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Al di là del principio di piacere - Freud (1920), Sbobinature di Psicoanalisi

Riassunto dello scritto Al di là del principio di piacere con integrazione di appunti delle lezioni del prof. Sommantico. Anno 2020-2021.

Tipologia: Sbobinature

2020/2021
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Scarica Al di là del principio di piacere - Freud (1920) e più Sbobinature in PDF di Psicoanalisi solo su Docsity! Al di là del principio di piacere. 1. Con questo scritto Freud introduce la definizione di esposizione “metapsicologica”, ossia di un’esposizione ritenuta più completa che prende in considerazione il punto di vista economico e non solo quello topico e dinamico. Per questo vengono messi a rapporto il piacere e il dispiacere con la quantità di eccitamento che è presente nella vita psichica: il dispiacere corrisponde ad un incremento (eccesso di stimoli) e il piacere ad una riduzione di tale quantità, questo ci fa capire che l’energia quando si lega poi può essere scaricata. Non è, però, necessario solo un aumento dell’energia, ma questo deve avvenire in un breve lasso di tempo, per cui se avvenisse in un tempo più lungo ci sarebbe una maggiore possibilità di scarica, mentre invece, avvenendo in un breve lasso di tempo, crea un ingorgo che porta al dispiacere. Stabilità, costanza mantengono il piacere. Laddove c’è un eccesso si presenta il dispiacere. In virtù di questo il principio del piacere sottostà al principio di costanza. Piacere -> costanza -> tendenza alla stabilità. Freud afferma che non si può parlare di una vera e propria egemonia del principio del piacere nell’apparato psichico (iniziamo qui a vedere l’aldilà del principio del piacere) in quanto esistono forse che lo contrastano. C’è una tendenza al piacere, ma non tutti i processi psichici arrivano a produrre piacere. A questo punto risulta necessario identificare le forze che si contrappongono al principio di piacere. - Il primo caso si presenta sotto l’influenza della pulsione di autoconservazione dell’io, per cui il principio del piacere viene spesso sostituito dal principio di realtà (si rinuncia ad un piacere immediato per un piacere più duraturo che avverrà in futuro, si impara a tollerare la frustrazione). Tuttavia il principio di piacere resta più che presente nello gestire le pulsioni sessuali che, come sappiamo, sono meno educabili di quelle dell’io. - Un altro fattore di dispiacere sono degli intoppi nello sviluppo psico-sessuale. In questo caso il dispiacere si verifica se, ad esempio, un desiderio fondato sulla pulsione orale viene rimosso, non arriva a svilupparsi in maniera completa e dunque viene privato del soddisfacimento. Questo desiderio, però, si soddisfa attraverso un’altra via che è quella sintomatica, via che viene avvertita come sintomatica. Ogni dispiacere nevrotico, quindi, a questa natura: è un piacere che non può essere avvertito come tale, perché il sintomo in realtà crea dispiacere. - (più in generale) Oltre le due fonti di dispiacere che freud ha illustrato, le esperienze rimanenti non contrastano il dominio del principio di piacere. La maggior parte del dispiacere che proviamo viene definito da freud: dispiacere percezionale (o percettivo). Può essere la percezione di qualcosa che preme dall’interno per un soddisfacimento, oppure una percezione esterna che suscita aspettative spiacevoli nell’apparato psichico, e che quest’ultimo riconosca in essa un pericolo. 2. Al fine di verificare effettivamente l’egemonia, o meno, del principio di piacere nell’apparato psichico, freud prende in esame diverse situazioni, da quelle patologiche a quelle sane. Freud introduce, quindi, in primo luogo la nevrosi traumatica. Per fare questo riprende la distinzione fatta tra spavento, paura ed angoscia, ribadendo che non sono termini analoghi. L’angoscia corrisponde ad uno stato di attesa e di preparazione al pericolo. La paura richiede la presenza di un determinato oggetto di cui si ha timore. Infine lo spavento rappresenta lo stato di chi si trova di fronte un pericolo senza esserne preparato, sottolinea l’elemento della sorpresa. Freud è interessato - con l’intento di mostrare la coazione a ripetere - alla vita onirica delle persone affette da nevrosi traumatica. I sogni di questi pazienti riportano continuamente il malato nella situazione del suo incidente, da cui egli si risveglia con rinnovato spavento. Proprio la caratteristica di questi sogni ci