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Acocella riassunto capitoli 1 e 2, Appunti di Politica Economica

Riassunto capitoli 1 e 2 di " Politica economica e strategie aziendali", Acocella, quinta edizione.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 30/12/2023

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claudia-siano-1 🇮🇹

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Scarica Acocella riassunto capitoli 1 e 2 e più Appunti in PDF di Politica Economica solo su Docsity! 1.INTRODUZIONE 1.1 La Politica Economica Nell’Economia Politica vengono considerate le decisioni individuali o aggregate degli operatori privati in materia di produzione, scambio e consumo. Questa quindi non analizza di norma il comportamento di altri operatori, detti pubblici, ai quali sono attribuite finalità di natura collettiva. Le scelte degli operatori pubblici per l’Economia Politica sono dei modelli macro e micro assimilati come semplici dati. La Politica economica viene definita come la disciplina che studia l’azione economica pubblica, in quanto indaga su tre livelli principali: - le scelte “correnti” dell’ente pubblico : si tratta di comprendere il processo sulla base del quale l’ente pubblico previene alle proprie scelte (scelte correnti) , quando si assumano dati gli obbiettivi dell’ente stesso, i ruoli e i confini delle varie istituzioni , supponendo noti il funzionamento del sistema economico. - la scelta delle istituzioni di livello superiore: riguarda la scelta del tipo di istituzioni economiche di grado superiore necessarie e opportune per il governo di una collettività. Allo stadio delle scelte istituzionali (costituzionali) si previene una volta che siano stato dati degli obbiettivi della collettività stessa e si conosca il funzionamento dell’economia con le diverse possibili istituzioni. - l’individuazione delle preferenze stesse della società: riguarda l’individuazione degli obiettivi socialmente desiderabili . Si tratta di comprendere se e come si possa derivare un sistema di preferenze - e quindi obiettivi- per la società nel suo complesso, possibilmente tenendo conto delle preferenze dei vari componenti della collettività. Questo studio della Politica economica mira quindi all’individuazione degli obiettivi sociali. Economia politica e Politica economica sono legate ma ritagliate per ragioni di convivenza, ossia a fini di approfondimento analitico, nell’ambito della più generale Scienza Economica. Nella Politica economica è essenziale la conoscenza del funzionamento del sistema economico privato, che viene mutata dall’Economia politica. 1.2 Realtà economica e preferenze sociali Perché e in quali condizioni, in un sistema economico composto di individui che agiscono ognuno per perseguire i propri interessi, sorge la necessità che intervenga un altro operatore con finalità di natura sociale o collettiva? Evidentemente ciò è connesso al fatto che probabilmente il funzionamento di quel sistema economico possa esser considerato non soddisfacente. Questo implica quindi un confronto tra realtà e desideri. C’è un confronto tra desiderata è realtá dal quale discenderanno le scelte istituzionali (quale ruolo dare alle varie istituzioni) e quelle correnti (come intervenire concretamente nell’ambito economico) dell’operatore pubblico. L’Economia politica in questo caso non offre né può offrire un corpus di affermazioni aventi validità oggettiva. 1.3 Partizione della disciplina e piano del lavoro Abbiamo già parlato che la Politica economica indaga su tre modelli principali: 1. Le scelte correnti 2. Le scelte istituzionali 3. Le scelte sociali In realtà, sul piano logico, l’ordine delle questioni è esattamente inverso. Nessuna scelta istituzionale o corrente può aver luogo senza che siano definite le preferenze sociali, che una volta ottenute, si potrebbero quindi compiere le scelte istituzionali a vario livello e, date le istituzioni di livello superiore, si adotteranno le scelte correnti. 