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La Riforma Scolastica del XIX Secolo in Italia: Attenzione alla Pubblica Istruzione, Sintesi del corso di Storia

Come il Granducato di Toscana si distinse per l'attenzione verso l'istruzione elementare e professionale, grazie ai proprietari terrieri interessati allo sviluppo agricolo. La scuola fu lasciata in stato di decadimento nel Pontificio Stato e nel Regno Borbonico. Il rinnovamento scolastico si ebbe grazie alla borghesia italiana di orientamento liberale e moderato, che promossero processi di modernizzazione nei settori agricoli, artigianato, commercio, industria e finanza. La diffusione dell'istruzione fu contrastata da forze conservatrici come la Chiesa e la nobiltà. Il documento illustra figure chiave come Ferrante Aporti, Raffaello Lambruschini, Cosimo Ridolfi e Gino Capponi, che contribuirono alla diffusione dell'istruzione nell'Ottocento preunitario. La legge Casati del 1859 affidò la direzione dell'istruzione pubblica al ministro e stabilì la struttura del sistema scolastico. L'università era il cuore della legge, incaricata di formare future classi dirigenti.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 08/01/2022

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Scarica La Riforma Scolastica del XIX Secolo in Italia: Attenzione alla Pubblica Istruzione e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! ALLE ORIGINI DELLA SCUOLA ITALIANA (1815-1859) La situazione dell’istruzione dalla Restaurazione all’ Unità--® non solo c'erano diversità tra uno stato e l’altro, ma le rispettive politiche scolastiche conoscevano tentativi di innovazione e arretramenti, riforme avviate, tollerate, represse, in relazione a vicende storiche più complessive. La situazione più avanzata era quella del Lombardo-Veneto dove i provvedimenti assunti dal 1786 da Maria Teresa d’Austria e da Giuseppe II avevano dato vita a buone scuole elementari, professionali e normali, per la formazione di insegnanti. Anche il Granducato di Toscana aveva una particolare attenzione nei confronti dell’istruzione sia elementare che professionale, grazie ai proprietari terrieri, che interessati allo sviluppo agricolo, si preoccuparono anche delle condizioni di vita delle masse rurali e favorirono l’istruzione con l’aiuto dell’ Accademia dei Georgofili di Firenze. La scuola fu lasciata a soffrire nello stato pontificio e nel regno borbonico. Il rinnovamento scolastico si è avuto grazie alla borghesia italiana a orientamento liberale e moderato, che tra Sette e Ottocento aveva avviato processi di modernizzazione nei settori agricoli, dell’artigianato e del commercio, dell’industria e della finanza; questo fenomeno fu più intenso in Toscana, Lombardia e Piemonte e qui l’attenzione era più attenta nei confronti dell’istruzione e avvenivano scontri tra con le forze che ne impedivano la diffusione, come la Chiesa e i ceti aristocratici più conservatori. L’affermazione della borghesia era più lenta nel Mezzogiorno e nelle isole, mentre nell’Italia centrale dello stato pontificio, l'arresto dell’attività economica comportava gravi ritardi nello sviluppo dell’istruzione. Provengono dalla piccola nobiltà o dal clero, molte figure che hanno contribuito alla diffusione dell’istruzione nell'Ottocento preunitario: Ferrante Aporti e Raffaello Lambruschini (sacerdoti le cui opere furono conosciute nell’Italia settentrionale e centrale), i marchesi Cosimo Ridolfi e Gino Capponi in Toscana, ai conti Boncompagni in Piemonte, Casati in Piemonte e Lombardia e agli intellettuali borghesi come Enrico Mayer e Vincenzo Troya. In Italia centro settentrionale le famiglie benestanti fondavano gli asili d’infanzia, scuole per giovinette e di formazione professionale. SCUOLA E SOCIETA’ NEL REGNO DI SARDEGNA= presentava nei primi decenni dell’Ottocento una situazione economica e sociale avanzata rispetto agli altri stati preunitari. L’agricoltura abbandonava gli assetti feudali per modernizzarsi, grazie all’aiuto di Camillo Benso di Cavour che avviò un programma di modernizzazione