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Affettività ed etica- Pedagogia dell'infanzia e della famiglia, Dispense di Pedagogia

Riassunto del libro Affettività ed etica della prof. D'Addelfio

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 25/06/2023

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Scarica Affettività ed etica- Pedagogia dell'infanzia e della famiglia e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! AFFETTIVITA’ ED ETICA NELLE RELAZIONI EDUCATIVE FAMILIARI Nel lessico della pedagogia fondamentale parlare di emergenza educativa ha un significato più ampio e completo; è “emergenza” tutto ciò che emerge e che si rende visibile dopo essere stato nascosto. Qualcuno potrebbe affermare che la famiglia oggi non esiste più, semmai esistono le famiglie. E’, invece, possibile affermare che in nessuna epoca è mai esistita la famiglia, poiché non sono mai esistite due o più famiglie uguali tra loro. Le famiglie, i genitori e i bambini sono cambiati e continuano continuamente a cambiare. La velocità dei cambiamenti è un’emergenza del nostro tempo. Caratteristiche del nostro tempo: Appare sempre più difficile oggi compiere la scelta di diventare genitori e si possono individuare i segnali di una crisi degenerativa. Ad oggi, in Italia, nella maggior parte delle case non sono presenti dei figli e si diventa genitori ad un’età sempre più avanzata, circa 32 anni. A diffondersi maggiormente sono le famiglie senza nucleo, ovvero quelle in cui i componenti non formano alcuna relazione di coppia o relazione genitore-figlio (es. famiglie composte da due sorelle, da un genitore e un figlio separato). Ciò significa che per i bambini, oggi, è sempre più raro avere fratelli o sorelle; per non parlare dei bambini che vivono l’esperienza della separazione dei propri genitori: ciò rappresenta, per questi genitori chiamati a rimanere educatori, una sfida nella sfida. Stiamo entrando, dunque, in una società post-familiare, in cui le famiglie si frammentano, si scompongono e ricompongono. In una società post-familiare, il “fare” ed “essere” famiglia è un'opzione, non più una necessità. Oggi, un legame familiare, è considerato come qualcosa che si basa sulla scelta personale, sulla libertà e sul desiderio di realizzarsi. E’ ormai naturale, per ragioni lavorative, che i figli si programmino. Le famiglie numerose suscitano stupore e sono quelle a maggiore rischio di povertà. Le caratteristiche socio-economiche della famiglia influenzano sul successo scolastico e sulla scelta del corso di studi superiore dei figli. Assistiamo, dunque, ad una segregazione socio-educativa (grado elevato di studenti che appartengono ad un medesimo gruppo sociale e frequentanti la medesima scuola). Molte famiglie sono costrette a fronteggiare spese impreviste per garantire la continuazione delle attività didattiche dei loro figli. Molte famiglie, a causa del reddito, non possono neanche farlo. Ciò ci porta a parlare del costo dei figli. Un figlio costa, in termini di denaro, ma anche di tempi ed opportunità a cui rinunciare; per un adulto molto centrato su di sé e sulla sua realizzazione, spesso un bambino gli impedisce di fare ciò. Oggi, i bambini, una volta nati, sono esposti all’uso della tecnologia e dei social media, senza limiti. Ciò incide nei loro processi di apprendimento e socializzazione, soprattutto durante la preadolescenza e l’adolescenza. Questi bambini diventano vittime della velocità che si traduce in pretesa di immediatezza e simultaneità, e che può diventare facilmente inaccuratezza, superficialità e standardizzazione delle comunicazioni e degli scambi. I ragazzi di oggi, appartenenti alla “generazione z” fanno fatica a fermarsi e rimanere fermi su una cosa; vi è dunque il rischio di rimanere in superficie, soprattutto lì dove mancano gli strumenti culturali ed educativi adeguati, dove spesso non si comunica più; il rischio di rimanere in superficie riguarda l’ambito delle possibilità di esperienza che sembrano scivolare addosso, senza lasciare tracce durature ed approfondimenti. Oggi il bambino svolge una funzione diversa rispetto al passato: è lui che fa la famiglia, dunque è lui che dà forma e senso alla coppia, e questo bambino finisce con l’essere trattato come un “sovrano”. Il bambino sovrano è senza regole, troppo libero e diventerà un “adolescente narciso”, spavaldo perché fragile. I genitori del bambino sovrano sono incapaci di dare regole e rimproverare in modo sereno, fermo e coerente. E’ un figlio condannato ad essere perfetto, migliore e più importante degli altri, le sue esigenze devono venire sempre prima di tutto. Da tempo, in effetti, abbiamo assistito al passaggio da una famiglia etica e normativa a una famiglia affettiva, dove vi è un vero e proprio culto dell’emozione. Il nostro tempo è dunque caratterizzato da un culto dell’emozione. Le emozioni del nostro tempo sono superficiali, immediate ed esclusivamente soggettive, ne consegue che “se qualcosa va contro ciò che sento in un determinato momento, è più giusto allontanarsene, trascurando l’impegno preso con l’altro che contava su di me e sul mio restare”. GALIMBERTI afferma che i giovani rimangono abbandonati a loro stessi, molti si muovono in un “deserto emotivo” in cui gli eventi passano accanto a loro senza che essi siano capaci di dare un’adeguata risposta emotiva. Ma c’è ancora un altro aspetto del nostro tempo, si tratta della dispercezione della storia o perdita di senso storico. Il culto delle emozioni è culto dell’immediatezza, quindi del presente. Il soggetto contemporaneo vive ripiegato sul presente individuale, incapace di guardare con fiducia il futuro e di riconoscere i doni del passato. TAYLOR affronta questo aspetto collegandolo ad un indebolimento del legame sociale. GIDDENS osserva che, il principio guida dell’essere umano, è quello di lasciare tutte le opzioni sempre aperte. A molti, in un mondo come il nostro, caratterizzato da frammentazione e discontinuità, sembra saggio e prudente non fare progetti, non legarsi agli altri e nemmeno a sé stessi. BAUMAN afferma che si vive non “come il pellegrino in cammino verso una meta” ma come “il turista che considera ogni luogo ed ogni incontro come momentaneo, e si sposta per la continua ricerca di sensazioni e piaceri momentanei”. Nelle sue analisi, la ARENT osserva che il legame con il passato, quello che lei chiama “il filo della tradizione”, che legava tra loro le generazioni, si è fatto sempre più sottile, fino a spezzarsi; riconosce così una crisi dell’educazione. Educare i figli appare così un compito molto più complesso rispetto al passato. Oggi diventa sempre più evidente che le famiglie e i genitori hanno bisogno di sostegno educativo. Ogni famiglia deve avere la capacità di attivare le sue risorse per fronteggiare il cambiamento e rispondere agli eventi critici. Tali eventi critici possono essere: - NORMATIVI: eventi critici attesi e proprio perché “attesi” sono facili da affrontare (es. inserimento a scuola) - NON NORMATIVI: eventi critici non attesi, improvvisi (es. la morte di un familiare). Dunque, tali eventi critici, mettono in discussione equilibri già acquisiti e consolidati. Importante è rendere le famiglie consapevoli di dover rimanere unite; nessuna transizione familiare può essere considerata un lavoro del singolo, ma riguarda sempre l’intero sistema familiare coinvolto. Secondo Erikson ciò che può compromettere lo sviluppo di un bambino è una vita familiare che non lo ha preparato adeguatamente; ad es. il bambino, con l’inserimento a scuola, è chiamato a socializzare e a gestire le proprie emozioni; ma se la famiglia non lo ha preparato alla vita scolastica ciò compromette il suo sviluppo=risulta, dunque, indispensabile, se la famiglia non è in grado di accompagnare il soggetto verso un adeguato sviluppo, un’educazione familiare, in modo tale da far diventare i genitori dei buoni genitori, capaci di accompagnare il bambino nel suo percorso di crescita, fino a fargli raggiungere l’autonomia e l’indipendenza. Dunque, essere un buon genitore, in sintesi, può contribuire a creare una nuova generazione che sia più resiliente, maggiormente capace di gestire i cambiamenti. Ma alcuni studi, sottolineano come la “famiglia lunga” ha sostituito la “famiglia trampolino”. All’interno di questa famiglia lunga, i genitori conservano e proteggono la dipendenza del figlio e non promuovono l’autonomia e l’indipendenza. Tutto ciò comporta una profonda confusione nei giovani. Il compito educativo, nel periodo della preadolescenza e dell’adolescenza, dovrebbe essere quello di accompagnare i figli nella costruzione di una propria identità; accompagnarlo verso tutto ciò che non è, ma che potrebbe essere, permette la sua piena umanizzazione. La finalità del compito educativo è la crescita in pienezza della persona. Ogni bambino che nasce chiede 2 tipi di “nutrimenti”: - oltre al nutrimento fisico, chiede anche di: - essere riconosciuto nell’essere, cioè sentirsi accolto nella sua unicità; questo bisogno possiamo definirlo “bisogno di intimità”. Il bambino acquista una prima certezza del suo valore quando sente che i genitori gli dedicano del tempo, quando sente il suo corpo accolto ed amato. Ciò che nutre una persona, e la fa crescere in quanto persona, è fare esperienza di relazioni coerenti e affidabili, ma anche flessibili e riparabili. Relazioni in cui, se qualcuno sbaglia, c’è lo spazio per rimediare. Questi momenti di rottura e riparazione sono fondamentali per imparare a regolarsi ed accogliersi reciprocamente. Al bisogno di intimità si aggiunge il bisogno di dignità: bisogno di una mappa per cominciare a camminare da solo e per orientarsi nel mondo (questo bisogno si può vedere nel bambino che chiede anche di essere contenuto e guidato e, i frequenti capricci di un bambino sovrano lo dimostrano=sovraccarico di competenze che non dovrebbero essere a lui richieste; dunque, il bambino, in qualche modo si ribella e, con i suoi capricci, chiede proprio di essere guidato).
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