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Aleksandr Block: appunti, Appunti di Letteratura Russa

Appunti di Letteratura Russa sul poeta Blok. Gli appunti sono stati scritti partendo dall'ascolto di registrazioni

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 10/05/2018

roberta-ferraro
roberta-ferraro 🇮🇹

4.5

(45)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Aleksandr Block: appunti e più Appunti in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! MODULO B LETTERATURA RUSSA III Roma, 18/02/2013 Aleksandr Blok nasce nel 1880 e muore nel 1921. Il 1921 è uno degli anni più tremendi della storia della Russia (poi ci sarà il ’37-’39 per via dei gulag), ma in quest’anno si moriva letteralmente di fame: nell’inverno tra il ’20 e il ’21 nelle case degli intellettuali si bruciavano i libri, e ci furono anche casi di antropofagia. Sulla questione di come è morto si è molto centrata l’attenzione sul fatto che ricevette tardi l’autorizzazione per andare a farsi curare, cosa che è vera, poi c’è da discutere se sia stato fatto apposta o no. Più importante è di cosa è morto, e qui tocchiamo uno dei temi delicati: Viah sostiene che è morto di sifilide, però questa questione avrebbe toccato anche i rapporti con la moglie. Fino a non molti anni fa la questione della morte….Blok per via del poemetto i dodici, in cui in una visione apocalittica celebrava la rivoluzione d’ottobre, vede un drappello della Guardia Rossa procedere nella Pietrogrado devastata nell’inverno 1917-1918, guidata, senza che loro se ne accorgessero, da Gesù Cristo; anche loro, che vedevano una rivoluzione atea e materialista, ma non sanno, e sono in 12, come gli apostoli, guidati da Gesù che porta una bandiera rossa, non politica ma di sangue. La cultura sovietica, e bolscevica in particolare, non gradiva di esser beatificata dalla figura di Gesù Cristo, ma rimaneva il fatto che era il primo poemetto di uno dei grandi poeti della cultura prerivoluzionaria che scriveva un testo riguardante la rivoluzione d’ottobre, e divenne così un idolo. I suoi amici simbolisti gli si rivoltarono contro, ma qui ritorniamo alla questione delle donne, molto importante ne la nemesi: la nemesi è un poemetto che pretende di dare un senso alla storia della Russia a partire dalle vicende individuali di due o tre generazioni di Blok stesso: dal particolare all’universale. Dicevo, essendo l’autore del primo poemetto a favore o comunque che inneggiava alla rivoluzione, essendo un autore che nella sua vicenda era stato attaccato dai poeti emigrati, anche in maniera poco fine, lui nel centro del poemetto mette Katia, la donna di uno dei rivoluzionari, che invece viene messa con uno dei soldati, che però è più ricco, che campa vendendo cose vietate. Lei è una prostituta evidentemente, e il tema del terzetto amoroso è il tema eterno dalla prekrasnaja dama, è la Sofia di Solov’ev, senza la quale non si capisce niente di questa prekrasnaja dama. E quando Lippius gli scrive una poesiola sfottò dicendo “ma quale Cristo davanti ai dodici, lì c’era il diavolo, me l’ha detto la stessa katia che aveva fatto una marchetta a un marinaio del porto”, la peggiore visione della prostituzione, “tu l’hai lodata come l’incarnazione della prekrasnaja dama, questa è una puttana”. Uno dei modelli della bellissima dama è la Beatrice di Dante. La storia della fine che riguarda anche la vita di Blok è sempre stata tenuta sottochiave. Io non credo che sia stato causata dalla sifilide, certo era malato di cuore. Negli ultimi tempi, con la caduta del tabù, la cosa si è rimessa in discussione. Il primo volume di “versi sulla prekrasnaja dama” conduce verso la visione della reincarnazione della donna nella Beatrice di Dante, e certo c’è anche un riferimento alla Sofia (sapienza) di Solov’ev, ma che il riferimento fosse precipuamente Dante è confortato dal fatto che nel 1916 voleva fare una nuova edizione (rimase però solo un progetto) inframmezzato da narrazione in prosa degli avvenimenti che avevano dato luogo a quella poesia, che è la struttura della Vita Nuova; la Vita Nuova è una serie di liriche inframmezzate dalla narrazione in prosa delle situazioni emozionali. Il fatto che volesse riscriverli sul modello dantesco compositivo la diceva lunga sulla provenienza di questa prekrasnaja dama. Per una vita la prekrasnaja dama è stata tradotta come la bellissima dama, era diventata una traduzione standard, solo che a un certo punto, negli anni ’90 del 1990, ci si chiese di come in russo avevano tradotto Dante e non il contrario: prekrasnaja dama è la forma in cui nel 1800 veniva tradotta donna gentile. Certo che se io traduco letteralmente viene fuori bellissima dama, ma se so che questa era la maniera con cui veniva detto il tipico modello dolce stilnovista, non è proprio di Dante, ma dello Stil novo, della donna gentile, sarebbe più opportuno dire versi sulla donna gentile. La prekrasnaja dama è la donna gentile della tradizione. È una roba molto medievale, legata all’idea dell’amore di donna gentile e della sofia, cioè della sapienza; del resto, senza aver letto né Solov’ev né Goethe, Beatrice conduce Dante in Paradiso, la cosa torna da tutti i punti di vista. Blok nella sua opera il “Balagancik”, il piccolo baraccone dei saltimbanchi, dove c’erano rappresentazioni basate sui personaggi della commedia dell’arte, entrati in russo nel’700 all’epoca di Anna Ioannovna, un po’ trasformati, integrati, qualcuno lo ha reinventato, il caso tipico è quello di Petruska: sembra un personaggio autonomo della tradizione russa, mentre molto probabilmente è la trasformazione di Arlecchino tramite un attore che lo recitava molto bene. Anche qui c’è il triangolo: Colombina che è la amata di Pierrot (un altro Pietro, come Petruska è innamorato di Katia nei dodici) e arriva aitante Arlecchino e gliela porta via. Poi lei muore nella fuga sulla slitta, come nei dodici. In questo breve atto unico c’è la rappresentazione dei tre tipi di eros che coinvolgono l’universo mondo: quello di tipo medievale, il cavaliere e la donzella, poi c’è quello appassionato e sadico della coppia rosso-nera, dai colori dei vestiti, e poi c’è quella iniziatica. Quella rosso-nera è quella tipica della dark lady che sottomette il lui che vorrebbe andarsene ma è troppo attratto, e Blok li aveva sperimentati tutti e tre questi tipi. E questa situazione di base ritorna in tutte le opere, variando il nome ma è sempre la stessa. Questo per dire il carattere di questa Sofia, c’è di certo l’eterno femminino tramite Goethe, ma c’è questa tradizione “triangolare” Beatrice, Solov’ev, Goethe. Blok ha una vita culturale relativamente breve e poco intensa; di solito si divide la sua produzione in tre periodi che corrispondono al raggruppamento in tre tomi diversi che lui aveva fatto delle proprie liriche: la composizione de la nemesi va dalla fine del secondo periodo a tutto il terzo; il primo periodo si chiude grossomodo quando finisce la fase della bellissima dama, mentre il secondo va avanti fino al 1910, anno