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Alberto Moravia Biografia, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle (Roma, 28 novembre 1907 – Roma, 26 settembre 1990), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, reporter di viaggio e critico cinematografico italiano.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 23/08/2018

pittari_elga
pittari_elga 🇮🇹

2 documenti

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Scarica Alberto Moravia Biografia e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Alberto Moravia 1. La vita Alberto Pincherle Moravia (poi solo Moravia) nasce a Roma nel 1907 da una famiglia alto-borghese di origine ebraica. La sua adolescenza è segnata da una grave forma di tubercolosi ossea, che lo costringe a lunghi periodi di isolamento e di soggiorno in sanatori. Si manifesta in questi anni un suo forte interesse per la letteratura, che si concretizza in precoci tentativi di racconti e di testi teatrali, e soprattutto nel romanzo Gli indifferenti, uscito nel 1929 e presto accolto da un buon successo di critica e di pubblico. Durante il Ventennio fascista Moravia collabora con Massimo Bontempelli e con la rivista «900», dalla quale ricava molti stimoli e una notevole apertura verso le letterature europee. Negli anni Trenta e Quaranta aumentano i contrasti con il regime, che lo costringe a firmare i suoi lavori con uno pseudonimo e censura vari scritti. Nel 1941 sposa la scrittrice Elsa Morante, che lascerà nel 1962 per convivere con un’altra scrittrice, Dacia Maraini. Nel 1944 Moravia torna a pubblicare un romanzo (breve) di successo, Agostino, e decide poi di dedicarsi alla narrativa di tipo realistico-sociale con il romanzo La romana (1947), le serie dei Racconti romani (1954-59) e con un altro romanzo, La ciociara (1957), che chiude questa fase: essa fu peraltro scandita dalla pubblicazione di molte altre opere, fra cui va segnalato almeno il romanzo Il disprezzo (1954). I temi di fondo della poetica moraviana (l’analisi spietata della decadenza borghese; il rapporto sesso-denaro-società; il vuoto esistenziale e morale) vengono analizzati da svariati punti di vista e quasi ossessivamente. In alcune di queste opere (come La ciociara) è evidente l’ottica di un possibile riscatto politico. Moravia infatti si avvicinò al Partito comunista, pur rimanendo un indipendente, e pur intersecando le analisi sociali di tipo marxista con quelle psicanalitiche e con quelle esistenzialiste – lo scrittore italiano seguì con interesse l’opera del filosofo francese Jean-Paul Sartre, uno dei maggiori esponenti dell’esistenzialismo laico. Un romanzo che segna una svolta nella produzione moraviana è La noia, uscito nel 1960: in esso e nei testi successivi torna a prevalere un forte pessimismo, sia sulla funzione dell’arte sia sui destini della borghesia, mentre la distensione narrativa degli anni Quaranta e Cinquanta lascia il posto a tentativi di sperimentazione (come nel romanzo L’attenzione, 1965). Le ultime opere ripetono i temi consueti, ma lasciando un notevole spazio all’attualità (per esempio per l’analisi del fenomeno del terrorismo proposta in La vita interiore, 1978): vengono anche pubblicate, su numerosi giornali e riviste nel dopoguerra, raccolte di saggi e di scritti di viaggio. Lo scrittore muore a Roma nel 1990. 