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Analisi Antefatto APOLLO E DAFNE - metamorfosi OVIDIO, Appunti di Latino

APPUNTI dettagliate classico latino - METAMORFOSI DI OVIDIO (APOLLO E DAFNE)

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 27/01/2023

Mazzons02
Mazzons02 🇮🇹

4.3

(16)

59 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi Antefatto APOLLO E DAFNE - metamorfosi OVIDIO e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! CLASSICO LATINO: Analisi e traduzione APOLLO E DAFNE, da Metamorfosi di Ovidio Le ‘’Metamorfosi’’ sono un poema che ha come elemento di fondo il corpo, oggetto dei desideri e delle passioni: è, infatti, un poema strettamente legato alla fisicità umana, e quindi, conseguentemente, anche alla morte, poichè la fisicità umana ha il suo apice, secondo Ovidio, nell’esperienza della morte. Il continuo confronto con la mortalità umana inserisce l’opera in una rete tematica che risale a molto tempo addietro: partendo dall’Iliade di Omero, fino anche alla lirica monodica di Saffo, la vita interiore con tutte le sue sofferenze e passioni, che di per sé non è visibile, viene messa in primo piano e resa visibile attraverso l’artificio della letteratura. Nel corso del tempo, i Greci hanno insegnato all’Occidente, e quindi anche alla Roma di Ovidio, questo modo di poetare: basti ricordare le morti dei guerrieri in Omero, specialmente le morti anzitempo nel cuore dell’età, riprese poi anche da Virgilio con accentuazione patetica e con tecnica alessandrina. Questo modo di attenzionare la realtà a partire dallo stato fisico in cui si trova, connettendolo, però, con le emozioni e con i ‘’patemata’’ (sofferenze), in un percorso che termina e ha al contempo il suo culmine solo con la morte, è alla base del modo di presentare il corpo che ha Ovidio. La questione del rendere visibile la vita interiore non riguarda soltanto la poesia epica, ma interessa anche i filosofi più antichi: per esempio Platone, nello Ione, dialogo che ha come argomento principale la poesia e nel quale è descritta la figura del perfetto rapsòdo , spiega come il poetare abbia il preciso scopo di rendere visibili le emozioni dell’uomo. Anche Gorgia, nell’ ‘’Encomio di Elena’’, per difendere la donna dalle accuse di adulterio, cerca di mostrare la sua bellezza d’animo, nascosta dietro la bellezza del corpo, che, agendo come fattore di seduzione, rende ingannevole la sua immagine. Infine, anche Socrate, presentato da Senofonte nelle sue opere come filosofo che ricerca la virtù interiore, nel suo dialogo con il pittore Parrasio, gli chiede, stupito della sua arte, come faccia a far venire fuori dalle sue opere l’‘’ethos’’ (temperamento) dei personaggi. Ovidio quindi si inserisce con quest’opera nell’ambito, già trattato da molti nel corso della storia, di drammatizzazione del corpo (drammatizzazione intesa del senso di considerare il corpo luogo di azione, di dramma, di ‘’patemata’’), cosa già presente nella tragedia greca, per esempio nel Filottete di Sofocle ((Filottete era un compagno di Odisseo che era stato abbandonato in battaglia perché rimasto ferito. Viene ricercato dai compagni soltanto perché con lui era rimasto l’arco prodigioso di Odisseo, che avrebbe garantito la vittoria della guerra. Odisseo, con un travestimento e la sua solita astuzia, lo inganna facendo leva sui suoi buoni sentimenti e, infischiandone cinicamente della sua ferita, dopo che gli sottrae l’arco lo lascia lì a morire. Questa tragedia simboleggia l’isolamento del personaggio tragico)). Qui il protagonista, Filottete, nell’esprimere il dolore della sua ferita esprime anche i sentimenti che ha nei riguardi dei compagni che l’hanno abbandonato. Si può notare nelle ‘’Metamorfosi’’ un’imitazione della realtà, vista come continuamente mutevole, ma Ovidio mostra anche, quasi paradossalmente, processi di trasformazione che a un certo punto hanno una fine, si fissano. La trasformazione progressiva (per esempio quella di Dafne, che improvvisamente diventa albero, mutando tutte le sue parti umane in vegetali, ma mantenendo dentro il suo sentire), non è altro che l’espressione di un’inquietudine che si può interpretare come segno dei tempi: la seconda stagione augustea, durante la quale visse Ovidio, è quella che vide Augusto passare da garante della ‘’pax’’ a un vero e proprio tiranno. Visto che augusto è una figura divinizzata, Charles Segal, studioso americano, propone quest’interpretazione: il dio, in questo caso Apollo (che può essere in questo caso associato ad Augusto), che è colui che insegue, costringe e reprime, è un’estrema figurazione della sofferenza personale da parte di Ovidio che si iscrive anche nella rottura per il princeps. Come poema sul corpo e come poema sulla sofferenza, è anche un canto dolente sulla fragilità umana, costruito in maniera irriverente nei confronti della tradizione, ma contenente comunque questo tipo di pathos, perché le la fragilità umana riguarda tutti. Anche Orazio, come Ovidio nelle Metamorfosi, a suo modo ricercava un equilibrio tra corpo e interiorità, solo che mentre Orazio questo equilibrio lo aveva come scopo concreto, per Ovidio rappresentava più un’utopia. In questa specifica trasposizione del mito, l’allloro riveste tutte quelle virtù che erano della ninfa Dafne(purezza, limpidezza, vicinanza al mondo apollineo). L’uomo trova pace in un processo di trasofrimazione in cui trova la sua forma ideale. Min 10.25
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