Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Agatha Christie - Dieci piccoli Indiani, Sintesi del corso di Lingue e letterature classiche

Libro completo in versione PDF .

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 14/12/2017

hudiacov
hudiacov 🇮🇹

4

(2)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Agatha Christie - Dieci piccoli Indiani e più Sintesi del corso in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! AGATHA CHRISTIE DIECI PICCOLI INDIANI (And Then There Were None, 1939) 1 In un angolo dello scompartimento fumatori di prima classe, il signor Wargrave, giudice da poco in pensione, tirò una boccata di fumo dal sigaro e scorse con interesse le notizie politiche del Times. Poi, depose il giornale sulle ginocchia e guardò fuori dal finestrino. Il treno correva attraverso il Somerset. Diede un'occhiata all'orologio: ancora due ore di viaggio. Ripensò a quello che i giornali avevano scritto su Nigger Island. Anzi- tutto, la notizia dell'acquisto fatto da un milionario americano appassionato di crociere in panfilo, e la descrizione della casa moderna e lussuosa che aveva costruito su quella piccola isola al largo della costa del Devon. La sfortunata circostanza che la terza moglie del milionario soffrisse il mal di mare aveva portato alla vendita della casa e dell'isola. Numerosi annunci erano apparsi bene in vista sui giornali. Poi, la notizia che isola e casa era- no state comperate da un certo signor Owen. Da quel momento, erano co- minciati i pettegolezzi nelle rubriche mondane. Nigger Island era stata ac- quistata da Gabrielle Turi, la famosa diva di Hollywood, che voleva pas- sarvi qualche mese in incognito... Un cronista, che si firmava "L'ape ope- raia", aveva insinuato invece che si trattava di un rifugio per qualche per- sonaggio di sangue reale. "Il Perdigiorno" sosteneva che l'isola era stata comprata per la luna di miele di un giovane lord che si era finalmente arre- so a Cupido. "Giona" affermava di sapere che l'aveva acquistata l'Ammi- ragliato per compiervi misteriosi esperimenti segreti. Insomma, Nigger Is- land era diventata l'argomento del giorno. Il giudice Wargrave si tolse di tasca una lettera. La grafia era quasi il- leggibile, ma alcune parole risaltavano con inaspettata chiarezza: Carissimo Lawrence... da tanti anni non ho sue notizie... deve venire a Nigger Island... un luogo incantevole... tante cose da dir- le... i vecchi tempi... comunione con la natura... crogiolarsi al sole... alle 12,40 da Paddington... ci incontreremo a Oakbridge. Sempre sua. Constance Culmington La firma era adorna d'uno svolazzo. Il giudice Wargrave cercò di ricordare con esattezza quando avesse visto per l'ultima volta Lady Constance Culmington. Dovevano essere trascorsi sette, otto anni. A quell'epoca, la nobildonna era andata in Italia per cro- giolarsi al sole e vivere a contatto con la natura e i contadini. Wargrave aveva poi saputo che aveva proseguito il viaggio fino in Siria con l'inten- zione di arrostire a un sole più caldo e di vivere a tu per tu con la natura e i beduini. Constance Culmington, rifletté il giudice, era proprio il tipo di donna capace di comprare un'isola, circondandosi di mistero. Dondolando leg- germente la testa, come se volesse approvare la propria logica, Wargrave si lasciò prendere a poco a poco dal sonno... Vera Claythorne, in uno scompartimento di terza classe dove avevano preso posto altri cinque viaggiatori, appoggiò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi. Faceva molto caldo in treno, quel giorno. Sarebbe stato piacevole l'arrivo al mare. Aveva avuto davvero un colpo di fortuna, tro- vando quel posto. Quando una ragazza cerca un impiego per le vacanze, è quasi sempre destinata a sorvegliare uno sciame di ragazzini; i posti di se- gretaria sono molto più difficili da trovarsi. Perfino l'agenzia non le aveva lasciato troppe speranze. E poi era arrivata quella lettera. Ho avuto il suo nome dall'Agenzia di Collocamento Femminile, che la raccomanda in modo particolare, perché vi è conosciuta personalmente. Le corrisponderò volentieri lo stipendio che chie- de, e l'aspetto, per iniziare il lavoro presso di me, il giorno 8 ago- sto. Il treno parte alle 12,40 da Paddington. Troverà qualcuno a riceverla alla stazione di Oakbridge. Accludo cinque sterline per le spese. Una Nancy Owen Sul bordo superiore del foglio era stampato l'indirizzo: "Nigger Island, Sticklehaven, Devon". Nigger Island! I giornali non avevano parlato d'altro, in quegli ultimi tempi. Chiacchiere e insinuazioni interessanti. Ma, probabilmente, aveva- no lavorato di fantasia. Comunque, la casa era stata costruita da un milio- Brent sedeva nell'affollato scompartimento di terza classe e trionfava della scomodità e della calura. Tutti facevano tante storie per qualsiasi inezia, al giorno d'oggi! Esigevano l'iniezione anestetica prima di farsi cavare un dente, ingoiavano sonniferi se non potevano dormire, volevano poltrone e cuscini, e le ragazze si vestivano come capitava, e se ne stavano seminude sulle spiagge, d'estate. Le labbra della signorina Brent si serrarono. Le sa- rebbe piaciuto dare una lezione a certa gente... Ripensò alle vacanze estive dell'anno prima. Quest'anno, però, le cose sarebbero state ben diverse. Nigger Island... Rilesse mentalmente la lettera che ormai sapeva a memoria. Cara signorina Brent, spero che si ricordi di me. Siamo state in- sieme alla pensione di Belhaven in agosto, qualche anno fa, e sembrava davvero che avessimo molte affinità, noi due. Ora apro una pensione di mia proprietà in un'isola sulla costa del Devon. Sono convinta sia il momento giusto per offrire final- mente un soggiorno dove si possa gustare una buona cucina fami- liare e incontrare brava gente all'antica. Niente nudità, niente grammofono in funzione per tutta la notte. Sarò davvero lieta se potrà fare in modo di passare le vacanze estive a Nigger Island, senza alcuna spesa, naturalmente, come mia ospite. Sarebbe d'ac- cordo per i primi di agosto? Magari, se non ha niente in contrario, il giorno 8. La sua U.N.O. Di che si trattava? Non era facile decifrare quella firma. Emily Brent pensò irritata che troppa gente scrive il proprio nome in modo illeggibile. Riandò con la mente a tutte le persone che aveva incon- trato a Belhaven. Vi aveva passato due estati di seguito. Ricordava quella simpatica donna di mezza età, la signora... la signorina... come diamine si chiamava? Suo padre era un canonico. E poi quella signora Olton... Or- men... No, si chiamava Oliver! Certo, Oliver. Nigger Island! Se n'era parlato sui giornali, di Nigger Island... qualcosa che riguardava una stella del cinema... o non era piuttosto un milionario americano? Naturalmente, luoghi simili finiscono spesso con lo stancare. La vita su un'isola così piccola non è fatta per tutti. Prima, pensano che sia romantica, ma quando ci vanno a stare si accorgono degli svantaggi e sono ben felici se riescono a venderla. Emily Brent pensò: "A ogni modo, farò le vacanze gratis". Le sue rendite si erano ridotte, e una parte delle azioni che possedeva non fruttava alcun dividendo. In tali condizioni, la proposta non era affatto da scartare. Se avesse potuto ricordarsi meglio di quella signora, o signori- na? Oliver... Il generale Macarthur guardava fuori dal finestrino. Il treno stava arri- vando a Exeter, dove bisognava cambiare. Che dannazione, quelle ferrovie secondarie lente come lumache! In linea d'aria, quel posto, Nigger Island, non sarebbe stato lontano. Non riusciva a capire bene chi fosse il signor Owen. Un amico di Spoof Leggard, probabilmente, e di Johnny Dyer. Alcuni suoi vecchi amici verranno... saranno contenti di rievo- care con lei il passato. Certo, anche lui sarebbe stato contento di parlare con qualcuno dei vec- chi tempi. Tanto più che, ultimamente, aveva avuto l'impressione che molti lo sfuggissero, nel suo ambiente. E tutto per quella maledetta storia: una storia passata da quasi trent'anni! Armitage ne aveva certamente parlato. Dannato moccioso! Che cosa ne sapeva lui? Oh, be', inutile rimuginare certe cose. A volte, si possono avere sensazioni assurde... immaginare che qualcuno ci guardi in modo strano... Adesso, era curioso di vedere Nigger Island. Avevano fatto molti pette- golezzi su quell'isola. Correva voce che se ne fossero impossessati l'Am- miragliato, o il Ministero della Guerra, o la RAE... e forse c'era del vero. Il giovane Elmer Robson, il milionario americano, era stato lui a costrui- re la villa. Spendendo migliaia di sterline, si diceva. Ogni sorta di lussi... Exeter. Un'ora di attesa. E lui non se la sentiva proprio di aspettare. Vo- leva andare avanti... Il dottor Armstrong guidava la Morris attraverso la piana di Salisbury. Era stanchissimo. Anche il successo si paga. C'era stato un tempo in cui, seduto nel suo studio medico di Harley Street, lussuosamente ammobiliato e fornito degli apparecchi più moderni, aveva aspettato... aspettato che il destino gli portasse il fallimento o il successo. Ebbene, era venuto il successo. Era stato fortunato. Fortunato e capace nella professione, naturalmente. Come medico sapeva il fatto suo, senza dubbio, ma di solito questo non basta per arrivare al successo. Bisogna an- che essere fortunati. E lui aveva avuto fortuna. Alcune diagnosi esatte e la gratitudine di due o tre signore ricche e influenti avevano contribuito a far- gli un nome. «Dovete farvi visitare da Armstrong, tanto giovane, ma così bravo... Pam aveva consultato un'infinità di medici per anni, inutilmente, e lui ha riconosciuto subito il male!». Ed era stata una valanga. Ora, il dottor Armstrong era definitivamente arrivato. Aveva impegni a non finire e non poteva concedersi che brevi periodi di riposo. Perciò, quel mattino d'agosto, aveva lasciato Londra più che volentieri per trascorrere qualche giorno in un'isola al largo delle coste del Devon. Non che si trat- tasse proprio di una vacanza. La lettera che aveva ricevuto era scritta in termini piuttosto vaghi, ma non c'era niente di vago nell'assegno che l'ac- compagnava. Un onorario sbalorditivo. Questi Owen dovevano nuotare nell'oro. A quel che sembrava, il marito, preoccupato per la salute della moglie, desiderava che il medico la tenesse d'occhio senza darlo a vedere. Non voleva saperne, la signora, di farsi visi- tare. I suoi nervi... Nervi! Le sopracciglia del dottore s'inarcarono. Le donne e i Loro nervi! Ma, dopotutto, i nervi delle signore gli fruttavano bene. Metà delle sue pa- zienti non avevano altra malattia che la noia, ma non lo avrebbero certo ringraziato se avesse detto loro la verità. Ed era sempre facile inventare qualche piccolo disturbo per soddisfarle. «Uno stato anormale dovuto a...» e qui una lunga difficile parola «niente di serio, tuttavia sarà bene provvedere subito. Basterà una cura semplicis- sima». In fondo, la medicina è molto aiutata dalla fede nella guarigione. Lui lo sapeva e, usando le maniere adatte, riusciva a ispirare subito speranza e fi- ducia. Per fortuna era riuscito a non crollare, dopo la faccenda di dieci... no, quindici anni prima. Ma quello era stato davvero un guaio. Avrebbe potuto rovinarsi per sempre. Invece, il colpo gli aveva dato la forza necessaria per reagire; aveva smesso definitivamente di bere. C'era mancato poco, però... Con un assordante suono di clacson, una Dalmain Supert Sport lo sor- passò. Il dottor Armstrong fu quasi spinto sul ciglio della strada. Uno di quei pazzi del volante. Li detestava. Anche in questo caso, c'era mancato poco. Maledetto sciocco! 2 Davanti alla stazione di Oakbridge, quattro persone erano ferme in mo- mentanea incertezza. Dietro di loro, stavano i facchini con le valigie. Uno di questi chiamò: «Jim!». Il conducente di uno dei tassì fece un passo avanti. «Andate a Nigger Is- land, forse?» domandò con lo strascicato accento del Devon. I quattro assentirono, e poi si scambiarono rapidamente uno sguardo di sfuggita. L'autista si rivolse al giudice Wargrave, come al più anziano della com- pagnia. «Ci sono qui due tassi, signore, ma uno deve aspettare l'accelerato da Exeter... si tratta di cinque minuti... perché deve arrivare un altro signo- re. Se uno di voi volesse aspettare, stareste tutti più comodi». Vera Claythorne, consapevole della sua posizione di segretaria, rispose subito: «Aspetterò io. Se voi volete andare...». Guardò gli altri tre, con una leggera aria di comando che le veniva dalla sua professione d'insegnante e dall'abitudine a esercitare una certa autorità. Avrebbe usato lo stesso tono per dire alle ragazze in quale campo di ten- nis dovevano giocare. La signorina Brent rispose, rigida: «Grazie». Chinò il capo ed entrò nell'auto, mentre il tassista teneva aperto lo sportello. Il giudice Wargrave la seguì. «Io aspetterò con la signorina...» dichiarò il capitano Lombard. «Claythorne» disse Vera. «Lombard. Philip Lombard.» I facchini ammucchiavano le valigie nel tassì. Il giudice Wargrave os- servò, con la tipica cautela del magistrato: «Avremo un tempo magnifico». La signorina Brent annuì. «Lo credo anch'io.» "Un vecchio signore molto distinto" pensò. "Ben diverso dai soliti uo- mini che s'incontrano nelle pensioni balneari. Evidentemente, la signora, o signorina, Oliver ha conoscenze rispettabili..." «Conosce questi luoghi?» le chiese il giudice. «Sono stata in Cornovaglia e a Torquay, ma è la prima volta che vengo in quest'angolo del Devon». «Anch'io non lo conosco» disse il giudice. L'auto si mise in moto. Il conducente dell'altro tassi domandò: «Non vo- lete accomodarvi in macchina mentre aspettate?» «Grazie, no» rispose Vera con fermezza. Il capitano Lombard sorrise. «Questo muro assolato è davvero attraente. A meno che non preferisca rientrare in stazione.» «Questo poi no. Non vedevo l'ora di scendere da quel treno infocato.» «Sì, viaggiare in treno è opprimente, in questa stagione.» «Speriamo che il tempo si mantenga così» disse Vera in tono conven- zionale. «Le nostre estati inglesi sono traditrici.» Con scarsa originalità, Lombard chiese: «Conosce questi luoghi?». «No, non ci sono mai stata.» E aggiunse, decisa a mettere subito in chia- ro la sua posizione: «Non conosco nemmeno la signora che mi ha assunta come segretaria». «Segretaria?» «Sì, sono la segretaria della signora Owe.» «Oh, capisco.» Quasi impercettibilmente il tono di Lombard cambiò. Divenne più sicuro, più disinvolto. «Non è piuttosto strano?» Vera rise. «Oh, no, non mi pare. La sua segretaria si è ammalata im- provvisamente, la signora ha telegrafato a un'agenzia per trovare chi la so- stituisse e hanno mandato me.» «Ah, già. E se il posto non le piacesse?» Vera rise di nuovo. «È solo un impiego temporaneo, per le vacanze. Io sono insegnante in una scuola femminile. D'altronde, l'idea di vedere Nig- ger Island mi attira moltissimo. Se ne è parlato tanto nei giornali... È dav- vero così affascinante?» «Non lo so. Non l'ho mai vista» rispose Lombard. «Davvero? Gli Owen ne sono entusiasti, immagino. Che tipi sono?» Lombard pensò: "Una situazione piuttosto imbarazzante, questa. Devo conoscerli o no?". A un tratto disse: «Attenzione, c'è una vespa sul suo braccio. No, stia ferma». Fece un gesto, come per scacciare un insetto. «Ecco, se n'è andata!» «Oh, grazie. C'è un'infinità di vespe questa estate». «Già, dev'essere per via del caldo. E chi stiamo aspettando, lo sa?» «Non ne ho la minima idea.» Si udì il fischio acuto e prolungato di un treno in arrivo. «Questo dev'essere l'accelerato da Exeter» disse Lombard. Un vecchio signore alto, dall'aspetto marziale, apparve all'uscita della stazione. Aveva i capelli brizzolati tagliati cortissimi e i baffi ben curati. Il facchino, che barcollava leggermente sotto il peso di una valigia di cuoio, gli indicò Vera e Lombard. Vera si fece avanti, disinvolta. «Sono la segretaria della signora Owen» disse. «C'è qui un tassì che aspetta. Le presento il signor Lombard» sog- giunse. Gli slavati occhi azzurri, acuti nonostante l'età, scrutarono Lombard. Per un attimo vi