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Guide e consigli
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Adrea Palladio, vita opere e stile architettonico, Schemi e mappe concettuali di Storia Dell'architettura I

Approfondimento sulla vita lo stile, le opere e le sue ville più famose

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020
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Caricato il 13/10/2020

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Scarica Adrea Palladio, vita opere e stile architettonico e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Dell'architettura I solo su Docsity! OPERE PALLADIO 1.VILLA THIENE 1542 VICENZA ll progetto prevedeva una soluzione ben diversa da quella delle altre ville palladiane: la fabbrica è dominata da una grande loggia voltata a botte, più alta del resto dell'edificio, mentre l'esterno è articolato con lesene doriche, raddoppiate sui lati corti. La struttura è eseguita in mattoni — in origine coperti da intonaco, ma ora a vista — con un uso limitato di pietra bianca nelle basi, nei capitelli, nei davanzali delle finestre e agli angoli del cornicione e del timpano. Il resto delle parti sagomate è eseguito in cotto. Il progetto venne redatto fra il 1542 e il 1543, in contemporanea con quello del palazzo, e la costruzione verosimilmente si arrestò negli anni cinquanta: la morte di Adriano. 2. PALAZZO CHIERICATI, 1542 VICENZA Palladio per questo edificio utilizzò una tipologia per l'epoca inedita per le residenze cittadine, che ricorda in parte quella delle sue ville. Il palazzo, di imponenti dimensioni, è costituito da un corpo centrale con due ali simmetriche leggermente arretrate, dotate di grandi logge al livello del piano nobile. La pianta è determinata dalle strette dimensioni del sito: un atrio biabsidato centrale è fiancheggiato da due nuclei di tre stanze con dimensioni armonicamente legate (3:2; 1:1; 3:5), ognuna con una scala a chiocciola di servizio e una monumentale al lato della loggia posteriore (un altro elemento che tornerà nelle ville Pisani a Montagnana e Cornaro a Piombino, per altro costruite negli stessi anni). Per conferire magnificenza all'edificio, ma anche per proteggerlo dalle frequenti inondazioni (e dai bovini che venivano venduti davanti al palazzo nei giorni di mercato), Palladio lo solleva su un podio, che nella parte centrale mostra una scalinata chiaramente mutuata da un tempio antico. Il piano inferiore presenta un portico colonnato, lungo tutta la facciata, in ordine dorico, con la relativa trabeazione che presenta il classico fregio con metope e triglifi alternati; il piano superiore, in ordine ionico con la relativa trabeazione con fregio continuo, è chiuso nella parte centrale del prospetto e presenta due eleganti logge alle estremità. La straordinaria novità costituita da palazzo Chiericati nel panorama delle residenze urbane rinascimentali deve moltissimo alla capacità palladiana di interpretare il luogo in cui sorge: un grande spazio aperto ai margini della città, davanti al fiume, un contesto che lo rende un edificio ambiguo, palazzo e villa suburbana insieme. L'armonica facciata è strutturata in due ordini sovrapposti, soluzione fino ad allora mai utilizzata per una residenza privata di città, con un coronamento di statue. 3. BASILICA PALLADIANA, 1549 VICENZA L'edificio su cui in seguito sarebbe intervenuto Palladio era il Palazzo della Ragione, realizzato secondo il progetto di Domenico da Venezia, che inglobava a sua volta due edifici pubblici preesistenti, un'importante strada di comunicazione tra il centro, il Borgo di Berga e Campo Marzo. Alla sinistra dell'edificio sorge tuttora la torre detta dei Bissari (XII secolo), alta 82 m, il cui pinnacolo è del 1444. Realizzato in forme gotiche verso la metà del Quattrocento, il Palazzo della Ragione nel suo piano superiore è interamente occupato da un enorme salone