Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Manzoni: Vita e Opere, Appunti di Italiano

Biografia di Alessandro Manzoni, scrittore italiano del Romantico periodo. la sua infanzia, la sua formazione, i suoi incontri con intellettuali e la sua conversione al Cristianesimo. Inoltre, vengono analizzate le sue opere, tra cui i suoi Inni Sacri, la sua lirica patriottica e civile, e i suoi componimenti storici come 'Il Cinque Maggio'.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 01/06/2022

flavia-virgitto
flavia-virgitto 🇮🇹

4.4

(7)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Manzoni: Vita e Opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! LA VITA Alessandro Manzoni nacque nel 1785 dal conte Pietro e Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, uno dei più illustri rappresentanti dell’illuminismo lombardo. Separatisi ben presto i genitori, trascorse la fanciullezza e la prima adolescenza in collegi retti da padri somaschi e barnabiti, a causa della rigida educazione Manzoni si proclamò Ateo. Per breve tempo visse dal padre dove incontrò gli intellettuali del tempo. Nel 1805 raggiunse la madre a Parigi, dopo la morte di Carlo Imbonati, l’uomo con cui ella aveva vissuto in seguito alla separazione del marito. Tra il figlio e la madre, che si conoscevano ben poco, nacque un rapporto affettivo molto intenso. Qui, Manzoni entrò in contatto con gli “ideologi”, un gruppo di intellettuali che erano gli eredi del patrimonio illuministico. Manzoni strinse una profonda amicizia con Claude Fauriel, il quale gli inculcò un grande interesse per la storia, facendogli capire che non deve scrivere seguendo modelli rigidi e fissi nel tempo, ma deve riuscire a esprimere sentimenti che gli permettano di scrivere in modo più vero, in maniera da colpire il cuore del lettore. A Parigi, il contatto con ecclesiastici di orientamento giansenista incise sulla sua conversione religiosa. Anche l’influsso della moglie Enrichetta Blondel (la quale si convertì dal calvinismo al cattolicesimo) favorì il suo riavvicinamento alla fede cattolica. Quando nel 1810 lasciò Parigi ritornando definitivamente a Milano, un profondo rinnovamento si era compiuto nella sua visione della realtà, che ormai era integralmente ispirata al cattolicesimo. Questo rinnovamento coinvolse anche l’attività letteraria, Manzoni abbandono la poesia classicheggiante e si dedicò alla stesura di una serie di Inni Sacri, che aprivano la strada ad una successiva serie di opere di orientamento romantico. Dopo il ritorno in Italia, Manzoni condusse un’esistenza appartata, dedicata allo studio. Fu vicino al movimento romantico milanese e ne seguì attentamente gli sviluppi ma non partecipò direttamente alle polemiche con i classicisti e declinò l’invito a collaborare al “Conciliatore”. Seguì con entusiasmo gli avvenimenti del 1820-21 ma non vi partecipò attivamente, e non fu toccato dalla dura repressione austriaca che ne seguì. Questi sono gli anni di più intenso fervore creativo per Manzoni. Con la pubblicazione dei “Promessi Sposi”, nel 1827, si può dire concluso il periodo creativo di Manzoni. Egli tendeva sempre più a rifiutare la poesia, considerandola falsità di contro al vero storico e morale. Conseguentemente, approfondì gli interessi storici, filosofici e linguistici. Lavorò per anni, fino al 1840, alla redazione del romanzo, ma con intenti ormai prevalentemente linguistici. L’amicizia con Fauriel fu sostituita dall’amicizia con il filosofo Antonio Rosmini, che divenne la sua guida intellettuale. In questi anni della maturità e della vecchiaia la sua vita fu anche funestata da una serie interminabile di lutti. La sua figura di intellettuale era sempre più circondata di ammirazione, dopo il grandissimo successo del romanzo, diventando ormai una figura pubblica. Durante le Cinque giornate di Milano, nel 1848, seguì con entusiasmo gli eventi politici, pur senza parteciparvi direttamente, e diede alle stampe l’ode patriottica “Marzo 1821”. Nel 1860 fu nominato senatore del Regno di Sardegna e poi del Regno d’Italia, costituitosi nel 1861. Alessandro Manzoni morì nel 1873. PRIMA DELLA CONVERSIONE Tra il 1801 e il 1810 Manzoni compone opere tipicamente classiche. Il suo primo scritto è “Il trionfo della libertà”, nel quale si scaglia contro la tirannide politica e religiosa. Fra le opere giovanili abbiamo: “Adda” poemetto idillico, “I Sermoni” in cui polemizza contro aspetti del costume contemporaneo, “L’Urania” che tratta il valore incivilitore della bellezza e delle arti