dell’agricoltura che comprendeva anche la fondazione della Società Agraria e appoggiò le iniziative della nascente industria piemontese, regione in cui c’era attenzione verso la scuola. Nel decennio di preparazione (1849-1859) il regno sabaudo aveva accolto esuli dal Lombardo-Veneto e da altre regioni. In Piemonte Raffaello Lambruschini diffuse gli asili d’infanzia. L’istruzione elementare, le scuole tecniche legate alla modernizzazione dell’agricoltura e dell'industria piemontese e ligure, dopo il 1848, erano sviluppate rispetto al resto d’Italia. Nell’istruzione delle classi dirigenti, gli studenti non provenivano più solo dall’aristocrazia e dalla piccola nobiltà, ma anche dalla borghesia benestante e liberale. Il modello scolastico sabaudo era simile ai collegi militari e infatti il Politecnico di Torino nacque da un preesistente arsenale militare. Il regno sabaudo assunse il ruolo di “classe dirigente” del nostro Risorgimento che successivamente Gramsci gli avrebbe riconosciuto; non venne trascurata la scuola, l'ammodernamento dell’apparato produttivo, la creazione di una pubblica amministrazione e lo sviluppo di un tessuto sociale allargato ai ceti minori, richiedevano la disponibilità di un sistema scolastico svincolato da vecchie ipoteche privatistiche e clericali. A tal proposito, la Corona e i governi si impegnarono per una scuola statale o pubblica con il ridimensionamento del ruolo della Chiesa in campo educativo. Già Vittorio Emanuele II nel 1729 aveva organizzato le scuole secondarie. Dopo la Restaurazione (1815) ci furono dei provvedimenti: 1 la regia lettera del 30 novembre 1847 con la quale Carlo Alberto istituiva il Ministero della pubblica istruzione, per la promozione dell’istruzione, della sorveglianza delle “sane dottrine”, il sostegno agli istituti scolastici. Il regno così si allineava alle tendenze di altri paesi europei che volevano ricondurre l’istruzione alla responsabilità dello stato (ciò portava a conflitti con la chiesa) 2 la legge Boncompagni del 4 ottobre 1848 emanata da Carlo Alberto in forza dei poteri straordinari conferiti al re nell’imminenza della prima guerra d’indipendenza (23 marzo 1848-24 marzo 1849). - Poneva sotto il controllo dello stato l’istruzione pubblica e privata articolata in 3 livelli: ELEMENTARE, distinto in un biennio inferiore e uno superiore, la cui istituzione era obbligatoria per i comuni; SECONDARIO, separando gli studi tecnici da quelli classici, senza sbocchi universitari e destinati a chi voleva lavorare; UNIVERSITARIO al quale veniva riconosciuta l’autonomia. - Limitava le prerogative dell’istruzione religiosa; le istituzioni ecclesiastiche dovevano avere un’abilitazione statale all’insegnamento e i titoli rilasciati dai seminari vescovili non erano validi né per l’insegnamento né all’università. - Disegnava un’amministrazione scolastica piramidale con al vertice il ministro con il consiglio superiore della pubblica istruzione e sotto gli ispettori, i consigli e i provveditori che dirigevano le scuole - Riservava la massima attenzione all’università e all’istruzione classica, incaricate alla formazione di future classi dirigenti Si voleva contrastare l'espansione di ginnasi e licei considerati più prestigiosi, senza aver prima provveduto a garantire le scuole necessarie. L’istruzione secondaria classica si rivolgeva a uno strato sociale che non era più aristocratico e alto-borghese, ma era una classe media che essendo intermedia tra il basso plebe e la classe opulenta, costituisce l'elemento più forte della nazione. L'ISTRUZIONE TECNICA= ha lo scopo di dare ai giovani che intendono dedicarsi a carriere del pubblico servizio, alle industrie, ai commerci ed alla condotta delle cose agrarie, la cultura generale e speciale. Le materie avevano caratteristiche pratiche per la formazione di un tecnico che lavorasse sia nel pubblico che nel privato. Prevedeva due gradi di durata triennale: le scuole tecniche e gli istituti tecnici che dovevano rimanere separati dai ginnasi e dai licei. L'istruzione tecnica inferiore cioè quella delle scuole