senza supporti intermedi, il salone del Consiglio dei Quattrocento. L'ambiziosa copertura a carena di nave rovesciata, ricoperta da lastre di rame, in parte sollevata da grandi archivolti, era ispirata a quella realizzata nel 1306 per il Palazzo della Ragione di Padova. Nonostante pareri tanto illustri, nel marzo del 1546 il Consiglio cittadino approva il progetto di un architetto locale di trentotto anni, allora decisamente poco conosciuto: Andrea Palladio. L'incarico al proprio protetto fu senza dubbio una delle migliori vittorie di Giangiorgio Trissino (il mentore di Palladio), capace di coagulare intorno al suo nome la maggioranza dei consensi. La soluzione proposta da Palladio è una struttura per così dire elastica, in grado di tener conto dei necessari allineamenti con le aperture e i varchi del preesistente palazzo quattrocentesco. Il sistema si basa sull'iterazione della cosiddetta “serliana”, vale a dire una struttura composta da un arco a luce costante affiancato da due aperture laterali rettangolari architravate, di larghezza variabile e quindi in grado di assorbire le differenze di ampiezza delle campate. Il funzionamento è evidente nelle arcate angolari, dove le aperture architravate sono ridotte quasi a zero, ma è presente in tutte le campate, la cui larghezza varia sempre, seppure di poco. La serliana (che Sebastiano Serlio pubblica nel IV Libro del suo trattato, edito a Venezia nel 1537) è in realtà una traduzione in linguaggio classico della polifora gotica. Le logge del piano inferiore sono realizzate nell'ordine dorico, con la relativa trabeazione nel cui fregio si alternano metope (decorate con dischi e bucrani) e triglifi. Le logge del piano superiore sono invece in ordine ionico con la relativa trabeazione a fregio continuo. Con una certa enfasi retorica, lo stesso Palladio definisce "basilica" il Palazzo della Ragione circondato dalle nuove logge in pietra, in omaggio alle strutture della Roma antica, dove nella basilica si discuteva di politica e si trattavano affari. Per la carriera di Palladio il cantiere delle logge costituisce un punto di svolta definitivo. Con questo egli diviene ufficialmente l'architetto della città di Vicenza. Il cantiere procederà a rilento: il primo ordine di arcate settentrionali e occidentali sarà concluso nel 1561, il secondo livello, avviato nel 1564, sarà completato nel 1597 (diciassette anni dopo la morte di Palladio), il prospetto su piazza delle Erbe nel 1614. Nel 1994 la Basilica, assieme agli altri monumenti di Vicenza "città del Palladio", è entrata nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. fabbriche di villa progettate da Palladio, villa Serego a Santa Sofia rappresenta per molti versi un episodio eccezionale. A differenza della villa-tipo palladiana, generalmente un organismo fortemente gerarchizzato e dominato dal “pieno” della casa dominicale, Palladio preferisce qui articolare lo spazio attorno al grande “vuoto” del cortile centrale, prendendo probabilmente a modello le proprie ricostruzioni della villa romana antica. Anziché di mattoni e intonaco, le grandi colonne ioniche sono realizzate con blocchi di pietra calcarea appena sbozzati e sovrapposti a creare pile irregolari: il tipo di materiale utilizzato (proveniente dalle cave che i Serego possedevano poco lontano) e la dimensione gigantesca delle colonne contribuiscono a generare una sensazione di potenza mai raggiunta da nessun'altra villa realizzata.[1] La villa possiede un grande giardino, posto di fronte. 