2. Le opere Moravia pubblica appena ventiduenne Gli indifferenti (1929), il romanzo che già lo consacra autore significativo, grazie alle recensioni di critici influenti come Giuseppe Antonio Borgese. La struttura dell’opera ricorda da vicino quella di un dramma teatrale, e infatti Moravia stesso ha dichiarato di aver dapprima pensato di scrivere una tragedia: si può quindi parlare di ‘realismo’, ma non nel senso di narrazione e descrizione minuta di eventi, bensì di scavo per comprendere le ragioni profonde dei fenomeni. Al centro della vicenda si trova la famiglia Ardengo, composta dai giovani Carla e Michele e dalla loro madre Mariagrazia, da tempo amante dello squallido Leo Merumeci. Quest’ultimo ha acquisito un’ipoteca sulla casa degli Ardengo ed è ormai stanco della relazione con Mariagrazia, mentre si è invaghito di Carla: i tentativi di seduzione vanno a buon fine perché Carla, disgustata di tutto e in sottile rivalità con la madre, non si oppone. Michele però, avvertito della tresca da Lisa, una donna matura di lui innamorata, dovrebbe vendicare l’offesa: ma, indifferente e incapace di agire com’è, riesce solo a sparare a Leo con una pistola scarica. A questo punto i rapporti devono comunque cambiare, con Leo che si offre di sposare Carla, mentre Mariagrazia e Michele si adattano alla nuova situazione. Domina nell’intero testo il senso di un destino che si compie senza la volontà dei protagonisti, incapaci di imporsi o almeno di lottare decisamente. Se l’intera borghesia risulta rappresentata come classe ormai priva di ideali e di morale, sono in particolare i giovani a risultare del tutto ‘indifferenti’ alla loro sorte: in questo, si può vedere uno specifico riferimento alla condizione di chi è cresciuto sotto una dittatura che ha impedito la formazione di una reale volontà autonoma, non consentendo un’effettiva libertà di scelta. D’altra parte la fredda e nello stesso tempo caustica analisi moraviana non pare incentrarsi in un tempo specifico: in questa fase Moravia è uno «scrittore senza storia» (la formula è del critico Luigi Russo), dato che gli interessa più la disamina dei caratteri e dei comportamenti che non quella delle cause e dei contesti sociali. Significativamente, il giovane autore si rifà soprattutto a Dostoevskij (privato però di ogni tensione metafisica), e dichiara in quegli anni di far derivare il romanzo dai personaggi, ossia di pensare prima i protagonisti e poi l’azione che svolgeranno nella trama. Ciò si nota negli Indifferenti, dove la banalità (e alla fine il grottesco del mancato sparo) contraddistingue ogni gesto, da quelli cupidi e quasi animaleschi di Leo, a quelli da donna timorosa di sentirsi vecchia di Mariagrazia, a quelli casuali e mai veramente motivati di Michele e Carla. La tragedia sta proprio nella mancanza di tragico, nel dover accettare l’assurdo succedersi delle piatte vicende della vita. Anche il linguaggio si adatta a questo stato di passività, mostrandosi funzionale perché nella sua assoluta neutralità fa risaltare, indirettamente, il vuoto esistenziale dei personaggi. Moravia, insomma, mostra in questo suo romanzo quasi più una vocazione da ‘moralista’ (nel senso di impietoso esaminatore dei costumi) che non da narratore di una trama – benché in questo come in altri suoi testi si senta la lezione dei classici dell’Ottocento. Negli anni Trenta egli tenta molte strade, avvicinandosi in molti racconti al ‘realismo magico’ di Bontempelli e poi al Surrealismo, mentre in altri si mantiene più vicino ai toni realistico-memorialistici: fra questi si può ricordare l’autobiografico Inverno di malato; ma soprattutto nei romanzi (come Le ambizioni sbagliate, 1935) si sente l’incapacità di legare l’osservazione impietosa con una storia davvero vissuta. Una svolta è segnata dal romanzo breve Agostino, pubblicato nel 1944 e già maggiormente attento alla costruzione di un contesto in cui inserire la trama. Nel protagonista tredicenne che scopre il sesso durante una vacanza con la madre in Versilia, e che si deve confrontare, lui figlio della buona borghesia, con i ragazzi popolani del luogo, si incarna un nuovo tipo di personaggio, non più pensato in astratto ma legato a una vicenda (in questo caso, tipicamente di iniziazione e formazione). Emergono poi gli aspetti psicanalitici, qui evidenti nell’ambiguo rapporto tra la bella madre e il figlio, e importanti in gran parte
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