2. I FALLIMENTI MICROECONOMICI DEL MERCATO 2.1 Il ruolo del mercato e dello Stato Se ci limitiamo agli aspetti “costituzionali” delle istituzioni economiche, tralasciando quelli correnti, due sono le principali “norme” di interazione sociale: il mercato e lo Stato. In realtà esistono altre istituzioni che possono avere rilevanza economica: per esempio le imprese e le organizzazioni non miranti al profitto diverse dalle famiglie e dallo Stato. Bisogna quindi capire come e in quali condizioni i risultati economici che possono essere conseguiti attraverso l’azione del mercato (inteso come una specifica espressione di interessi collettivi) o dello Stato (inteso come una particolare espressione di interessi collettivi) soddisfino i criteri di scelta sociale. Tali criteri si appellano all’efficienza e/o all’equità, ma esistono diversi concetti di efficienza e equità. Allo stadio attuale ,potremmo affermare che la differenziazione fra mercato e Stato sta sulla base della natura privatistica o pubblicistica degli interessi. 2.2 I criteri di scelta delle istituzioni efficienza ed equità - libertà di entrata e di uscita del mercato; - perfetta informazione. L’omogeneità del prodotto consente di definire con esattezza i mercati , e insieme agli alle altre condizioni ,assicura che gli operatori nelle loro scelte considerino il prezzo che si forma sul mercato come un dato (comportamento price-taking); mentre la perfetta informazione sui prezzi è necessaria poiché evita la segmentazione dei mercati e ottenere l’unicità del prezzo su tutto il mercato per un dato bene. La completezza dei mercati implica l’assenza di esternalità o effetti esterni, come ad esempio l’inquinamento , un esempio di esternalità negativa. Le esternalità hanno a che fare con le relazioni tra gli operatori non mediate da un rapporto di scambio e quindi non esiste un mercato. Inoltre possono essere definite dei vantaggi o danno prodotti dall’azione di un operatore su un altro . L’equilibrio di concorrenza è una situazione nella quale esiste un vettore di prezzi tale che su tutti i mercati l’eccesso di domanda è nullo. Questo equilibrio può esistere solo se le funzioni di utilità hanno precise caratteristiche e non sussistono rendimenti crescenti di scala. Un aspetto problematico riguarda la sua stabilità, ossia la possibilità di raggiungere e mantenere un tale equilibrio. Tuttavia, oggi non ci sono ancora prove soddisfacenti che assicurino un tale risultato. Il primo teorema ha una portata propositiva limitata, per la difficoltà di soddisfare nelle economie concrete le condizioni che garantiscono l’esistenza e la stabilità di un equilibrio di concorrenza perfetta. 2.4 il secondo teorema dell’economia del benessere Il secondo teorema dell’economia del benessere consente di dare una risposta affermativa ad una domanda secondo la quale un pianificatore sociale che giudichi non auspicabili certe posizioni di ottimo caratterizzate da utilità dei vari individui fortemente differenziate, possa evitarle e raggiungere posizioni di maggiore equità distributiva attraverso il meccanismo di mercato. Il teorema risponde dicendo che se sono rispettate alcune condizioni relative alle funzioni di utilità individuali e alle funzioni di produzione ,,in presenza di mercati completi ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale ,previa un’appropriata redistribuzione delle risorse fra gli individui. Questo teorema suggerisce una divisione di compiti fra stato e mercato ; al primo si assegnerebbe un obiettivo redistributivo mentre il secondo assolverebbe un ruolo allocativo. 2.5 I fallimenti del mercato alla luce del primo teorema dell’economia del benessere Il principale risultato conseguito , precisando le condizioni nelle quali la mano invisibile consente di raggiungere un ottimo sociale, è di carattere negativo: le condizioni richieste per l’ottimo sono così stringenti e la natura dell’ottimo così particolare che il primo teorema dell’economia del benessere è una precisazione delle ragioni per le quali il mercato può non riuscire ad assicurare una posizione sociale buona ,nel senso di efficiente ed equa. Si tratta di ragioni di fallimento del mercato individuate con l’ausilio della teoria microeconomica. 2.6 La concorrenza perfetta e la realtà dei regimi di mercato Nella realtà dei mercati prevalgono situazioni di concorrenza imperfetta o monopolistica, oligopolio, monopolio. In tutte queste situazioni di mercato viene violata la condizione di uguaglianza fra prezzo e costo marginale ,che realizza l’equilibrio delle imprese in concorrenza perfetta , e che per il primo teorema dell’economia del benessere, quando siano soddisfatte le altre condizioni richieste dal teorema stesso, assicura l’ottimo paretiano. 