mostra quanto essi deviano in realtà dalla natura propria del sogno (sarebbe più coerente che i sogni riguardino la guarigione o l’epoca in cui il paziente stava bene). Il tentativo del malato nel sogno è quello di: tornare a quella situazione e provare a far generare l’angoscia che l’avrebbe preparato al pericolo e gli avrebbe quindi permesso di gestire quel pericolo, non sotto forma di spavento, ma grazie all’angoscia preparatoria di farsi trovare preparato ad affrontare il pericolo. Abbandonando l’argomento della nevrosi traumatica, freud mette in risalto, come situazione sana, il giuoco dei bambini. Osservando suo nipote Hans, dell’età di un anno e mezzo, Freud esamina il gioco del “fort da” ossia sparire e far riapparire. Il bambino lanciava i suoi giocattoli lontano nella sua stanza, dove non poteva vederli, e si divertiva a cercali. La prima interpretazione di questo gioco è che il bambino è riuscito a raggiungere la rinuncia al soddisfacimento pulsionale. A questo punto, quando la madre andava via e poi ritornava, il bambino riusciva a sopportare questa rinuncia e inscenava l’atto stesso dello sparire e ricomparire avvalendosi degli oggetti che riusciva a raggiungere. Qui freud si interroga sul perchè rivivere, rimettere in scena un evento spiacevole come l’andar via della madre. Cosa c’è di piacevole? Inizialmente il bambino era stato passivo, aveva subito l’esperienza (era la madre che se ne andava ed era lei che decideva di tornare), attraverso la ripetizione egli capovolge la situazione assumendo la parte attiva. Assonanza con la nevrosi traumatica: nella nevrosi era stato subito passivamente uno spavento, ma se al posto dello spavento si fosse sviluppata l’angoscia allora il soggetto avrebbe affrontato attivamente il trauma; così come il bambino subisce passivamente la scomparsa e la ricomparsa della madre e, simbolicamente, capovolge la situazione di modo da affrontarla attivamente. Quindi molto probabilmente, anche sotto il dominio del principio di piacere esistono mezzi e vie a sufficienza per trasformare qualcosa di spiacevole in qualcosa che può essere ricordato e psichicamente elaborato. 3. Terza fondamentale esperienza di ripetizione, esempio di coazione a ripetere è la traslazione. una forte energia, la coscienza crea la barriera protettiva che la protegge dall’essere distrutta dai troppi stimoli. Come si forma la barriera? A seguito di tutte le stimolazioni, lo strato più esterno cessa di avere la struttura propria della coscienza e si forma una sorta di corteccia, che però ha la caratteristica della permeabilità e, proprio alla luce di questo, le energie del mondo esterno possono passare negli strati più interni (verso il nucleo vero e proprio della coscienza) conservando solo una piccola parte della loro originaria intensità. È una protezione che serve da filtro; facendo passare piccole quantità di energia la coscienza può vedere l’effetto che esse hanno sull’apparato psichico. Data la collocazione del sistema fra l’esterno e l’interno, la coscienza riceve stimoli anche dall’interno che, al contrario di quelli che provengono dall’esterno, non possono essere filtrati; gli eccitamenti degli strati più profondi proseguono direttamente senza alcune diminuzione fino al sistema, dato che alcune delle loro caratteristiche danno origine alla serie delle sensazioni piacere-dispiacere. Comunque, gli eccitamenti provenienti dall’interno sono più adeguati al metodo di lavoro del sistema psichico. Questo stato di cose produce due risultati: 1. Le sensazioni di piacere-dispiacere prevalgono su tutti gli stimoli esterni; 2. Gli eccitamenti interni che provocano un aumento del dispiacere sono trattati in un modo particolare: si instaura la propensione a considerarli come provenienti dall’esterno anziché dall’interno così da poter utilizzare gli stessi mezzi di difesa con cui il sistema si protegge dagli stimoli esterni. È questa l’origine della proiezione. Pensiamo al meccanismo della fobia, il pericolo interno viene proiettato sugli oggetti interni in modo che si ha la fantasia di potersi proteggere da uno stimolo esterno e non interno. Vengono chiamati traumatici tutti quegli stimoli che hanno un’intensità talmente forte da rompere la barriera protettiva che di norma respinge gli impulsi dannosi. Una volta avvenuta questa rottura e quest’improvviso aumento spropositato di energia, uno squilibrio economico fa saltare l’organizzazione dell’apparato psichico che risponderà attivando tutti