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Alessandro Manzoni: vita, opere, Dispense di Italiano

La vita e le opere di Alessandro Manzoni, uno dei maggiori scrittori italiani dell'Ottocento. Si descrivono i suoi primi anni di formazione, il periodo parigino e la conversione religiosa, fino alla stesura dei Promessi Sposi. Inoltre, si analizza la sua produzione di trattati morali e storici, come le Osservazioni sulla morale cattolica, in risposta alle teorie di Simon de Sismondi sulla decadenza politica e morale degli italiani.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 02/01/2022

Melissa099.
Melissa099. 🇮🇹

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32 documenti

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Scarica Alessandro Manzoni: vita, opere e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! ALESSANDRO MANZONI VITA E OPERE BIOGRAFIA DELL'AUTORE Alessandro Manzoni da parte materna era il nipote di Cesare Beccaria, autore di Dei Delitti e delle Pene; per quanto riguarda il padre invece lui era di fatto figlio di Giovanni Verri ma veniva indicato come figlio di Pietro Manzoni, che da poco aveva sposato Giulia Beccaria, figlia di Cesare. Dopo poco Giulia e Cesare si separarono e la mamma andò a vivere con Carlo Imbonati a Parigi. Il legame quindi di Manzoni con l’Illuminismo è un legame di sangue. LE OPERE DELLA PRIMA GIOVINEZZA Dopo aver passato la giovane età in vari collegi, Manzoni vive nella casa paterna, mostrando però una certa sofferenza per la convivenza con il padre, che gli imponeva un'educazione molto rigida. In questo momento della propria vita Manzoni è vicino alle posizioni giacobine da un punto di vista politico; scrive infatti nel 1801 // trionfo della libertà, un poema in terzine di ispirazione giacobina dove però vengono mostrate le critiche allo stesso giacobinismo. Dal punto di vista politico successivamente Manzoni si allontanerà dal giacobinismo per avvicinarsi alle idee liberali. Scrive dunque /’Adda e quattro Sermoni. Dal punto di vista letterario invece è un neoclassicista. IL PERIODO PARIGINO (1805-1810) E IL RAPPORTO CON FAURIEL Nel 1805 va a Parigi dalla mamma, quando muore Carlo Imbonati, per la cui occasione scrive proprio /n morte di Carlo Imbonati. Nei 5 anni successivi (1805-1810) vive a Parigi; questi sono gli anni più importanti per la sua formazione culturale in quanto frequenta gli ultimi ideologi illuministi, diventando amico di Fauriel, che lo influenzerà molto dal punto di vista politico. Fauriel aveva partecipato alla Rivoluzione e aveva assunto posizioni antinapoleoniche; era di idee illuministiche ma era anche aperto alle nuove idee romantiche. Fauriel dunque fu per Manzoni molto importante per questo suo passaggio graduale dall’Illuminismo al Romanticismo. Manzoni intanto a Parigi continuava a scrivere secondo le regole del romanticismo; scrive il poemetto Urania nel 1809. Nel 1810 si ha la sua conversione religiosa (grazie alla frequentazione di ambienti giansenisti) e il ritorno a Milano. Seguono però i suoi primi attacchi di agorafobia, ossia la fobia per gli spazi aperti, manifestatasi per la prima volta in occasione del matrimonio di Napoleone durante il quale, tra l’altro perse la moglie Enrichetta Blondel, che ritrovò in seguito quasi miracolosamente. LE OPERE SUCCESSIVE AL PERIODO PARIGINO A Milano tra il 1812 e il 1815 scrive gli /nni Sacri. Il decennio poi che va dal 1815 al 1825 è un decennio di attività letteraria molto intensa. In questo clima nascono due tragedie ( // Conte di Carmagnola (1820) e l’Adelchi (1822) ), due odi nel 1821 (Marzo 1821 e Cinque Maggio ), Il Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda in Italia (1822), Lettre à Monsieur Chauvet (1820), la lettera Su/ Romanticismo (1823), Le Osservazioni sulla morale cattolica (1819), La Pentecoste ( l’ultima nel 1822). Fra il 1821 e il 1823 scrive la prima edizione dei Promessi Sposi, il Fermo e Lucia e