come voce, accento ec, ma come struttura verbale e sintattica. Si parla infatti di intenzioni linguistiche
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