2.6.1 La numerosità degli operatori e i rendimenti di scala Se prendiamo in considerazione una situazione molto comune, soprattutto nelle public utilities (industrie di beni), ovvero al fatto che la molteplicità degli operatori non sia soddisfatta dal lato dell’offerta. Supponiamo anche che esista una situazione di monopolio che non sia riconducibile ai fattori storici, ma alla natura dei rendimenti di scala; se questi sono crescenti nel tratto rilevante della curva di domanda , si ha monopolio naturale. Per semplicità si fa l’ipotesi che il costo marginale sia costante e che la decrescenza del costo unitario sia attribuibile all’esistenza di un costo fisso, quindi potrà stare sul mercato una sola impresa, poiché la presenza di più imprese darebbe luogo a instabilità. Se supponiamo che esista una posizione di monopolio naturale , nella microeconomia la soluzione conveniente è quella di pensare che il costo marginale sia uguale non al prezzo, ma al ricavo marginale. Se il monopolista adottasse un prezzo P2 pari al costo marginale ,ciò porterebbe ad una perdita. L’unico modo per evitare la perdita consisterebbe nel praticare un prezzo pari al costo marginale e in aggiunta nel coprire la perdita ,ponendo a carico di tutti i consumatori del bene in questione un onere di somma fissa. L’impresa, per determinare l’onere in somma fissa da attribuire a due consumatori, ripartirà tra di loro il costo fisso , facendo pagare ad ulteriori consumatori un prezzo che dovrà sempre uguagliare il costo marginale. Da ciò però nasce il problema del free rider, ovvero chi usufruisce di un bene pubblico senza pagare alcun prezzo. Questo problema potrebbe essere evitato se l’impresa potesse praticare una discriminazione dei prezzi, il che richiederebbe: a) La disponibilità delle informazioni necessarie per far pagare a ogni consumatore il suo prezzo di riserva ; b) L’impossibilità per i consumatori di rivendere la merce su mercati secondari. Queste condizioni sono difficili da soddisfare. In conclusione, si può comunque affermare che al monopolista naturale non è possibile né conveniente praticare un prezzo pari al costo marginale. L’esistenza dei costi decrescenti porta al fallimento del mercato ,impedendo di soddisfare le condizioni che assicurano l’ottimo paretiano. Se le economie di scala non sono tanto estese da portare al monopolio, può verificarsi un regime di oligopolio, nel quale ogni impresa fisserà il prezzo o la quantità prodotta tenendo conto delle reazioni delle altre imprese alle proprie decisioni e assumerà comportamenti di tipo strategico, con la conseguenza che non tutti i possibili equilibri saranno efficienti in senso paretiano, o addirittura nessuno lo sarà. In presenza di monopolio o oligopolio l’intervento pubblico può eliminare o alleviare il fallimento del mercato attraverso varie forme di regolamentazione o la costituzione di imprese pubbliche. Dalla definizione di esternalità si deduce che l’inesistenza di un corrispettivo a fronte del vantaggio o del danno procurati da un operatore ad altri configura l’assenza di un mercato. Ciò può essere dovuto: a) Alla inesistenza di diritti di proprietà individuali su alcuni beni , i quali risultano invece di proprietà comune; tale circostanza può indurre ogni singolo operatore a sfruttarli in maniera opportunistica o parassitaria, ignorando i diritti comuni di altri operatori , e innalzando il costo di accesso di questi alla proprietà comune(ad es. l’aria e l’acqua ,e il loro sfruttamento a fini di traffico ,di pesca); b) All’esistenza di attività di produzione o consumo congiunto. Nel momento stesso in cui un operatore compie un’attività di produzione o di consumo, egli determina il sorgere di un bene per altri operatori. Casi tipici di esternalità negative ,cioè di consumo, sono l’inquinamento acustico o atmosferico; esempi di attività che possono creare economie esterne di consumo sono ,invece, la cura del proprio giardino o l’acquisizione di cultura. Nel campo della produzione un effetto esterno