tecniche, era gratuita. Le scuole tecniche dovevano trovarsi nei capoluoghi di provincia e lo stato poteva sostenere metà delle spese per i docenti, a patto che il comune provvedesse all’istruzione elementare; le spese per gli istituti tecnici erano a carico delle province e i comuni dovevano fornire edifici e materiali didattici; anche qua lo stato poteva coprire metà delle spese per i docenti, solo nel caso in cui il comune mantenesse una scuola tecnica. Per essere ammessi alla scuola tecnica è importante lo sviluppo intellettuale acquisito alle elementari, mentre per gli istituti tecnici l’accesso è subordinato al possesso dell’istruzione che si acquista in scuole tecniche. A] termine degli studi occorreva fare un esame finale. Gli istituti tecnici erano divisi in sezioni ciascuna delle quali darà insegnamenti che indirizzano a un determinato ordine di professioni. Inizialmente erano 4 (commerciale-industriale, agronomica, chimica, fisico-matematica), di cui l’ultima dava accesso alla facoltà di Scienze. Nel tempo alcune furono soppresse, altre istituite ex novo con la volontà di collegare l’istruzione tecnica alle reali condizioni di sviluppo economico e sociali delle diverse zone del paese. Per alcuni, nonostante ritardi e manchevolezze, l’istruzione tecnica ha assolto il compito al quale era richiamata. Per altri la legge riservava all’istruzione tecnica un ruolo marginale, il legislatore ne sottovalutava l’importanza, particolarmente rilevante in Piemonte, Liguria e Lombardia e successivamente in tutte le regioni dove si richiedeva uno sforzo notevole nel campo dell’industria per lo sviluppo economico. L'ISTRUZIONE NORMALE= per essere eletto maestro di una scuola pubblica elementare, il candidato deve avere una patente di idoneità e di un attestato di moralità rilasciato dal sindaco. La patente si conseguiva nelle scuole dette normali, antenate delle scuole magistrali volute da Gentile nel 1923. In Europa la necessità di una formazione per insegnanti era già stata avvertita nella seconda metà del XVIII secolo e le scuole normali erano sorte sia in Germania, sia in Francia, dove nel 1795 è stata istituita la prima scuola secondaria pubblica destinata alla formazione di insegnanti primari e avrebbe dovuto funzionare come “norma” per altre scuole statali con lo stesso scopo. Queste scuole dette anche scuole di metodo, si svilupparono in Europa a partire dal XIX secolo e i governi le usavano per la formazione di insegnanti elementari, mentre la chiesa per l preparazione del proprio personale destinato all’insegnamento. Nel Regno d’Italia il problema della formazione dei maestri si presentò dopo l'Unità. Per molti anni si continuò ad utilizzare vecchi insegnanti della scuola popolare prima dell’Unità, ma erano analfabeti e carenti sul piano didattico e pedagogico. La LEGGE CASATI volle regolare su tutto il territorio nazionale l’istruzione normale che era un terzo corso di studi accanto a quella tecnica e classica (mentre queste due avevano regole ben precise, quella normale aveva poche regole di funzionamento). Erano presenti 9 scuole normali maschili e 9 femminili con durata triennale; dopo 2 anni si prendeva la patente per l’insegnamento nel primo biennio della scuola elementare, mentre il triennio permetteva di insegnare anche nel successivo. Anche chi non prendeva la patente poteva insegnare, ma doveva essere giudicato dal Regio Ispettore provinciale. La patente poteva essere presa anche da chi non aveva fatto la scuola normale, ma avesse superato l'esame finale e avesse svolto un anno di tirocinio in scuola elementare. Gli stipendi degli insegnanti delle regie scuole normali erano a carico dello stato, mentre i comuni si occupavano dei locali e della gestione; i comuni e le province potevano istituire proprie scuole normali che abilitavano all’insegnamento nel grado inferiore. Per accedere alle scuole normali occorreva superare un esame di ammissione ed avere un attestato di moralità rilasciato dal comune e uno di sanità fisica. Nelle scuole dei maestri poteva essere aggiunto un corso