i suoi possibili mezzi di difesa. A questo punto non è più possibile evitare che l’apparato psichico sia sommerso da grandi masse di stimoli; si può solo cercare un modo per riuscire a padroneggiare questi stimoli, legarli psichicamente così da potersene liberare. Per fare questo viene raccolta da tutte le parti energia di investimento, affinché la zona che circonda il punto di irruzione sia provvista di investimenti energetici sufficientemente elevati. Viene messo in atto, dunque, un controinvestimento sul punto della “rottura” per legare gli stimoli e scaricarli fuori. Quanto più sarà alto l’investimento, maggiore sarà la possibilità di sconfiggere quegli stimoli, ed accogliere un nuovo flusso di energia (paragone con il taglio sulla pelle). Secondo freud possiamo considerare la nevrosi traumatica come una vasta breccia apertasi nella barriera protettiva. Si può evincere che lui afferma la presenza di una barriera protettiva, la quale ha un grado di permeabilità che le permette di far passare una certa quantità di stimoli, ma nel momento in cui si presentano degli stimoli troppo eccessivi si verifica la rottura della stessa. Di conseguenza, per freud, la nevrosi traumatica e lo spavento da cui è causata comportano un’eccessiva presenza di stimoli che creano proprio una breccia nella barriera. Noi attribuiamo molta importanza allo spavento. La condizione perché questo si verifichi è l’assenza dell’angoscia preparatoria, la quale implica il sovrainvestimento dei primi sistemi (quelli percettivi, più esterni all’apparato psichico) che ricevono lo stimolo. Quando il livello del loro investimento è basso, i sistemi non sono in grado di legare l’ammontare degli eccitamenti in arrivo, e di conseguenza la rottura della barriera risulta più semplice. Nelle nevrosi traumatiche, i sogni riportano il malato nella situazione dell’incidente; in questo caso va detto che essi non svolgono la funzione a loro assegnata dal principio di piacere. Il loro compito in questo caso è un altro. Essi cercherebbero retrospettivamente di allertare quei sistemi percettivi per rendere l’apparato psichico preparato alla condizione di pericolo, e quindi sviluppare quell’angoscia che non si era sviluppata (padroneggiamento retrospettivo). Questi sogni ci permettono di farci un’idea di una funzione dell’apparato psichico che non contraddice il principio di piacere ma ne è indipendente. Inoltre, dal momento in cui questi non hanno la funzione di appagamento di un desiderio, rappresentano l’eccezione alla regola obbedendo piuttosto alla coazione a ripetere. È proprio con questo che freud arriva ad affermare un al di là del principio del piacere che sta proprio nella coazione a ripetere, la quale non potrebbe esistere se ci fosse l’egemonia del principio del piacere. Il suddetto meccanismo, come abbiamo precedentemente affermato, comporta una ripetizione di qualcosa di spiacevole in tutti i sensi, anche se il fine è quello di raggiungere il piacere portando all’elaborazione delle esperienze che vengono rivissute, l’episodio che viene ripetuto è pur sempre spiacevole. 5. Dal momento in cui lo strato corticale non presenta una protezione dagli stimoli interni come per quelli esterni, gli eccitamenti che provengono dall’interno rivestono un’importanza predominante dal punto di vista economico, dando spesso origine a disturbi economici che possono essere paragonati alle nevrosi traumatiche. Le fonti di tale eccitamento interno sono le pulsioni. Dal momento in cui gli stimoli possono essere espulsi solo se sono “legati”, allora si può supporre che gli impulsi originati dalle pulsioni appartengono al tipo di processi liberamente mobili che tendono alla scarica. Poiché tutti i moti pulsionali sono ancorati ai sistemi inconsci, non è una novità sostenere che essi seguono il processo primario. Alla luce di questo è facile identificare il processo primario con l’investimento liberamente mobile e invece quello secondario con l’investimento legato. Pensiamo ad esempio all’angoscia liberamente fluttuante la quale non è legata a nessuna rappresentazione e quindi è difficilmente scaricabile, al contrario l’angoscia legata ad un oggetto permette di scaricarla attraverso ad esempio la rappresentazione di un oggetto fobico. Per questo gli strati superiori dell’apparato psichico hanno il compito di legare l’eccitamento pulsionale che obbedisce al processo primario; così come dall’esterno il compito di legare è affidato all’apparato percettivo, che