l’Appendice storica su la colonna infame. Dal 1824 al 1827 lavora alla seconda edizione del romanzo che esce con il nome di Promessi Sposi. GLI INTERESSI LINGUISTICI E FISIOLOGICI, IL SECONDO MATRIMONIO E LA NUOVA EDIZIONE DEI PROMESSI SPOSI Dal 1827 diminuisce la sua attenzione per i problemi letterari. Manzoni si convince sempre di più che nel romanzo storico siano impossibili da conciliare invenzione e storia. | suoi interessi diventano di tipo linguistico e filosofico. Progetta la scrittura del Trattato della lingua italiana, mai pubblicato dopodiché si occupa della revisione linguistica dei Promessi sposi, recandosi nel 1827 a Firenze per così dire “risciacquare i panni in Arno” e quindi per inserire elementi della lingua toscana nella sua opera, in maniera tale da renderla comprensibile a chiunque. Seguono poi alcuni lutti tra cui quello della moglie nel 1833, della primogenita Giulia due anni dopo, di altri dei suoi dieci figli, della mamma nel 1841 e di Fauriel nel 1844. Nel 1837 si risposa con Teresa Borri, lavorando per i tre anni successivi alla revisione linguistica del romanzo, di cui verrà pubblicata un'ulteriore versione nel 1840, molto costosa tra l’altro per le numerose illustrazioni. È la così detta edizione “quarantana”. Tra il 1844 e il 1845 Manzoni pubblica Opere varie, nel 1847 una parte dell’Ognissanti, inno sacro incompiuto, nel 1850 Del romanzo storico e Dell’invenzione mentre nel 1860 viene nominato senatore, votando a favore della capitale italiana da Firenze a Torino. Nel 1868 scrive Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla. Muore nel 1873 a Milano a 88 anni. Verdi comporrà poi una Messa in requiem per il suo anniversario di morte. LA TRATTATISTICA MORALE E STORIOGRAFICA- ALESSANDRO MANZONI Il decennio dal 1815 al 1825 fu particolarmente importante per Manzoni e per la sua attività letteraria: egli sviluppò molte riflessioni su problemi morali, storici e letterari utilizzando il genere dei trattati. Scrive infatti: e “Ie osservazioni sulla morale cattolica”: trattato a carattere morale e teologico. Questo trattato fu concepito come risposta alla “storia delle repubbliche italiane nel Medioevo” di Simon de Sismondi, in cui egli sosteneva che la decadenza politica e morale degli italiani derivava dall'operato della Chiesa cattolica dopo l'età della controriforma. Manzoni, quindi, ribatte che la Chiesa non ha origini umane ma divine e che dunque la morale cristiana va misurata sul terreno assoluto della perfezione e della verità. Di conseguenza, quindi, la morale cattolica è superiore a qualsiasi morale laica, perché è unica e perfetta. * “il discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia”: trattato rigorosamente storico. Manzoni parla con un tono discorsivo alto e chiaro in un linguaggio molto moderno e semplice. In quest'opera la critica è incentrata sulla storiografia. Il poeta, infatti, ritiene che la storia si basi soltanto sugli interessi dei potenti e mai su quelli delle masse popolari, le quali hanno solo subito gli effetti dell'azione dei grandi personaggi. Per questo, infatti, si può rivalutare l'operato T8: IL CORO DELL’ATTO TERZO IL BRANO È TRATTO DALL’ADELCHI, ATTO III INTRODUZIONE | cori, nelle tragedie di Manzoni, sono lo spazio che l’autore utilizza per esprimere il proprio giudizio e le proprie riflessioni su quanto narrato. Alla fine del terzo atto della tragedia Adelchi, Manzoni distoglie l’attenzione dalla guerra tra Franchi e Longobardi, per concentrarsi sugli abitanti delle terre, per il possesso delle quali le aristocrazie guerriere stanno combattendo. Si tratta dei Latini, sudditi dei Longobardi e discendenti delle popolazioni italiche dell'impero romano. Ovviamente Manzoni, concentrandosi su di loro, introduce il tema rinascimentale dell’unificazione italiana, esortando i suoi contemporanei a svolgere un ruolo attivo nella determinazione della propria storia. A livello metrico questo brano è formato da strofe