8. PALAZZO ISEPPO DA PORTO, 1552 VICENZA È uno dei due palazzi progettati in città da Palladio per la famiglia dei Porto (l'altro è Palazzo Porto in piazza Castello); commissionato dal nobile Iseppo da Porto nel 1552, l'edificio vede una fase piuttosto lunga di progettazione ed ancor più lunga - e travagliata - nella sua realizzazione, rimasta in parte incompiuta. palazzo Porto restituisce appieno la misura dell'evoluzione palladiana successiva al viaggio a Roma del 1541 e al contatto con l'architettura antica e contemporanea. Il modello bramantesco di palazzo Caprini viene qui reinterpretato tenendo conto dell'abitudine vicentina di abitare il piano terreno, che quindi risulta più alto. Lo splendido atrio a quattro colonne è una reinterpretazione palladiana di spazi vitruviani, dove sopravvive anche il ricordo di tipologie tradizionali vicentine. Le soluzioni devono far fronte ad un'esigenza, la creazione di un palazzo e foresteria per gli ospiti illustri, e una circostanza, un lotto allungato, stretto tra due vie. Il progetto dunque lavora su due vettori: il verticale della facciata e l'orizzontale della distribuzione planimetrica. La genialità dell'architetto giunge dunque nella combinazioni di due problemi in una soluzione unica e di maggior spessore. La disposizione della foresteria e del corpo principale non crea due ali distinte - come nei primi progetti - ma viene combinata in un cortile/peristilio colonnato, la facciata abbandona il corinzio (ora passato al prospetto interno) lasciando spazio al più contestuale ionico (abbinato al bugnato della base). I due elementi vengono collegati da un'elegante soluzione ad atrio/cerniera in ordine dorico. Dopo una brillante - ma lunga - fase di progettazione il progetto vede la realizzazione del corpo principale con alcune sostanziali modifiche distributive e della - seppur semplificata - foresteria. Oggetto di svariate ristrutturazioni ed ampliamenti, l'edificio mantiene intatta solamente la sua faccia "pubblica". 9. VILLA FOSCARI, LA MALCONTENTA, 1560 MIRA VENETO La villa sorge su un alto basamento, che separa il piano nobile dal suolo umido e conferisce magnificenza all'edificio, sollevato su un podio come un tempio antico. Nella villa convivono motivi derivanti dalla tradizione edilizia lagunare e insieme dall'architettura antica: come a Venezia, la facciata principale è rivolta verso l'acqua, ma il pronao ionico e le grandi scalinate hanno a modello il tempietto alle fonti del Clitumno, ben noto a Palladio. Le maestose rampe di accesso gemelle imponevano una sorta di percorso cerimoniale agli ospiti in visita: approdati davanti all'edificio, ascendevano verso il proprietario, che li attendeva al centro del pronao. La tradizionale soluzione palladiana di irrigidimento dei fianchi del pronao aggettante tramite tratti di muro viene sacrificata proprio per consentire l'innesto delle scale. Mancavano anche alberi e vegetazione di contorno, quindi la Malcontenta si imponeva ai suoi visitatori con tutta la maestosità del classico prospetto verso il Brenta. La villa è una dimostrazione particolarmente efficace della maestria palladiana nell'ottenere effetti monumentali utilizzando materiali poveri, essenzialmente mattoni e intonaco. Come è ben visibile a causa del degrado delle superfici, tutta la villa è in mattoni, colonne comprese (tranne quegli elementi che è più agevole ricavare scolpendo la pietra: basi e capitelli), con un intonaco a marmorino che finge un paramento lapideo a bugnato gentile, sul modello di quello che compare talvolta sulla cella dei templi antichi.[1] La facciata posteriore è ritenuta uno degli esiti più alti fra le realizzazioni palladiane, con un sistema di forature che rende leggibile la disposizione interna; si pensi alla parete della grande sala centrale voltata, resa pressoché trasparente dalla finestra termale sovrapposta a una trifora. In quest'ultima è chiarissimo il rimando al prospetto di villa Madama di Raffaello, documentando così un debito di conoscenza che Palladio non ammetterà mai direttamente. Una leggenda vuole che la villa debba il soprannome di Malcontenta a una dama di casa Foscari, relegata tra le sue mura in solitudine a scontare la pena per la sua condotta licenziosa. Il mistero aleggia sulla storia della dama: si dice che ella visse in questo luogo i suoi ultimi trent'anni, mentre non fu mai vista uscire o affacciarsi dalle finestre. 