delicato per la cultura russa, in quanto esce una polemica fortissima e Blok afferma che nel 1910 il simbolismo russo è morto, e in quest’anno ci sono i primi vagiti degli scrittori che poi diventeranno i capofila del futurismo (il manifesto di Marinetti è del 1909). Vedere nel 1910 la fine dell’esperienza dominante simbolista e l’inizio di una nuova cultura, quella che viene dalle avanguardie, in primis il futurismo, è una cosa che travalica Blok e la sua personale evoluzione. Il 1910 viene visto come l’anno finale del simbolismo, e nella vita personale avviene la morte del padre, segnando una cesura profonda nella sua consapevolezza. La nemesi viene scritta tra il 1910 fino a poco prima di morire: è un poema incompiuto, maggio/luglio del 1921 è la data degli ultimi versi. All’inizio, che coincide con la morte del padre (1909), riflette amaramente e con un senso sempre proteso a cogliere il ritmo della vita e della morte, questione di ritmo fondamentale perché il metro in cui è scritto non è che in sé sia raro o difficile, ma la consapevolezza che la vita batte al ritmo del giambo è una cosa diversa dall’usarlo solo per ragioni poetiche. Nell’introduzione leggiamo “il prezioso diamante che si trova scavando attraverso strati duri di roccia”, il vero sta nel fondo ed è duro, e chi scava al ritmo che diventerà la mazurka è il giambo. L’idea del giambo visto come ritmo della percezione della storia capita quando va a Varsavia per il funerale del padre. Ci sono pochi dati fattuali legati a Blok, con il padre che si sposa la madre, poi se ne vanno, lei lo segue, poi si stufa, torna a Pietroburgo e si risposa, e Blok cresce in mezzo a molte donne, la mamma, la zia, la njanja, il suo rendersi conto delle brutture della vita dove scoppia l’incontro con la Ljubov che diventa sua moglie (mai sposare la propria Beatrice!!!). Nel 1909 un altro elemento che riguarda la sua vita (questi elementi precedenti sono presenti ne la nemesi) è che la moglie, insoddisfatta, bellissima donna, vuole fare l’attrice, e parte per una tournée; ma non basta essere una bellissima donna per fare l’attrice mentre basta essere una bellissima donna che vuole fare l’attrice perché il regista se la porti a letto: torna così incinta di un altro. Nella vicenda della disperazione nella tormenta di Varsavia incontra una dolce polacca da cui avrà un figlio: nella sua immaginazione, l’aver avuto un figlio non dalla moglie ma dalla ragazza polacca porta alla conclusione del ciclo della nemesi, cioè il figlio da lui sconosciuto, nato senza padre, nelle vaste piane polacche coltivate a trifoglio, sarebbe montato sulle trincee in cui la rivoluzione avrebbe distrutto l’impero russo e sarebbe stata la rivolta definitiva dei polacchi contro i russi, e questa sarebbe stata la nemesi della storia da lui vissuta e quindi la distruzione di tutto ciò che non è oppressivo, reazionario, insopportabile, miserie, ma avrebbe distrutto quanto di meglio la società russa aveva saputo creare, per questo sarebbe stata la vera nemesi, ad esempio i raffinati professori universitari, di cui lui tra l’altro era nipote, e in generale tutto ciò che di buono aveva fatto la cultura russa. In un progetto di questo genere, nato sulla tomba del padre, mai finito ma tutto nutrito di una maniera di dar voce attraverso la storia sua alla storia russa è il grande progetto di Aleksandr Blok. Roma, 19/02/2013 Descrizione di Kravcinskij ne la nemesi: vestito da straniero, ha occhi severamente miti, ha la barba alla Napoleone III, grossa testa, capelli scuri, è insieme un bell’uomo e un mostro con una smorfia melanconica. antitesi; pensano il reale in forma ternaria, non binaria, tesi antitesi e sintesi. A questo linguaggio interno di Blok e di molti simbolisti è sostanzialmente estraneo, in quanto vanno verso un’opposizione dualistica, non c’è nessuna sintesi. Alcuni hanno detto che malgrado la lingua si evolva nel tempo, Blok è sostanzialmente monolingue, anche perché è vissuto poco: la sua produzione dura una ventina d’anni, mentre altri hanno anche avuto cinquant’anni di produzione. _______________________________________________________________________________________ Roma, 26/02/2013 Avviciniamoci a Blok scrittore. Io ho accennato due discussioni: una individuale, del suo problema di vita, la moglie, il sesso, le malattie sessuali, ed il secondo ideale, la prekrasnaja dama, la donna angelicata. Il capitolo della storia di Einaudi su Blok scritto da Nivà dove afferma che non voleva toccare la moglie per trasmettergli la malattia è troppo calcato, sicuramente è un elemento importante ma non così decisivo. La nemesi viene concepita come poema, lui che non scrive poemi, quando va a Varsavia nel 1909 per la morte del padre; i primi pezzi incompiuti risalgono al 1910 e gli ultimi al 1921, poco prima di morire. È trasversale anche rispetto alla periodizzazione più invalsa dell’opera di Blok. Nel caso di Blok questa periodizzazione è agevole e quasi obbligatoria per il fatto che verso la fine della sua vita (41 anni, con 20-21 anni di attività) ha, per un’edizione, raccolto la sua produzione poetica in tre volumi, e questa è la periodizzazione dell’opera di Blok. La nemesi dal 1909 al 1921 copre gran parte della seconda e terza parte dell’opera di Blok. Il primo libro di versi dovrebbe riflettere nell’intenzione di Blok la sua stagione giovanile, iniziale; i primissimi versi sono del 1898, probabilmente ne ha scritti alcuni precedenti ma li avrebbe buttati. Il titolo sotto cui li raccoglie è ante lucem, prima che sorga il sole. Il secondo che è il corpus centrale del primo volume, sono gli stichi o prekrasnoj dame, tradotti donna gentile o bella donna, nel linguaggio dei poeti del dolce stil novo si chiama donna gentile, dove donna suona ancora domina, è un linguaggio che deriva da quello cortese provenzale e poi si stabilizza nel dolce stil novo e in Dante. Prekrasnaja sta tra bello e gentile, ed è una poetica particolare che deve molto a Solov’ev, e che rispecchia anche dal punto di vista di vita vissuta un periodo molto significativo anche per il tipo di capovolgimento che ci sarà. Intorno ai Blok, che hanno nel loro giro un nipote di Sergej Solov’ev, e che sono tutti loro e i loro amici, nel 1901-1902, tutti ventenni con in mezzo una donna giovane, splendida, e tutti per varie ragioni presi dal mito di questo eterno femminino che si realizza presso di loro, in Russia, con la fusione, non solo opposizione, dell’eterno femminino di Goethe, della Beatrice dantesca e della Sofia di Solov’ev. Bisogna dire che Solov’ev nel suo poema Tre incontri racconta le tre volte in cui lui avrebbe incontrato la Sofia, che dunque esplicitamente non è un’idea astratta, ma è una presenza arcana che guida la sua vita. La cosa curiosa è che il primo incontro avviene, secondo ciò che ci racconta, alla stessa età e allo stesso modo del primo incontro di Dante con beatrice, che avvenne a 9 anni. La tela è molto intricata. I modelli sono distanti nel tempo e quindi nei loro reali significati originali. La Sofia viene dalle pagine dell’Antico Testamento in cui si dice che la sapienza divina viene vista (sono scritti che risalgono ben che vada al VI-VII secolo a.C.) come la maniera in cui Dio si mostra agli uomini, che non è la sapienza umana. I libri della sapienza dell’Antico Testamento è una sorta di visione ispirata al predicatore direttamente da Dio per guardare dall’alto sui fatti che coinvolgono la vita terrestre, è diversa dalla sapienza che si ottiene nelle aule universitarie, e che allora si raggiungeva in Egitto frequentando certi scrittori dei sacerdoti, in Grecia facendo i peripatetici dietro ad Aristotele o altri e anche in Israele c’erano gli scribi e i dottori della legge. Quando si parla della sapienza divina non si parla della sapienza tecnica dell’interpretazione della Torah, la sapienza divina è l’idea che la maniera in cui, dato che ancora non c’è l’idea dell’incarnazione, infatti una delle prime incarnazioni della sapienza è stata Gesù, poi è stata mischiata con lo spirito santo, che in ebraico è femminile, questo si capisce perché abbia potuto essere associato all’idea di sapienza e a tante cose di genere femminile. In caso di Gesù, il nesso tra Ieshuah e la sapienza divina è l’inizio del vangelo di Giovanni cioè in principio era il logos e il logos si è fatto carne; questo logos, che traduce due cose in ebraico, e una è femminile, nel senso la ragione divina, lì scatta l’idea che la sapienza divina si è fatta carne per noi in Gesù. Poi c’è stata una lunga tradizione di identificazione della sapienza con quella che in Occidente si chiama la madre di Dio, e nella Chiesa d’Oriente le Sante Sofie si sprecano. Su questo, vecchia tradizione medioevale tardo medioevale, viene ripresa dal pensiero soffiologico di Solov’ev alla fine del’800 mischiandola con l’idea che viene dall’Occidente latino e una da quello germanico, l’eterno femminino di Goethe. È un’idea che ha una grande funzione in questo periodo. Di questo è fatta la prekrasnaja dama. È importante perché intorno al mito della prekrasnaja dama si forma un gruppo per metà serio e per metà ironico, per metà pensoso dei temi ultimi della metafisica e per metà che coglie lo spirito demistificante di Solov’ev; la storia di “copri le tue pallide gambe” di Solov’ev è già in lui l’idea che se io parlo di copri le tue pallide gambe in ottica eros thanathos, come voleva Brjusov, e mi faccio catturare lì dentro non esco più e divento buffone, e la buffoneria la dico io. Sennò prendi freddo. Solov’ev, oltre i libri di filosofia, oltre i dialoghi, oltre le poesie molto serie, in cui scrive alla Russia se vuole essere l’oriente di Serse o l’oriente di Cristo, le interessa solo essere l’oriente, e non le interessa la distinzione tra la potenza militare e l’oriente di Cristo. Uno che scrive cose così seriose, scrive in poesia frammenti della sua filosofia, cosa c’è di più serio; è però lo stesso che dopo l’incontro con la Sofia, che è il massimo della sua riflessione, ci scrive su anche una misteria sciutka; si prende in giro, è un ribaltamento, e il momento è lo stesso che userà Majakovskij per scrivere misteria buff, mistero buffonata, da cui Fo ha ripreso il suo mistero buffo. In quest’idea dell’autoparodia, è racchiuso prima negli anni ’02-’05 il gruppo che si raduna attorno a Blok, a Solov’ev, a Belij, che si autonomina degli Argonauti, e la principale rivista del tempo si chiama Vello d’oro; questi giocavano in chiave simbolisti la ripresa di miti che venivano soprattutto dal Mar nero. gli Argonauti predicano il culto della prekrasnaja dama e prendono in giro contemporaneamente sé stessi, ma il culto della prekrasnaja dama soloveviano della divina sofia coniugato con l’eterno femminino di goethiana memoria cementato dalla Beatrice di Dante è una cosa serissima per loro, poi si pigliano in giro c’è questo serio-faceto, metafisico-ironico che percorre quest’intera generazione. Arrivando al punto della lezione: innanzitutto c’è un elemento molto terrestre che incrina quest’aurea sacrale che si prende un po’ in giro da sola rimanendo però sacrale, è che Blok ha sposato la sua beatrice, Ljubov’ Mendeleeva, ma Belij si innamora perdutamente di lei, e da sapienza divina passiamo a una storia di corna, senza perdere i tratti sacrali, perché i innamora della prekrasnaja dama che per caso si chiama Ljubov’. Lei pare che ci fosse, e ciò fa infuriare Blok. Insieme alla frattura che questo caso non previsto ma prevedibile irrompe in questa magica sacralità della prekrasnaja dama, il clima da figlia del cavaliere prima dell’investitura del mattino, che è lo stato d’animo in cui le poesie di Blok, lui è un cavaliere della sua dama che veglia davanti a Dio tutta la notte in attesa che alle prime luci dell’alba vengano ad ordinarlo cavaliere, così da poterla servire; è tutta la simbologia del cavalierato medievale. Una volta rotto questo, reagisce dicendo: ah, mi avete rotto il giocherello? E adesso ve lo rompo io. E con il testo teatrale Balagancik, messo in scena nel 1906, c’è la crisi della bellissima dama, del misticismo in cui loro vivono, la volontà di Blok di prendere la direzione della nave; nell’opera mette in scena con un atto modernissimo di sostanzialmente disfunzione della sequenza temporale del presentato, rompendo il cronotopo. C’è una conseguenzialità dell’azione che si svolge nello spazio scenico e nel tempo rappresentato. Lui distrugge il cronotopo, e distrugge l’idea che l’azione temporale debba svolgersi nel tempo: lui sta rappresentando le possibilità dell’amore in quanto tale, è tutto contemporaneo, ed è tutto giocato sulla falsità del teatro che però ci rende l’unica verità della vita. I personaggi sono Colombina, la prekrasnaja dama, al suo eterno innamorato, in cui Blok rappresenta se stesso, Pierrot, e il bellimbusto che ruba la donna a Pierrot, Arlecchino. La situazione è sempre la stessa, anche nei dodici. Alla fine Arlecchino si stufa, non ne può più di questa vita artefatta, e fa un balzo dalla finestra, ma la finestra è di carta, e ragione per cui lui esce dall’azione teatrale per cadere sul palcoscenico. Pare che sia una delle fonti dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Quest’opera segna la fine del primo volume/periodo, in quanto prende in giro malignamente tutto ciò che riguardava i suoi compagni di riflessione soloveviana. Così la prekrasnaja dama diventa colombina, il passaggio successivo sarà la sconosciuta, e poi prostituta. Ora è una fidanzata di cartone, cioè, nel suo sistema simbolico, da un tratto riacquista la sua natura convenzionale di marionetta ritagliata nel cartone, e dall’altro in tutto il suo linguaggio di cartone significa una cosa immangiabile, che assorbe la saliva, che è non nutriente, è qualcosa di arido. Sofia, Beatrice, eterno femminino, donna gentile, fidanzata di cartone, l’anno dopo diventa la sconosciuta, che sembra una bella dama del gran mondo ma che batte nei viali alberati: l’eterno femminino è diventata una prostituta. Anche nei