elementare d’agricoltura e di nozioni sui diritti e doveri, per quello delle maestre si aggiungevano insegnamenti per lavori femminili. Per fare l'esame di ammissione gli alunni dovevano aver compiuto 16 anni, mentre le alunne 15. Nel 1861 De Sanctis fece un regolamento in cui tra le materie venne aggiunta la religione e per i maschi esercizi ginnici e militari; ogni comune doveva poi avere un convitto a spese proprio o della provincia per ospitare studenti che provenivano da lontano. La scuola elementare durava 4 anni e lo studente usciva a 12 anni; non c’era la scuola media di oggi e chi voleva fare l’insegnante avrebbe dovuto attendere un tempo non breve prima di fare l'esame di ammissione alla scuola normale. Questo portò a favorire le femmine all’insegnamento elementare perché potevano trascorrere quegli anni di pausa nell’ozio, cosa che non era consentita ai maschi che, se avessero voluto proseguire dopo la scuola elementare, potevano iscriversi alla scuola tecnica o i più benestanti, al ginnasio, piuttosto che aspettare. I maschi non avevano particolare interesse per la scuola normale e per l'insegnamento elementare (stipendi bassi, lo stato giuridico era precario, incarichi disagevoli nei comuni più piccoli). Le ragazze invece affollarono la scuola normale. La carenza di insegnanti portò nel 1865 l’istituzione di 16 scuole preparatorie per allieve maestre; duravano 6 mesi, avevano programmi di insegnamento molto ridotti e al termine del corso le allieve, superato un esame, venivano ammesse alla scuola normale oppure ottenevano una patente provvisoria per insegnare in una classe femminile del ciclo elementare inferiore. Per rispondere alla grande domanda dei maestri, si escogitarono diverse soluzioni: sostenendo esami solo sulle materie principali si poteva prendere la PATENTE ELEMENTARE (grado inferiore rispetto alla patente normale), si organizzarono conferenze magistrali nei capoluoghi di provincia o pedagogiche nei comuni, ovvero corsi accelerati che duravano da poche settimane a 2-3 mesi, ai quali potevano partecipare anche insegnanti elementari già in servizio come corso di aggiornamento. Non era facile frequentarle poiché l’insegnante doveva pagarsi le spese di soggiorno. La formazione dei maestri in questa fase di emergenza durò decenni: il maestro era assunto dal comune con un contratto da 1 a 3 anni, rinnovabile e retribuito; chi insegnava nel secondo biennio guadagnava di più che di chi insegnava nel primo, chi insegnava nelle città guadagnava di più che di chi in un centro piccolo e le maestre guadagnavano meno. L’INFANZIA E LA SCUOLA CHE NON C'E’ = nella legge Casati mancava la scuola dell’infanzia. In Italia e soprattutto in Europa, prima della metà del XIX secolo, c'erano numerosi asili d’infanzia, sale di custodia e lo spedale di mendicità, che accoglievano solo bambini poveri. Erano presi in carico dalla chiesa per spirito di misericordia, per proselitismo, per solidarietà. I primi che si dedicarono allo sviluppo delle scuole dell’infanzia furono i sacerdoti. Le loro iniziative furono in un primo momento accolte da almeno una parte delle rispettive borghesie nazionali e da alcuni governi europei; successivamente con la Restaurazione, avvennero delle chiusure, soppressione ed esili; infine lasciarono un segno sulla riflessione educativa e non su quello dei risultati. Secondo gli studiosi, la “scoperta dell’infanzia” da parte della cultura europea è un fenomeno di lungo periodo che accompagna lo sviluppo della moderna borghesia dei commerci, delle professioni e dell’incipiente dell’industrializzazione. Philippe Ariès ha dedicato importanza all'argomento considerando il bambino non più un uomo in miniatura, ma un essere con specificità propria (nasce così il SENTIMENTO DELL’INFANZIA). L’ascesa della borghesia favorì lo sviluppo do un nuovo modo di intendere la funzione genitoriale: la famiglia si impegnava di più nell’educazione dei bambini. Con la legge Casati infatti, la prima infanzia competeva alla famiglia e quando
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