10. FACCIATA CHIESA DI SAN FRANCESCO DELLA VIGNA, 1562 VENEZIA La chiesa di San Francesco della Vigna è un edificio religioso della città di Venezia, situato in Campo San Francesco della Vigna, nel sestiere di Castello. L'attuale chiesa, costruita per i francescani, fu cominciata da Jacopo Sansovino nel 1534 e completata nel 1554. Dieci anni più tardi (1564) fu affidata ad Andrea Palladio la costruzione della grandiosa facciata. Costituisce una delle maggiori architetture del Rinascimento veneziano. Da Leon Battista Alberti in poi, gli architetti del Rinascimento si sono impegnati nel difficile tentativo di adattare la fronte di un edificio ad aula unica, quale è il tempio antico, alla planimetria a più navate delle chiese cristiane. Con la facciata della chiesa di San Francesco della Vigna, Palladio offre la sua prima risposta concreta al tema, dopo lo sfortunato impegno - sostanzialmente solo progettuale - di San Pietro di Castello. Proiettate su un unico piano la navata maggiore, coperta da un grande timpano, e le due laterali coperte da due semitimpani, il problema compositivo era costituito dal collegamento organico dei due sistemi e dal rapporto modulare dei due ordini, il maggiore chiamato a reggere il timpano principale e il minore i due semitimpani. La soluzione realizzata da Palladio è brillante, anche se lo costringe a impostare entrambi gli ordini su uno stesso alto basamento: una difficoltà che sarà agevolmente superata nella facciata della basilica del Redentore, anteponendo una grande scalinata alla sezione centrale della facciata. 11. CHIESA DI SAN GIORGIO MAGGIORE, 1566 VENEZIA Per la costruzione del refettorio (1560-1563) del monastero prima e poi per il progetto della nuova chiesa fu chiamato l'architetto padovano Andrea Palladio. La facciata venne realizzata tra il 1597 e il 1610 da Vincenzo Scamozzi, 30 anni dopo la morte del maestro. Il refettorio: Un'ampia scalinata conduce a un primo grandioso portale attraverso il quale si accede a un vestibolo dove, su di un pavimento bianco e rosso, sono collocati due straordinari lavamani gemelli di marmo rosso; quindi un secondo portale — che è una reinterpretazione palladiana del precedente — introduce nella grande aula. Quest'ultima è coperta da una grandiosa volta a botte che si trasforma in crociera sulla mezzeria per consentire l'apertura di due finestre termali: il modello è evidentemente la copertura degli ambienti termali antichi. La facciata, ultimata successivamente da Vincenzo Scamozzi,[4] ha un unico accesso con ordine gigante di quattro colonne composite su alti plinti, sormontate da trabeazione reggente un classico timpano, come un tempio prostilo tetrastilo. Ciò si intreccia con un retrostante schema templare il cui frontone poggia su un architrave poco aggettante, retto da paraste. La soluzione adottata dal Palladio per questa facciata è simile a quella quasi contemporanea progettata per San Francesco della Vigna. È una soluzione fantasiosa ed è un contributo originale alla risoluzione di uno dei problemi più sentiti dagli architetti rinascimentali, cioè quello di trovare il modo di dotare di un prospetto ispirato al tempio classico un edificio tripartito come la chiesa cristiana a tre navate. Palladio mette assieme disinvoltamente due prospetti templari, uno per la navata centrale e uno minore spezzato per le due navate laterali. Come la facciata, anche la pianta rappresenta una soluzione originale, in quanto combina la pianta centrale di tradizione classica con la pianta cruciforme; in ciò si manifesta l'influenza che i dettami della controriforma iniziavano ad avere sull'orientamento rinascimentale nell'architettura delle chiese. La cupola divide infatti entrambi gli assi della chiesa in due parti uguali, con l'asse longitudinale più lungo del transetto (absidato). Le