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Aborto e legge 194/1978, Appunti di Diritto

Aborto e legge 194/1978: - Contesto e formulazione della legge - Contenuti principali della legge - L’opposizione alle legge e il tentativo di abrogazione

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 10/10/2022

alessia-la-rocca-03
alessia-la-rocca-03 🇮🇹

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Scarica Aborto e legge 194/1978 e più Appunti in PDF di Diritto solo su Docsity! Aborto: legge 194/1978 Contesto e formulazione della legge Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza era considerata reato dal codice penale italiano, che lo puniva con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all’esecutore dell’aborto che alla donna stessa (art. 545 e segg. cod. pen., abrogati nel 1978): ● causare l'aborto di una donna non consenziente (o consenziente, ma minore di quattordici anni) era punito con la reclusione da sette a dodici anni (art. 545), ● causare l'aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all'esecutore dell'aborto, sia alla donna stessa (art. 546) ● procurarsi l'aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547). ● istigare all'aborto, o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi a due anni (art. 548). In caso di lesioni o morte della donna le pene erano ovviamente inasprite (art. 549 e 550), ma, nel caso "... alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 545, 546, 547, 548, 549 e 550 è stato commesso per salvare l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due terzi." (art. 551). Nel 1975, a fronte dell’elevatissimo numero di aborti illegali, che causavano spesso complicazioni gravi ed un grande numero di morti, il tema della regolamentazione dell'aborto ricevette l'attenzione dei mezzi di comunicazione specialmente dopo che il segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, la fondatrice del Centro d’Informazione sulla Sterilizzazione e sull’Aborto (CISA) Adele Faccio e la militante radicale Emma Bonino si autodenunciarono alle autorità di polizia per aver praticato aborti e vennero arrestati. Il CISA era un organismo fondato da Adele Faccio che con molte altre donne si proponeva di combattere la piaga dell'aborto clandestino, creando i primi consultori in Italia e organizzando dei «viaggi della speranza» verso le cliniche inglesi e olandesi, dove grazie a voli charter e a convenzioni contrattate dal CISA, era possibile per le donne avere interventi medici a prezzi contenuti e con i mezzi tecnologicamente più evoluti. Il 5 febbraio una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, direttore de L’espresso, presentava alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli nn. 546, 547, 548, 549 2º Comma, 550, 551, 552, 553, 554, 555 del codice penale, riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia. Dopo aver raccolto oltre 700.000 firme, il 15 aprile del 1976 veniva fissato il giorno per la consultazione referendaria, che però non ebbe seguito perché il presidente Leone fu costretto a sciogliere le Camere per la seconda volta. Intanto, però, la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 aveva consentito il ricorso all’IVG (Interruzione Volontaria della Gravidanza) per motivi gravi motivando che non era accettabile porre sullo stesso piano la salute della donna e la salute dell’embrione o del feto. Il 9 giugno 1977 fu presentata alla Camera dei deputati la proposta unificata di legge Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) da PSI (Partito Socialista Italiano), PLI (Partito Liberale Italiano), DP (Democrazia Proletaria), PRI (Partito Repubblicano Italiano), PCI (Partito Comunista Italiano), PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano) e indipendenti di sinistra; primo firmatario fu Vincenzo Balzamo (PSI), relatori di maggioranza Giovanni Berlinguer (PCI) e Antonio Del Pennino (PRI), mentre ad opporsi fu il controrelatore di minoranza Pino Rauti del Movimento Sociale Italiano (MSI) cui si aggiunsero durante l'iter del dibattito Giuseppe Gargani e Bruno Orsini della Democrazia Cristiana (DC). Visto l'ampio sostegno di cui godeva, il testo non ebbe grossi problemi a superare il voto alla Camera. Il testo definitivo fu licenziato dal Senato il 18 maggio 1978 e pubblicato quattro giorni più tardi sulla Gazzetta Ufficiale, divenendo noto come legge 22 maggio 1978 n. 194, detta anche legge 194 aborto. Contenuti principali della legge L’articolo 1 recita: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”. L'articolo 2 tratta dei consultori e della loro funzione in relazione alla materia della legge, indicando il dovere che hanno nei confronti della donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
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