apparve un giudizio, che passò inosservato. "Un tipo attraente. Ma ha qualcosa che non va..." I tre presero posto nel tassì. Passarono per le strade sonnolente della pic- cola Oakbridge e continuarono per circa due chilometri lungo la carrozza- bile di Plymouth. Poi, si addentrarono in un intrico di viottoli ripidi e stret- ti, che tagliavano la campagna. «Non conosco questa parte del Devon» disse il generale Macarthur. «La mia casa è nell'East Devon, proprio ai confini col Dorset». «È davvero bello, qui» osservò la ragazza. «Le colline, la terra rossa... è tutto così verde e soffice.» «Un po' chiuso, però» ribatté Philip Lombard. «A me piace l'aperta campagna, dove lo sguardo può spaziare libero.» «Lei deve aver visto buona parte del mondo, vero?» osservò il generale Macarthur. Lombard si strinse nelle spalle con indifferenza. «Sono stato un po' dap- pertutto.» E pensò: "Ora mi chiederà se, quando è scoppiata la guerra, ero in età da fare il soldato. Questi vecchi signori lo domandano sempre". Ma il generale Macarthur non fece nessun accenno alla guerra. Risalirono una collina e scesero a zigzag fino a Sticklehaven: un sempli- ce agglomerato di casette con qualche barca da pesca sulla spiaggia. Per la prima volta, videro Nigger Island, che emergeva dal mare verso sud ed era illuminata dal sole al tramonto. Vera osservò, sorpresa: «Ma è molto lontana dalla terraferma». Se l'era immaginata diversa: un'isola vicino alla terraferma, coronata da una bella casa bianca. Ma non si vedeva la casa: solo le rocce che componevano un disegno vagamente simile a una gigantesca testa di negro. C'era qualcosa di sinistro in quell'isola, che la fece rabbrividire leggermente. Fuori da un piccolo pub all'insegna delle Sette Stelle, sedevano tre per- sone. Accanto alla figura un po' curva del vecchio giudice e a quella rigi- damente eretta della signorina Brent, c'era un uomo alto e robusto, il tipo del gradasso, che si fece avanti presentandosi. «Abbiamo pensato di aspettarvi per fare un unico viaggio» disse. «Per- mettete che mi presenti. Mi chiamo Davis. Sono nato nel Natal, Sud Afri- ca.» Rise con allegria. Il giudice Wargrave lo guardò con malcelata antipatia. Sembrava in pro- senatura fra le rocce. «Dev'essere difficile approdare, col cattivo tempo» disse Philip Lombard. Fred Narracott rispose: «Non si può approdare qui, quando c'è vento di sudest. Qualche volta, Nigger Island resta isolata dalla terraferma per una settimana e più». Vera Claythorne pensò: "Fare provviste dev'essere difficile, ed è il peg- gior inconveniente delle isole. Tutti i problemi domestici si complicano". La barca a motore passò lungo le rocce e si fermò. Fred Narracott saltò a terra e, insieme con Lombard, aiutò gli altri a scendere. Poi legò l'imbarca- zione a un anello incastrato in uno scoglio e precedette gli altri per i gradi- ni tagliati nella roccia. Il generale Macarthur esclamò: «Ah, che incanto!». Ma si sentiva in- quieto. Era strano, maledettamente strano, quel posto. Mentre la compagnia saliva su per i gradini e giungeva in cima alla scala che si apriva su un terrapieno spazioso, sistemato a terrazzo, tutti si riani- marono. Sulla porta d'ingresso della villa un irreprensibile maggiordomo li aspettava, e la dignità grave del suo atteggiamento li rassicurò. E poi, la casa era davvero bella, la vista dalla terrazza magnifica... Il maggiordomo avanzò, inchinandosi leggermente. Era un uomo alto e magro, coi capelli grigi, distintissimo. «I signori vogliono accomodarsi da questa parte?» Nel salone d'ingresso erano pronti i rinfreschi. File e file di bottiglie. An- thony Marston si sentì rianimato, sebbene l'ambiente nel quale si trovava non gli garbasse troppo. Nessuno del suo mondo! Come era venuto in mente al vecchio Badger di mandarlo lì? Comunque, i liquori erano tutti di ottima marca. Che cosa stava dicendo il maggiordomo? Il signor Owen... sfortunata- mente in ritardo... impossibilitato a trovarsi li prima dell'indomani. Istru- zioni... di qualunque cosa avessero bisogno i signori... non volevano vede- re le loro camere?... Si cenava alle otto. Vera Claythorne aveva seguito la signora Rogers al piano superiore. La donna aveva aperto una porta in fondo a un corridoio, e lei era entrata in una deliziosa camera da letto con una grande finestra che dava sul mare e un'altra aperta a oriente. Le sfuggì un'esclamazione di piacere. «Spero che abbia tutto quello che desidera, signorina» disse la signora Rogers. Vera si guardò intorno. Il bagaglio era già stato portato in camera e il contenuto disposto in bell'ordine. In una parete si apriva una porta che la- sciava scorgere la stanza da bagno rivestita di piastrelle azzurre. «Sì, grazie» rispose. «La signorina può suonare il campanello, quando desidera qualcosa.» La signora Rogers aveva una voce piatta e monotona. Vera la guardò in- curiosita. Che pallido spettro di donna! Tuttavia, aveva un'aria rispettabile, con i capelli raccolti sulla nuca e il vestito nero. Ma che strani occhi... con- tinuavano a spostarsi da un punto all'altro della stanza. "Sembra spaventata anche dalla sua ombra" pensò Vera. "Sì, questa era la parola esatta: spaventata. Come se camminasse e agisse in preda a una paura mortale..." Un leggero brivido la percorse. Di che cosa poteva aver paura quella donna? «Sono la nuova segretaria della signora Owen» disse alla fine con tono cordiale. «Immagino lo sappia.» «No, signorina, non so niente» rispose la signora Rogers. «Ho solo l'e- lenco degli invitati e delle rispettive camere.» «La signora Owen non le ha parlato di me?» domandò Vera. La signora Rogers la guardò stupita. «Non ho ancora visto la signora Owen. Noi siamo arrivati solo due giorni fa.» "Gente straordinaria, questi Owen" pensò Vera. Poi domandò: «Quanti domestici ci sono, qui?». «Soltanto io e Rogers, signorina». Vera corrugò la fronte. Otto invitati - dieci persone in tutto compresi i padroni di casa - e appena un maggiordomo e una governante per servirli. «Io sono una buona cuoca e mio marito sa fare di tutto, in casa» aggiun- se la signora Rogers. «Non immaginavo, naturalmente, che ci sarebbero stati tanti ospiti.» «E riuscirete a cavarvela?» «Oh, si, signorina. Ma se ci saranno spesso molti invitati, forse la signo- ra Owen si procurerà del personale extra.» «Lo spero.» La signora Rogers si girò per uscire. Si muoveva senza rumore, sul pa- vimento lucido. Sparì dalla camera come un'ombra. Vera andò a sedere sulla panchetta nel vano della finestra. Provava un vago turbamento. Tutto era un po' strano... l'assenza degli Owen, quella si- gnora Rogers pallida come uno spettro. E gli ospiti! Sì, anche gli ospiti e- rano strani. Una compagnia curiosamente assortita. "Vorrei proprio vedere questi Owen... Vorrei sapere che tipi sono" pensò. Si alzò e passeggiò nervosamente per la stanza. Una camera da letto per- fetta, modernamente arredata. Soffici tappeti bianchi sul pavimento di le- gno, pareti chiare, un lungo specchio. La mensola del caminetto era priva di soprammobili, a eccezione di un orso di marmo bianco: una scultura moderna nella quale era inserito un orologio. Al di sopra del caminetto, in una cornice cromata, una grande pergamena, con una poesia. Vera la lesse. Era una di quelle vecchie filastrocche per bambini che ri- cordava fin dall'infanzia. Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar; uno fece indigestione, solo nove ne restar. Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar. Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar: uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar. Sette poveri negretti legna andarono a spaccar: un di lor s'infranse a mezzo, e sei soli ne restar. I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar. Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar. Il dottor Armstrong rimase a fissarlo. Quando gli pareva che il vecchio signore si fosse addormentato, quello chiese bruscamente: «Conosce Con- stance Culmington?». «Io... no, credo di no.» «Non importa» disse il giudice. «È una donna molto distratta, con una calligrafia praticamente illeggibile. Stavo proprio domandandomi se non avevo sbagliato indirizzo, venendo qui.» Il dottor Armstrong scosse la testa ed entrò in casa. Il giudice rimase a riflettere su Constance Culmington. Era come tutte le altre donne, non si poteva fare affidamento su di lei. Pensò alle donne che si trovavano a Nigger Island: la vecchia zitella e la ragazza. Non gli piaceva quella ragazza, era un'insignificante maschietta dal sangue freddo. Veramente, le donne erano tre se si comprendeva la Rogers, una strana creatura che sembrava sempre spaventata a morte. Ma con suo marito formava una coppia rispettabile, e tutti e due sapevano fare il loro lavoro. Siccome Rogers era uscito in quel momento sulla terrazza, il giudice gli domandò: «Lady Constance Culmington è attesa?». Rogers lo guardò. «No, signore, non mi risulta». Il giudice inarcò le sopracciglia, e borbottò qualcosa. Anthony Marston era nel bagno e si godeva l'acqua calda. Aveva i mu- scoli contratti, dopo il lungo viaggio in automobile. Pochissimi pensieri gli passavano per la mente. Anthony era una creatura tutta sensazioni e azioni. Si disse: "Dovrò resistere fino in fondo, immagino". Quindi, respinse dalla mente ogni altro pensiero. Acqua calda fumante... membra stanche... fra poco si sarebbe raso... un cocktail... la cena... E dopo? Il signor Blore si annodava la cravatta. Non era una sua specialità, quel- la. Era abbastanza elegante? Gli pareva di sì. Nessuno si era mostrato cordiale con lui... Strano come tutti si scrutava- no, diffidenti, quasi avessero "saputo"... Bene, tutto dipendeva da lui. Aveva le migliori intenzioni di fare bene il suo lavoro. Guardò la filastrocca per bambini appesa sopra il caminetto. Originale l'idea di mettere lì quella poesia! "Ricordo quest'isola" pensò. "Allora, ero un bimbo. Mai pensato di do- ver svolgere un compito simile in una casa costruita qui, sull'isola. È un bene, forse, che non ci sia dato di prevedere il futuro..." Il generale Macarthur era accigliato. Maledizione, tutta quella faccenda era diabolicamente strana! Non era affatto quello che si aspettava... Aveva una gran voglia di trovare una scusa qualsiasi per andarsene. Ma il battello era partito. Dunque, doveva restare. A pensarci bene, quel Lombard era un tipo singolare. Non era un galantuomo. No, lo avrebbe giurato. Al primo rintocco del gong, Philip Lombard uscì dalla sua camera e si diresse verso le scale. Si muoveva come una pantera, con passo felino, si- lenzioso. C'era davvero qualcosa della pantera, in lui. Un animale da preda di piacevole aspetto. Sorrise tra sé. Una settimana dunque? Quella settimana voleva godersela. Nella sua camera, Emily Brent, vestita di seta nera per la cena, leggeva la Bibbia. Le sue labbra si muovevano leggermente mentre seguiva con gli occhi le parole: "Gli infedeli cadono nella trappola che hanno preparato, nella rete che loro stessi nascosero è preso il loro piede. Si riconosce il Si- gnore dalla sua condanna. I malvagi saranno gettati nell'inferno". Strinse le labbra sottili. Chiuse la Bibbia. Alzandosi, si appuntò al collet- to una spilla di quarzo giallo, e scese per la cena. 3 La cena stava per terminare. Cibo ottimo, vini squisiti. Rogers serviva in modo impeccabile. Tutti erano di buon umore. Avevano cominciato a conversare con mag- gior disinvoltura e in tono più confidenziale. Il giudice Wargrave, amman- sito dal Porto eccellente, divertiva con le sue battute caustiche, e il dottor Armstrong e Tony Marston lo ascoltavano con piacere. La signorina Brent parlava col generale Macarthur: avevano scoperto di avere amici comuni. Vera Claythorne faceva al signor Davis domande intelligenti sul Sud Afri- ca. Il signor Davis era informatissimo sull'argomento. Lombard ascoltava quella conversazione. Un paio di volte, alzò bruscamente lo sguardo, soc- chiudendo gli occhi. Di tanto in tanto si guardava intorno, studiando gli al- tri. Improvvisamente Anthony Marston disse: «Graziose quelle figurine, ve- ro?». In mezzo alla tavola rotonda, su un centro di cristallo, c'erano delle sta- tuine di porcellana. «Negretti» soggiunse Anthony. «L'isola si chiama Nigger Island; immagino sia per questo.» Vera si chinò a osservare: «Crede? Quante sono? Vediamo... Dieci? Sì, sono dieci. Ma che carini! Sono i dieci negretti della poesia. Nella mia ca- mera è incorniciata e appesa sopra il caminetto». «Anche in camera mia» disse Lombard. «E nella mia.» «Nella mia pure.» Tutti fecero coro. «Un'idea originale, no?» commentò Vera. Ma il giudice Wargrave brontolò: «Puerile». E si versò un altro bicchiere di Porto. Emily Brent guardò Vera Claythorne. Vera guardò la signorina Brent. Le due donne si alzarono. Nel salotto, le grandi portefinestre erano aperte sulla terrazza e giungeva fino a loro il mormorio del mare contro le rocce. Emily Brent disse: «Suono piacevole, vero?». «Lo detesto» ribatté Vera con durezza. La signorina Brent la guardò sorpresa. Vera arrossi. «Non credo che quest'isola sia tanto piacevole quando c'è tempesta» disse in tono più dolce. Emily Brent fu d'accordo. «Senza dubbio chiuderanno la casa d'inverno. Innanzitutto dev'essere molto difficile trovare domestici che vengano qui, in quella stagione.» «Dev'essere difficile trovare domestici che vengano qui in qualsiasi sta- gione» ribatté Vera. «La signora Oliver è stata fortunata a trovare quei due» osservò Emily Brent. «La donna è una buona cuoca.» Vera pensò: "Strano come la gente anziana sbagli sempre i nomi". E dis- se: «Sì, credo che la signora Owen sia stata davvero fortunata». Emily Brent aveva tolto dalla borsetta un piccolo ricamo. Mentre stava per infilare l'ago, s'interruppe. «Owen? Ha detto Owen?» chiese brusca- mente. «Sì.» Emily Brent continuò, sullo stesso tono: «Non ho mai conosciuto in vita Nella stanza attigua, un tavolo era stato spinto accanto alla parete diviso- ria. Sul tavolo, c'era un grammofono vecchio modello, con una grossa tromba. La bocca della tromba era appoggiata contro la parete, e Lombard, scostandola, mostrò due o tre piccoli fori, quasi invisibili, praticati nel mu- ro. Rimise a posto il grammofono, avvicinò la puntina al disco e immedia- tamente si udì di nuovo: Siete imputati delle seguenti colpe... Vera gridò: «È orribile! Basta!». Lombard obbedì. «Penso che si tratti di uno scherzo crudele e di pessimo gusto» disse il dottor Armstrong, con un sorriso di sollievo. Con voce sottile e chiara, il giudice Wargrave chiese: «Lei crede proprio che si tratti di uno scherzo?». «Che altro potrebbe essere?» Il giudice si accarezzò leggermente il labbro superiore. «Per il momento non sono in grado di esporre un'opinione in proposito» disse. Anthony Marston intervenne. «C'è una cosa che abbiamo dimenticato. Chi ha acceso il grammofono e l'ha fatto funzionare?» Wargrave mormorò: «Già. Credo che si debba indagare su questo». E si avviò di nuovo verso il salotto. Gli altri lo seguirono. Rogers tornò in quel momento con un bicchiere di cognac. La signorina Brent era china sulla signora Rogers. Il maggiordomo s'insinuò tra le due donne. «Permette, signora, voglio parlarle. Ethel... Ethel... stai tranquilla. Va tutto bene, capisci? Su, calmati.» La signora Rogers respirava affannosamente. I suoi occhi, vitrei e terro- rizzati, passavano incessantemente dall'uno all'altro dei visi che la circon- davano. La voce di Rogers si fece ansiosa, quasi impaziente. «Calmati, Ethel.» Il dottor Armstrong le parlò dolcemente. «Adesso sta bene, signora Rogers. Un capogiro, ecco tutto.» La donna domandò: «Sono svenuta?». «Sì.» «È stata la voce... quella terribile voce...» Il viso le si fece di nuovo ter- reo, sbatté le palpebre. Il dottor Armstrong domandò, brusco: «Dov'è il cognac?». Rogers aveva posato il bicchiere su un tavolino. Qualcuno lo porse al medico, il quale si chinò sulla donna. «Beva questo, signora Rogers.» Lei bevve, ansando e tossendo. Ma l'alcol le fece bene. Il viso riprese co- lore. «Ora sto meglio. Sì, è