negativo è quello dello scarico dei rifiuti delle fabbriche. Esempi di economie esterne sono le conoscenze tecnologiche diffuse attraverso l’addestramento dei lavoratori, un caso ormai celebre riguarda i vantaggi reciproci prodotti dall’apicultore e dal frutticultore che operano su terreni vicini. L’effetto che le esternalità provocano sulle condizioni di efficienza paretiana è quello di richiedere che i saggi marginali di sostituzione siano diversi fra i vari individui e che i saggi marginali di sostituzione tecnica siano diversi per le varie industrie. Se consideriamo il caso delle esternalità di consumo, supponiamo che i beni siano pane e dischi. I dischi di Andrea , a causa del loro impianto stereofonico, causano inquinamento acustico per Bice, mentre i dischi di Bice non hanno effetti sulla soddisfazione di Andrea. Se Andrea sceglie il suo paniere di consumo considerando soltanto la propria funziona di utilità, egli uguaglierà il s.m.s. fra dischi e pane al rapporto dei rispettivi prezzi di mercato. Ma così consumerà troppi dischi, e quindi il livello di utilità di Bice risente negativamente dei dischi consumati da Andrea: ogni disco di Andrea è per lei causa di disutilità. L’adozione di un punto di vista sociale porterebbe Andrea a considerare anche gli effetti provocati a Bice, ma lui non ha alcun incentivo a tener conto del danno che il suo consumo di dischi causa a Bice, non dovendo pagare un prezzo per il danno stesso. È possibile mostrare intuitivamente che la condizione di efficienza allocativa del consumo valida in assenza di esternalità, porta a una allocazione inefficiente in presenza di effetti esterni. Infatti se si togliesse un disco ad Andrea dandolo a Bice e compensando Andre con ¼ di unità di pane, Andrea manterrebbe invariata la sua soddisfazione, mentre Bice l’accrescerebbe . Da ciò possiamo dedurre che: a) L’allocazione iniziale non era ottimale, se è vero che Bice ha potuto accrescere la sua soddisfazione e Andrea non l’ha ridotta; b) Essendo variata la dotazione di beni di ognuno, nella nuova situazione paretianamente superiore alla precedente, i s.m.s. sono diversi fra loro. Quindi Andrea dovrebbe ridurre il suo consumo di dischi, e così facendo, il suo s.m.s. fra dischi e pane aumenta, in quanto il s.m.s. è decrescente al crescere del consumo di dischi. Possiamo dire che un’efficiente allocazione del consumo in presenza di esternalità negative richiede che per il soggetto che causa esternalità negative il s.m.s. fra dischi e pane deve essere superiore al rapporto fra i prezzi e SMT( saggio marginale di trasformazione). Se l’esternalità dovesse essere positiva , il s.m.s. di chi causa l’esternalità dovrebbe essere inferiore agli altri s.m.s. ,al rapporto fra i prezzi e al SMT. Mentre , in presenza di esternalità di produzione , il raggiungimento dell’efficienza paretiana richiede che vi sia divergenza dei s.m.s. tecnica fra due fattori nella produzione di diversi beni. Le esternalità sono causa di divergenza fra costi privati e costi sociali, ovvero fra prodotto marginale e privato e prodotto marginale sociale. In presenza di economie esterne, il costo marginale privato è maggiore di quello sociale. Le diseconomie esterne comportano ,invece, che il costo marginale privato sia minore di quello sociale, viceversa per il prodotto marginale. Nel caso della fabbrica inquinante, l’imprenditore dovrà produrre una quantità superiore a quella che avrebbe scelto se avesse tenuto conto anche del costo sociale connesso con l’inquinamento. Quindi le industrie che causano esternalità negative producono più di quanto sia socialmente ottimale ,mentre quelle da cui si originano economie esterne ,producono meno di quanto non sarebbe socialmente auspicabile. L’intervento pubblico può rimuovere la divergenza fra costo privato e sociale, interiorizzando il costo o il vantaggio procurato dall’operatore al resto della collettività. Ciò può essere ottenuto tramite strumenti come le imposte , che sono a carico dei creatori di diseconomie esterne. 