di sei dodecasillabi (o doppi senari) tra cui il terzo e il sesto, tronchi, sono in rima tra loro. Rimano poi tra loro anche il primo e il secondo e il quarto e il quinto secondo una schema AABCCB. ANALISI E COMMENTO LA STRUTTURA DEL COMPONIMENTO Il componimento è diviso in due parti, la prima descrittiva, in cui viene raccontato il conflitto tra Franchi e Longobardi e ilcomportamento della popolazione latina, che non è un popolo ma un “volgo disperso”. La seconda parte, esortativa, invece si può poi suddividere in due sezioni: -dal verso 31 al 54 si rappresentano il distacco dei guerrieri franchi dalle loro case, la loro venuta in Italia e tutti i rischi connessi a ciò -dal verso 55 alla fine iltono si fa oratorio e sarcastico, da far emergere il contenuto politico del messaggio manzoniano. Le tre parti dunque in cui è suddiviso il testo ne scandiscono i tre motivi principali: 1) l'epopea dolorosa della guerra, poiché anche gli oppressori longobardi sono visti nel momento della preoccupazione e della paura; 2) il fascino romantico che la barbarie dei popoli primitivi esercita anche su Manzoni; 3) tema patriottico che, introdotto dalla domanda retorica, è espresso prima con sarcasmo e poi con mestizia Il componimento finisce in tono minore, con accenti quasi dimessi, per sottolineare la tristezza della condizione dei Latini rispetto al ritmo di vita libero degli oppressori. METRO E RITMO Come Marzo 1821 anche questo coro è caratterizzato da un ritmo incalzante: il verso presenta una cesura centrale e le strofe spesso sono divise in due parti di tre versi, ognuna conclusa da un verso tronco. Gli accenti forti, che si ripetono ritmicamente e periodicamente, e il ricorso alla rima baciata rendono il componimento cantabile e facilmente memorizzabile. INERZIA ED EROISMO Franchi e Longobardi sono nemici che si assomigliano molto: la differenza più grande infatti non sta tra questi due popoli ma tra questi e il popolo. | Latini sono esitanti e incerti, oggetti e non soggetti dell’azione storica; Longobardi e Franchi sono accomunati da una grande vitalità che perdura anche con la sconfitta dei Longobardi che, sebbene in fuga, continuano a essere paragonati ad animali feroci (anche nobili). La rappresentazione dei Franchi invece è più idealizzata: nella descrizione infatti del loro viaggio Manzoni esprime il suo gusto romantico per un Medioevo cavalleresco, nobile ed eroico. MORALE In Marzo 1821 Manzoni dà un duro giudizio, sia storico che morale, sugli Austriaci che, per contrastare Napoleone, aveva fatto leva sul desiderio di autonomia nazionale di molti popoli europei, rinnegando poi le proprie promesse. Nell’Adelchi invece il giudizio dell'autore si impunta sull’inerzia dei dominati. La rappresentazione eroica di Franchi e Longobardi serve a far percepire ancora di più la misera condizione dei Latini, nei confronti dei quali l’autore prova un misto tra pietà e disprezzo. | Latini infatti, oltre ad essere passivi, sono orgogliosi delle memorie dei Romani, di cui si sentono antenati ( eredi però indegni). POPOLO E VOLGO | Latini non sono popolo, come Franchi, Longobardi o Romani ma “volgo”. Essi hanno una stessa lingua, religione, memoria o etnia ma non sono dotati di forza militare (anche se sono proprio a forgiare le spade dei Longobardi); soprattutto questi non sono dotati di una coscienza e di un'identità unitarie e della vitalità che anima i loro signori. Manzoni quindi, descrivendo cosi i Latini vuole trasformare la storia dell'alto Medioevo in uno specchio per gli Italiani dell’Ottocento (specchio però deformato per suscitare indignazione e reazioni). 