dodici, dove abbiamo il triangolo, Katja è una prostituta. Blok ci dice che lei tiene i soldi infilati nella calza, proprio come una prostituta. La sua genialità è di far uscire un mondo semiotico complesso e affascinante dalle cose più banali, a differenza di un Balmont che usa metafore lussuriose e stravaganti, Blok si muove in un mondo fatto di oggetti semplici (guarda ne la nemesi il nonno, simbolo di quello che la Russia avrebbe dovuto e potuto diventare ma è stato spazzato via dalla rivoluzione, che parla della zuppa di pesce con un amico, molto probabilmente un collega: due prof universitari che parlano di una cosa così semplice, questo è il clima in cui vengono rappresentate le opere di Blok). Roma, 27/02/2013 La prima edizione dell’opera di Blok è segnata dal fatto che lui stesso ha raccolto le sue poesie in tre volumi, e che questa tripartizione avallata dall’autorevolezza dell’autore o è totalmente sballata oppure va accolta, il primo volume, del quale ci siamo occupati ieri, raccoglie la fase iniziale della sua produzione, quella giovanile, intitolata ante lucem, dagli ultimi anni ’90 fino agli ultimi versi raccolti nel ciclo rasputija fino al 1904. I rasputija sono i crocevia, dove ci sono krasnije puti, anche morali, e uno ci si può perdere; tutto ciò che ha a che fare con l’uso sconsiderato del sesso, del bene e i rasputija dal punto di vista simbolico sono i crocevia dove ci sono tante strade della vita. Il centro è il nucleo forte degli stichi o prekrasnoj dame, quella che lui avrebbe voluto riprendere e riscrivere inframmezzata da occasioni di vita, riproducendo la Vita Nuova, dove la prosa spiega i versi. Tutto Blok ha un referente dantesco molto marcato, qui è esplicito, e la stessa prekrasnaja dama è la forma russa per dire la donna gentile di dantesca memoria. La sofia divina è rappresentata nelle icona sotto forma di donna. Gli anni tra il 04-’06 sono di stacco, di crisi, sia personale biografica che intellettuale poetica e poi sono gli anni della guerra in Giappone e della rivoluzione. Io sono poco propenso a spiegare il senso artistico di un testo a partire da avvenimenti biografici, e se non c’è di mezzo la mediazione linguistica culturale che fa della cosa un’opera di poesia o di letteratura, poiché le corna di per sé non sono poetiche, ma sono spesso concetto di narrazione. Però non si possono nemmeno ignorare, e la fine del discorso che facevamo ieri era che il testo che segna l’inizio del secondo periodo è un testo teatrale, il suo più rivoluzionario, ossia il Balangancik (e ripete la storia di Colombina, Pierrot e Arlecchino). Al culto della bellissima dama è sostituito il triangolo amoroso, e che questo abbia a che fare con le vicende personali del circolo degli Argonauti, e ciò pose una serie di problemi. È un periodo in cui una serie di rapporti umani si trasferiscono dalla biografia alla letteratura, e spesso si tratta appunto di triangoli amorosi. Belij ebbe un’altra storia a tre, che diede origine all’Angelo di fuoco. La verità è che c’è di fondo una tendenza comune a tutto il decadentismo europeo di saldare la vita con la letteratura, la vita con la poesia e la poesia con la vita, e di vivere la vita come un’opera d’arte, pensiamo anche solo a D’Annunzio, uno dei più riusciti in questo intento. Si vuole vivere la vita come un’opera d’arte, e si riempiono le opere con fatti biografici, e questa è la concezione de la nemesi: non nasce più dall’episodio di amore sfortunato, di vita voluta grande e realizzatasi in piccolo, è una cosa più marcata dalla grande tradizione che deriva dal 600 francese, dal simbolismo francese, dai preraffaelliti; quest’idea arte-vita vita- arte è alla base del racconto e della concezione stessa del poema. Il punto due del secondo volume è l’età in cui scrive Balagancik con la storia di Colombina, Pierrot e Arlecchino, è il primo stravolgimento. Non è più l’essere quasi teogonico che è Beatrice, e nemmeno eterno femminino, e diventa una figura di cartone. Il passo successivo è che la figura di cartone diventi una prostituta, ed avviene nel secondo volume, in cui sia come poesia sia come opera teatrale compare la seconda ipostasi: la sconosciuta. Il periodo è tra il 1904/05-1908/09, Blok ha una complicata vita sentimentale, con la sua paura di trasmettere malattie sessuali crea in lui una sorta di alterità rispetto a quello che avrebbe potuto essere anche da un punto di vista corporeo un prelibato amore. Questo mette in crisi definitivamente il suo rapporto con Ljubov’. Il 1909 è il momento di frattura, dove succedono alcune cose personali e si sente la fine della stagione del simbolismo, che scoppierà nel 1910, coperto dal terzo volume di versi. Nel 1909 a febbraio viene pubblicato il Manifesto di Marinetti; gli anni del successo del futurismo russo sono un po’ dopo, però è il segnale forte che la stagione del predominio culturale del simbolismo sta finendo. Non c’è solo il futurismo, ci sono anche altri movimenti ( i fauve in Francia ad esempio) legate geneticamente al simbolismo e al decadentismo, ma che pigliano strade che via via si divaricano idealmente. Insieme al degrado della donna gentile, compare in Blok un’altra contraddizione fondamentale (lui pensa per opposti, come già detto): prima viveva nel prekrasnij Barbare (barbare perché sente come barbaro il fatto che la metrica latina venga ridotta a struttura accentuativa mentre in origine era alternanza di lunghe e brevi, dando per lunga la vocale accentata e breve la sillaba non accentata, e queste odi sono scritte in italiano alla barbara; in realtà tutta la metrica russa per Carducci sarebbe barbara) chiamato Giambi ed Epodi; la differenza è che per Carducci è una delle forme per ricercare il bello dell’antico del moderno, per Blok è il ritmo per affrontare in maniera aggressiva la vita. C’è poi un piccolo ciclo di versi italiani legati ad un suo viaggio in Italia e poesie varie. Come vi dicevo, il periodo si conclude con il 1916 e c’è un ciclo “rodinija”, che ha a che fare con la nemesi; ce ne sono due particolari, “arpe e violini”, e si torna verso dei suoni che almeno ci prometto un mondo stupendo; una delle convenzioni più diffuse dell’accompagnamento musicale di film è accompagnare il momento in cui sboccia l’amore con i violini. Il secondo è della “Carmen”, di una donna focosa, che supera i limiti, espansiva, e dentro c’è la sua passione per un’attrice di teatro. Non è più però una donna da idealizzare come nuova Beatrice, come eterno femminino, ma è carne, e Beatrice come dice nella pesn Ada l’ha persa davvero. Per via dell’idea di tutta la generazione dei simbolisti di vivere la vita come un’opera d’arte e di fare dell’opera d’arte la propria vita, c’entra questo, e il fatto che volesse riscrivere nel 1917-1918 gli stichi a prekrasnoj dame come la Vita Nova dantesca, quella donna lì l’ha perduta: c’è stata la sconosciuta, c’è stato un degrado della prekrasnaja dama che attraverso la fidanzata di cartone, la sconosciuta e Katja nei dodici, che è l’ultimo