2.8 Le esternalità e il teorema di Coase Se prendiamo in considerazione il rapporto tra agricoltori e allevatori, se si suppone che il diritto di proprietà sia assegnato ai primi, il passaggio di una mandria su un terreno coltivato provocherebbe un danno agli agricoltori, e quindi si richiederebbe un intervento pubblico correttivo( imposte sui capi di bestiame ecc.). Ma il diritto di proprietà sulla terra potrebbe essere attribuito agli allevatori , e se fosse così il passaggio di una mandria su un qualsiasi terreno non causerebbe alcuna esternalità, anzi è l’eventuale coltivazione di un terreno ad intralciare la mandria, e ciò provocherebbe una diseconomia esterna per gli allevatori. Si può quindi affermare che la stessa esistenza di un danno o di un vantaggio non pagati e l’identità dei soggetti che li procurano dipendono da come vengono assegnati i diritti di proprietà. Ma, secondo Coase il vero problema che una società deve affrontare e risolvere è quello della scelta delle istituzioni e quindi anche dei criteri di assegnazione dei diritti di proprietà. A suo avviso le istituzioni dovrebbero essere tali da garantire la massima efficienza possibile. In proposito egli enuncia le due seguenti proposizioni: 1. Se sono soddisfatte alcune condizioni, gli operatori interessati dall’esistenza di esternalità potranno raggiungere accordi vantaggiosi senza intervento governativo; se la posizione che massimizza la Nel monopolio naturale l’esistenza di rendimenti crescenti di scala dovuta a costi fissi può configurare una situazione di fallimento del mercato. Mentre , nel caso di un bene pubblico, se A sostenesse il costo fisso per la produzione di un bene , ne tratterebbero vantaggio sia A che B e a B si potrebbe far pagare il costo marginale che è pari a zero nel caso di un bene pubblico puro. Con ciò A realizzerebbe una perdita, ovvero si farebbe carico di tutto il costo del bene pubblico. In queste condizioni ognuno tenderà a porsi nella posizione di parassita ,in attesa che altri decida di produrre il bene pubblico. Un altro aspetto da considerare dei beni pubblici riguarda il fatto che per alcuni di essi non è possibile escludere dal consumo nessun operatore. (caso del faro). Per altri, come per i segnali televisivi, questa possibilità esiste , ma l’esclusione comporta il sostenimento di costi addizionali. Tuttavia la difficoltà di esclusione accentua l’esistenza di problemi di parassitismo , poiché un operatore privato decide di produrre o meno un bene ,pubblico o privato, in base all’esistenza di un profitto atteso non negativo; mentre la non escludibilità, riducendo il profitto atteso, renderà meno conveniente la produzione di beni pubblici da parte di operatori privati. Anzi, ognuno sarà incentivato ad agire da parassita, e ciò accade tanto più facilmente quanto più ampio è il numero degli operatori che tratterebbero vantaggio dal bene stesso. Quindi la proprietà della non rivalità e della non escludibilità dei beni pubblici forniscono la ragion d’essere dell’intervento da parte di enti pubblici ,per produrli o per stimolarne la produzione da parte di altri, o per regolamentarne l’uso al fine di evitare la cosiddetta tragedia delle proprietà comuni. Infine, se pensiamo a due armatori A e B, che hanno lo stesso numero di navi operanti su una certa rotta, se entrambi hanno la possibilità di costruire un faro, e abbiamo diverse percentuali che riguardano il vantaggio che avrebbe A o B , A trova più conveniente non costruire ,in quanto guadagnerebbe 11 se l’altro decidesse di costruire addossandosene interamente il costo; lo stesso vale per B. Questo può essere raggiunto solo dall’intervento di un terzo operatore, cioè di natura pubblica. Quanto alla rilevazione delle preferenze, se non è possibile ricorrere all’esclusione, non c’è alcun modo per conoscere il valore attribuito dai singoli al bene pubblico attraverso il prezzo che essi dichiarano di essere disposti a pagare. Quanto ai problemi di congestione, questi esistono per i beni il cui godimento da parte di alcuni non impedisce l’uso da parte di altri, ma soltanto fino ad un certo punto, oltre il quale può determinarsi una riduzione del godimento dei primi utilizzatori, probabilmente a causa di uno scadimento della qualità. Mentre questi problemi non esistono per quei beni per i quali la caratteristica di non rivalità è assoluta. 2.10 Costi di transazione e asimmetria informativa
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