9: IL DELIRIO DI ERMENGARDA INTRODUZIONE Nel 4atto, Ermengarda, ripudiata da Carlo Magnoe ritornata presso il suo popolo di origine, è ospite nella zona di Brescia di sua sorella Ansberga, nel convento di San Salvatore. ANALISI E COMMENTO TRA COSCIENZA E DELIRIO Siamo all’inizio del quarto atto. | pensieri di Ermengarda sono tutti o riguardanti Carlo o riguardanti la morte imminente (ed infatti la sua voce è caratterizzata da un sentimento malinconico). La protagonista chiede di inviare a Carlo, dopo la sua scomparsa, la notizia che lei lo ha perdonato, e che l'anello nuziale da lui datole la segua nella tomba. A questo punto la sorella Ansberga interviene dicendole di farsi monaca in quello stesso convento ma Ermengarda si rifiuta di fare ciò, sentendosi ancora legata a Carlo. É qui che la sorella le rivela che Carlo in realtà si è unito in secondo matrimonio con Ildegarde; a questo punto la donna sviene per poi cadere in un forte delirio durante il quale immagina di essere alla corte di Carlo, a cui rivela quanto grande sia il suo amore nei suoi confronti, a cui dice di non aver mai fatto (lei) una cosa del genere e dunque di non aver mai fatto provare un dolore così grande al marito dato che lei non ha mai messo gli occhi addosso ad un altro uomo, nemmeno con il pensiero. Dopodichè, sempre durante il delirio la protagonista immagina prega di incontrare Bertrada, la madre di Carlo, per piangere nel suo grembo e per essere consolata da lei, che la considera come una figlia. Il delirio termina con la ragazza che implora di risvegliarsi da questo sogno terribile e di trovarsi Carlo di fronte che le sta domandando il perché di questa sua disperazione durante il sonno. Dopo che si è ripresa da questo suo svenimento, la giovane è ormai vicinissima alla morte, tanto che decide di chiedere alle consorelle di parlarle di Dio. EROINA ROMANTICA E CRISTIANA Come Adelchi, anche Ermengarda è respinta dal mondo degli uomini e cerca rifugio in Dio con un movimento sia psicologico sia ideologico, che la fa riavvicinare al fratello. Entrambi sono dei vinti e trovano proprio in questo la ragione del loro riscatto morale e religioso. La differenza tra i due però sta nel fatto che la vita interiore di Adelchi è tutta scoperta a differenza di quella della sorella che continua ad amare Carlo, nascondendo questo a sé stesso e facendolo emergere solo nel momento del delirio e cioè quando la censura razionale cade. Nel personaggio è dunque presente una contraddizione inconscio-conscio, realtà delle pulsioni e loro repressione religiosa, tra momento romantico e cristiano. Sarà proprio infatti l’autore ad intervenire nel coro successivo per colmare questa contrapposi; one. CONTRASTO INCONSCIO-IDEOLOGIA, EROS-RELIGIONE Quando Ermengarda è in piena coscienza sembra essersi rassegnata alla sua situazione e pensare solo alla morte cristiana; lo stesso pensiero di Carlo infatti ha accesso alla coscienza e al linguaggio, solo se associato al pensiero della morte e della religione: lei infatti perdonerà cristianamente Carlo e spera che il suo stesso corpo, da morta, possa giacere nella tomba della famiglia dello sposo. Solo che, quando la sorella le chiede di farsi monaca, lei rifiuta immediatamente, sentendosi ancora sposa di Carlo, che in realtà si è risposato, e facendo riferimento alla sua verginità perduta. Cade qui nel delirio, in cui iltema religioso viene meno. L'amore adesso si rivela nella sua terribile passionalità e inconfessabile anche al marito in quanto inconfessabile alla propria coscienza. Nel delirio la ragazza ha una sorta di visione: inizialmente la visione è di Ildegarde, poi della figura materna e accogliente di Bertrada, presso la quale spera di ottenere rifugio. In Bertrada, Ermengarda spera sia di trovare una figura di mediazione, che le permetta di riavvicinarsi a Carlo, sia spera di tornare figlia e bambina, mentre la figura materna scaccia i paurosi fantasmi. Nel sogno poi la madre di Carlo si trasforma in Carlo stesso: la giovane infatti immagina di svegliarsi come da un incubo accanto al marito che la rassicura su quanto successo, ripristinando la calma. Ed è infatti proprio questa immagine che riporta la calma nella donna e che pone la fine al delirio.
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