stato solo un capogiro.» «Certo è stato un brutto scherzo» disse Rogers. «Anche a me ha fatto ef- fetto. Ho lasciato cadere il vassoio. E erano tutte bugie! Vorrei sapere...» Tacque bruscamente. Qualcuno aveva tossito: un breve colpo di tosse secca, che però interruppe la foga della sua protesta. Fissò il giudice War- grave, e questi tossì di nuovo. Poi disse: «Chi ha messo quel disco sul grammofono? E stato lei, Rogers?». «Non sapevo che cosa fosse!» gridò l'uomo. «Lo giuro davanti a Dio, si- gnore. Se l'avessi saputo, non lo avrei mai fatto.» Il giudice osservò, ironico: «Questo è vero, probabilmente. Ma credo che dovrebbe spiegarsi meglio, Rogers». Il maggiordomo si asciugò la faccia col fazzoletto. «Non ho fatto altro che obbedire agli ordini, signore.» «Quali ordini?» «Gli ordini del signor Owen.» «Si spieghi meglio» ripeté il giudice. «Gli ordini del signor Owen era- no... quali, esattamente?» «Dovevo mettere un disco sul grammofono. Il disco era nel cassetto. Mia moglie doveva farlo girare quando io fossi andato in salotto a servire il caffè.» «Una storia davvero interessante» mormorò il giudice. Rogers disse: «È la verità, signore. Lo giuro davanti a Dio. Non sapevo di che cosa si trattasse, non l'ho mai saputo. C'era un titolo sul disco... cre- devo che fosse un pezzo di musica». Wargrave guardò Lombard. «C'è davvero un titolo?» Lombard annuì. A un tratto sorrise, mostrando i bianchi denti affilati. «Proprio così, signore. Il canto del cigno...» Il generale Macarthur proruppe in un'esclamazione: «Ma è assurdo... as- surdo! Lanciare accuse come quelle! Qualcosa bisogna pur fare. Questo Owen, chiunque sia...». Emily Brent lo interruppe, acida: «A proposito, si potrebbe sapere chi è?». Il giudice s'interpose. Parlò con l'autorità che la lunga carriera di magi- strato gli conferiva. «Proprio su questo punto dobbiamo indagare. Intanto, Rogers, le consiglierei di accompagnare a letto sua moglie. Poi, torni qui.» «Sì, signore.» «Le darò una mano, Rogers» disse il dottore. Appoggiandosi ai due uomini, la signora Rogers si lasciò condurre fuori dalla stanza. Quando furono usciti, Tony Marston disse: «Non so che cosa ne pensano gli altri, ma io berrei qualcosa». «Anch'io» approvò Lombard. Tony disse: «Allora vado a prendere l'occorrente». Uscì e tornò pochi secondi dopo. «Ho trovato tutto su un vassoio qui fuori.» Posò con cautela il suo carico e distribuì le bevande. Il generale Macar- thur e il giudice presero un whisky liscio. Tutti sentivano il bisogno di uno stimolante. Solo Emily Brent chiese e ottenne un bicchiere d'acqua. Il dottor Armstrong rientrò in salotto. «La signora Rogers sta meglio» informò. «Le ho dato un sedativo. C'è qualcosa da bere? Proprio quello che mi ci vuole.» Gli uomini riempirono di nuovo i bicchieri. Qualche istante dopo, Rogers tornò. Il giudice Wargrave assunse la direzione dell'inchiesta. Il sa- lotto si trasformò in un tribunale improvvisato. Il giudice disse: «Ora, Rogers, dobbiamo andare a fondo di questa fac- cenda. Chi è il signor Owen?». Rogers lo guardò meravigliato. «Il proprietario dell'isola, signore.» «Questo lo so. Vorrei mi dicesse che cosa sa di quell'uomo.» Rogers scosse il capo. «Niente, signore. Non l'ho mai visto.» Ci fu un leggero movimento nella stanza. Il generale Macarthur doman- dò: «Non l'ha mai visto? Che cosa intende dire?». «Mia moglie e io siamo qui solo da una settimana, signore. Siamo stati assunti per mezzo dell'agenzia Regina, di Plymouth. Abbiamo ricevuto una lettera.» Blore annuì. «Una vecchia agenzia.» «Ha quella lettera?» domandò Wargrave. «La lettera d'assunzione? No, signore. Non l'ho conservata.» «Continui a raccontare. Dunque, voi due siete stati assunti per lettera.» «Sì, signore. Dovevamo arrivare a una data stabilita. Siamo stati puntua- li. Qui, tutto era in ordine. Provviste in abbondanza nella dispensa, e tutto perfettamente a posto. Non c'era che da spolverare.» «E poi?» «Niente signore. Abbiamo avuto l'ordine, sempre per iscritto, di prepara- re le camere per un gruppo d'invitati, e ieri, con la posta di mezzogiorno, gran bugiardo. Pretende di venire dal Natal, nel Sud Africa. Io conosco il Sud Africa e il Natal, e sono pronto a scommettere che lei non ci ha mai messo piede.» Tutti gli occhi si puntarono su Blore. Occhi sospettosi e colmi d'ira. Anthony Marston fece un passo verso di lui, coi pugni serrati nervosa- mente. «Impostore!» lo investì. «Ha qualche spiegazione da dare?» Blore gettò indietro la testa e serrò le mascelle quadrate. «Voi, signori, mi fate torto. Ho qui le mie credenziali e potete controllare. Sono un ex i- spettore di polizia. Dirigo un'agenzia d'investigazioni, a Plymouth. Sono qui in servizio.» «Chiamato da chi?» domandò il giudice Wargrave. «Da quel tale Owen. Ha accluso alla lettera un generoso assegno per le spese e mi ha dato le istruzioni. Dovevo unirmi agli invitati, fingendomi uno di loro. Avevo i nomi di tutti. Dovevo sorvegliarvi.» «Le hanno spiegato per quale motivo?» «I gioielli della signora Owen. La signora Owen dei miei stivali! Non credo nemmeno che esista.» Di nuovo, il giudice si accarezzò con l'indice il labbro, approvando. «Mi pare che le sue conclusioni siano giustificate. Ulick Norman Owen! Nella lettera della signorina Brent, sebbene il cognome sia un semplice sgorbio, i nomi di battesimo sono abbastanza chiari: Una Nancy. In entrambi i casi avrete notato le medesime iniziali. Ulick Norman Owen. Una Nancy Owen: tutt'e due le volte, quindi U.N. Owen. Oppure, con un leggero sfor- zo di fantasia, sconosciuto!»1 Vera gridò: «Ma tutto questo è assurdo, pazzesco!». Il giudice annuì dolcemente. «Oh, sì. Non ho alcun dubbio che siamo stati invitati qui da un pazzo. Probabilmente da un pericoloso maniaco o- micida.» 1 Le iniziali U.N. più la parola Owen si pronunciano in inglese all'incirca come la parola Unknown = sconosciuto. [N.d.T.] 4 Ci fu un momento di silenzio, un silenzio attonito e smarrito. Poi la sot- tile, chiara voce del giudice riprese il filo del discorso. «Passiamo ora alla fase successiva dell'inchiesta. Prima, comunque, voglio aggiungere alla li- sta le mie credenziali.» Sfilò di tasca una lettera e la mise sul tavolo. «Questa lettera risulta scrit- ta da una mia vecchia amica, Lady Constance Culmington. Sono anni che non la vedo. Era andata in Oriente. È proprio il tipo di lettera incoerente che la mia amica avrebbe scritto, insistendo perché la raggiungessi qui e ri- ferendosi ai padroni di casa nei termini più vaghi. La medesima tecnica, come vedete. Ho menzionato questa lettera perché collima con le altre prove, dalle quali emerge un solo punto interessante: chiunque sia la per- sona che ci ha attirato qui, quella persona si è preso il disturbo di scoprire molte cose che ci riguardano personalmente. Quel tale, chiunque sia, sa della mia amicizia con Lady Constance Culmington e conosce il suo stile epistolare. Conosce i colleghi del dottor Armstrong e i loro impegni attua- li. Conosce il soprannome dell'amico del signor Marston e sa che genere di telegramma spedirebbe. Sa esattamente dov'è stata la signorina Brent, due anni fa, durante le vacanze, e quali persone ha incontrato. Conosce i vecchi amici del generale Macarthur.» Fece una pausa, poi riprese: «Quella persona sa molto, come vedete. E, valendosi di quello che sa, ha fatto accuse ben precise». Immediatamente il salotto si trasformò in una babele. Il generale Macar- thur gridò: «Un mucchio di dannate bugie! Una calunnia!». «È obbrobrioso! Perfido!» urlò Vera. Rogers disse con voce rauca: «Una bugia... una malvagia bugia... noi non abbiamo mai... nessuno di noi due...». «Non capisco a cosa miri quel maledetto pazzo!» strepitò Marston. La mano del giudice Wargrave si alzò, calmando il tumulto. «Desidero dire questo: il nostro amico sconosciuto accusa me dell'assassinio di un certo Edward Seton. Mi ricordo benissimo di Seton. Sono stato giudice al suo processo, nel giugno del 1930. Doveva rispondere dell'assassinio di una vecchia. Era molto ben difeso e la sua testimonianza fece buona im- pressione sulla giuria. Ma le prove dimostrarono che era colpevole. Io ri- capitolai il caso in questo senso e la giuria emise un verdetto di colpevo- lezza. Pronunziando la condanna a morte, io non feci altro che ratificare quel verdetto. Si ricorse in appello, contestando la regolarità del processo per indebita influenza esercitata sulla giuria. Ma l'appello fu respinto e l'uomo giustiziato. Ci tengo a dire, davanti a voi tutti, che la mia coscienza è perfettamente a posto, in questo caso. Emettendo una sentenza contro un assassino, ho fatto solo il mio dovere.» Armstrong ricordava il caso Seton. Il verdetto aveva provocato grande sorpresa. Lui aveva incontrato l'avvocato Matthews al ristorante, mentre era in corso il processo. Matthews era fiducioso. «Non c'è dubbio sul ver- detto. L'assoluzione è praticamente certa» diceva. E più tardi, aveva udito i commenti: «Il giudice ce l'aveva a morte con Seton. Ha rigirato la giuria a modo suo, e Seton è stato giudicato colpevole. Tutto legalmente ineccepi- bile, però. Il vecchio Wargrave conosce bene il codice. Sembrava quasi che avesse un fatto personale contro quel disgraziato.» Questi ricordi si affollarono nella mente del dottore. Senza giudicare l'opportunità o meno della domanda, chiese impulsivamente: «Lei non co- nosceva Seton? Prima del processo, voglio dire». Gli occhietti da rettile incontrarono i suoi. Con voce chiara e fredda, il giudice rispose: «Non avevo mai udito il nome di Seton prima del proces- so». "Quest'uomo mente..." si disse Armstrong. "Ne sono certo." Vera Claythorne parlò con voce tremante. «Vorrei raccontarvi di quel bambino... Cyril Hamilton. Ero la sua governante. Gli era proibito di nuo- tare al largo. Un giorno, mentre ero momentaneamente distratta, si allonta- nò dalla riva. Tentai di raggiungerlo, ma non arrivai in tempo... Terribile! Ma non fu colpa mia. All'inchiesta il magistrato inquirente mi scagionò senza riserve. E la madre... fu così gentile. Se neanche lei mi ritenne col- pevole, perché mi si deve accusare di una colpa così orribile? Non è giu- sto...» E scoppiò a piangere. Il generale Macarthur le batté paternamente sulla spalla. «Su, su, mia ca- ra. Certo che non è vero. Quel tipo è un matto. Un matto! Gli è saltata un'idea pazza nel cervello! Ha rigirato tutto a modo suo, chi sa a quale scopo.» Si piantò in mezzo alla stanza, raddrizzando le spalle, e dichiarò con vo- ce imperiosa: «Sarebbe meglio lasciare senza risposta simili accuse. Co- munque, sento di dover parlare. Non c'è nulla di vero, neanche un briciolo di verità, in quanto è stato detto di... del giovane Arthur Richmond. Ri- chmond era uno dei miei ufficiali. Lo mandai in ricognizione. Rimase uc- ciso. Una cosa naturale, in tempo di guerra. Quello di cui mi risento, e molto, è la calunnia contro mia moglie. La moglie migliore del mondo. Assolutamente. E la più fedele». Il generale Macarthur sedette. Con mano tremante riprese a stuzzicarsi i baffi. Lo sforzo di parlare gli era costato molto. Allora, parlò Lombard. Aveva un'espressione divertita. «Quanto a quegli indigeni dell'Africa...» Il dottor Armstrong, pienamente padrone di sé, scosse il capo con fare divertito. «Non riesco a capire. Quel nome non mi ha detto proprio niente, quando l'ho udito. Com'era? Clees? Close? Davvero non ricordo di aver mai avuto una paziente che si chiamasse così, né di essere stato coinvolto nella morte di qualcuno. È proprio un mistero. Certo, dev'essere successo molto tempo fa. Forse si tratta di qualche mia operazione all'ospedale. La maggior parte delle persone viene troppo tardi a farsi operare. Poi, quando il paziente muore, dicono che la colpa è del chirurgo.» Sospirò e scosse ri- petutamente la testa. E intanto pensava: "Ubriaco, ecco quello che ero, ubriaco... E ho opera- to! Avevo perso il controllo dei nervi, mi tremavano le mani. L'ho uccisa, è vero... Povera diavola... una donna anziana... un caso semplicissimo, se fossi stato sobrio. Fortuna per me che esiste il segreto professionale. L'in- fermiera capì, naturalmente, ma non parlò. Che terribile esperienza! Ma mi ha fatto rinsavire. E chi può averlo scoperto, dopo tanti anni?". Vi fu un momento di silenzio. Tutti guardavano di sottecchi Emily Brent. Passò qualche minuto prima che l'anziana signorina si rendesse conto di quell'attesa. Sulla fronte bassa, le sopracciglia si aggrottarono. «Aspettate che io dica qualcosa? Non ho niente da dichiarare.» «Proprio niente, signorina Brent?» chiese il giudice. «Niente.» E le sue labbra si serrarono. Il giudice si passò una mano sul viso. «Si riserva di difendersi dall'accu- sa?» chiese, mite. La signorina Brent rispose, gelida: «Non ho bisogno di difendermi. Ho sempre agito secondo i dettami della mia coscienza. Non ho niente da rim- proverarmi». Adesso, nel silenzio, si percepiva un senso di insoddisfazione. Ma Emily Brent non era tipo da lasciarsi impressionare dall'opinione pubblica. Sede- va rigida, irremovibile. Il giudice si schiarì ripetutamente la voce. Poi sentenziò: «La nostra in- chiesta termina qui, allora. Rogers, chi altri c'è sull'isola, oltre a noi, a lei e a sua moglie?» «Nessuno, signore.» «Ne è sicuro?» «Sicurissimo, signore.» «Non riesco ancora a capire perché il nostro ospite sconosciuto ci abbia radunati qui. Ma, secondo me, questa persona, chiunque sia, non è sana di mente. Anzi, potrebbe addirittura essere pericolosa. Credo che dovremmo lasciare Nigger Island al più presto. Proporrei di andarcene questa notte stessa.» «Chiedo scusa, signore» intervenne Rogers «ma sull'isola non c'è nessu- na imbarcazione.» «Nessuna imbarcazione?» «No, signore.» «Come si comunica con la terraferma?» «Fred Narracott viene qui ogni mattina, signore. Porta il pane, il latte e la posta, e riceve le ordinazioni.» «Allora, penso che sarebbe bene partire domani mattina, non appena ar- riva il battello di Narracott.» Ci fu un coro di approvazioni. Solo Anthony Marston non era d'accordo con la maggioranza. «Non vi sembra vile? Dovremmo indagare un po', prima di andarcene. Tutta la faccenda ha l'aria di un romanzo poliziesco. Un giallo pieno di emozioni.» «Alla mia età» disse acidamente il giudice Wargrave «non ho bisogno di emozioni.» «La vita vissuta secondo i dettami della legge è troppo meschina» ribatté Anthony con un sorrisetto. «Io sono per il delitto. E brindo al delitto.» Sollevò il bicchiere e bevve d'un fiato. Forse troppo in fretta. Il liquido gli andò di traverso. Il viso si contorse, divenne paonazzo. Marston anna- spò per riprendere fiato... poi scivolò dalla sedia, lasciandosi sfuggire il bicchiere di mano. 5 La cosa fu tanto improvvisa e inaspettata, che tutti rimasero senza respi- ro, immobili, a fissare come istupiditi quella figura accasciata sul pavimen- to. Poi, il dottor Armstrong s'alzò di scatto e si avvicinò al corpo immobi- le, inginocchiandosi per esaminarlo. Quando sollevò la testa, i suoi occhi erano pieni di sgomento. Disse in un atterrito sussurro: «È morto». Gli altri non afferrarono subito il significato di quelle parole. Morto? Morto? Quel giovane dio nordico nel fiore degli anni, forte, pieno di salu- te? Stroncato in un attimo! Ma i giovani robusti non muoiono così, man- dandosi di traverso un whisky e soda... No, non potevano crederci. Il dottor Armstrong scrutava il volto del morto. Annusò quelle labbra bluastre e contratte. Poi, raccolse il bicchiere dal quale Anthony Marston aveva bevuto. Il generale Macarthur ritrovò la parola. «Morto? Intende dire che si è soffocato bevendo e...?» «Può chiamarlo soffocamento, se vuole» ribatté il medico. «È morto per asfissia, non c'è dubbio.» Si mise a esaminare il bicchiere: lo annusò, affondò un dito nelle poche gocce rimaste sul fondo e con cautela toccò il dito con la punta della lin- gua. L'espressione del suo volto si alterò di colpo. Il generale Macarthur riprese: «Non ho mai visto un uomo morire perché gli è andata di traverso una bibita». Emily Brent sentenziò con