degrado nello strascnij mir della dama, e Carmen è invece l’idea di donna del tutto diversa e di cui ci sarà una lata apparizione nel finale de la nemesi. _______________________________________________________________________________________ Roma, 05/03/2013 Parentesi sui dodici di Blok, l’altro grande poema insieme a la nemesi e agli sciti. I dodici è un poemetto sulla musica della rivoluzione d’ottobre in dodici capitoletti, costruito in maniera perfettamente simmetrica: un inizio e una fine proiettati sull’universo mondo, una fase intermedia lirica che riguarda la marcia e i canti delle dodici guardie rosse in una notte del gennaio ’18 a Pietrogrado, e al centro l’episodio drammatico dell’amore drammatico e di Petja che uccide l’amata. Quindi dall’universo iniziale con una visione epica all’inserto lirico al dramma al lirico all’epico universale. All’inizio andiamo dall’universo all’avvenimento, e il finale è l’inverso: dall’episodio epico, universale al mondo di Dio. Solo che a differenza che ne la nemesi, questa costruzione così speculare viene immersa in una variazione di metri e di strumenti poetici talmente ampia che l’impressione del lettore è il contrario di una costruzione simmetrica, ma di disordine metrica; ne la nemesi abbiamo sempre il giambo. Il primo capitolo è in versi liberi, tonici, senza segmentazione storici con inserti trocaici; il secondo in giambi a volte sostituito col peone quarto; il terzo e il quarto in trocheo con inserzioni della poesia popolare; il quinto in tetrametri trocaici, il sesto in giambi, il settimo trocheo, l’ottavo imitazione del verso delle canzoni popolari, il trocheo, gli ultimi due trochei in diverse misure. Anche per il concetto che Blok parla sempre con riferimenti, un esempio dai dodici: quando dice “una bianca coroncina di rose davanti Gesù Cristo” è una citazione da Dante, di cui era lettore appassionato: nel Paradiso c’è un attacco (Paradiso 31) in cui dice “in forma di candida rosa mi si mostrava la milizia santa che nel suo sangue Cristo fece sposa”. I dodici sono la milizia santa, la candida rosa è simbolo di purezza, e nel rito ortodosso ci sposa con la corona. Lui dice che Gesù è lo sposo mistico della milizia santa dei dodici farabutti che hanno finito di sgozzare e rubare: alto-basso ecc. Questa dissonanza si vede anche nel linguaggio, dal russo volgare allo slavo ecclesiastico. Riprendiamo il discorso di ieri: la nemesi nasce sulla tomba fresca del padre con l’idea di dar senso alla storia russa seguendo la storia della sua famiglia in due o tre o quattro generazioni, non è la Russia dei demoni di Dostoevskij, è una Russia colta, aperta, anche benestante, e questo bel mondo che sembra andare verso una liberalizzazione sempre maggiore della politica sarà distrutto da una nemesi storica. Parla del nonno e della famiglia del nonno, del padre, quasi un demone, del difficile rapporto con la madre, di se stesso, che riscopre in una variante ubriaco e triste a Varsavia dov’è andato per chiudere la bara del padre, che ora riacquista il senso di trasmissione dei nodi di famiglia, e a Varsavia incontra una giovane e bella polacca, passano una notte insieme, e concepiscono un bambino. Nel progetto del poema sarebbe stato il bambino a salire sulle barricate e avrebbe fatto la rivoluzione che avrebbe gettato giù l’impero russo: questo è lo schema del poema. Blok si guadagnò l’epiteto di gamajun, che sarebbe un uccello del Paradiso del folklore popolare secentesco russo, con alcuni che erano uccelli veri, che esistevano ed erano stati scoperti in America del Sud, in Australia, e nell’immaginario collettivo si affiancano o si sostituiscono agli uccelli del Paradiso e vengono messi insieme ad alcune mitologie. Il gamajun è l’uccello che prevede il futuro, e Blok prevede la nemesi, interpretando un senso diffuso di fine di qualcosa. Nello schema che fa c’è il prologo, la vita senza inizio e senza fine, il capitolo primo Pietroburgo alla fine degli anni ’70, il 1 marzo, la guerra turca, poi la famiglia, l’apparizione di un demone, il ritorno della moglie da Varsavia con la sua nascita; capitolo due, Pietroburgo negli anni ’90, le trojke, lo zar, l’educazione del figlio presso la madre, giovinezza, visioni, il romanzo d’amore, è ancora felice; prima mazurka, s’avvicina la rivoluzione del 1905 e la notizia dell’imminente scomparsa del padre. Capitolo terzo, arrivo a Varsavia, morte del padre, malinconia, gelo, notte, seconda mazurka, appare la mite Maria, viene concepito il figlio. Capitolo quarto, ritorno a Pietroburgo, albe rosse notti nere e la sua rovina dell’eroe. L’epilogo, la terza mazurka chissà dove, in chissà quale città, cresce il bimbo che da grande farà fuori l’impero russo. Il poema è incompiuto; a varie riprese, con vari inserti di difficile collocazione temporale, diciamo che siamo tra il terzo libro di versi e gli ultimi anni; la verità è che il poema è incompiuto ed è composto nel corso di più decenni. Le ipotesi di questa incompiutezza sono varie, ma alla fine si riducono a due: la prima è (e una non esclude l’altra) che Blok ha un linguaggio poetico per sua natura lirico, tenta l’epos, la circolarità dell’epos, l’estraniarsi di se stesso proponendosi come rappresentato all’interno del testo, lo tenta, il disegno è affascinante ma non ci riesce, non è in grado. Comunque la nemesi rimane una delle principali opere di Blok , ma la concezione epica si tiene insieme un po’ così, l’epica non si addice a lui, dunque per ragioni ideologiche e non poetiche lui ci prova e continua fino alla fine della sua opera, ma non lo avrebbe mai compiuto, perché il suo linguaggio è lirico, non epico. Il problema dell’epica è serissimo, e la tesi predominante è che la modernità ha distrutto le possibilità dell’epica. Non lo affrontiamo questo tema, ma l’importante è capire questa circolarità, questo tempo fuori dal tempo preferibilmente visto al passato, che finisce dove inizia e inizia dove finisce, si avvita; e la caratteristiche principale della lirica è la fusione dell’Io lirico, che in Blok è una specie di cavaliere medievale che ambisce ad avere la sua bella come guida verso il cielo. C’è un’altra questione a me pare decisiva per l’incompiutezza, cioè che lui era il gamajun, che aveva previsto l’abbattersi di una nemesi sulla Russia: una nemesi si è abbattuta, decisamente, ma non era quella che aveva previsto lui. Lui, leggendo in termini metastorici la vita della Russia del 1900, concepisce la nemesi come terza e definitiva ribellione polacca, la terza volta ci avrebbero distrutto. Ma la rivoluzione che si è abbattuta sulla Russia non era quella polacca; aveva percepito l’avvicinarsi di un evento apocalittico, ma si rendeva conto che non era quello prefigurato, ed era tardi per cambiare l’impianto. Se l’avesse finito nel 1914 pure pure, ma già nel 1915 e nel 1916 era tardi, figurarsi dopo il 1917. I dodici interpretano la musica della rivoluzione reale, quella che c’è stata, la nemesi non c’è riuscita; questa è la ragione profonda dell’incompiutezza, ma è anche vera la questione della voce lirica piegata a un progetto epico. Le due cose però non si elidono. _______________________________________________________________________________________ Roma, 06/03/2013 Roma, 12/03/2013 Oggi leggiamo la seconda parte del prologo. Il prologo è chiamato “il popolo e il poeta”, ed è il là del poema epico, e ne rispetta la forma. Il titolo è un chiaro riferimento alla poetica romantica e in particolare a Puskin; qui viene usato in maniera ironica, mentre nel romanticismo russo e in Puskin in particolare il popolo e il poeta finiva per conferire una funzione di profeta al poeta rispetto al popolo, quest’idea è rimasta nei secoli in Russia; negli anni ’60 del 1900, la giovane generazione dei poeti di allora si riconobbe in un verso che diceva “in Russia un poeta è più che un poeta”. Anche Majakovskij in tutta la sua poesia si pose quasi come un Cristo salvifico. Qui è ironico perché il poeta non è tanto il profeta solitario del popolo, quanto colui che sa nominare gli inizi e le fini: è un testimone più he un profeta. C’è anche un autobiografismo di fondo, ma non è esibito, anzi è una delle difficoltà del poema. L’artista deve saper credere e rappresentare e dire inizi e fini. Noi eravamo rimasti al Notung, il nome della spada di Sigfrido. Servo prudente: è una citazione dal Vangelo (Matteo 24.45), e per prudente si intende uno che sa ragionare. Fatto di creta e di polvere: citazione dalla Genesi 2.7: Dio fa l’uomo di creta e polvere. Drakon: in questi versi siamo praticamente alla trama del Sigfrido, ma è anche un’allusione diretta al dracone di Solov’ev, e in fondo a entrambe c’è la bestia dell’Apocalisse di Giovanni. Il linguaggio simbolico è polisemico, mentre l’allegoria ha un solo significato. L’allegoria è uando parlo di una cosa precisa con altre parole; il simbolo rimanda ad altro, a diversi significati. Qui il drago è sia quello dell’Apocalisse sia quello di Solov’ev. da questi significati manca in russo quello che è i primo in Italia, ossia quello di S.Giorgio, e qui non c’entra niente perché in russo si usa un’altra parola. Ne vedaem: da ved, conoscere sapere, in opposizione con znat’ Kak vstar’: “come un tempo” rimanda all’accampamento di Kulikovo (1380), e l’incendio è sulla Rus’. La stessa cosa (la battaglia decisiva e la nebbia) è presente nello Slovo di Igor: nel campo di Igor alla vigilia della battaglia c’è la nebbia. La nebbia è simbolo dell’incertezza, e alla vigilia di una battaglia importante non si sa quale sia l’esito. Dal’: spazio orizzontale a perdita d’occhio. Verso 41: differenza concezione poeta tra Puskin e Blok: Puskin, citando Orazio, dice: “io poeta mi sono eretto un monumento acherotipo” (fatto non da mani umane), nel senso che è il più importante di tutti, mentre Blok è umile. Acherotipe: nella tradizione slava ortodossa sono le icone spontanee, apparse miracolosamente. Versi 43-45: riferimento a Salomè. Il poeta è destinato a essere testimone fino a essere martire, che in greco significa testimone; nella tradizione cristiana, chi testimonia con coraggio la fede diventerà martire, e qui per il poeta la fine è analoga. Verso 48: “io” non è riferito a quello lirico, ma a quello dell’autore. Sud: ricorda il giudizio universale (in russo è strasnij sud). Versi 51-56: qui ritorna la situazione del cavaliere della prekrasnaja dama. Nella prekrasnaja dama ci sono due poesie dove il cavaliere aspetta l’alba disteso sul pavimento a braccia allargate in attesa dell’investitura, e questa è la situazione del poeta. Da un lato Blok è cavaliere medievale fino in fondo, militante (come un templare), è la sua immagine di se stesso: è una specie di templare moderno, ma non si iscrive all’ordine, come invece fece Belij. Lui offre di se stesso l’immagine quasi di templare. Il pastore del verso 52 vuol dire sacerdote. La obednija deve celebrare la liturgia per forza davanti al popolo, mentre la messa può anche essere pronunciata in privato. Questa è la funzione del poeta. Non sarà ascoltato, finirà sotto la ghigliottina e prenderanno in giro i suoi versi. Verso 57: Denniza è femminile in russo, probabilmente perché è sottinteso zvezda, ma in italiano è l’astro mattutino. L’astro mattutino è quello che nella nostra tradizione si chiama lucifero, che porta la luce, ma Lucifero è il diavolo: c’è un problema di generi grammaticali. Chi ha colpito l’astro mattutino è, nell’interpretazione predominante, la donna avvolta di sole, su cui scriverà molto Belij, ed è l’interpretazione femminile della sofia incarnata dalla madre di Dio. L’immagine viene da Isaia: “come mai sei caduto dal cielo astro mattutino, figlio dell’aurora”; qui abbiamo a che fare con Solov’ev, ed è una vera e propria invocazione come “cantami o Diva del pelide Achille”, è la madre di Dio che schiaccerà la testa del serpente che è Lucifero e questo ha colpito denniza, secondo una visione apocalittica letta in chiave evidentemente mariologica. Verso 66: è l’ira che fa crescere giovinezza e libertà , non è una visione pacifica. Verso 68-69: c’è l’idea dei padri prodighi; nella narrazione evangelica abbiamo il figliol prodigo. In genere sono i padri che si riflettono nei figli, mentre qui sono i figli che si riflettono nei padri. Verso 73: il carbonio che pressurizzato diventa diamante è uno studio del suocero, Mendeleev. Versi 74-76: la ricerca dell’essenziale non è dentro di sé, non è nel cielo, ma è come un diamante formatosi nelle profondità della terra, dalle enormi pressioni cui è stato sottoposto il carbone/carbonio. Verso 80: il giambo è iroso come l’ira che genera la giovinezza e la libertà, non è un’ira immotivata, è un’ira verso il presente per raggiungere la profonda vena della vita. _______________________________________________________________________________________ ora è difficile che riprenda il significato originale; come segnorina in Italia, pronuncia di signorina degli americani, e a Roma per un certo periodo la segnorina era la prostituta, soprattutto nel secondo dopoguerra. C’è il senso (verso 257) del tempo che corre: all’inizio del prologo dice che la vita è senza inizio e senza fine, ma tu artista credi in inizio e fine, il concetto è sempre lo stesso, è un eterno susseguirsi senza inizio e senza fine di avvenimenti. Comincia ad avvertire che inizia la fine, quando ti accorgi che qualcosa non tornerà più. (verso 271) L’immagine della gente che vaga per Pietroburgo senza accorgersi di niente ma con la potenzialità per farlo è un topos che nasce dalla Prospettiva Nevskij di Gogol’, che è l’ipostasi della Pietroburgo fannullona e spensierata, ma qui Blok dice che non si accorgono che sta nascendo la rivoluzione, perché quelli che si scambiano i segni sono i rivoluzionari. Al verso 275 c’è un altro riferimento alla Prospettiva Nevskij di Gogol’, la gente che passeggia spensierata. Dimenticarsi la moglie e il samovar è una citazione di Tolstoj, che dice che la consuetudine, la ripetizione pratica ti fa dimenticare perché le fai, e in questo dimenticare affonda tutto, anche l’amore per la moglie e la paura della paura, cose che lo farebbero tremare ma vivere. Il senso epico di questa prima parte sta proprio in questa circolarità tra pubblico e privato, tra ciò che è stato e ciò che sarà, l’impossibilità di rompere un anello che se però si rompe son guai. Dall’esterno poi si passa all’interno (verso 283). Qui assieme all’immagine della Pirovskaja che vedremo, c’è il fatto a proposito delle cose che ti passano vicine ma non te ne accorgi che implicitamente dice una conoscente che sarebbe la descrizione di come avvenivano gli incontri dei narodniki (i populisti) e narodovolzi (gli affiliati alla narodnaja volja, l’organizzazione estremistica e terroristica dei populisti) e lei descrive così questi circoli, ma c’è la testimonianza dove dice che in gioventù il papà di Blok, Aleksandr Sergeevic, fosse stato di sinistra e avesse partecipato ad alcune di queste riunioni (poi sarebbe diventato di destra e antisemita). Questo entrare nella stanza è come se fosse un primo accenno alla sua famiglia, di cui poi parlerà. C’erano anche molte donne all’interno di questi movimenti, e l’emancipazione delle donne era un tema che aveva trattato anche Cerniscevskij in Che fare?, dove dava un ritratto di come doveva essere la gioventù rivoluzionaria e diceva che se una donna si stufava di un uomo era libera di lasciarlo e lui doveva stare zitto. Viene presentata una donna che siede in mezzo agli altri: è Sofia Pirovskaja, militante dei narodovolzi, nata nel 1853, quindi nel 1881 aveva 28 anni, diresse lei l’attentato che in quell’anno costò la vita ad Alessandro II, fu catturata, processata ed impiccata il 13 Aprile del 1881; l’immagine di questa giovane e bella donna, che invece di fare ciò che avrebbero dovuto fare le giovani donne fa la rivoluzione, e per la rivoluzione viene impiccata, è un mito che passa per tutta Europa, e in Italia affascina molto il giovane D’Annunzio, che voleva scrivere un’ode in suo onore, come simbolo della nuova gioventù che a lui piaceva. È uno dei personaggi simbolo della storia russa dell’800. Roma, 20/03/2013 La forma è quella dal generale al particolare, per arrivare a una stanza dove c’è una riunione dei narodovolzi. I personaggi sono reali, il periodo è la fine degli anni ’70: una è Sofia Pirovskaja, il secondo è Sergej Stepniak Kravcinskij. L’immagine che ci dà di lui è quella di un uomo molto sicuro di sé (vedi poi la descrizione pag.35); si veste come un figurino inglese, la bocca è inquieta ed è incorniciata da una barbetta alla Napoleone III, perché Napoleone era glabro. È insieme un bell’uomo e un mostro, la bocca è agitata da una smorfia malinconica. Stepniak vuol dire “uomo della steppa”. Blok nasce nel 1880, Alessandro viene ucciso nel 1881, lui parla dei movimenti rivoluzionari e della vita culturale della fine degli anni ’70, cioè di quando nasce lui, in questo la rappresentazione della storia della Russia coincide con la storia della sua famiglia e di se stesso. Stepniak si rifugiò in italia perché aveva ucciso Mesenzev, il capo della terza sezione a Pietroburgo, la terza sezione era il nome della polizia politica zarista, poi dopo la morte di Alessandro viene riformata e da allora avrà il nome di ochrana. Era stata messa insieme da Nicola I, era insieme controspionaggio e polizia politica. Nel 1878 aveva pugnalato Mesenzev, era scappato ed era venuto in Italia dove aveva partecipato ai moti anarchici del Matese (il massiccio che sta tra il Molise e Benevento), che erano quelli più affini ai narodovolzi. Fu molto amico di uno dei primi e principali anarchici, Enrico Malatesta, e venne condannato in galera per questi moti. Poi verrà liberato per l’amnistia quando salì al trono Alberto di Savoia (era tipico che quando un re veniva eletto faceva un’amnistia). In galera legge ai suoi compagni di detenzione brani fondamentali di Karl Marx: sono le prime rondini del marxismo in Italia (ma Stepniak non era marxista). Scrisse in italiano la Russia sotterranea, e linguisticamente è interessante: in russo è “podpol’naja Rossija”. Il problema è che l’uso del termine podpolje è preso da Dostoevskij; ma se traduciamo Memorie sotterranee non va. Lui le chiama sotterranee e Dostoevskij del sottosuolo. Podpolje letteralmente significa “sotto il pavimento”, perché le izbe russe erano costruite con dei grossi pali che fugevano da fondamenta che poggiavano sulla terra. A un certo punto veniva fatto un impiantito a cui si arrivava da dietro o con una scala, ed era lo stanzone dell’izba. Questo luogo sotto il pavimento ma sopra la terra era fatto per fare da camera d’aria e mantenere caldo; ancora oggi le villette di montagna sono costruite con una camera d’aria sotto, così da non trasmettere né umidità né freddo dal terreno alla stanza dove si abita. Questo sottopavimento era usato anche come cantina, dove buttare le cose che al momento non servono, tutto ciò che viene eliminato dalla vita quotidiana. Dostoevskij lo usa intendendo che la vera coscienza dell’uomo sta non nella stanza dove si abita di giorno ma in questo sottosuolo, che non è u buco scavato nel terreno, ma in questo antro. Anche la Russia sotterranea, nel senso dei rivoluzionari, degli adepti delle società segrete, sono quelli che si riuniscono nel podpolje. Questo libro gli diede molte amarezze: nonostante tutto era un rivoluzionario puro, e quando iniziò a vedere in esilio che alcuni compagni della sua organizzazione avevano tradito, lui rimase molto male e scrisse una seconda redazione in cui anziché tacere tutto ciò e ricordare i bei tempi, fa i conti con questa deriva, perché il rivoluzionario puro, come la Pirovskaja, era una figura luminosa, mentre i traditori sono dei porci. Molte altre cose sarebbero da dire: ad esempio, è il primo ad aver tradotto in qualsiasi lingua i Malavoglia di Verga. Non si firmò ovviamente col suo nome, ma poi si riuscì a ricostruire che era lui. I Malavoglia li chiamò i vinti, in chiave populista. Il titolo che gli diede era La casa del Nespolo, ma perché in russo mala volja significa piccola libertà, non funziona. Questo è Stepniak. Poi c’è l’episodio dell’incontro di Pirovskaja e Stepniak, con il gioco dei diminutivi: prima la chiama Sonja, con fare paterno, poi si corregge e la chiama Sofia, la forma ufficiale. Blok probabilmente non era insensibile a questi movimenti. Al verso 349 torviamo i gaidmachi, tradotti come partigiani, ma sono i cosacchi ucraini ribelli ai proprietari terrieri polacchi. Novosel’e è la festa che si fa per inaugurare la casa nuova. Qui c’è con ogni probabilità una citazione di Leopardi, molto conosciuto dai russi soprattutto per la “Canzone all’Italia”, nei versi 351-353. E qui arriviamo con l’idea della circolarità del tempo e della rappresentazione epica; la distanza epica non è tanto una distanza di tempo: perché un linguaggio sia imperniato sui principi della ritmicità(?) non serve che ci sia molta distanza tra i fatti narrati e il testo, l’importante è che ci sia una distanza d’osservazione come dall’esterno, ed è più facile farla parlando di tempi più vecchi. Il problema è da dove si guarda. Lui parla di trenta, trentacinque anni prima. Vista come dall’alto o a distanza di tempo, entra in un altro interno; prima era la stanza illuminata dove d entro c’era il futuro della rivoluzione in Russia, ora entra in un altro interno. Siamo ora in una casa aristocratica di Pietroburgo, e inizia ora il lessico familiare di Blok, in quanto parla dall’interno dell’aristocrazia di cui faceva parte, prendendola talvolta anche in giro. Parla di dvorjane, ma esistevano due tipi di nobiltà in Russia: la grande nobiltà di sangue, i discendenti dei bojari,, che erano a loro volta i discendenti degli knjazy, dei principi, delle varie città in cui si era sembrato lo stato kieviano sotto il giogo tataro, e la nobiltà di servizio, gli dvorjane, i nobili di corte, come erano i conti Tolstoj, che divennero conti perché fece tornare in patria il figlio di Pietro il Grande che era scappato perché contro il padre. Nel ‘700 i nobili di servizio avevano un potere effettivo, non solo sui contadini, ma anche politico, e pian piano gli sgusciò via di mano, e i più furbi e i migliori si sono iscritti tra i liberali, cioè gli intellettuali aperti e progressisti. Al verso 376 quando si parla di popolare non si parla del popolo ma della narodnaja volja, intesa come organizzazione terroristica. Qui descrive praticamente la sua famiglia: la composizione: la guerra, il ritorno della guerra, l’indifferenza del futuro, gli altri fanno i deficienti, se fossero stati attenti avrebbero visto che in una casa si riuniscono i rivoluzionari, in un’altra, aristocratica, dove i nobili sono tutti parenti fra loro, sono nato io. Questo è lo schema della composizione del poema La nemesi. Roma, 25/03/2013 C’è quest’idea dei nobili tutti parenti tra di loro mentre dietro una finestrella si stanno riunendo i rivoluzionari che porteranno lo sconquasso nella Russia; i nobili non hanno lo stesso potere di una volta, sono in decadenza. Lui si sta avvicinando alla sua famiglia; da notare è che qui c’è l’idea di una forza della stichia, di una forza elementare, che può essere della natura, della storia, che non si domina, è rappresentato da un fiume primaverile. Il disgelo fu ripreso anche da Erenburg, che nel 1955 scrisse il disgelo: ora che è morto Stalin, passiamo al disgelo, che fu rappresentato da Krusev, ed è entrato questo termine nel gergo popolare. Qui Blok vede nel disgelo un momento tumultuoso, i fiumi diventano pericoloso, e durante il loro corso, distruggono i colpevoli e gli innocenti, sia le persone importanti sia quelle semplici (in Erenburg aveva connotati positivi il disgelo). Ciò è importante perché l’idea stessa di progresso, idea ostile a Blok, nasce con Wolfgang Ratke, filosofo di inizio secolo, che contrappone all’idea dominante del rinascimento, cioè per essere moderni e avanti bisogna guardare indietro, ad un’età dell’oro classica, il vecchio come ottimale, andavano avanti con la testa voltata all’indietro; con Ratke si inizia a parlare della storia come di qualcosa che va avanti, e la metafora la fa col Reno, il progresso delle acque del Reno è l’idea del progresso in generale, che è anch’esso una forza che va avanti, che non è un’idea nata dai partiti di sinistra contro il regresso dei partiti di destra, è naturale, ma i partiti di sinistra sono più furbi perché lo favoriscono, mentre i reazionari sono stupidi perché lo vogliono ostacolare. L’idea di progresso delle acque lì però è positivo, che lascia lungo il percorso la sporcizia, andando avanti si depura; qui invece è negativi, perché ci sono i pezzi di ghiaccio che distruggono. Quest’idea tutto sommato “di sinistra” ma che non è progressista, evidente con l’uso del fiume, viene da Herzen, il rimo grande intellettuale rivoluzionario che era però critico del progresso. In lui l’idea che piaceva tanto ai socialisti contemporanei del lento avanzare del progresso, lui scrive dopo il ’48 “io mi giro intorno e vedo gli istituti vecchi morenti, però non vedo i nuovi: il mondo che muore non lascia un erede ma una vedova incinta, tra la morte del primo e la nascita del secondo passerà una lunga notte di caos e devastazione”. In Blok, che ama molto Herzen, quest’idea critica nei confronti del progresso è rappresentata anche da la nemesi, che va verso una visione catastrofica della storia futura e quindi del progresso. Verso 418: Dvojevere: vecchia fede della famiglia nobiliare con tutti i suoi gradevoli e tranquillizzanti usi e costumi e una nuova fede che disprezza la religione e ha come religione le scienze naturali. Quello che è importante in questa parte è la naturalezza con cui le cose più banali, quotidiane, usuali della vita russa di una famiglia benestante, non principesca, da cui lui nasce, si integra, quindi sono un po’ all’antica con idee liberali, e il nichilista che arriva e gli dà uno scossone, comportandosi essenzialmente da maleducato, perché in questo vede il suo dovere civile, ma poi si siede a tavola con gli altri, questo è il clima, ed è in ciò che sta maturando la nemesi. Non c’è nessuna guerra di Troia rispecchiata, c’è la comprensione profonda e ironica, piena di lingua altrui con i sottofondi di Ibsen da un lato e Herzen dall’altro, ma che non vengono esibiti. Questa è la parte primaria e completata de la nemesi di Blok. Roma, 26/03/2013 La famiglia deve essere rappresentata come radicata nella tradizione russa. Particolare è che (versi 450 circa) parla del nonno come uno che sa apprezzare le squisitezze della tavola, e il nonno di Ljubov’ fu colui che decise che la vodka deve essere a 40°, è come se il campo semantico della gastronomia unisse le due famiglia. Versi 500 circa: raggio di luce nel regno delle tenebre: abbiamo la polemica degli anni ’60, gli scestidesjatniki, che saranno a lungo i modelli dei rivoluzionari anche di inizio del 1900. La lettura più politica de la nemesi (i rivoluzionari, il rosso) sono state lette in chiave della rivoluzione bolscevica, che distrusse l’umanesimo russo come lo dipinge Blok; la verità è che non abbiamo a che fare col movimento marxista, ma con quello populista. Secondo Blok, parlando con Lunacarskij, dice che ama Lenin, ma non il marxismo; nella rivoluzione sente l’espressione di questo movimento. l’immedesimazione dell’atteggiamento di Blok prima durante e dopo quello che sarà l’Ottobre sovietico è foriero di equivoci: lui ama molto non il marxismo, il marxismo gli dà un senso di freddo, ma sente il calore del rivoluzionarismo, di Bakunin, è tutta un’altra cosa. Lui di questa parla. Roma, 27/03/2013 Pobedonòscev (verso 624) è una figura importante fino al 1905 perché è il procuratore generale del Sinodo che governa la chiesa russa; il capo è lo zar, e chi gestisce le assemblee ecc. è un ministro, ed è uno dei più reazionari personaggi della storia russa. Durante il regno di Alessandro III dominò, anche la culturalmente,
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