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69) Il coinvolgimento statunitense in Vietnam, Prove d'esame di Storia Contemporanea

Corso LCE, risposta 69 esame Storia dell'Europa Contemporanea

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

Caricato il 18/01/2020

PrisonMike
PrisonMike 🇮🇹

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Scarica 69) Il coinvolgimento statunitense in Vietnam e più Prove d'esame in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 69) Il coinvolgimento statunitense in Vietnam La storiografia che si è occupata del Vietnam ha concentrato la sua attenzione sul ruolo svolto dagli Stati Uniti sia per la sua importanza intrinseca, sia per il fatto che, il coinvolgimento dei media, ne fece il primo conflitto “televisivo” della storia e sia per le conseguenze che ebbe sugli sviluppi interni della società statunitense. Il Vietnam era stato diviso, nel 1954, in due zone, a nord e a sud del 17° parallelo. Il movimento viet minh, dopo la grande vittoria di Dien Bien Phu, non fu soddisfatto dell’accomodamento di tenere elezioni per la riunificazione del paese, ma lo accettò dietro le pressioni di Mosca e Pechino. Il governo delle regioni settentrionali aveva avviato un’ampia riforma agraria. Prima erano stati espropriati i francesi e poi, a partire dal 1953, i proprietari vietnamiti e non si esitò a ricorrere a vie spicce e violente. A fianco della collettivizzazione economica si ebbe il rafforzamento del sistema centralizzato, controllato dal partito comunista. Gli sviluppi in atto nel Vietnam del Nord venivano seguiti con estrema preoccupazione dagli Stati Uniti. L’operato dell’amministrazione Eisenhower era approvato anche dai democratici: nel 1956 John F. Kennedy affermò che il Vietnam del Sud era il pilastro del mondo libero sud-est asiatico e gli Stati Uniti non potevano abbandonarlo, a meno di non scatenare il cosiddetto “effetto domino”. Un atteggiamento che scaturiva dalla convinzione che gli Usa fossero promotori di libertà e democrazia, mentre il comunismo era tendenzialmente aggressivo e andava “contenuto”. Ci si rendeva conto del fatto che il regime creato da Diem era riuscito faticosamente a tenere il controllo della situazione dopo il colpo di stato che aveva portato alla nascita della repubblica sud vietnamita, ma non godeva dell’appoggio della popolazione, cui era necessario offrire proposte concrete in materia di progresso economico. Era un tema caro ad alcuni influenti comunisti tra cui Walt Rostow che elaborò la famosa teoria degli stati di sviluppo secondo cui i cambiamenti economici, sociali e politici avvenuti in Europa e in America si sarebbero inevitabilmente realizzati anche nel resto del mondo per cui il sistema democratico era messo in stretta relazione con il sorgere di un’economia moderna. Fra il 1955 ed il 1961 il Vietnam del Sud ottenne 2 miliardi di dollari di aiuti americani che favorirono un tenore di vita insolitamente alto, ma fallì nel tentativo di consentire lo sviluppo dell’economia mondiale, accentuando la dipendenza dagli Usa. Dopo il 1955 furono dislocati in Vietnam 700 consiglieri militari con il compito di addestrare l’esercito sud-vietnamita nel tentativo di trasformarlo in un esercito moderno. Un elemento che rese difficile la formazione delle truppe vietnamite fu la barriera culturale: nessun ufficiale parlava il vietnamita e esistevano pregiudizi di ordine razziale: gli indigeni venivano chiamati gooks, termine che individua gli asiatici come immondizia. Nel 1955 venne lanciata una “ campagna di delazione” rivolta a individuare i membri del partito comunista, ma che in realtà venne usata anche contro le influenti sette buddiste e come strumento per intimidire la popolazione contadina. Nel 1959 furono istituiti i tribunali americani e vennero creati dei campi di concentramento. Su pressione americana era stata avviata una riforma agraria: in Vietnam del Sud i latifondisti poterono riottenere parte delle proprie terre ed il diritto ad un indennizzo per quelle espropriate. Le comunità locali furono private della tradizionale autonomia amministrativa e anche il programma di creazione di villaggi fortificati, il cui obiettivo era quello di separare la popolazione dai viet minh fallì con il risultato che la maggior parte dei contadini tornò ai villaggi di origine ancora più inferocita contro il governo. Le mosse poco brillanti di politica interna del governo Diem non fecero che accelerare un processo che si sarebbe comunque verificato, nel senso che nel 1954 i viet minh godevano di un seguito piuttosto ampio. Una vera e propria resistenza si verificò a partire dal 1956 e prese a bersaglio soprattutto i funzionari più capaci e popolari nell’idea che, tolti di mezzo questi, la reazione popolare contro le componenti più corrotte dell’apparato governativo non avrebbe tardato a manifestarsi. Questi successi indussero il governo di Hanoi ad appoggiare questa strategia consentendo il rinvio nel Sud di 4.500 guerriglieri per organizzare la lotta contro il governo. Venne deciso di stabilire contatti con le sette buddiste e con alcuni cattolici per dar vita al Fronte di liberazione nazionale del Vietnam (Fln) che chiedeva ampie riforme sociali, in campo agrario, ed in materia di parità etnica e religiosa e la fine della presenza americana. Nell’azione diretta i membri dell’esercito del Fln che Diem ribattezzò vietcong, provenivano sia dalle fila dei vietminh sia da quelle di altri gruppi. La paura delle prepotenze dei funzionari governativi o dei seguaci del regime, il desiderio di sicurezza e di un ordine sociale più giusto furono i fattori che consentirono al Fln di crescere rapidamente. Il controllo della situazione a livello locale poteva essere garantito solo nelle zone più isolate e di difficile accesso, come le regioni di confine con la Cambogia o le paludi a sud-est di Saigon. Di solito nei villaggi si procedeva con una strategia di infiltrazione, in cui venivano colpiti i rappresentanti locali del governo e si attendeva la reazione di Saigon che si traduceva nell’invio di nuovi funzionari che tuttavia, vivendo alle spalle della popolazione non facevano che aumentarne il malcontento. A questo punto nuovi attacchi del Fln inducevano anche i rinforzi a battere in ritirata, lasciando la situazione nelle mani del Fln che si consolidava avviando una radicale riforma agraria. Nonostante i rapporti allarmistici dei servizi segreti americani, il mondo politico statunitense continuò a non prestare grande attenzione alle vicende del sud-est asiatico: sul piano militare, nonostante gli evidenti successi della guerriglia, la preoccupazione principale continuava a essere rappresentata dal possibile intervento dell’esercito di Hanoi. Le cose cominciarono a cambiare con l’avvento al potere di Kennedy che, soprattutto dopo il fallimento del tentativo di rovesciare il governo comunista di Castro a Cuba fece dell’Indocina il banco di prova per la “credibilità” statunitense nel mondo. La nuova amministrazione dovette prendere atto delle crescenti difficoltà del governo di Saigon di mantenere il controllo della situazione: per il Pentagono era necessario affiancare alle truppe di Saigon almeno 40.000 soldati americani, mentre per il Segretario di Stato, Dean Rusk, era più opportuno indurre una maggiore democratizzazione del regime. Kennedy optò per una via di mezzo, evitando il dispiegamento di truppe di terra, ma decidendo di aumentare gli aiuti economici ed il numero di consiglieri militari, ma cadde nel vuoto l’appello a Diem per una
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