navate laterali e l'ampio coro ligneo finemente intarsiato absidato (posto a prolungamento del presbiterio) si addizionano a questa pianta, che si apprezza al meglio da sotto la cupola. Il duomo dei SS. Pietro e Paolo di Villafranca di Verona è una copia pressoché identica della chiesa del Redentore. L'interno è a navata unica, con imponenti e decorate cappelle laterali. Grande importanza ha la luce, come in tutte le opere palladiane, vera protagonista dell'interno, che valorizza volumi e decorazioni. L'edificio ha pianta rettangolare, con un singolare quanto splendido transetto costituito da tre absidi comunicanti con la grande cupola centrale. Dall'intersecazione di essi partono due sottili campanili cilindrici, con tetto a cono, simili a minareti. La pianta deriva infatti dall'armonica composizione di quattro cellule spaziali perfettamente definite e diverse fra loro: il rettangolo della navata, le cappelle laterali che riprendono la forma a nartece, la cella tricora composta dalle due absidi e dal filtro di colonne curve, il coro. Una volta definite con precisione tali figure, Palladio studia soluzioni raffinate per accompagnare il passaggio dell'una dentro l'altra, ricercando un'armonica fusione del tutto. La trabeazione dell'ordine maggiore, ad esempio, fascia tutto il perimetro interno della chiesa senza mai risaltare in corrispondenza dei sostegni, ed è particolarmente efficace il taglio in diagonale dei pilastri della cupola. Il risultato è frutto di una consumata capacità compositiva e di una particolare sensibilità per gli effetti scenografici. La facciata in marmo bianco è uno dei più mirabili esempi di ispirazione classica che tanto resero famoso il Palladio: quattro timpani triangolari e un attico rettangolare si intersecano tra loro, in un contrapporsi di superfici lisce, di lesene e di lunette con statue, ostentando stabilità e rigore classico. La facciata del Redentore costituisce l'esito più maturo delle riflessioni palladiane sui fronti di chiesa a ordini intersecati, a partire da San Francesco della Vigna. Questo genere di facciate prende origine da riflessioni sulla vitruviana basilica di Fano sin da Bramante all'inizio del secolo. 16. TEATRO OLIMPICO, 1580 VICENZA Il Teatro Olimpico è un teatro progettato dall'architetto rinascimentale Andrea Palladio nel 1580 e situato a Vicenza. L'interno del teatro è decorato con novantacinque statue, realizzate in pietra oppure stucco e rappresentanti i personaggi legati alla fondazione dell'Accademia Olimpica o del teatro stesso. La grandiosa frons scenae d'ordine corinzio è ispirata allo schema degli archi trionfali romani a tre fornici. La struttura è rinascimentale, di impronta manieristica. Nell'attico della frons scenae in undici riquadri sono raffigurate le dodici fatiche di Ercole. La cavea ellittica è recinta da una balaustra con statue paludate all'eroica. Nella nicchia centrale sopra la cavea sta la statua di Leonardo Valmarana. La costruzione del teatro iniziò nel 1580, lo stesso anno in cui Palladio morì, ma i lavori furono proseguiti sulla base dei suoi appunti dal figlio Silla e si conclusero nel 1584, limitatamente alla cavea completa di loggia e al proscenio. Si pose dunque il problema di realizzare la scena "a prospettive", che era stata prevista fin dal principio dall'Accademia ma di cui Palladio non aveva lasciato un vero progetto. Venne quindi chiamato Vincenzo Scamozzi, il più importante architetto vicentino dopo la morte del maestro. Scamozzi disegnò le scene lignee, di grande effetto per il loro illusionismo prospettico e la cura del dettaglio, costruite appositamente per lo spettacolo inaugurale, apportando inoltre alcuni adattamenti e i necessari completamenti al progetto di Palladio. A Scamozzi vengono anche attribuite le contigue sale dell'Odèo e dell'Antiodèo, oltre che il portale d'ingresso originale.
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