e “A Parteneide” che è una riposta ad un poeta danese. L’opera giovanile più significativa fu il “Carme In morte di Carlo Imbonati” (1805). Il poeta immagina che l’Imbonati, che egli ammira come un padre, gli appaia in sogno parlandogli di sé e suggerendogli come si dovrebbe comportare sia dal punto di vista della poesia sia dal punto di vista civile. Inoltre si intravede l'ideale del “giusto solitario”, ovvero il rifugio nella propria solitudine per dedicarsi completamente alla letteratura. DOPO LA CONVERSIONE Con la conversione al Cristianesimo Manzoni adottò un atteggiamento anticlassico, che fa nascere in lui un amore per il Medioevo cristiano, visto come un elemento fondamentale verso la civiltà moderna; rifiuta la concezione eroica ed aristocratica che celebra solo i grandi, i potenti e i vincitori e si interessa ai vinti, agli umili, ai più poveri. Si forma in lui una visione tragica del reale, dove non tollera più la visione idillica della serenità, ma dove vuole far scaturire una letteratura che guardi il vero, cioè che cosa veramente accade nel popolo. Manzoni fisserà, quindi, dei nuovi principi che saranno alla base della nuova ricerca letteraria: Il vero per oggetto→ raccontare cose realmente accadute; L’interessante per mezzo→ doveva interessare il lettore; L’utile come scopo→ la letteratura doveva avere una funzione comunicativa e doveva insegnare qualcosa sia dal punto di vista politico, sia da quello religioso e sia condanna le tre unità aristoteliche, affermando che l’oggetto della tragedia deve essere il vero storico, unita anche dall’invenzione che è la parte dove l’autore interpreta i sentimenti degli uomini attraverso i personaggi rappresentati; abbiamo, quindi il vero storico, che ricostruisce i fatti e il vero poetico che ricostruisce i fatti in maniera fantasiosa. Caratteristiche principali delle tragedie: tragedia→ scritta per il teatro; oggetto della tragedia→ il vero storico; no all’unità di tempo e di luogo, ma sì a quella di azione; cantuccio o coro→ Manzoni inserisce nel teatro moderno questa novità, che è ben diversa da quella della tragedia greca, dove l’autore in prima persona tra il secondo e il quarto atto (erano 5 gli atti) esprime la propria visione e le proprie reazioni di fronte ai fatti tragici; catarsi→ parola che proviene dal teatro greco (Aristotele), è il momento cruciale della tragedia nel quale si trova la realizzazione della volontà di Dio ed è un momento di liberazione per lo spettatore; rientra nella visione cristiana, come Cristo che muore sulla croce. IL CONTE DI CARMAGNOLA La tragedia “Il conte di Carmagnola” è stata scritta da Manzoni, in versi endecasillabi, ed è stata la prima delle sue tragedie. È ambientata tra il 1426 e il 1432. Protagonista è un personaggio storico, Francesco Bussone, un capitano di ventura del Quattrocento. Egli, dopo aver militato sotto il duca di Milano, caduto in disgrazia, passò nella repubblica di Venezia. Al comando dell’esercito veneziano sconfisse i milanesi nella battaglia di Maclodio presso Brescia; poi però aveva permesso che i suoi soldati lasciassero liberi i prigionieri. Ciò indusse i veneziani a sospettare che il conte di Carmagnola avesse stretto un patto segreto con il duca di Milano. Il conte venne accusato di tradimento e condannato a morte. Manzoni, invece sostiene che il conte, liberando i prigionieri, si era comportato secondo il codice militare dell’epoca e quindi era senza colpa. Così Manzoni denuncia la sconfitta della nobiltà morale di fronte al calcolo politico. L’ADELCHI La tragedia, scritta nel 1822, mette in scena il crollo del regno longobardo in Italia nell’VIII secolo, sotto l’urto dei Franchi di Carlo Magno. Ermengarda, figlia di Desiderio, re dei longobardi, viene ripudiata dal marito Carlo Magno. Desiderio decide allora di vendicarsi e vorrebbe far incoronare dal Papa i figli di Carlomanno, fratello di Carlo Magno, che hanno trovato rifugio presso di lui alla morte del padre. Carlo Magno, a capo dei Franchi, non ci sta e manda un ultimatum a Desiderio il quale, ovviamente, rifiuta e dichiara guerra. L’esercito di Carlo Magno riesce ad avanzare velocemente fino a Pavia, grazie anche al fatto che i duchi longobardi hanno tradito il loro re. Intanto Ermengarda, ritiratasi in un monastero, viene a sapere che Carlo Magno si è risposato e distrutta dal dolore, muore. Intanto grazie ai traditori Carlo Magno riesce finalmente a conquistare Pavia e a far prigioniero re Desiderio. In tutta questa vicenda assistiamo agli inutili tentativi di Adelchi, figlio di Desiderio e fratello di Ermengarda, di scongiurare la guerra contro i Franchi. Non essendo riuscito nella sua impresa, finirà per dover combattere fino alla sua morte. Infatti viene portato ormai in fin di vita davanti a Carlo Magno e a Desiderio: qui chiede pietà per il padre e cerca di consolarlo per il trono perduto. E gli spiegherà con il suo ultimo fiato che non avendo ormai più nessun potere, non sarà più costretto a subire o fare dei torti. MORTE DI ADELCHI: LA VISIONE PESSIMISTICA DELLA STORIA Ferito a morte, Adelchi consola il padre Desiderio della perdita del regno: sulla terra non è possibile agire senza compiere o subire ingiustizie; è dunque preferibile la condizione di chi non ha potere ed è al riparo dalle iniquità. Riconciliatosi con il nemico Carlo, che gli promette rispetto per il vecchio padre, Adelchi muore rasserenato: il tormento trova uno sbocco nella fuga dal mondo verso la pace consolatrice di Dio. Adelchi muore però enunciando una visione della realtà radicalmente pessimistica: la storia è per lui dominata dalla violenza e dall'ingiustizia, che si perpetuano ininterrottamente. Non vi è spazio per azioni magnanime: agire in un simile contesto significa inevitabilmente compiere del male. E non vi è modo di porvi rimedio: chi agisce per contrastare il male è costretto a compiere altro male. La condizione del potente, colui che ha la responsabilità di fare la storia, è totalmente negativa: il meccanismo della realtà lo costringe a seminare ingiustizie e sofferenze, e rende cupa e infelice la sua vita. Non bisogna perciò farsi coinvolgere dall'ambizione del potere: solo l'ora della morte fa comprendere questo grande segreto. Nelle parole di Adelchi morente si delinea dunque una svalutazione totale della sfera politica. Il male del mondo è irrimediabile. L'unica alternativa al suo meccanismo feroce è la dimensione dell'eterno. In queste scene finali il personaggio di Desiderio acquista una fisionomia più umana. Non è più il sovrano superbo e tirannico, ma esclusivamente il padre, prostrato dal dolore inconsolabile di perdere il figlio. Anche Carlo, mostra una faccia più magnanima, nel rispetto cavalleresco per il nemico morente e nella promessa di trattare mitemente il vecchio Desiderio. MANZONI E IL PROBLEMA DEL ROMANZO L'idea di Manzoni di usare il romanzo è un'idea innovatrice e anche una scelta decisamente coraggiosa, di rottura insomma, dati i pregiudizi che da sempre accompagnavano il genere, ritenuto inferiore, sia dalla critica antica sia dalla critica contemporanea allo scrittore. Il romanzo realizza i principi romantici di un rinnovamento della cultura e per Manzoni risponde alla poetica del Vero e dell'Interessante, poiché gli consente di rappresentare la realtà senza astrazioni convenzionali (Vero) e attraverso la forma narrativa, in modo da suscitare l'interesse del lettore (Interessante). Riesce inoltre a rispondere anche all'Utile, comunicando notizie storiche, ideali politici e principi morali. Essendo poi il romanzo un genere praticamente nuovo, egli non ha limiti né vere e proprie regole (come quella della separazione degli stili secondo cui solo ciò che è nobile ed elevato può essere rappresentato in forme serie e sublimi), quindi Manzoni può adattarlo a suo piacimento. Sceglie infatti, nella stesura del Fermo e Lucia, di rappresentare una realtà umile, quotidiana, i cui protagonisti sono due semplici popolani. I personaggi sono immersi nella storia, in modo che sia tutto riferito a quel preciso e determinato contesto storico. Manzoni rappresenta personalità uniche, complesse e mobili, in una tendenza all'individuale e al concreto che è tipicamente borghese. In questo modo egli rifiuta l'idealizzazione dei personaggi, in special modo dei protagonisti, che pur essendo portatori di nobili virtù, non cessano di essere due contadini e, della loro condizione conservano mentalità, linguaggio e comportamenti. I PROMESSI SPOSI E IL ROMANZO STORICO Per la sua opera narrativa, Manzoni sceglie la forma del romanzo storico, una forma che in quel momento gode di larga fortuna presso il pubblico europeo, a causa del successo dei romanzi storici di Walter Scott. Con “I promessi sposi” si propone di offrire un quadro di un’epoca del passato, ricostruendo tutti gli aspetti della società. Per Scott, protagonisti non sono le grandi personalità storiche, ma personaggi inventati, di oscura condizione, quelli di cui abitualmente la storiografia non si
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved