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Alessandro Manzoni: La Vita - Biografia e Opere, Dispense di Italiano

Biografia di alessandro manzoni, scrittore e poeta italiano nato a milano nel 1785. La prima parte del documento descrive la sua infanzia e i primi anni a parigi, dove entra in contatto con gli ideologi e subisce una conversione religiosa. Successivamente, manzoni comincia a comporre opere in linea con le idee romantiche, prediligendo una lingua semplice e popolare. La seconda parte del documento tratta dei suoi scritti, dalla poesia sacra alle tragedie, e della sua critica della società del seicento. Manzoni introduce il coro nelle sue tragedie e sceglie la forma del romanzo storico per tracciare il quadro di una società giusta.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 29/02/2024

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martina0423 🇮🇹

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Scarica Alessandro Manzoni: La Vita - Biografia e Opere e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Alessandro Manzoni: LA VITA: Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria, figlia dell’illuminista Cesare Beccaria. I primi anni di collegio lasciano in lui un ricordo del tutto negativo ma lo avviano alla conoscenza di autori moderni come Alfieri e Parini e alla lettura dei pensatori francesi illuministi: la discendenza da Beccaria e l’ambiente milanese pongono sicuramente delle solide basi per il pensiero di Manzoni che, come vedremo fra poco, recepisce molti elementi dalla cultura illuminista rielaborandoli poi secondo la sua personale visione del mondo. Nel 1805 Alessandro Manzoni si trasferisce a Parigi dove la madre viveva. A Parigi, il giovane Manzoni entra in contatto con gli ideologi, un gruppo di intellettuali che erano gli eredi del patrimonio illuministico. Nel 1808 sposa, con rito calvinista, Enrichetta Blondel, che fu sua compagna anche nel graduale processo di conversione verso il giansenismo che avvenne dopo il “miracolo di San Rocco”. La conversione religiosa di Alessandro Manzoni coincide con un distacco definitivo dalla poesia classicheggiante e neoclassica: compone gli Inni Sacri e le prime tragedie, fra cui spicca il Conte di Carmagnola. Dal 1820 Manzoni è a Milano e comincia per lui un periodo appartato ma assolutamente creativo. Comincia in questi anni la stesura della prima versione del suo romanzo storico d’eccellenza (I Promessi Sposi) che viene pubblicato in una prima edizione del 1821-1823 con il titolo di Fermo e Lucia. Gli anni seguenti vedono Alessandro Manzoni impegnato in una profonda riflessione sulla storiografia e sulla lingua italiana, argomento con cui si esprime il suo impegno nel processo risorgimentale. Alessandro Manzoni, che dal 1861 è senatore del neonato regno d’Italia, in linea con le idee romantiche che sposò nel corso della sua vita, predilesse una lingua fiorentina ma semplice: non il fiorentino aulico e pomposo degli scritti letterari ma una lingua schietta, popolare, che accogliesse anche i termini più pratici e comprensibili delle parlate locali (oltre il fiorentino di base quindi) e i termini stranieri circolanti all’epoca. La morte di Manzoni avvenne a Milano nel 1873. OPERE CLASSICISTICHE: Tra il 1810 e il 1810, cioè tra i 15 e i 25 anni Manzoni compone opere che rientrano perfettamente nello stile classicista di quegli anni, scrivendo con linguaggio aulico e facendo contiunui riferimenti alla mitologia classica. Nel 1801 scrive Il Trionfo della libertà in cui egli inneggiava alla libertà e alla Rivoluzione Francese con i suoi principi, condannando la tirannide, e in cui sono anche presenti amarezza e disillusione sulla fine della Rivoluzione, che aveva portato alla tirannide di Napoleone. Subito dopo egli scrive l'Adda e quattro Sermoni. Del 1805 è il Carme in morte di Carlo Imbonati in cui Manzoni, che vedeva Carlo Imbonati come un padre, riprendendo un modulo classico molto ripetuto, sogna che egli gli venga in sogno, dandogli nobili ammaestramenti di vita e di poesia. Nel 1809 compone ancora un poemetto,Urania, che tratta un tema caro alla cultura neoclassica, il valore incivilitore della bellezza e delle arti. A partire dal momento subito successivo in Manzoni si verifica un distacco dal gusto e dalla cultura classicistica, Manzoni infatti ne avverte l’esaurimento e sente il bisogno di una letteratura nuova che non mirasse solo a ripetere le forme e i temi prefissati dalla tradizione. DOPO LA CONVERSIONE: La conversione fu per Manzoni un fatto totalizzante, che investì ogni aspetto della sua personalità, e che quindi lo fece cambiare anche dal punto di vista letterario, come si può vedere ne Le osservazioni sulla religione cattolica. Questo cambiamento lo si può anche scorgere nella nuova visione della storia del Manzoni: infatti se prima egli vedeva come modello su cui si era formata la società moderna la società romana, in pieno gusto classicista, ora in lui nasce un nuovo interesse per il Medioevo cristiano che indica come vera matrice della società moderna. Da questo ripudio della visione classicistica deriva anche il non voler celebrare i grandi, i potenti, ma interessarsi anche alla vita degli umili,dei vinti. Dal punto di vista letterrio molto cambiò in Manzoni: infatti ora diventa centrale il problema della caduta, del male radicato della storia e dell'uomo incline a peccare. Si forma in lui una visione tragica della vita, in opposizione alla calma e alla serenità della letteratura neoclassica, che porta nelle sue opere a guardaer al vero della condizione storica dell'uomo. Ne deriva il rifiuto del formalismo retorico e dell'arte come puro esercizio, cioè fine a se stessa. STORIA E INVENZIONE POETICA(testo): La poetica del vero induce Manzoni a privilegiare i soggetti tratti dalla storia e a riprodurre fedelmente i caratteri drammatici che sono presenti negli eventi storici stessi. Il poeta non inventa la dinamica dei fatti, tuttavia, gli resta un’ampia sfera di creazione, il poeta, con l’invenzione che gli è propria, ricostruisce i moventi psicologici dei fatti, i pensieri e i sentimenti. Il passo si concentra dunque sul problema fondamentale delle lettere, il rapporto tra poesia e storia. L’UTILE, IL VERO, L’INTERESSANTE(testo): Il passo è tratto dalla lettera a Cesare d’Azeglio, in cui lo scrittore traccia un bilancio del romanticismo.Il passo riportato è tratto dalla redazione originaria del 1823. Il quadro del romanticismo tracciato da Manzoni si articola in due momenti: nel primo viene esposta la parte negativa, cioè le critiche rivolte dei romantici ai principi della letteratura classica, in particolare all’uso della mitologia e alle regole; nel secondo si tratta del lato positivo del romanticismo, cioè della parte propositiva, i principi di poetica professati dai romantici e i loro programmi letterari. Manzoni è a favore di un sistema letterario che abbia tre principi: l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. L'utile per iscopo significa che il fine dell'arte è l'educazione civile e morale. Il vero per soggetto, l’artista deve trarre ispirazione dalla realtà e non dalla mitologia o dalla storia letteraria. L’interessante per mezzo, per attrarre l’attenzione del lettore l’opera d’arte deve contenere argomenti presi dalla vita comune e quotidiani al fine di interessare e coinvolgere il maggior numero di lettori, e non solo le persone colte, i letterati. INNI SACRI: La prima opera dopo la conversione furono gli Inni Sacri: egli ne aveva progettati 12, ma ne scrisse solo 4, pubblicati nel 1815: La Risurrezione, Il Natale, La Passione e Il nome di Maria. Un quinto inno, La Pentecoste, fu più travagliata ed uscì in varie edizioni, fino a quella definitiva del 1822. Egli quindi abbandona la poesia classicheggiante per guardare a una poesia cristiana, prendendo come modello i Padri della Chiesa, il Vangelo e gli oratori sacri del seicento Francese. La struttura nei primi quattro era sempre la stessa: enunciazione del tema, narrazione dell'episodio e commento sulle conseguenza dottrinali: nel quinto inno invece Manzoni ruppe lo schema, lasciando da parte i motivi teologici e l'episodio, per mettere in evidenza la discesa dello Spirito Santo, e si conclude con una invocazione affinchè scenda di nuovo sull'umanità. LIRICA PATRIOTTICA E CIVILE: Dopo sue opere riuscite male e lasciate interrotte, Manzoni scrisse Marzo 1821 che fu pubblicato in un momento di agitazione in Italia, e che era dedicato ai moti del 1821 e in cui egli sperava che le truppe piemontesi si riunissero ai ribelli lombardi; in questo periodo scrisse anche il 5 Maggio, dedicato alla morte di Napoleone. Anche in queste due opere Manzoni abbandona la lirica classicistica, per vedere gli eventi dal punto di vista religioso: infatti i moti del 1821 sono visti dal Manzoni come qualcosa in cui Dio aiuta gli uomini soppressi per raggiungere l'indipendenza; nel 5 Maggio l'alternanza di glorie e sconfitte di Napoleone è valutata dalla prospettiva dell'eterno. Anche i cori delle due tragedie rientrano nell poesia lirica: quello del Carmagnola si avvicina alle forme di Marzo 1821, mentre l'Adelchi è un esempio di poesia storica. Ma gli avvenimenti del passato vanno raffrontati a quelli del presente, per risolvere i problemi politici del presente. CINQUE MAGGIO: lo 5 maggio 1821, durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena, muore Napoleone Bonaparte. Il fatto scuote l’opinione pubblica e ancor di più scuote, offrendo un motivo di riflessione, Alessandro Manzoni che tal modo, attraverso la critica della società del Seicento, offre alle nascenti forze borghesi il modello di una società futura da ricostruire. L’IDEALE MANZONIANO DI SOCIETA’: Nel disegno societario di Manzoni, una volta data per scontata l’indipendenza nazionale, le esigenze nazionali sono: un saldo potere statale che si opponga alle spinte degli interessi privati e sappia contrastare arbitri e prevaricazioni; una legislazione razionale ed equa ed un apparato della giustizia che sappia farla osservare; una politica economica oculata che sappia rispettare le leggi del mercato e sia in grado di stimolare l’iniziativa dei singoli; un’organizzazione sociale giusta, ma senza conflitti che nascono dalla lotta fra le classi e in obbedienza con i precetti cristiani, dia spontaneamente a chi non ha ciò che essa ha in abbondanza; in cui le classi inferiori si rassegnino alle loro inevitabili miserie e rinuncino a rivendicare i propri diritti con la forza ; in cui i ceti medi non siano chiusi nel loro gretto egoismo e non siano gli strumenti del sopruso e dell’ingiustizia. Nel sistema dei personaggi del romanzo, don Rodrigo e Gertrude rappresentano la funzione negativa dell’aristocrazia , che viene meno alle sue responsabilità e usa i propri privilegi in maniera oppressiva; il cardinal Federigo, con la sua attività benefica, costituisce in modello positivo, e l’innominato, con la sua conversione, indica il passaggio esemplare della nobiltà dalla funzione negativa a quella positiva. Per quanto riguarda i ceti popolari, l’esempio negativo è costituito dalla folla sediziosa e violenta di Milano, il positivo falla rassegnazione cristiana di Lucia; Renzo invece, rappresenta il passaggio dal negativo al positivo. Per i ceti medi, esempi negativi sono don Abbondio e l’Azzeccagarbugli, esempio positivo fra Cristoforo. LIBERALISMO E CRISTIANESIMO: Questo ideale di società si nutre dei principi della nascente borghesia liberale e a questi si fonde la componente religiosa. Il modello di una società giusta ma senza conflitti, secondo Manzoni è proposto dal Vangelo stesso e nella sua prospettiva la chiesa può avere un’efficacia immensa nel condurre alla realizzazione di quell’ideale di società. Nonostante la visione tragica di Manzoni, che ritiene la felicità irraggiungibile su questa terra, questi crede che l’uomo non debba assumere un atteggiamento di fatalistica rassegnazione di fronte al male, ma che deve agire per contrastare il negativo della società e della storia. Per questo il cattolicesimo manzoniano può arrivare a fondersi con un progressismo moderato di impronta laica e liberale. L’INTRECCIO DEL ROMANZO E LA FORMAZIONE DI RENZO E LUCIA: La vicenda prende le mosse da una situazione iniziale di quiete e serenità: i due promessi sposi, nel loro villaggio, vagheggiano un avvenire di felicità. In realtà questa situazione di iniziale idillio è solo apparente. Renzo e Lucia sono, quindi, inevitabilmente strappati dalla loro vita quieta e appartata e immersi nel flusso della storia. La loro esperienza si configura come un’esplorazione nel negativo della storia: Renzo sperimenta il male nel campo sociale e politico, Lucia soprattutto in quello morale. Ma attraverso questa esperienza del negativo si compie la loro maturazione. Le vicende dei due giovani rappresentano una sorta di romanzo di formazione, sebbene i percorsi dei due siano differenti. Renzo ha tutte le virtù che, per Manzoni sono tipiche del popolo cittadino; però c’è in lui una componente ribelle, l’insofferenza per ogni forma di sopruso, la convinzione che l’oppresso debba farsi giustizia da sé. Il suo percorso di formazione consiste perciò nel giungere ad abbandonare ogni velleità d’azione e rassegnarsi totalmente alla volontà di Dio. La formazione si attua attraverso le due esperienze della sommossa e della Milano sconvolta dalla peste. I due momenti fondamentali di tali esperienze sono la notte passata presso l’Adda, in cui Renzo fa il bilancio degli errori commessi durante la sommossa, e il perdono concesso a don Rodrigo morente nel lazzaretto. Al contrario, Lucia sembra possedere sin dall’inizio per dono divino quella consapevolezza della vanità dell’azione. In lei c’è uno spontaneo rifiuto della violenza e l’abbandono alla volontà di Dio. Per questo Lucia è vista come un personaggio statico, perché non ha bisogno di imparare nulla. In realtà anche Lucia attraversa un percorso di crescita. La donna, all’inizio dell’opera, appare prigioniera di una visione ingenuamente idilliaca della vita. A Lucia manca la consapevolezza del male. Attraverso le sue peripezie ed esperienze arriva a comprendere che non può esistere l’Eden in terra, che le sventure si abbattono su chi è senza colpa. IL SUGO DELLA STORIA E IL RIFIUTO DELL’IDILLO: Alla fine del romanzo, sia Renzo che Lucia assumano una consapevolezza, essi prendono coscienza della reale tragicità del vivere in un mondo segnato dalla caduta, dall'incombere del male sulla realtà umana. Da ciò deriva il significato ultimo del romanzo, il concetto della ‘provida sventura’, secondo il quale vi sia della positività provvidenziale nel male. Nella conclusione trovata dai due umili protagonisti sono espressi i cardini della visione manzoniana tra cui il rifiuto dell'idillio, inteso come vagheggiamento di un riposo morale. Difatti Manzoni affermava che ogni rappresentazione idillica della realtà fosse assolutamente difforme dalla verità. Si può obiettare che al termine del romanzo Renzo e Lucia raggiungono una vita serena, non si tratta pero di un idillio ma è proprio grazie all'esperienza del male da essi compiuta che essi siano consapevoli della costante del male nella loro esistenza. Per questo motivo la loro vita è finalizzata a far bene, ad avere una posizione attiva verso il male e la sofferenza. LA CONCEZIONE MANZONIANA DELLA PROVVIDENZA: Nel “sugo” si chiarisce la concezione manzoniana di Provvidenza. La formula corrente che definisce “I promessi sposi” il “romanzo della Provvidenza”, può prestarsi ad equivoci. E’ stato più volte sottolineato che nel romanzo l’interpretazione provvidenziale della realtà, non è mai enunciata in prima persona dall’autore , ma è affidata solo ai suoi personaggi. Ciò significa che la sua concezione è diversa da quella dei suoi umili personaggi ed è estremamente più complessa e problematica. Renzo e Lucia hanno una concezione elementare e ingenua della Provvidenza : per loro Dio interviene a difendere e premiare i buoni e a garantire il trionfo della giustizia. Nella superiore visione di Manzoni, al contrario, virtù e felicità possono coincidere solo nella prospettiva dell’eterno. Nella sfera terrena la volontà divina può anche infliggere dolori ai giusti senza garantire il loro risarcimento. Per Manzoni la provvidenzialità dell’ordine divino non consiste nell’assicurare la felicità ai buoni, ma nel fatto che la sventura fa maturare in essi più alte virtù e più profonda consapevolezza. Ritorna centrale il concetto di “provida sventura” e solo alla fine Renzo e Lucia riescono a sviluppare questa profonda visione della Provvidenza. Ciò, però, non implica il fatto che Manzoni abbia considerato, durante tutto il romanzo, negativamente la fede elementare dei due protagonisti, ma sente la necessità di portarli ad una maggiore consapevolezza, attraverso il loro percorso di maturazione. L’IRONIA VERSO LA NARRAZIONE E I LETTORI: La narrazione de “I promessi sposi” ha usualmente un andamento piano, di conversazione affabile e bonaria con un ideale uditorio. Questa dominante tonalità conversevole è spesso pervasa di sottile ironia, che è uno degli aspetti più felici e accattivanti del romanzo, ma che è anche difficile da definire. L’ironia ,in generale, implica un distacco da ciò che si tratta. Nel romanzo vi è una sorta di autoironia quando, nell’introduzione, Manzoni allude ai 25 lettori del romanzo, usando un’iperbole a rovescio a indicare lo scarso numero di persone che leggeranno il componimento. Dietro queste mosse ironiche si può individuare una sottile presa di distanza dello scrittore dalla letteratura, sentita come qualcosa che rischia di essere