voce limpida: «In qualunque momento della nostra vita abbiamo la morte alle spalle». Il dottor Armstrong si alzò bruscamente: «No, non si muore perché un liquido va di traverso. La morte di Marston non è quella che si chiama morte per cause naturali». «C'era... qualcosa... nel whisky?» sussurrò Vera. Armstrong annuì. «Sì. Non so dire esattamente che cosa. Ma tutto mi fa supporre che si tratti di cianuro. Dall'odore non sembra acido prussico. Forse è cianuro di potassio. Agisce all'istante.» «Era nel bicchiere?» domandò il giudice. «Sì.» Il dottore si avvicinò al tavolo dov'erano i liquori. Rimosse il tappo dalla bottiglia di whisky, odorò e assaggiò. Poi, assaggiò l'acqua di soda. Scosse il capo. «Niente di anormale.» «Vuol dire... che ha messo lui stesso quella roba nel bicchiere?» doman- dò Lombard. Armstrong accennò di sì, ma con un'espressione poco convinta. «Così pare.» «Suicidio, dunque? Strano, però» intervenne Blore. «Nessuno avrebbe potuto pensare che proprio lui volesse uccidersi» dis- se Vera. «Era così pieno di vita. E si stava divertendo, quando è arrivato dalla strada della collina, in macchina, sembrava... sembrava... oh, non so spiegarmi!» Ma tutti capivano quello che voleva dire. Anthony Marston, così giova- ne e virile, era sembrato quasi un essere immortale. E ora giaceva lì sul Il generale Macarthur si girava e rigirava nel letto. Non poteva prendere sonno. Nel buio, continuava a vedere la faccia di Arthur Richmond. Gli era piaciuto, Arthur. Anzi, gli aveva voluto bene. Ed era stato felice che pia- cesse anche a Leslie. Leslie era così capricciosa. Arricciava il naso davanti a una quantità di brava gente, dicendo che era noiosa. "Noiosa, seccante": così diceva. Ma non aveva trovato noioso Arthur Richmond. Fin dal principio erano andati d'accordo, loro due. Parlavano con piacere di teatro, di musica, di cinema. Lei lo stuzzicava, lo prendeva in giro, lo faceva inquietare per gioco. E lui, Macarthur, si era compiaciuto dell'interesse così materno che Leslie dimo- strava per quel ragazzo. Materno, davvero! Un dannato imbecille era stato a non ricordarsi che Richmond aveva ventotto anni e Leslie ventinove. Ma lui amava Leslie. Adesso, la vedeva ancora come se l'avesse avuta davanti: il viso ovale, i profondi e vivaci occhi grigi, la massa ondulata dei capelli castani... Lui amava Leslie e le aveva creduto ciecamente. Poi, in Francia, in mezzo a quell'inferno, aveva pensato sempre a lei, contemplando la fotografia che portava nel taschino interno della giubba. E infine... aveva scoperto! Era successo proprio come nei romanzi. La let- tera nella busta diretta a un altro. Lei aveva scritto a tutti e due e aveva messo la lettera destinata a Richmond ella busta indirizzata al marito. An- che adesso, dopo tanti anni, provava quel tremendo dolore... Come aveva sofferto! E la storia durava da un pezzo. La lettera lo faceva capire chiaramente. Le domeniche, l'ultima licenza di Richmond... Leslie e Arthur! Che Dio lo maledicesse, quel mascalzone! Maledetta la sua faccia sorri- dente, quel suo pronto "signorsì". Bugiardo e ipocrita! Ladro di mogli al- trui! A poco a poco, era sorta in lui quella fredda rabbia omicida. Aveva fatto in modo di comportarsi come il solito, senza rivelare nulla. Si era sforzato di non cambiare il suo atteggiamento verso Richmond. C'era riuscito? Pen- sava di si. Richmond non aveva avuto alcun sospetto. I salti d'umore erano facilmente spiegabili, in quell'inferno dove i nervi saltano di continuo per la tensione. Solo il giovane Armitage lo aveva guardato in modo strano qualche volta. Giovanissimo, sì, ma pieno d'intuito, quel ragazzo. Forse Armitage aveva indovinato, quando era venuto il momento. Lui aveva mandato deliberatamente Richmond a morire. Solo un mira- colo avrebbe potuto salvarlo. E quel miracolo non era accaduto. Sì, aveva mandato Richmond a morte sicura, senza rimorsi. Era stato facile. Sbagli di quel genere se ne facevano a ogni momento, e molti ufficiali venivano mandati a morire senza necessità, in quel caos, in quel panico. La gente poi avrebbe potuto dire: "Il vecchio Macarthur ha perso la testa, ha commesso errori colossali sacrificando i suoi uomini migliori". Non avrebbe potuto dire altro. Ma il giovane Armitage guardava in modo davvero strano il suo ufficia- le superiore. Forse, aveva capito che Richmond era stato mandato a morire deliberatamente. E a guerra finita ne aveva parlato? Leslie non l'aveva mai saputo. Doveva aver pianto per il suo amante (co- sì lui supponeva), ma le lacrime si erano asciugate quando il marito era tornato in Inghilterra. Macarthur non le aveva mai detto di avere scoperto la tresca. Avevano tirato avanti insieme: solo che a lui Leslie non era sem- brata più quella di prima. E poi, tre o quattro anni più tardi, lei era morta di polmonite. Era accaduto molto tempo prima. Quindici anni... sedici? Allora, lui aveva lasciato l'esercito e si era ritirato a vivere nel Devon, comprandosi quella casetta che aveva sempre sognato. Vicini simpatici, un delizioso angolo di mondo. Andava a caccia e a pesca. E andava in chiesa, la domenica. Ma non quando il sermone trattava di David che manda Uria in prima linea, durante la battaglia. Non riusciva ad ascoltarlo, quello. Gli dava un senso di disagio. Tutti erano stati molto cordiali... da principio, cioè. Più tardi, aveva avu- to la sgradevole impressione che la gente sparlasse di lui. Lo guardavano in modo diverso, comunque. Come se avessero saputo qualcosa da qualcu- no... Armitage? Che Armitage avesse parlato? Da allora aveva evitato la gente, si era isolato. Non è piacevole avere l'impressione che gli altri sparlino di te. Tutto era accaduto tanto tempo prima. E ora sembrava cosa inutile, sen- za scopo. Leslie era sbiadita nel suo ricordo, col passare degli anni, e an- che Arthur Richmond. Niente di quanto era avvenuto aveva più importan- za, ormai. Ma lui era rimasto solo. Aveva evitato perfino i vecchi amici del reggimento... Se Armitage aveva parlato, dovevano sapere tutto. E ora una voce sconosciuta aveva rivelato quella storia segreta. E lui era stato all'altezza della situazione? Aveva conservato la sua dignità? Aveva manifestato in giusta misura il risentimento, l'indignazione, il disgusto, e non la colpa, non la sconfitta? Non lo sapeva. Certo, nessuno poteva aver preso sul serio quelle accuse. Erano tutte un mucchio di sciocchezze tirate fuori da chissà dove. Quella. graziosa ragaz- za, che la voce aveva accusato di aver fatto affogare un bambino! Sempli- cemente assurdo. Qualche pazzo che si divertiva a lanciare ai quattro venti accuse pazzesche. E anche Emily Brent, la nipote del vecchio Tom Brent del reggimento. La voce l'aveva accusata di assassinio! Chiunque poteva vedere, anche a occhi chiusi, che quella era una donna timorata di Dio, il tipo che vive all'ombra della sagrestia. Stranissima davvero, tutta quella storia! Pazzesca, ecco. E fin da quando erano arrivati in quell'isola... quando era stato? Ma certo, soltanto quel pomeriggio! Sembrava molto di più. "Chissà quando ce ne andremo" pensò. "Domani, appena arriverà il bat- tello." Strano, in quel momento non desiderava andarsene dall'isola, tornare sulla terraferma, alla sua piccola casa, a tutti i suoi fastidi e alle sue preoc- cupazioni... Dalla finestra aperta, udiva le onde che si frangevano sugli scogli: un po' più forte, adesso, che non nelle prime ore della sera. Si stava alzando il vento. Pensò: "Quanta pace, qui... Quel che c'è di buono nella isole è che, quando vi si arriva, non si può andare oltre, si è giunti come a una conclu- sione...". E all'improvviso, si rese conto che non voleva lasciare l'isola. Vera Claythorne era coricata, sveglia, e fissava il soffitto. La luce accan- to al letto era accesa. Aveva paura del buio. Pensava: "Hugo... Hugo... per- ché sento che mi sei così vicino, stanotte?... Qui, vicinissimo... Dove sei, invece? Non lo so. Non lo saprò mai. Te ne sei andato, subito, sei scom- parso dalla mia vita". Era inutile sforzarsi di non pensare a Hugo. Lui le era così vicino. "Do- veva" pensare a lui... ricordare... Cornovaglia... Le rocce nere, la sabbia gialla e liscia. La signora Hamil- ton, una donna robusta, cordiale, allegra. Cyril, che piagnucolava sempre, tirandola per la mano. "Voglio nuotare fino allo scoglio, signorina Cla- ythorne. Perché non posso nuotare fino allo scoglio?"... E quando alzava lo sguardo, incontrava gli occhi di Hugo fissi su di lei. La sera, dopo che Cyril era andato a letto... "Venga a passeggiare un po', signorina Claythorne..." "Sì, grazie." La passeggiata fino alla spiag- gia. Il chiaro di luna... L'aria dolce dell'Atlantico. E poi, le braccia di Hugo che la circondavano improvvisamente. Rimase a fissare, pensieroso, l'uomo che gli stava davanti. Poi guardò il tavolino da notte, il lavabo, ancora la donna. «È stato... è stato il cuore?» Armstrong indugiò qualche istante, prima di chiedere: «Com'era la sua salute, normalmente?». «Soffriva un po' di reumatismi» rispose Rogers. «Nessun medico l'ha curata di recente?» «Medici?» Rogers sembrava meravigliato. «Da anni non chiamiamo un medico. Né io né lei.» «Non c'era motivo di credere che soffrisse di cuore?» «No, dottore. Che io sappia no.» «Dormiva bene, di solito?» Ora, gli occhi di Rogers sfuggivano i suoi. Le mani di lui si strinsero e si torsero, inquiete. Mormorò: «Non dormiva bene... no». «Prendeva qualche sonnifero?» Rogers lo fissò, sorpreso. «Se prendeva qualche sonnifero? No, sono certo di no.» Armstrong andò al lavabo. C'erano alcune bottiglie: una lozione per i capelli, acqua di lavanda, mascara, crema al cetriolo per le mani, dentifri- cio. Rogers lo aiutò nella ricerca, aprendo i cassetti della toilette. Poi fru- garono nel comò. Ma non c'era traccia di sonniferi, liquidi o in compresse. Rogers disse: «Non ha preso niente, ieri sera, oltre a quello che le ha da- to lei...». Quando il gong suonò per la colazione delle nove, tutti erano pronti. Il generale Macarthur e il giudice erano stati a passeggiare sulla terrazza, scambiandosi brevi commenti sulla situazione politica. Vera Claythorne e Philip Lombard erano saliti fino alla sommità dell'isola, dietro la casa. Lì trovarono William Henry Blore, con lo sguardo fisso verso la terra- ferma. «Non si vede ancora il battello» disse. «Lo stavo appunto aspettando.» Vera osservò, sorridendo: «Il Devon è un paese pigro. Si fa tutto con calma qui». Philip Lombard guardava dall'altra parte, verso il mare aperto. «Che ne pensa del tempo?» chiese all'improvviso. Blore scrutò il cielo. «A me sembra bello.» Lombard atteggiò le labbra a un fischio. «Volgerà al brutto prima del tramonto.» «Burrasca, vero?» osservò Blore. Dal basso, giunse il richiamo del gong. Philip Lombard disse: «È ora di colazione. Bene, ho appetito». Mentre percorrevano il ripido pendio, Blore dichiarò col tono di chi ha meditato a lungo: «Quello che non riesco a capire è perché quel giovanotto abbia voluto uccidersi. Ci ho pensato tutta la notte». Vera precedeva i due uomini di qualche passo. Lombard rallentò un po- co per domandare: «Ha qualche idea in proposito?». «Vorrei una prova. Un motivo, tanto per cominciare. Direi che finanzia- riamente se la passava bene.» Emily Brent venne loro incontro, uscendo dalla portafinestra del salotto. Domandò con il solito tono aspro: «Arriva, il battello?». «Non ancora» rispose Vera. Si riunirono per la colazione. Li aspettavano un gran piatto di uova con bacon, tè e caffè. Rogers tenne aperta la porta per farli passare, poi la ri- chiuse dall'esterno. «Quell'uomo ha una gran brutta cera, stamattina» osservò Emily Brent. Il dottor Armstrong, in piedi accanto alla finestra, si schiarì la voce. «Dovete scusare qualche manchevolezza nel servizio. Rogers ha fatto del suo meglio, preparando la colazione da solo. La signora Rogers è... non ha potuto far niente questa mattina.» Emily Brent domandò, brusca: «Che cosa le è successo?». «Adesso facciamo colazione» disse Armstrong, con finta noncuranza. «Altrimenti, le uova si raffreddano. Dopo, ci saranno parecchie cose delle quali vorrei discutere con tutti voi.» Il compromesso fu accettato. Si riempirono i piatti, si versarono il tè e il caffè. Tutti si misero a mangiare. Ogni discussione sull'isola fu evitata di comune accordo. Parlarono un po' degli ultimi avvenimenti: notizie dall'e- stero, fatti del mondo sportivo, la più recente apparizione del famoso mo- stro di Loch Ness. Poi, quando fu sparecchiato, il dottor Armstrong respinse leggermente la sedia, si schiarì la voce con aria di importanza e parlò. «Ho pensato fosse meglio lasciarvi far colazione in pace, prima di darvi una triste notizia. La signora Rogers è morta nel sonno.» Ci furono esclamazioni di sorpresa e di sgomento. Vera esclamò: «È ter- ribile! Due morti sull'isola da quando siamo arrivati!». Il giudice Wargrave, con gli occhi socchiusi, disse: «Già... straordinario! E quale è stata la causa della morte?». Armstrong si strinse nelle spalle. «Impossibile dirlo, così su due piedi.» «Bisognerà fare l'autopsia?» «Io non potrei certo rilasciare un certificato di morte per cause naturali. Non so nulla delle condizioni di salute della donna.» «Sembrava molto nervosa» osservò Vera. «E ieri sera ha avuto un brutto colpo. Non può essere stata una paralisi cardiaca?» Il dottor Armstrong rispose, secco: «Certamente il suo cuore ha smesso di battere, ma la questione è perché ha smesso di battere». Una parola sfuggi dalle labbra di Emily Brent e cadde, dura e chiara, sul gruppo in ascolto: «Coscienza!». Armstrong si voltò verso di lei. «Che cosa vuol dire esattamente, signo- rina Brent?» Emily Brent, con le labbra contratte, rispose: «Tutti voi avete sentito. È stata accusata, insieme col marito, di aver assassinato la sua padrona, una vecchia signora». «E lei che cosa ne pensa?» «Penso che l'accusa sia vera. Tutti avete potuto osservarla, ieri sera. Ha avuto un collasso ed è svenuta. Lo choc di sentirsi rinfacciare la sua colpa è stato troppo forte per lei. È letteralmente morta di spavento.» Il dottor Armstrong scosse il capo, dubbioso. «Ipotesi plausibile. Ma non è possibile accettarla senza una conoscenza più profonda del suo stato di salute. Se avesse sofferto di una disfunzione cardiaca...» «Io la chiamerei giustizia divina» disse Emily Brent, calma. Tutti la guardarono disgustati. Blore si sentì turbato. «Mi pare che lei stia superando ogni limite, signorina Brent.» La donna fissò tutti con occhi scintillanti. Sollevò il mento, altezzosa, e sentenziò: «Secondo voi, è impossibile che un peccatore sia colpito dalla collera di Dio. Io non lo ritengo impossibile, invece». Il giudice si fregò il mento e disse, con voce leggermente ironica: «Cara signorina, secondo la mia esperienza, Dio lascia l'opera della condanna e del castigo a noi mortali, e il processo è spesso carico di difficoltà. Non ci sono scorciatoie». Emily Brent si limitò a scrollare le spalle. «Che cosa ha mangiato e bevuto, la signora Rogers, ieri sera, prima di andare a letto?» domandò Blore. «Niente» rispose Armstrong. «Non ha preso niente? Nemmeno una tazza di tè? Un bicchiere d'acqua? isolati affioravano dalle onde. Camminava un po' incerto come non fosse ben sveglio. «Eccone un altro al quale ha dato di volta il cervello» osservò Blore. «Comincio a pensare che finiremo tutti così.» Philip Lombard dissentì. «Non credo che questo sia il suo caso, Blore.» L'ex poliziotto rise. «Ce ne vuole, prima di far perdere la testa a me!» Poi aggiunse in tono ironico: «E penso sia lo stesso per lei, signor Lombard». «Finora, mi sento perfettamente lucido ed equilibrato, grazie» annuì Lombard. Il dottor Armstrong uscì sulla terrazza e si fermò, incerto. A sinistra, a- veva Blore e Lombard. A destra, c'era Wargrave, che passeggiava lenta- mente su e giù, a capo chino. Armstrong, dopo un momento d'indecisione, si volse verso quest'ultimo. Ma, proprio allora, Rogers corse fuori di casa. «Potrei dirle una parola, signore?» Armstrong si volse. Quello che vide lo sgomentò. La faccia terrea di Rogers faceva paura. Le mani gli tremavano. Il suo contegno era così in contrasto con quello controllato di poco prima, che Armstrong ne fu scosso. «La prego, vorrei parlarle. Ma in casa, signore.» Il medico si volse e rientrò in casa col maggiordomo sconvolto. «Che cosa succede, Rogers? Cerchi di dominarsi.» «Qui, signore, venga qui.» Il maggiordomo apri la porta della sala da pranzo. Il dottore entrò. Rogers lo seguì e richiuse la porta. «Ebbene, che c'è?» I muscoli della gola di Rogers si contrassero. Inghiottì. Riuscì a dire: «Succede qualcosa che non capisco, signore». Armstrong domandò brusco: «Qualcosa? Che cosa?». «Lei penserà che io sia pazzo, signore. Penserà che sia una sciocchezza. Ma bisogna spiegarselo, signore. Bisogna spiegarselo. Perché non si capi- sce, proprio non si capisce.» «Be', vuol dirmi di che si tratta? Non continui a parlare in modo sibilli- no.» Rogers inghiottì di nuovo. «Sono quelle statuine, signore. In mezzo alla tavola. Le statuine di porcellana. Erano dieci. Posso giurare che erano die- ci.» «Sì, dieci. Le abbiamo contate ieri sera, a cena.» Rogers gli si avvicinò. «Ecco di che si tratta, signore. Ieri sera, mentre sparecchiavo, ce n'erano solo nove. L'ho notato e mi è parso strano. Ma non ho detto niente. E ora, signore, è successo di nuovo. Stamattina, non ci ho fatto caso quando ho apparecchiato. Ero sconvolto. Ma adesso, signore, quando sono tornato a sparecchiare... Guardi, se non mi crede. Ce ne sono solo otto, signore! Solo otto! Non capisco come mai... Solo otto!...» 7 Dopo colazione, Emily Brent aveva proposto a Vera Claythorne di fare una passeggiata fino al punto più alto dell'isola per vedere se arrivasse il battello. Vera aveva accettato. Il vento era più fresco ora. Piccole creste bianche apparivano sulle onde. Non c'erano barche da pesca al largo... e nessun segno del battello. Non si poteva scorgere il villaggio di Sticklehaven, ma solo la collina che lo so- vrastava. Una scogliera sporgente di roccia rossa nascondeva la piccola ba- ia. «L'uomo che ci ha accompagnato qui ieri sembrava un tipo fidato» disse Emily Brent. «È davvero strano che sia tanto in ritardo, questa mattina.» Vera non rispose. Stava lottando contro un crescente senso di panico. "Cerca di rimanere calma" pensò. "Non è da te aver paura. Hai sempre a- vuto nervi saldissimi." Dopo qualche minuto, disse: «Mi auguro che arrivi presto. Io... io voglio andarmene». «Sono certa che questo è il desiderio di ciascuno di noi.» «È tutto così straordinario...» mormorò Vera. «Sembra illogico, assur- do.» La vecchia signorina dichiarò vivacemente: «Sono indignata con me stessa per essermi lasciata abbindolare così facilmente. Quella lettera era assurda, a pensarci bene. Ma non ho avuto alcun dubbio, quando l'ho rice- vuta, nemmeno l'ombra di un sospetto». «Già, nessun dubbio» disse Vera meccanicamente. «Ci si fida troppo facilmente» sentenziò Emily Brent. Vera trasse un lungo sospiro e rabbrividì. «Lei crede davvero... quello che ha detto a colazione?» «Sia più precisa, mia cara. A cosa si riferisce in particolare?» Vera abbassò la voce. «Crede davvero che Rogers e sua moglie abbiano ucciso quella vecchia signora?» Emily Brent fissò il mare, pensosa. Poi rispose: «Personalmente, ne sono sicura. E lei cosa ne pensa?». «Io non so cosa pensare.» «Ogni particolare conferma questa ipotesi. Il modo come è svenuta la donna. E l'uomo ha lasciato cadere il vassoio, ricorda? Poi, come lui ha parlato della faccenda: non aveva un tono sincero. Oh, sì, sono certamente colpevoli». «Lei... lei era spaventata dalla sua stessa ombra! Non ho mai visto una donna dall'aria più spaventata. Doveva essere ossessionata da quel ricor- do...» La signorina Brent mormorò: «Rammento un motto che stava esposto nella mia camera, quando ero bambina: "La tua stessa colpa ti farà scopri- re". Ed è verissimo. "La tua stessa colpa ti farà scoprire"». «Ma, signorina Brent... in questo caso...» «Sì, cosa vuol dire, mia cara?» «Gli altri? Che cosa dobbiamo pensare degli altri?» «Non capisco.» «Tutte le altre accuse... erano vere? Perché se è vero per i Rogers...» S'interruppe, incapace di esprimere chiaramente i suoi pensieri caotici. La fronte di Emily Brent, che si era aggrottata, tornò a spianarsi. «Ah, ora capisco. Be', c'è quel signor Lombard. Ammette lui stesso d'aver la- sciato morire venti uomini.» «Non erano che negri...» osservò Vera. Emily Brent ribatté con voce dura: «Bianchi o neri, sono tutti nostri fra- telli». "I nostri fratelli neri... i nostri fratelli neri" pensò Vera. "Oh, sto per scoppiare a ridere. Mi pare d'essere isterica. Non sono più io..." «Naturalmente, alcune accuse erano ridicole invenzioni» riprese Emily Brent. «Per esempio, quelle contro il giudice, che faceva il suo dovere di magistrato, e contro quell'ex poliziotto di Scotland Yard. E anche nel mio caso...» Fece una pausa e poi continuò: «Naturalmente, tenendo conto del- le circostanze, non intendevo dire niente, ieri sera. Non è argomento adatto per essere discusso in presenza di uomini». Vera ascoltava con interesse. La signorina Brent riprese, serenamente: «Beatrice Taylor era al mio servizio. Non era una ragazza per bene, l'ho scoperto troppo tardi. Mi ero ingannata in pieno su di lei. Aveva modi simpatici, era pulita e volonterosa. Ero molto contenta di lei. Ma si trattava «Voglio dire che questo spiega... Nigger Island. Ci sono delitti che non possono essere imputati apertamente a chi li ha commessi. Per esempio, quello dei Rogers. Un altro esempio: il vecchio Wargrave, che ha com- messo il suo delitto entro i limiti più stretti della legalità.» Armstrong esclamò, brusco: «Lei crede a quella storia?». Philip Lombard sorrise. «Oh, sì, che ci credo! Wargrave ha veramente assassinato Edward Seton, come se gli avesse infilato un pugnale nel cuo- re. Ma è stato così furbo da farlo stando seduto sul suo scranno di giudice, in toga e parrucca. Perciò, non gli si può imputare il delitto.» Come un lampo, un pensiero attraversò la mente di Armstrong. Assassinio all'ospedale. Assassinio sul tavolo operatorio. Al sicuro, sì, al sicuro come nel suo letto... Philip Lombard stava dicendo: «E così si arriva al signor Owen. E così a Nigger Island». Armstrong tirò un profondo respiro. «Ora stiamo arrivando al punto. Qual è stato il vero scopo di riunirci tutti qui?» Philip Lombard chiese di rimando: «Lei cosa ne pensa?». Armstrong osservò bruscamente: «Torniamo per un momento alla morte della signora Rogers. Quali sono le ipotesi possibili? Il marito l'ha uccisa perché aveva paura che parlasse. Seconda possibilità: la donna ha perso il controllo di sé e si è tolta la vita». «Suicidio?» «Lei che ne dice?» Lombard rispose: «Potrebbe darsi, se non fosse per la morte di Marston. Due suicidi in dodici ore sono un boccone troppo grosso da mandar giù. E se lei vuol farmi credere che Anthony Marston, un giovane smidollato e con un cervello piccolo così, abbia perso la testa per il tardivo rimorso di avere investito due ragazzini e si sia tolto deliberatamente la vita, le dico che l'idea è semplicemente ridicola! E poi, come si sarebbe procurato il ve- leno? A quanto mi risulta, il cianuro di potassio non è una cosa che di soli- to si porta nel taschino del panciotto. Ma questo lei lo sa meglio di me». «Nessuno, col cervello a posto, si porterebbe in tasca del cianuro di po- tassio. Potrebbe farlo qualcuno che volesse distruggere un nido di vespe.» «Un giardiniere o un proprietario terriero, per esempio? A ogni modo, non Anthony Marston. Penso che questa faccenda del cianuro abbia biso- gno di qualche spiegazione. O Marston aveva intenzione di uccidersi pri- ma ancora di venir qui, ed è venuto preparato a farlo, oppure...» Armstrong lo incoraggiò. «Oppure?» «Perché vuole farlo dire a me, quando ce l'ha sulla punta della lingua? Anthony Marston è stato assassinato, naturalmente.» Il dottor Armstrong tirò un lungo respiro. «E la signora Rogers?» Lombard rispose lentamente: «Potrei credere al suicidio di Anthony, con difficoltà, se non fosse per la signora Rogers. Potrei credere al suicidio del- la signora Rogers, senza difficoltà, se non fosse per Anthony Marston. Quel che ci serve è una spiegazione plausibile per due decessi che si sono susseguiti tanto rapidamente». «Forse, posso aiutarla a trovare quella spiegazione.» Armstrong gli riferì quanto gli aveva detto Rogers circa la sparizione delle due statuine di por- cellana. «Già, i negretti... Ce n'erano dieci, ieri sera, a cena. E adesso ce ne sono otto?» Il dottor Armstrong recitò: «Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione, solo nove ne restar. Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar». I due uomini si guardarono. Philip Lombard sogghignò e gettò via la si- garetta. «Collima troppo bene perché sia una semplice coincidenza! An- thony Marston è morto ieri sera dopo cena, e la signora Rogers ha dormito troppo, indiscutibilmente.» «E allora?» chiese Armstrong. Lombard non esitò un istante. «E allora, ecco un altro negretto da scopri- re. Un negretto in soprannumero... il signor Owen! U.N. Owen. Uno sco- nosciuto, un pazzo in circolazione sull'isola.» Armstrong sospirò di sollievo. «Ah, ne conviene! Ma vede cosa implica questa conclusione? Rogers giura che non c'erano che lui e sua moglie, qui.» «Rogers si sbaglia. O forse mente.» Armstrong scosse la testa. «Non credo che menta. Quell'uomo è terroriz- zato, quasi non è più in sé dal terrore.» Philip Lombard lo ammise. «Niente battello, oggi» aggiunse. «Questo coincide con le chiare intenzioni del signor Owen. Nigger Island deve ri- manere isolata finché lui non avrà terminato il suo lavoro.» Armstrong era impallidito. «Si rende conto che quell'uomo dev'essere un pazzo furioso?» Quando Philip Lombard parlò, la sua voce aveva un tono diverso. «C'è una cosa di cui il signor Owen non si è reso conto.» «Cosa?» «Quest'isola è praticamente una nuda roccia. Non ci metteremo molto a frugare dovunque. E non tarderemo a scovare il nostro U.N. Owen.» Il dottor Armstrong ammoni: «Sarà pericoloso». Philip Lombard sbottò a ridere. «Pericoloso? Chi ha paura del lupo cat- tivo? Io sarò pericoloso, quando gli avrò messo le mani addosso.» Fece una pausa e aggiunse: «Sarà bene parlarne a Blore e chiedergli di aiutarci. Quello è l'uomo adatto. Meglio non dir nulla alle donne. Quanto agli altri, il generale è definitivamente rammollito, e la specialità di War- grave è una magistrale inerzia. Noi tre soli possiamo occuparci della co- sa». 8 Fu facile assicurarsi la collaborazione di Blore, che si lasciò immedia- tamente convincere dalla loro ipotesi. «Quanto mi dite circa le statuine di porcellana dà tutto un altro aspetto alla faccenda. È pazzia, pura pazzia! C'è una cosa, però. Non credete che questo Owen possa lavorare... per procura, diciamo?» «Si spieghi meglio.» «Intendo dire questo: dopo la strepitosa rivelazione trasmessa dal gram- mofono, ieri sera, il giovane Marston perde la testa e si avvelena. Poi, per- de la testa anche Rogers ed elimina la moglie. Tutto secondo i piani di U.N.O.» Armstrong scosse il capo poco convinto. Insistette sul cianuro. Blore ne ammise l'importanza. «Già, l'avevo dimenticato. Non è una co- sa che ci si porta dietro, di solito. Ma come ha fatto a finire nel bicchiere di Marston?» «Ci ho pensato a lungo» disse Lombard. «Marston ha bevuto parecchi «In certi momenti, non riesco a crederci nemmeno io» disse il dottor Armstrong. «Eppure...» Philip Lombard, con un sogghigno, continuò: «Eppure... Ecco la parola esatta, dottore! Eppure, è proprio così». Blore scrutava l'acqua. «Nessuno potrebbe essersi lasciato scivolare giù di qui, vero?» Armstrong scosse il capo. «Ne dubito. La roccia è ripidissima. E dove si sarebbe potuto nascondere?» «Ci potrebbe essere una cavità nella roccia» osservò Blore. «Se avessi- mo una barca, potremmo fare un giro intorno all'isola.» Lombard ghignò. «Se avessimo una barca, saremmo tutti a mezza strada dal villaggio, a quest'ora!» «È vero.» Lombard suggerì improvvisamente: «Dovremmo controllare questa roc- cia. C'è solo un punto dove potrebbe esserci un nascondiglio: proprio un po' a destra, qui sotto. Se potessimo procurarci una corda, mi calerei a ve- dere». «Ne varrebbe la pena» disse Blore. «Per quanto mi sembri assurdo, a pensarci bene. Vado a vedere se riesco a trovare una corda.» E s'incammi- nò verso la casa. Lombard guardò il cielo. Le nuvole cominciavano ad ammassarsi, il vento aumentava d'intensità. Lanciò un'occhiata ad Armstrong. «Lei è mol- to taciturno, dottore. A cosa pensa?» Armstrong rispose lentamente: «Mi stavo domandando fino a che punto sia pazzo il vecchio Macarthur...». Vera era stata irrequieta tutta la mattina. Aveva evitato Emily Brent, provando una specie di repulsione per lei. La signorina Brent si era portata una sedia dietro la casa, dove era riparata dal vento, e stava lavorando a maglia. Ogni volta che Vera pensava a lei, le sembrava di vedere il pallido viso di una ragazza annegata con le alghe intrecciate tra i capelli... Un viso che era stato grazioso, forse provocante, e che adesso era al di là d'ogni pietà e ogni orrore. E Emily Brent, placida e severa, se ne stava seduta la- vorando a maglia. Sulla grande terrazza, il giudice Wargrave era sprofondato in una sedia a sdraio. Quando lo guardava, Vera vedeva un uomo ritto sul banco degli accusati: un giovane con i capelli biondi, gli occhi celesti e il volto spaven- tato. Edward Seton. E vedeva il giudice mettersi il tocco nero sul capo e i- niziare la lettura della sentenza... Dopo un po', Vera s'incamminò lentamente verso il mare. Costeggiò la riva fino all'estrema punta dell'isola, dove un vecchio signore sedeva con gli occhi fissi all'orizzonte. Il generale si scosse all'avvicinarsi di lei. Voltò la testa: c'era uno strano miscuglio di curiosità e di apprensione nel suo sguardo. Vera ne fu turbata. Il generale la fissò per qualche minuto. "Che strano... È come se sapesse..." pensò Vera. «Ah, è lei» disse il generale. «È venuta...» Vera gli sedette accanto. «Le piace star qui a guardare il mare?» chiese. Lui annuì. «Si» rispose. «Mi piace. È un bel posto, questo, per aspetta- re.» «Per aspettare?» ripeté Vera, brusca. «E cosa aspetta?» «La fine. Ma credo che anche lei lo sappia. Perché è così non le pare? Noi tutti aspettiamo la fine.» «Cosa intende dire?» chiese Vera con voce incerta. Il generale Macarthur spiegò, grave: «Nessuno di noi lascerà l'isola. Questo è chiaro. Certo, lei lo sa perfettamente. Quello che forse non capi- sce è il sollievo che ne deriva». «Il sollievo?» «Sì. Naturalmente lei è giovane... non ancora pronta per questo. Ma ver- rà, verrà quel benedetto sollievo di sapere che ormai è finita, che non biso- gna più trascinarsi quel peso... Anche lei lo proverà...» «Non capisco.» Le dita di Vera si contrassero, spasmodicamente. A un tratto, ebbe paura di quel vecchio. Lui riprese, meditabondo: «Vede, io amavo Leslie. L'amavo tanto...». «Leslie era sua moglie?» domandò Vera. «Sì, mia moglie... L'amavo ed ero fiero di lei. Era così graziosa e alle- gra.» Tacque un attimo, poi continuò: «Sì, amavo Leslie. Ecco perché ho fatto... quella cosa». «Vuol dire...?» incominciò Vera, e subito s'interruppe. Il generale Macarthur annuì. «È inutile negarlo, adesso che stiamo per morire. Fui io a mandare Richmond alla morte. Credo che, in un certo sen- so, questo sia un assassinio. Strano. "Assassinio"... e io sono sempre stato così rispettoso della legge! Ma non mi sembrava un delitto, allora. Non a- vevo rimorsi. "Gli sta bene a quella canaglia!" ecco quello che pensai. Ma poi...» Con voce dura, Vera insistette: «Poi?». Lui scosse la testa. Sembrava confuso e inquieto. «Non so. Io... non so. Mi sembrò tutto diverso, poi. Non so se Leslie abbia mai intuito, non cre- do. Ma, vede, non sapevo più nulla di lei. Era come se fosse andata lonta- no, dove non potevo più raggiungerla. E poi morì... e io rimasi solo...» «Solo... solo...» ripeté