viene sovrainvestito e riesce a filtrare gli stimoli. Se l’eccitamento non viene legato allora ci sarebbero disturbi analoghi a quelli della nevrosi traumatica (che deriva invece dagli stimoli esterni). Quindi sia che gli stimoli siano esterni sia che gli stimoli siano interni, se non vengono legati avranno un effetto patologico, perché provocano quell’accumulo di energia non legata nell’apparato psichico. Soltanto dopo che l’investimento libero viene legato il principio di piacere può affermare il suo dominio. È come se freud affermasse l’esistenza di qualcosa di primario, di precedente al principio di piacere; fin quando l’investimento non viene legato c’è qualcosa che ha la priorità rispetto al principio di piacere. Le manifestazioni della coazione a ripetere - che abbiamo esaminato mediante il gioco infantile e il transfert - rivelano un alto grado di pulsionalità e, quando sono in contrasto con il principio di piacere, possono far pensare ad una forza demoniaca, la quale spinge per un soddisfacimento senza nessun freno. Una volta esaminate, quindi, la pulsionalità e la coazione a ripetere l’intento è quello di scoprire che tipo di relazione ci sia tra le due. Una pulsione sarebbe una spinta (proprietà generale della pulsione ma anche in generale dell’organismo vivente) insita nell’organismo vivente, a ripristinare uno stato precedente al quale quest’essere vivente ha dovuto rinunciare sotto l’influsso di forze perturbatrici provenienti dall’esterno. Pensiamo ad esempio alla pulsione sessuale che nell’adulto cerca di trovare un soddisfacimento che c’era già stato e a cui, però, aveva dovuto rinunciare perchè non più lecito. Questa concezione della pulsione suona strana, poiché si è abituati a vedere in essa un fattore di cambiamento e di sviluppo, mentre ora bisogna intendere un modo del tutto opposto, ossia pulsione come espressione della natura conservatrice degli esseri viventi. Qui freud si appoggia alla tesi, confermata in biologia, dell’apoptosi (quello che viene definito il suicidio cellulare), per trattare della natura conservatrice della pulsione - la pulsione tende a ripristinare uno stato precedente. Conferma di tutto ciò sarebbe il ritorno della vita allo stato inorganico (la morte); la vita tende a ripristinare tutto ciò che veniva prima (la vita deriva da uno stato inorganico, per questo la morte sarebbe il ritorno a quest’ultimo). Da questo egli afferma che la prima pulsione a nascere è stata proprio quella di ritornare allo stato inanimato. A questo punto, l’ipotesi delle pulsioni di autoconservazione vanno in netto contrasto col presupposto che tutta la vita pulsionale serva a determinare solo la morte, compare una contraddizione: com’è possibile che l’individuo tenda alla morte quando invece esistono le pulsioni di autoconservazione che mirano a tenerlo in vita? Le pulsioni sessuali appaiono in una luce completamente diversa da quella assegnatagli dalla teoria delle nevrosi. Le pulsioni sessuali sono conservatrici nello stesso senso in cui lo sono le altre, perché riportano la sostanza vivente a fasi più primitive; ma lo sono in misura maggiore in quanto resistono agli impulsi esterni (sono poco addomesticabili); inoltre sono conservatrici anche dal momento che assicurano la durata della vita stessa per un periodo di tempo relativamente lungo. Le pulsioni sessuali, dunque, possono essere identificate come pulsioni di vita in quanto cercano di posporre il momento della morte, di prolungare la vita fin quando non si arriverà inevitabilmente alla morte. Le pulsioni sessuali - quelle che mirano alla continuazione della vita - si oppongono alle pulsioni di morte - le quali tendono a raggiungere subito lo stato inorganico - e quindi fanno si che riproducendosi allungano il cammino della specie, dilazionando il momento della morte. La nostra vita è data proprio dall’alternanza di questi due moti: uno che cerca di raggiungere la morte il più presto possibile, l’altro che cerca di prolungare la durata del cammino della vita il più possibile. Freud chiamerà le pulsioni di vita Eros che rappresenta proprio la connessione della materia prima, eros spinge al legame, è solo dall’unione che si produce nuova vita. Viceversa vedremo che le pulsioni di morte tendono a scomporre la materia, perché la disunione cellulare avvicina alla morte. 6. Il risultato di quanto detto finora ci porta alla categorizzazione di due tipologie di pulsioni:
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