oziosa e inutile, in confronto alla storia o alla filosofia. A volte l’ironia è volta agli ipotetici lettori. Così avviene nelle pagine conclusive del romanzo, dove il narratore si astiene dal raccontare la vita felice e tranquilla dei due sposi perche seccherebbe i lettori: qui si può riconoscere l’ironia verso gusti correnti del pubblico, che si aspetta da un romanzo la narrazione di eventi straordinari. L’IRONIA VERSO I PERSONAGGI: L’ironia può investire i personaggi del romanzo. In questo caso essa delinea la distanza culturale tra il narratore e i personaggi, ma si tratta sempre di un’ironia affettuosa, si potrebbe dire “paterna”, che ha la convinzione che nei personaggi semplici, vi sia un tesoro di umanità che non può trovarsi nelle classi elevate. L’ironia può colpire lo stesso protagonista, Renzo, a sottolineare le sue ingenuità e i suoi errori da ragazzo imprudente. Talora l’ironia nei suoi confronti è affidata a commenti espliciti del narratore; in altri casi l’ironia scaturisce oggettivamente dal contrasto che si crea tra le parole di Renzo e la realtà fattuale degli eventi. Per nulla bonaria è l’ironia verso don Abbondio e il suo egoismo. Se nei confronti degli umili l’ironia è bonaria e paterna, nei confronti dei potenti essa si trasforma in un sarcasmo impietoso. Il “Fermo e Lucia”: UN ALTRO ROMANZO? Del suo romanzo Manzoni ci ha lasciato tre redazioni: la prima inedita (1821-1823), pubblicata solo un secolo dopo dagli studiosi con il titolo “Gli sposi promessi”, poi “Fermo e Lucia”; la seconda pubblicata dall’autore nel 1827, già con il titolo definitivo “I promessi sposi”; la terza nel 1840-42, è quella che abitualmente leggiamo. Tra le ultime due edizioni vi sono essenzialmente differenze linguistiche . La prima redazione, il “Fermo e Lucia”, presenta differenze profonde, tali che hanno fatto parlare di un altro romanzo rispetto a “I promessi sposi”. Vi sono innanzitutto differenze nella distribuzione delle sequenze narrative sull’arco dell’interccio. Nel Fermo vi sono personaggi che hanno una fisionomia completamente diversa da quelle della redazione definitiva: il Conte del Sagrato, che corrisponde funzionalmente all’innominato, non è un personaggio di grande statura spirituale, ma un grande tiranno secentesco. Anche Lucia è sensibilmente diversa, più realistica, più legata ad una determinata condizione sociale e costume storico. Vi sono anche interi episodi impostati in modo diverso: ad esempio la storia della signora di Monza è molto più ampia e indugia su una serie di particolari e passaggi psicologici., che ne “I promessi sposi” passano inosservati. Ma più in generale l’impostazione del racconto muta profondamente dalla prima redazione alle successive. Nel “Fermo” Manzoni ricorre in più larga misura al documento storico e realistico: introduce ampie digressioni di carattere saggistico. Tutto questo materiale non narrativo è fortemente ridotto nei promessi sposi. Infine, nel “Fermo” vi sono posizioni critiche e polemiche nette ed aspre, mentre nella redazione ufficiale le posizioni dell’autore sono più sfumate e talvolta dissimulate sotto il velo dell’ironia. Ciò perché nel “Fermo” vi è una più netta contrapposizione tra bene e male , positivo e negativo, ideale e reale. Nei Promessi sposi invece , positivo e negativo sono più vicini e l’ideale è calato nel reale. Il problema della lingua Attraverso la redazione dei promessi sposi Manzoni fornisce alla letteratura italiana un nuovo modello di lingua letteraria, offre l'indicazione di una possibile lingua nella società della futura Italia unita. Egli si ritrovò in difficoltà in quanto riteneva che forse presente una mancanza di un codice comune tra chi scrive e chi legge. In un primo momento si orientò verso una lingua di compromesso, ma già dopo il 1824 rinunciò a quella lingua composita e si orientò verso il toscano. Pubblicato il romanzo, un viaggio a Firenze nel 1827 fece si che giunse alla soluzione finale: affermò difatti che la lingua italiana unitaria dovesse proprio esser il fiorentino delle persone colte; una lingua viva, parlata , attuale. Svolse dunque una revisione del romanzo che concluse solamente nel 1840. Il fine di Manzoni difatti, che dimostro attraverso opere teoriche, era quello di diffondere la lingua fiorentina con un vocabolario e far si che divenisse la lingua nazionale di un Italia unita.
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