Vera, e le rocce le rimandarono l'eco della sua vo- ce. «Anche lei sarà contenta quando verrà la fine» sussurrò Macarthur. La ragazza si alzò. «Non capisco cosa vuol dire!» ribatté aspra. Lui rispose, paziente: «Io lo so, figliola. Lo so...». «Lei non sa niente, non capisce niente...» Il generale Macarthur fissava di nuovo il mare, sembrava inconsapevole della presenza di lei. Chiamò piano, con dolcezza: «Leslie...?». Quando Blore tornò, con un rotolo di corda appeso al braccio, trovò an- cora Armstrong dove l'aveva lasciato, intento a fissare l'abisso. Senza fiato per la corsa, gli domandò: «Dov'è il signor Lombard?». «È andato a verificare qualche sua teoria. Tra poco sarà di ritorno. Blore, sono preoccupato.» «Direi che lo siamo tutti.» Il dottore agitò una mano, impaziente. «Naturalmente. Ma non intendo questo. Pensavo al vecchio Macarthur.» «Cosa pensa, dottore?» «Quello che stiamo cercando è un pazzo. E come giudica, lei, Macar- thur?» Blore osservò, incredulo: «Le pare che abbia tendenze omicide?». «Direi di no» rispose il medico, incerto. «Ma non sono uno psichiatra. E poi, non ho avuto con lui una conversazione vera e propria, non l'ho stu- diato da questo punto di vista.» «È un tipo strambo, questo sì. Ma non mi sembra...» Armstrong lo interruppe, col leggero sforzo di chi riprende il dominio di sé. «Lei ha ragione, probabilmente. Maledizione, ci deve essere qualcuno nascosto nell'isola! Oh, ecco Lombard.» Fissarono la corda alla roccia con la massima cura. «Farò del mio me- glio per cavarmela da solo» disse Lombard. «Ma state attenti se la corda si tendesse improvvisamente.» Mentre osservavano i movimenti di Lombard, Blore disse: «Sembra un gatto, vero?». La sua voce aveva un tono strano. «Deve aver fatto parecchie scalate» osservò il dottor Armstrong. «Può darsi.» Rogers uscì dalla camera con le braccia cariche e scese al piano inferio- re. Armstrong si avvicinò al letto e, sollevando il lenzuolo, guardò il viso della morta. Quel volto non era più impaurito, ora, ma senza espressione. «Vorrei avere qui il necessario per fare un'analisi e scoprire di che vele- no si tratta» disse il medico. Poi, rivolgendosi agli altri due: «Finiamo quello che dobbiamo fare. Ho l'impressione che non troveremo niente». Blore stava trafficando intorno al lucchetto di una porticina. «Quel tipo si muove in silenzio come un gatto» osservò. «Due minuti fa l'abbiamo vi- sto sulla terrazza. Nessuno di noi l'ha sentito salire qui.» «Per questo abbiamo pensato che ci fosse un intruso quassù» disse Lombard. Blore scomparve in una cavernosa oscurità. Lombard trasse di tasca una piccola torcia elettrica e lo seguì. Cinque minuti dopo, i tre uomini si ritro- varono sul pianerottolo e si guardarono in silenzio. Erano sudici, coperti di ragnatele, e avevano il volto contratto dalla ten- sione. Non c'era nessuno sull'isola, oltre a loro otto. 9 «Dunque abbiamo avuto torto, in tutti i sensi!» esclamò Lombard. «Ci siamo creati un assurdo, tenebroso incubo soltanto perché due persone so- no morte quasi contemporaneamente.» Armstrong commentò, serio: «Eppure, la nostra ipotesi rimane valida. Dopotutto, sono medico e m'intendo di suicidi. Anthony Marston non era tipo da togliersi la vita». «Non potrebbe, immagino, essere stata una disgrazia?» obiettò Lombard. Blore sbuffò, per niente convinto. «Una disgrazia un po' strana, direi.» Dopo una pausa aggiunse: «E quanto alla donna...». S'interruppe. «La signora Rogers?» «Sì. È possibile, non vi sembra, che questa sia stata una disgrazia?» «Una disgrazia? E in che modo?» chiese Lombard. Blore era piuttosto imbarazzato. Il suo viso, già color mattone, si fece più cupo. Disse, quasi suo malgrado: «Ecco dottore, lei le ha dato qualche stupefacente, non è vero?». Armstrong lo guardò: «Qualche stupefacente? Che cosa vuol dire?». «Sì, ieri sera. Lei stesso ha dichiarato di averle dato qualcosa per dormi- re.» «È vero. Un innocuo calmante.» «Di che cosa si trattava esattamente?» «Una piccola dose di trionale. Un preparato assolutamente innocuo.» Blore arrossì ancora di più, ma continuò: «Senta, tanto per essere chiari, non ha esagerato la dose?». «Non capisco a cosa miri» rispose il dottor Armstrong. «Non è possibile che abbia commesso un errore? Queste cose accadono, qualche volta.» «Non ho fatto niente del genere» ribatté Armstrong, aspro. «È un'ipotesi assurda.» S'interruppe e poi aggiunse, in tono freddamente mordace: «O forse vuole insinuare che ho caricato la dose di proposito?». «Per favore, voi due, tenete la testa a posto» intervenne Philip Lombard. «Non cominciamo a lanciare accuse avventate.» Blore disse, con furia repressa: «Suggerivo semplicemente che il dottore potrebbe avere commesso uno sbaglio». Il dottor Armstrong sorrise con uno sforzo. «I medici non possono per- mettersi di fare certi errori, amico mio». «Non sarebbe il primo per lei, se dobbiamo credere a quel disco!» repli- cò Blore. Armstrong si fece pallidissimo. Philip Lombard proruppe, adirato: «A che scopo offendere? Siamo tutti nella stessa barca. Dobbiamo unirci di buon accordo, se vogliamo concludere qualcosa. Che ne dice, allora, della sua falsa testimonianza?». Blore fece un passo avanti, stringendo i pugni. «Al diavolo la falsa te- stimonianza! È una sporca calunnia! Può tentare di chiudermi la bocca quanto vuole, signor Lombard, ma ci sono cose che esigo di sapere... e una di queste riguarda proprio lei.» Lombard inarcò le sopracciglia. «Me?» «Sì. Voglio sapere perché ha portato una rivoltella per venire qui, invita- to a una piacevole riunione d'amici.» «Lo vorrebbe sapere, vero?» «Esattamente. Lo esigo, signor Lombard.» «Sa, signor Blore, che lei non è sciocco come sembra?» «Può darsi. Che cos'ha da dire su quella rivoltella?» Lombard sorrise. «L'ho portata perché mi aspettavo di trovarmi nei pa- sticci.» «Non ce l'ha detto ieri sera» osservò Blore, sospettoso. Lombard scosse la testa. «Dunque, ce lo nascondeva di proposito?» insistette Blore. «In un certo senso, sì.» «E adesso, fuori la verità.» Lombard disse lentamente: «Ho fatto credere a tutti voi che ero stato in- vitato qui più o meno come gli altri. Non è proprio la verità. In realtà, fui avvicinato da un tipo misterioso, un certo Morris. Mi offri cento sterline per venire qui a tenere gli occhi aperti. Aggiunse che io avevo la reputa- zione di essere l'uomo che ci vuole in un ambiente... già, in un ambiente piuttosto pericoloso». «E poi?» insistette Blore, impaziente. «Questo è tutto» rispose Lombard con un sorrisetto. «Senza dubbio quel Morris si sarà spiegato meglio, no?» chiese il dottor Armstrong. «Oh, no, non lo ha fatto. Si è chiuso nel suo guscio, come un'ostrica. Prendere o lasciare: queste sono state le sue parole. Io mi trovavo in cattive acque. Ho accettato.» Blore non sembrava convinto. «Perché non ce l'ha detto, ieri sera?» «Caro mio...» Lombard si strinse nelle spalle. «Come potevo sapere che quanto è successo ieri sera non fosse proprio il problema che avrei dovuto affrontare? Mi sono tenuto sulle generali e ho raccontato una storia che non mi compromettesse.» Il dottor Armstrong chiese, con malizia: «Ma adesso ha cambiato idea?». Il viso di Lombard s'indurì. «Sì. Ora credo di trovarmi nella stessa situa- zione di tutti gli altri. Quelle cento sterline non erano che il pezzetto di formaggio offerto dal signor Owen per attirarmi in trappola.» Soggiunse, pensoso: «Perché noi siamo in trappola. Potrei giurarlo. La morte della si- gnora Rogers, quella di Tony Marston... Le statuine dei negretti che scom- paiono dalla tavola. Oh, sì, ci si vede chiaramente la mano del signor Owen... ma dove diavolo è il signor Owen?». Al pianterreno, il gong li chiamò per il pranzo. Rogers era fermo sulla porta della sala da pranzo. Quando i tre giunsero ai piedi delle scale, mosse verso di loro. Disse a voce bassa, ansiosa: «Spe- ro che il pranzo vada bene. Prosciutto, lingua fredda e patate bollite, poi formaggio, biscotti e frutta in scatola». Lombard sorrise: «Mi sembra perfetto. Le provviste bastano, dunque?». «C'è parecchio cibo in scatola, signore. La dispensa è molto ben fornita. L'abbondanza di viveri è indispensabile su un'isola dove si Può rimanere Wargrave disse, calmo: «A questo punto, sappiamo come stanno le co- se». Non c'era alcun dubbio su chi assumesse il comando della situazione. Il mattino, Wargrave era rimasto seduto sulla terrazza, rifuggendo da qualsi- asi attività. Ora prendeva il comando con la disinvoltura dovuta a un lungo esercizio dell'autorità. Era tornato a presiedere una corte. Dopo essersi schiarito la voce, annunciò: «Questa mattina, signori, men- tre sedevo tranquillo sulla terrazza, ho osservato attentamente il vostro an- dirivieni, che aveva uno scopo abbastanza chiaro. Non stavate forse cer- cando per tutta l'isola un misterioso assassino?». «Esatto, signore» rispose Philip Lombard. Il giudice continuò: «Eravate arrivati, senza dubbio, alla stessa conclu- sione alla quale ero già arrivato io: cioè, che Anthony Marston e la signora Rogers non sono morti né per disgrazia né per suicidio. Senza dubbio, siete anche giunti a una certa conclusione riguardo lo scopo per cui il signor Owen ci ha attirati qui?». «È un pazzo! Un maniaco omicida!» esclamò Blore con voce rauca. Il giudice tossì. «Questo è quasi certo, ma non cambia la situazione. Ora dobbiamo preoccuparci di una cosa sola: della nostra salvezza.» Armstrong intervenne, con voce tremante: «Non c'è nessuno sull'isola... nessuno!». Il giudice si passò una mano sulla mascella. «Nel senso che intende lei, no, è vero. Io sono arrivato a questa conclusione stamattina presto. Avrei potuto dirvi che la vostra ricerca sarebbe stata infruttuosa. Tuttavia, sono convinto che il signor Owen, per dargli il nome che lui stesso ha adottato, è presente sull'isola. Terribilmente presente. Dato il programma che si è prefisso, ossia l'esecuzione capitale di alcuni individui per reati che la leg- ge non può colpire, non ha che un mezzo per attuarlo. Il signor Owen po- teva venire sull'isola in un unico modo. È tutto molto chiaro. «Il signor Owen è uno di noi...» «Oh, no, no, no...» proruppe Vera, quasi con un gemito. Il giudice le rivolse un'occhiata intensa. «Mia cara signorina, non è que- sto il momento di rifiutarsi di guardare in faccia la realtà. Siamo tutti in grave pericolo. Uno di noi è U.N. Owen. E non sappiamo chi. Delle dieci persone venute sull'isola, tre sono definitivamente fuori questione. An- thony Marston, la signora Rogers e il generale Macarthur sono ormai al di- sopra d'ogni sospetto. Siamo rimasti in sette. Di questi sette, uno è, se pos- so esprimermi così, un "falso povero negretto".» Fece una pausa e si guardò intorno. «Devo ritenere che siete tutti d'ac- cordo?» Armstrong annuì. «È incredibile... ma penso che lei abbia ragione.» «Non c'è dubbio» confermò Blore. «E se volete che ve lo dica, la mia opinione è che...» Un gesto rapido del giudice lo interruppe. «Ci arriveremo fra poco. Per il momento, vorrei stabilire se siete tutti d'accordo sulla situazione.» Emily Brent, sempre sferruzzando, disse: «La sua ipotesi mi sembra lo- gica. Sono convinta che uno di noi è posseduto dal demonio». «Io non posso crederlo... non posso...» mormorò Vera. «Lombard?» chiese il giudice. «Sono assolutamente d'accordo.» Wargrave annuì con aria soddisfatta. «Ora esaminiamo le prove. Prima di tutto, c'è qualche ragione per sospettare in particolar modo di uno di noi? Signor Blore, lei ha qualcosa da dire in proposito, mi pare.» Blore respirava a fatica. «Lombard possiede una rivoltella. E non ci ha detto la verità, ieri sera. Lo ha ammesso lui stesso.» Philip Lombard sorrise con sarcasmo. «Credo che farò meglio a spie- garmi ancora una volta.» E in breve, con chiarezza, raccontò di nuovo la sua storia. Blore commentò: «E questo che cosa prova? Non c'è nulla che possa corroborare quanto ha detto». Il giudice tossì. «Purtroppo, siamo tutti in questa posizione. Possiamo contare soltanto sulla nostra parola.» Si chinò in avanti. «Nessuno di voi ha ancora pienamente afferrato la stranezza della situazione. A mio parere c'è una sola linea di condotta da adottare. Possiamo eliminare definitiva- mente qualcuno di noi dalla lista dei sospetti in base alle prove in nostro possesso?» Il dottor Armstrong si affrettò a dichiarare: «Io sono un noto professio- nista. La semplice idea d'essere sospettato...». Di nuovo, un gesto del giudice interruppe colui che parlava. «Anch'io sono una persona nota. Ma, caro signore, questo non prova proprio niente! Si è già dato il caso di medici impazziti. E di giudici. E di poliziotti.» «A ogni modo, immagino che escluderemo le donne» osservò Lombard. Il giudice inarcò le sopracciglia. Rispose con quel famoso tono "acido" che in tribunale tutti conoscevano così bene: «Devo ritenere che a suo av- viso le donne non vanno soggette a mania omicida?». Lombard s'irritò. «Naturalmente non intendo questo, ma sembra davvero impossibile...» S'interruppe. Il giudice Wargrave si rivolse di nuovo ad Armstrong. «Crede, dottor Armstrong, che una donna possa essere fisicamente in grado di sferrare il colpo che ha ucciso il povero Macarthur?» «Perfettamente, purché abbia lo strumento adatto. Per esempio, un man- ganello di gomma.» «Non avrebbe richiesto una forza eccezionale?» «Niente affatto.» Il giudice Wargrave piegò il collo da tartaruga. «Le altre due morti sono dovute ad avvelenamento. E questa, nessuno vorrà metterlo in dubbio, è una cosa che può fare facilmente una persona dotata di pochissima forza fisica.» «Credo che lei sia pazzo!» gridò Vera, furibonda. Gli occhi del giudice si volsero lentamente finché non si fermarono su di lei. Era lo sguardo spassionato di un uomo abituato a giudicare l'umanità. "Mi sta guardando come... come si guarda un campione di qualche cosa" si disse Vera. E poi, la colpì un altro pensiero che la sorprese profondamente: "Io non gli piaccio". In tono misurato, il giudice disse: «Mia cara, cerchi di dominare le sue emozioni. Io non sto accusando lei». S'inchinò verso la signorina Brent. «Spero, signorina Brent, che non sia offesa dalla mia insistenza nel consi- derare "tutti" sospetti allo stesso modo». Emily Brent continuava a sferruzzare. Non sollevò lo sguardo. «L'idea che io sia accusata di togliere la vita a una creatura umana, a un fratello, per non dire a "tre" creature umane, è certamente assurda per chiunque co- nosca il mio carattere. Ma mi rendo perfettamente conto che qui tutti sia- mo estranei l'uno per l'altro e che, date le circostanze, nessuno può essere esonerato dal sospetto senza prove esaurienti. C'è un demonio fra noi, ripe- to.» «Dunque, siamo tutti d'accordo» concluse il giudice. «Non si può esclu- dere nessuno basandosi soltanto sul carattere o sulla posizione sociale.» «E Rogers?» chiese Lombard. Il giudice lo guardò senza batter ciglio. «Rogers... che cosa?» «Be', secondo me, Rogers è fuori questione.» «Davvero? E su quale base?» «Non ha il cervello che ci vuole, anzitutto. E poi, sua moglie è stata una delle vittime.» ventualità». Blore trasalì. «Non capisco.» «La signora Rogers giace nel suo letto» spiegò il giudice. «Il sedativo che il dottore le ha somministrato comincia a fare effetto. È presa dal son- no e dall'incoscienza. Supponiamo che, in quel momento, qualcuno bussi alla porta, entri e le offra qualche cosa da bere, affermando che "il dottore ha detto di prendere questo". Non crede che la donna, obbediente, l'avreb- be ingoiato senza esitare?» Ci fu un silenzio. Blore si agitò e corrugò la fronte. Philip Lombard dis- se: «Non credo a questa storia neppure per un attimo. Inoltre, nessuno di noi ha lasciato questa stanza per alcune ore. C'è stata la morte di Martson e tutto il resto». «Qualcuno sarebbe potuto uscire dalla propria camera... più tardi» os- servò Wargrave. «Ma, allora, sarebbe stato in camera anche Rogers» obiettò Lombard. Il dottor Armstrong intervenne. «No, Rogers è sceso al pianterreno per sparecchiare la tavola e mettere in ordine la dispensa. Chiunque sarebbe potuto entrare nella camera della donna senza essere visto.» «Ormai la donna doveva essere profondamente addormentata per effetto del sedativo che lei le aveva somministrato, vero, dottore?» chiese Emily Brent. «Con ogni probabilità, si. Ma non con certezza. Non è possibile cono- scere la reazione di un paziente alle medicine quando gliele si prescrive per la prima volta. Spesso occorre parecchio tempo perché un sedativo faccia effetto. Dipende dalla personale reattività del paziente a quella par- ticolare medicina.» «È naturale che lei dica così, dottore. Le conviene, no?» insinuò Lombard. Di nuovo, Armstrong arrossì di collera. Ma di nuovo la spassionata, fredda voce del giudice gli fermò le parole sulle labbra. «Le recriminazioni non danno mai buoni risultati. Dobbiamo attenerci ai fatti. È stabilito, cre- do, che esista una possibilità che le cose siano andate nel modo da me e- sposto. Convengo che l'indice delle probabilità non è molto alto, ma tutto dipende da chi potrebbe essere stata quella persona. La comparsa della si- gnorina Brent o della signorina Claythorne, che le portava qualcosa da be- re per incarico del medico, non avrebbe sorpreso la signorina Rogers. In- vece, la mia apparizione, quella del signor Blore e del signor Lombard, le sarebbe potuta sembrare strana, tuttavia ci avrebbe ricevuti senza alcun ve- ro sospetto.» «E questo ci porta... dove?» domandò Blore. Il giudice Wargrave riprese a parlare, con un tono tanto spassionato da parere disumano. «Abbiamo trattato del secondo delitto e stabilito il fatto che nessuno di noi può essere completamente scagionato dai sospetti. Veniamo ora alla morte del generale Macarthur, avvenuta questa mattina. Chiunque di voi ritenga di avere un alibi, lo fornisca nel modo più esauriente. Io stesso di- chiaro subito che non ho un alibi valido. Ho passato la mattina sulla terraz- za, meditando sulla singolare situazione in cui ci troviamo. Sono rimasto seduto su quella sedia finché il gong non ci ha chiamato, ma ci sono stati, immagino, diversi momenti in cui, inosservato, avrei potuto scendere fino al mare, uccidere il generale e tornare alla mia sedia. Posso solo affermare che non ho mai lasciato la terrazza. E date le circostanze, la mia parola non basta. Ci devono essere prove.» «Io sono rimasto con il dottor Armstrong e il signor Lombard tutta la mattina» dichiarò Blore. «Loro possono testimoniarlo.» «A un certo punto, però, è tornato a casa per cercare una corda» ribatté il dottor Armstrong. «Certo. Sono andato e tornato direttamente. Voi due lo sapete.» Armstrong osservò: «È rimasto via a lungo...». Blore si fece scarlatto. «Cosa diavolo intende dire, dottore?» «Ho semplicemente detto che è rimasto via per parecchio tempo.» «Dovevo trovare una corda, no? Non si possono mettere le mani su un pezzo di corda così per caso, al primo momento». «Durante l'assenza dell'ispettore Blore, voi due siete rimasti insieme?» chiese il giudice Wargrave. Armstrong rispose con foga: «Certo. Cioè... Lombard si è allontanato per pochi minuti. Io sono rimasto dov'ero». Lombard spiegò con un sorriso: «Mi era venuta in mente la possibilità di improvvisare un eliografo per trasmettere un messaggio alla terraferma e volevo cercare il punto migliore. Sono rimasto via solo pochi minuti». Armstrong annuì. «È verissimo. Non abbastanza per commettere un de- litto, lo garantisco.» «Nessuno di voi due ha guardato l'orologio?» chiese il giudice. «Be', no.» «Io non l'avevo» disse Lombard. Il giudice non si scompose. «Pochi minuti è un'espressione molto vaga.» Si volse verso la donna che sedeva rigida con il suo lavoro a maglia in grembo. «Signorina Brent?» «Ho fatto una passeggiata con la signorina Claythorne fino al punto più alto dell'isola. Poi, mi sono seduta sulla terrazza, al sole». «Non mi pare di averla notata, sulla terrazza» disse il giudice. «No, ero dietro l'angolo della casa, verso oriente. Lì ero riparata dal ven- to.» «E vi era rimasta fino all'ora di pranzo?» «Sì.» «Signorina Claythorne?» Vera rispose, pronta e precisa: «Prima, sono stata con la signorina Brent, poi ho passeggiato un po' da sola. Infine, sono scesa al mare e ho parlato col generale Macarthur». Il giudice la interruppe. «A che ora?» Vera fu vaga, per la prima volta. «Non so. Circa un'ora prima di pranzo, credo. Forse anche meno.» «È stato dopo che noi gli avevamo parlato, o prima?» domandò Blore. «Non so. Ma lui era... era molto strano». Vera rabbrividì visibilmente. «In che senso era strano?» volle sapere il giudice. Vera rispose a voce bassa: «Ha detto che dobbiamo morire tutti. Ha det- to che stava lì ad aspettare la fine. Mi ha spaventata...». Il giudice annuì. «Che cosa ha fatto poi?» «Sono tornata in casa. Poco prima di pranzo sono uscita di nuovo e ho risalito la collina dietro la casa. Ero terribilmente irrequieta.» Il giudice Wargrave si accarezzò il mento. «Rimane Rogers, sebbene io dubiti molto che le sue dichiarazioni possano aggiungere qualcosa di utile a quello che già sappiamo.» Rogers, convocato davanti alla "corte", aveva ben poco da dire. Era stato occupato tutta la mattina a sbrigare i lavori domestici e preparare il pranzo. Aveva servito i cocktail sulla terrazza, prima di pranzo, ed era andato a trasportare le sue cose dalla camera all'ultimo piano a un'altra del piano in- feriore. Non aveva guardato fuori delle finestre, durante la mattinata, non aveva visto nulla che potesse fare un po' di luce sulla morte del generale Macarthur. Ma poteva senz'altro giurare che c'erano otto statuine di porcel- lana, quando aveva apparecchiato la tavola. Al termine della testimonianza di Rogers, ci fu una pausa. Il giudice si schiarì la voce. Lombard mormorò a Vera Claythorne: «Adesso viene la mento. Questo indicherebbe la mano di un medico. E poi, non si può nega- re che l'unica cosa che la signora Rogers ha certamente bevuto è stata quel sonnifero che le ha dato lui.» «Sì, è vero» ammise Lombard. «Se un medico impazzisce, ci vuole tempo prima che gli altri lo sospet- tino» insistette Vera. «E in genere, i dottori lavorano troppo, logorandosi i nervi.» «Sì, ma dubito che il dottor Armstrong possa aver ucciso Macarthur. Non ne avrebbe avuto il tempo, durante il breve intervallo in cui l'ho la- sciato solo: sempre che non sia andato e tornato in un minuto, e dubito che sia abbastanza allenato alla corsa per riuscirci.» «Può non averlo fatto allora. Ne ha avuto l'occasione più tardi.» «Quando?» «Quando è andato a chiamare il generale per dirgli che il pranzo era pronto.» Philip fischiò ancora, piano. «Dunque, pensa che l'abbia ucciso in quel momento? Ci voleva un gran sangue freddo.» Vera disse, impaziente: «E che rischio correva? Nessun altro, qui, ha co- gnizioni di medicina. Lui può affermare benissimo che un uomo è morto da un'ora. Chi potrebbe contraddirlo?». Philip la guardò pensieroso. «Sa? Questa è un'idea geniale. Mi doman- do...» «Chi è, signor Blore? Ecco quello che vorrei sapere. Chi è?» Il viso di Rogers era tormentato. Le sue dita stringevano convulsamente lo straccio per lucidare che teneva in mano. «Eh, ragazzo mio, qui sta il problema!» disse l'ex ispettore Blore. «Uno di noi, ha detto il signor Wargrave. Ma chi? Ecco quello che vorrei sapere. Chi è la bestia in sembianze umane?» «Questo» ammise Blore «è quanto tutti noi vorremmo sapere.» «Ma lei ha un'idea, signor Blore» disse Rogers. «Non è vero?» «Potrei averla» rispose Blore, lentamente. «Ma non ho prove su cui ba- sarla. Potrei ingannarmi. Tutto quello che posso dire è che, se non mi sba- glio, la persona in questione ha un incredibile sangue freddo, incredibile davvero.» Rogers si asciugò il sudore sulla fronte. «È un brutto sogno, ecco cos'è» commentò. «Lei non ha qualche idea, Rogers?» chiese Blore, guardandolo curiosa- mente. Il maggiordomo scosse la testa. Disse, sempre con voce rauca: «Non so... Non so niente. Ed è questo che mi spaventa, che mi terroriz- za. Non avere nessuna idea...». Il dottor Armstrong proruppe con veemenza: «Dobbiamo andarcene di qui! Dobbiamo, dobbiamo! A tutti i costi!». Il giudice Wargrave guardò pensieroso fuori della finestra della sala da fumo. Giocherellava con gli occhiali. «Naturalmente, io non pretendo d'es- sere un meteorologo» disse. «Ma è assai poco probabile che una imbarca- zione possa raggiungerci, prima di ventiquattr'ore, anche se al villaggio conoscessero la nostra situazione. E anche allora, soltanto se il vento si calma.» Il dottor Armstrong si prese la testa tra le mani. «E intanto, possiamo es- sere tutti assassinati nei nostri letti?» «Spero di no» ribatté il giudice. «Io ho intenzione di prendere tutte le precauzioni possibili contro una simile evenienza.» Nella mente del dottor Armstrong balenò il pensiero che un vecchio co- me il giudice era più attaccato alla vita di quanto non lo sarebbe stato un giovane. Nella sua lunga carriera si era spesso meravigliato di questo fatto. E ora, ecco qui: lui aveva forse vent'anni meno di Wargrave e un istinto di conservazione non altrettanto forte. Il giudice pensava: "Assassinati nei nostri letti! Questi dottori sono tutti uguali. Non sanno dire altro che frasi fatte". «Ci sono state già tre vittime» gli fece osservare il medico. «Certo. Ma non erano preparate all'attacco. Noi lo siamo.» Il dottor Armstrong disse con amarezza: «Che cosa possiamo fare? Pre- sto o tardi...». «Io credo» ribatté il giudice Wargrave «che ci siano parecchie cose da fare.» «Non abbiamo neppure una lontana idea di chi possa essere...». Il giudice si stropicciò il mento. «Be', vede, non direi proprio così.» Armstrong lo fissò. «Vuol dire che lei sa?» Wargrave rispose, cauto: «Per quanto riguarda le prove, del genere ri- chiesto in tribunale, ammetto di non averne. Ma, riesaminando tutta la fac- cenda, mi sembra che una persona sia chiaramente sospettabile». Armstrong lo fissò ancora. «Non capisco.» La signorina Brent salì nella sua camera da letto. Prese la Bibbia e andò a sedersi vicino alla finestra. Aprì il libro. Dopo un minuto di esitazione, lo mise da parte e si avvicinò alla toilette. Da un cassetto tolse un taccuino ri- legato in pelle nera. Lo aprì e cominciò a scrivere. "È avvenuta una cosa terribile. Il generale Macarthur è morto. (Suo cugino aveva sposato Elsie MacPherson). Non c'è dubbio che si tratti di un assassinio. Dopo pranzo, il giudice ci ha fatto un discorso molto interessante. È convinto che l'assassino sia uno di noi. Questo significa che uno di noi è posseduto dal demonio. Io l'avevo già sospettato. Ma quale di noi? Tutti se lo domandano. Io sola so..." Per un po', rimase seduta senza muoversi. Gli occhi le si velarono. La matita le si agitò convulsa fra le dita. A lettere maiuscole, incerte, scrisse: IL NOME DELL'ASSASSINO È BEATRICE TAYLOR... Chiuse gli occhi. D'improvviso, con un sussulto, si riscosse. Guardò il taccuino. Con un'esclamazione di collera, cancellò i caratteri ineguali dell'ultima frase. Disse a bassa voce: «L'ho scritta io? Proprio io? Sto di- ventando pazza...». La tempesta aumentò di violenza. Il vento ululava intorno alla casa. Tut- ti erano nel soggiorno. Sedevano apatici, l'uno accanto all'altro. E si osser- vavano a vicenda. Quando Rogers entrò con il vassoio del tè, tutti sobbal- zarono. «Devo tirare le tende?» domandò Rogers. Ricevuto l'assenso, accostò le tende e accese le lampade. La stanza si fe- ce meno tetra. Certo, domani, la tempesta sarebbe cessata e qualcuno sa- rebbe potuto venire: un battello sarebbe approdato... «Vuole versare il tè, signorina Brent?» disse Vera. La vecchia signorina rispose: «No, lo faccia lei, cara. Quella teiera è così pesante... Ho perso due matasse della mia lana grigia. È una seccatura». Vera si mosse verso il tavolino da tè. Ci fu un allegro tintinnio di porcel- lane. Tornò la normalità. Il benedetto, abituale tè del pomeriggio! Philip Lombard fece un'osser- vazione scherzosa. Blore rispose. Il dottor Armstrong raccontò una storiel- la buffa. Il giudice Wargrave, che pure detestava il tè, lo sorseggiava con aria di approvazione. Blore. Questi aprì con cautela. Aveva i capelli arruffati e gli occhi ancora gonfi di sonno. «Ha dormito fino a quest'ora? Be', significa che ha la coscienza pulita» gli disse Lombard, affabile. «Che succede?» domandò Blore, seccato. «Nessuno l'ha chiamata o le ha portato il tè? Sa che ora è?» Blore si girò a guardare un piccolo orologio da viaggio sul tavolino da notte. «Venti minuti alle dieci! Non credevo di poter dormire tanto. Dov'è Rogers?» «È il caso di rispondere con l'eco: dov'è?» «Che cosa vuol dire?» replicò Blore, aspro. «Voglio dire che manca Rogers. Non è in camera sua o altrove. Non ha messo l'acqua a bollire in cucina, né acceso il fuoco.» «Dove diavolo può essersi cacciato?» disse Blore. «In giro per l'isola? Mi lasci un momento per vestirmi. Intanto, veda se gli altri sanno qualco- sa.» Philip Lombard assentì. Passò dall'una all'altra delle porte chiuse: Trovò Armstrong già alzato e quasi vestito. Il giudice Wargrave, come Blore, do- vette essere svegliato. Vera Claythorne era vestita. La camera di Emily Brent era vuota. La piccola compagnia cominciò a perquisire la casa. La camera di Rogers, come aveva già accertato Philip Lombard, era vuota. Trovarono il letto disfatto, il rasoio, la spugna e il sapone umidi. «Per alzarsi, si è alzato» disse Lombard. Vera suggerì, con una voce bassa che tentava di rendere ferma e tran- quilla: «Non potrebbe essersi... nascosto da qualche parte... aspettando- ci?». «Mia cara ragazza, io sono pronto a pensare qualsiasi cosa e di ciascuno di noi!» rispose Lombard. «Il mio consiglio è che si resti tutti uniti finché non lo troviamo». «Dev'essere fuori, da qualche parte!» esclamò Armstrong. Blore, che li aveva raggiunti, vestito ma non ancora rasato, domandò: «E dove si è cacciata la signorina Brent?... Questo è un altro mistero». Ma, appena furono nel vestibolo, Emily entrò dalla porta d'ingresso. In- dossava l'impermeabile. «Il mare è ancora agitato» disse. «Credo che nes- sun battello possa prendere il largo, oggi.» Blore esclamò: «È andata in giro per l'isola tutta sola, signorina Brent? Non capisce che è una cosa estremamente imprudente?». «Le assicuro, signor Blore, che mi sono guardata intorno con estrema at- tenzione» ribatté Emily Brent. «Non le è capitato di veder Rogers?» le chiese Blore. La signorina Brent alzò le sopracciglia. «Rogers? No, non l'ho visto stamattina. Perché?» Il giudice Wargrave, vestito, rasato e con la dentiera ben sistemata, scese le scale. Si diresse verso la porta aperta della sala da pranzo. Osservò: «Ah, Rogers ha già apparecchiato per la colazione». «Potrebbe averlo fatto ieri sera» disse Lombard. Tutti entrarono nella stanza, guardando le stoviglie ben sistemate e le posate lucenti, la fila delle tazze sulla credenza, la sottocoppa di feltro pronta per la caffettiera. E fu Vera a notarlo per prima. Afferrò il braccio del giudice con una stretta che gli fece abbozzare una smorfia di dolore. «I negretti! Guardate!» gridò. Al centro della tavola, c'erano soltanto sei statuine di porcellana. Lo trovarono poco dopo. Era nella piccola lavanderia oltre il cortile. Stava tagliando la legna per accendere il fuoco in cucina. Teneva ancora in mano l'accetta. Un'ascia più grande, pesante, era appoggiata contro la por- ta: il metallo era macchiato di scuro. Spiegava anche troppo bene la pro- fonda ferita nel cranio di Rogers... «Perfettamente chiaro» disse Armstrong. «L'assassino gli è scivolato alle spalle, ha sollevato l'ascia una volta sola e l'ha lasciata ricadere mentre la vittima era china in avanti.» Blore si dava da fare con il manico dell'ascia e il setaccio della farina preso in cucina. Il giudice Wargrave domandò: «Occorreva una gran forza fisica, dottore?». «Anche una donna avrebbe potuto farlo, se è questo che intende» rispose Armstrong gravemente. Lanciò intorno un rapido sguardo. Vera Claythor- ne ed Emily Brent si erano ritirate in cucina. «La ragazza avrebbe potuto farlo facilmente: è un tipo atletico. In apparenza la signorina Brent è fragi- le, ma quel tipo di donna ha spesso una notevole forza muscolare. E non dobbiamo dimenticare che una persona squilibrata ha spesso una forza fi- sica insospettata.» Il giudice assentì, pensieroso. Blore, che era in ginocchio, intento al suo lavoro, si alzò con un sospiro. «Nessuna impronta» annunziò. «Il manico è stato pulito dopo il delitto.» Si udì una risata improvvisa e tutti si volsero bruscamente. Vera Cla- ythorne era nel cortile. Gridava con voce acuta, scossa da selvaggi scoppi di risa: «Ci sono api o vespe, in quest'isola? Ditemelo. Dove ci forniamo di miele? Ah, ah!». Tutti la fissavano sbalorditi, senza comprendere, come se quella ragazza, indubbiamente sana ed equilibrata, fosse impazzita sotto i loro occhi. Vera continuò a gridare, con quella voce acuta e innaturale: «Non guar- datemi così, come se mi credeste matta! È perfettamente sensato quello che vi domando. Api, alveari, api! Non capite? Non avete letto quella poe- sia idiota? È nelle nostre camere, messa lì per farcela studiare bene! Sa- remmo dovuti venire subito a cercare qui, se avessimo avuto un po' di cer- vello. Sette poveri negretti / legna andarono a spaccar. E il verso che se- gue... Io la so tutta a memoria, vi dico! I sei poveri negretti / giocan con un alvear... Ecco perché vi domando se ci sono api o vespe nell'isola. Non è buffo? Non è straordinariamente buffo...?». Scoppiò di nuovo a ridere convulsamente. Il dottor Armstrong le si avvi- cinò. Sollevò la mano e la colpì col palmo sulla guancia. Vera boccheggiò, singhiozzò e deglutì. Rimase immobile per un mo- mento. Poi disse: «Grazie... Ora va meglio». La voce le era tornata calma e controllata: la voce di una perfetta maestra di ginnastica. Si volse, attraversò il cortile e tornò in cucina. «La signorina Brent e io prepariamo la colazione. Non potreste... portarci della legna per accendere il fuoco?» Il segno della mano di Armstrong spiccava ancora sulla sua guancia. Quando fu sparita in cucina, Blore commentò: «Bene, dottore, ha trovato il rimedio giusto». «Non potevo farne a meno. Non possiamo trovarci a dover affrontare crisi isteriche oltre a tutto il resto» disse Armstrong in tono di scusa. «Ma Vera Claythorne non mi pare un tipo isterico» osservò Lombard. Armstrong lo ammise. «Oh, no. Una brava ragazza sana e ragionevole. Non è stato che lo choc così improvviso. Può accadere a chiunque.» Rogers aveva già spaccato una certa quantità di legna, prima d'essere uc- ciso. Gli uomini la raccolsero e la portarono in cucina. Vera ed Emily si davano da fare. La signorina Brent aveva preparato il fornello. Vera stava affettando la pancetta. Emily Brent disse: «Grazie. Faremo il più presto possibile, una mezz'ora o tre quarti al massimo. L'acqua deve bollire». «Sa che cosa penso?» chiese Blore con voce bassa e rauca a Philip Lombard. volte gli - o "le" - pare e piace.» Blore si fece scarlatto. «E lei, allora?» domandò, furioso. Il viso di Lombard assunse un'espressione dura e minacciosa. «Io ho una discreta immaginazione. Mi sono trovato in situazioni poco facili, prima d'ora, e ne sono uscito illeso. Credo - non dirò di più, ma credo - che uscirò anche da questo ginepraio.» Le uova friggevano nella padella. Vera, mentre faceva tostare il pane, pensava: "Perché mi sono comportata scioccamente, da isterica? È stato uno sbaglio. Sta' calma, ragazza mia, sta' calma". Era stata sempre così fie- ra del suo equilibrio e del suo sangue freddo! "La signorina Claythorne è stata meravigliosa, con grande sangue fred- do si è lanciata a nuoto dietro Cyril..." Perché pensare a questo, ora? Tutto era passato, passato... Cyril era scomparso molto prima che lei si avvicinasse allo scoglio. Si era sentita prendere dalla corrente che la portava al largo, e si era abbandonata, nuo- tando tranquilla, lasciandosi trascinare, finché non era arrivata la barca... Tutti avevano lodato il suo coraggio e il suo sangue freddo. Ma Hugo no. Hugo l'aveva semplicemente fissata. Come le faceva male, anche adesso, pensare a Hugo... Dov'era? Che cosa faceva? Era fidanza- to... sposato? Emily Brent l'avvertì, aspra: «Vera, quella fetta sta bruciando». «Oh, è vero, signorina Brent, mi dispiace. Che stupida!» Emily Brent tolse l'ultimo uovo dal grasso soffritto. Vera, preparando un'altra fetta di pane da tostare, disse in tono strano: «Lei è meravigliosa- mente calma, signorina Brent». «Sono stata educata a non perdere la testa e a non eccitarmi mai» rispose Emily Brent, serrando le labbra. "Repressa fin da bambina... Questo spiega molte cose..." pensò Vera. «Non ha paura?» disse. Fece una pausa e aggiunse: «Oppure non le im- porta di morire?». Morire! Fu come se un piccolo alato rasoio attraversasse all'improvviso la solida massa congelata del cervello di Emily Brent. Morire? Ma lei non sarebbe morta! Gli altri potevano morire, sì, ma non lei, Emily Brent. Quella ragazza non capiva niente! Lei non aveva paura, naturalmente: nes- suno dei Brent aveva mai avuto paura. Tutti nella sua famiglia erano ap- partenuti all'esercito. Avevano affrontato la morte impassibili, vissuto una vita irreprensibile come lei, Emily Brent, aveva vissuto una vita irreprensi- bile... Non aveva mai fatto nulla di cui dovesse vergognarsi... E perciò, na- turalmente, lei non sarebbe morta... "Il Signore provvede alle sue creature". "Non conoscerai il terrore di notte, né la freccia che scocca di giorno..." Era giorno adesso: non c'era terrore. "Nessuno di noi lascerà quest'isola". Chi l'aveva detto? Ma certo, il generale Macarthur, che aveva un cugino sposato con Elsie MacPherson. Sembrava che il suo destino non lo interessasse. Anzi, era parso contento all'idea di morire. Malvagio! Un sentimento simile era sacrilego. Certa gente dà così poco valore alla vita che finisce per togliersela. Beatrice Ta- ylor... La notte scorsa aveva sognato Beatrice. L'aveva vista fuori dalla finestra, con il viso premuto contro i vetri. Si lamentava e le chiedeva di farla entra- re. Ma Emily Brent non aveva voluto farla entrare. Perché, se l'avesse fat- to, qualcosa di terribile sarebbe accaduto... Emily tornò in sé con un sussulto. Quella ragazza la stava osservando in modo strano. Allora, disse con tono disinvolto: «È tutto pronto, vero? Por- tiamo in sala la colazione». Fu uno strano pasto. Tutti erano molto cortesi, premurosi con gli altri. «Posso versarle ancora del caffè, signorina Brent?» «Signorina Claythorne, una fetta di prosciutto?» «Un'altra fetta di pane?» Sei persone, in apparenza nel pieno dominio di sé e normali. Ma... inter- namente? I più diversi pensieri correvano in tondo come scoiattoli in gab- bia... "Che accadrà ora? Chi? Chi? Come?..." "La cosa riuscirà? Non lo so. Ma vale la pena di tentare. Se si è ancora in tempo, se si è ancora in tempo..." "Mania religiosa, questo è il punto... Ma, a guardarla, non lo si crede- rebbe. Se mi sbagliassi..." "È una pazzia... è tutta una pazzia. Io ci perdo la testa. Lana che scompa- re... le tendine di seta rossa... inspiegabile. Non riesco ad afferrare il nes- so..." "Quell'imbecille si è bevuto ogni parola che gli ho detto. È stato facile. Ma devo fare attenzione, molta attenzione." "Sei statuine di porcellana... Soltanto sei. Quante ce ne saranno stase- ra...?" «Chi prende l'ultimo uovo?» «Marmellata?» «Grazie, un'altra fetta di pane?» Sei persone, che si comportavano in modo perfettamente normale. 12 La colazione era terminata. Il giudice Wargrave si schiarì la voce. Disse con il solito tono autorevole: «Sarebbe il caso, credo, di discutere la situa- zione. Vogliamo trovarci, fra mezz'ora, in salotto?». Tutti fecero un cenno o un mormorio di assenso. Vera cominciò a racco- gliere le stoviglie. «Ora sparecchio e lavo i piatti.» «Le porteremo tutto in cucina» disse Lombard. «Grazie.» Emily Brent si alzò in piedi, ma fu costretta a sedere di nuovo. «Oh, po- vera me!» esclamò. «Qualcosa non va, signorina Brent?» domandò il giudice. «Mi dispiace» si scusò Emily Brent. «Volevo aiutare la signorina Cla- ythorne, ma non so come mai... ho un po' di vertigini.» «Vertigini?» Il dottor Armstrong le si avvicinò. «È più che naturale. Choc ritardato. Le darò qualcosa...» «No!» Quella parola le uscì dalle labbra con la forza di un proiettile. Fe- ce trasalire tutti. Il dottor Armstrong avvampò. Il viso di lei tradiva paura, sospetto. «Come preferisce, signorina Brent» disse freddamente il dottore. La signorina replicò: «Non voglio prendere niente, assolutamente niente. Voglio solo rimanere seduta tranquilla finché le vertigini non mi saranno passate». Terminarono di sparecchiare la tavola. Blore si offrì di aiutare Vera. «Io sono un tipo casalingo. Le darò una mano, signorina Claythorne.» «Grazie.» La signorina Brent rimase sola in sala da pranzo. Per un po', distinse un debole mormorio di voci che veniva dalla cucina. Le vertigini stavano pas- sando. Provava un senso di sonnolenza, ora, come se stesse per addormen- tarsi. Aveva un ronzio nelle orecchie... o c'era veramente qualcosa che ron- zava nella stanza? "Sembra un calabrone... un'ape" pensò. Un momento dopo vide l'ape. Si stava arrampicando su per il vetro della finestra. Vera Claythorne aveva parlato di api, quella mattina. Api e mie- le... Le piaceva il miele. Il miele nel favo, che si fa colare attraverso una piccola borsa di lino. Cola, cola, cola... C'era qualcuno nella stanza... qualcuno tutto bagnato e gocciolante. Bea- pazzi! Siamo tutti pazzi!» aggiunse con veemenza. «Siamo ancora capaci, spero, di ragionare» ribatté il giudice, calmo. «Qualcuno ha portato in questa casa una siringa ipodermica?» Il dottor Armstrong, drizzandosi, dichiarò con voce malferma: «L'ho portata io». Quattro paia d'occhi lo fissarono. Il medico si irrigidì di fronte al pro- fondo sospetto che vi lesse. «Ne porto sempre una con me, quando viag- gio» continuò. «Quasi tutti i dottori lo fanno.» Il giudice Wargrave annuì. «Infatti. Vuol dirci, dottore, dov'è la sirin- ga?» «Nella valigia, in camera mia.» «Potremmo andare a verificare?» Tutti e cinque salirono al piano superiore, in silenzio. Il contenuto della valigia fu rovesciato sul pavimento. La siringa ipodermica non c'era. «Qualcuno deve averla presa!» esclamò Armstrong. Ci fu un attimo di silenzio nella camera. Armstrong era con le spalle ri- volte alla finestra. Quattro paia d'occhi lo fissavano, diffidenti, accusatori. Lui guardò Wargrave, Vera, e ripeté con voce sgomenta: «Qualcuno deve averla presa». Blore guardò Lombard che gli ricambiò l'occhiata. Il giudice dichiarò: «Siamo rimasti in cinque. Uno di noi è un assassino. La situazione è estremamente pericolosa. Nulla dev'essere risparmiato per proteggere i quattro di noi che sono innocenti. Io le domando, dottor Ar- mstrong: quali farmaci ha in suo possesso?». «Ho qui una piccola cassetta di pronto soccorso. Potete esaminarla. Vi troverete sonniferi, compresse di trionale e sulfonate, bromuro, bicarbona- to di sodio, aspirine. Nient'altro. Non ho cianuro con me.» «Anch'io ho delle compresse per dormire, sulfonate, credo» disse il giu- dice. «Immagino che sarebbero letali se venissero somministrate in dosi eccessive. Lei, signor Lombard, possiede una rivoltella.» «E questo cosa significa?» obiettò Lombard, in tono aspro. «Ecco, io propongo che la provvista di medicinali del dottore, le mie compresse di sulfonate, il suo revolver e qualunque altro farmaco o arma da fuoco, siano raccolti e sistemati in un posto sicuro. Poi, ciascuno di noi dovrà sottoporsi a una perquisizione eseguita sia sulla nostra persona, sia sui nostri effetti personali.» «Che mi possa dannare se cedo il mio revolver» proruppe Lombard. Wargrave disse, brusco: «Signor Lombard, lei è un giovanotto forte e robusto, ma anche l'ispettore Blore è un uomo di robusta costituzione. Non so quale sarebbe il risultato di una lotta fra voi due, ma posso assicurarle questo: dalla parte di Blore, ad aiutarlo con tutta l'abilità di cui siamo ca- paci, ci saremo io, il dottor Armstrong e la signorina Claythorne. Vorrà quindi considerare che, se decide di resistere, le sue probabilità di vittoria sarebbero per lo meno assai deboli». Lombard gettò indietro la testa. Scoprì i denti in una specie di ringhio animalesco. «E va bene. Dato che ha già sistemato tutto...» Il giudice Wargrave approvò con un cenno del capo. «Lei è un uomo ra- gionevole. Dov'è il revolver?» «Nel cassetto del tavolino vicino al mio tetto.» «Bene.» «Vado a prenderlo.» «Credo sarebbe meglio che noi l'accompagnassimo.» Philip sorrise, un sorriso che somigliava sempre di più a un ringhio. «Lei è un vecchio diavolo sospettoso, vero?» Tutti attraversarono il corridoio ed entrarono nella camera di Lombard. Philip andò al tavolino da notte e apri il cassetto. Fece un balzo indietro, imprecando. Il cassetto era vuoto. «Soddisfatti?» domandò Lombard. Si era spogliato, e la sua persona e la sua camera erano state meticolo- samente esaminate dagli altri tre uomini. Vera Claythorne era rimasta fuo- ri, nel corridoio. La perquisizione procedette metodicamente. A turno, Armstrong, il giu- dice e Blore si sottoposero alla medesima operazione. I quattro uomini uscirono dalla camera di Blore e si avvicinarono a Ve- ra. Fu il giudice a parlare. «Spero comprenderà, signorina Claythorne, che non possiamo fare eccezioni. Quel revolver dev'essere trovato. Avrà con sé un costume da bagno, immagino.» Vera annuì. «Allora, la prego di andare in camera sua, di indossarlo e quindi di usci- re. L'aspettiamo qui». Vera andò in camera e chiuse la porta. Riapparve quasi subito in un co- stume da bagno molto aderente. Wargrave approvò. «Grazie, signorina Claythorne. Ora, se vuole rimane- re qui, noi perquisiremo la sua camera.» Vera aspettò pazientemente nel corridoio finché gli uomini non riappar- vero. Poi, rientrò in camera, si rivesti e tornò fuori dove gli altri la stavano aspettando. Il giudice disse: «Ci siamo assicurati di una cosa. Nessuno di noi possie- de armi o medicine letali. Questo è già un risultato positivo. Adesso, met- teremo i farmaci in un posto sicuro. Suppongo che nella dispensa ci sarà una cassetta per l'argenteria». «Tutto questo va benissimo, ma chi dovrà tenere la chiave?» chiese Blo- re. «Lei, immagino.» Il giudice Wargrave non rispose. Andò nella dispensa e gli altri lo segui- rono. C'era, infatti, una cassetta destinata a contenere le posate e i piatti d'argento. Secondo le istruzioni del giudice, le medicine vi furono chiuse a chiave. Poi, sempre secondo le sue istruzioni, la cassetta venne riposta nell'armadio delle stoviglie, e anche questo fu chiuso a chiave. Il giudice affidò quindi la chiave della cassetta a Philip Lombard e quella dell'arma- dio a Blore. «Voi siete i più forti fisicamente» disse. «Sarebbe difficile per uno dei due prendere la chiave dell'altro. Sarebbe impossibile farlo per uno di noi altri. In quanto a scassinare l'armadio, o la cassetta, sarebbe un procedi- mento rumoroso, lungo e scomodo, impossibile da compiersi senza attirare l'attenzione.» Fece una pausa, poi continuò: «Abbiamo ancora da risolvere un gravissimo problema. Che ne è stato del revolver del signor Lombard?». «Mi sembra che il suo proprietario sia quello che dovrebbe saperne qualcosa» disse Blore. Le narici di Philip Lombard si fecero pallide e frementi. «Maledetto stu- pido testardo! Le dico che mi è stato rubato!» Wargrave domandò: «Quando l'ha visto per l'ultima volta?». «Ieri sera. Era nel cassetto quando sono andato a letto: pronto, nel caso servisse.» Il giudice assentì. «Deve essere stato preso questa mattina, mentre era- vamo agitati per la scomparsa di Rogers, o dopo il ritrovamento del cada- vere.» «Dev'essere nascosto da qualche parte, in casa» osservò Vera. «Dob- biamo cercarlo.» Il giudice Wargrave si accarezzava il mento con le dita. «Dubito che la nostra ricerca possa dare qualche risultato. L'assassino ha avuto tutto il tempo per nasconderlo. Non credo che potremmo trovarlo facilmente.»
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved