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Analisi approfondita del romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte, Appunti di Letteratura Inglese

Analisi e descrizione del romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte, della trama, delle dinamiche e dei suoi personaggi.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 27/05/2022

giorgia-rossi-4
giorgia-rossi-4 🇮🇹

4.6

(8)

35 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi approfondita del romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! JANE EYRE Il sottotitolo della 1ªedizione è "An Autobiography edited by Currer Bell". Quindi viene presentato come un'autobiografia fittizia, che ha delle caratteristiche particolari. La voce narrante cerca di trasmettere al lettore un'atmosfera di verità. Ma l'autobiografia è anche la versione di Jane, con tutte le omissioni, correzioni, verità rettificate, le menzogne che ogni testo autobiografico contiene. Non a caso all'inizio del 10ºcapitolo la protagonista dichiara che questa non è un'autobiografia regolare. Aggiunge la narratrice Jane che userà sì i suoi ricordi ma sceglierà quelli che presentano per il lettore degli interessi particolari. Quindi la ricostruzione della vita di Jane avviene sulla scorta di un procedimento di selezione in modo da rendere il testo interessante, appassionante, sensazionale che possa attirare il lettore. In questo romanzo sono incluse diverse forme di narrazione: - Romanzo di formazione: ci racconta lo sviluppo di un personaggio sin dalla sua tenera età fino all'età adulta. - Romanzo gotico: presenta dei goticismi che suscitano turbamento, tensione e timore. Questi elementi sono concentrati soprattutto nella soffitta della casa di Rocester, e hanno a che vedere con la figura di Berta Meison, la donna che viene rinchiusa in questa soffitta. - Romance: c'è l'innamoramento e tutta una serie di elementi sentimentali. - Melodramma: sono continue le avventure molto tragiche che deve superare la protagonista. Quindi quest'opera è una sorta di ibrido di forme narrative. Tuttavia, l'interpretazione più frequente di questo romanzo ha a che fare proprio con gli aspetti autobiografici, non quelli fittizi di Jane, ma della vita di Charlotte Brontë. Nessun autore scrive quello che scrive se non si basa sulla propria esperienza. Tutti si basano sulle proprie conoscenze. L'identità dell'autrice è rimasta segreta per un certo periodo di tempo dopo la 1ªedizione del romanzo; quindi, è chiaro che i contemporanei non potevano leggere le vicende come collegate alla vita di Charlotte, ma neanche le percepivano in senso autobiografico in generale. Era chiaramente considerata un'opera di immaginazione. A partire dagli anni '50 dell'800 è finita sotto il microscopio la vita di Currer Bell, oggetto di curiosità e di pettegolezzi. Nel 1854 Charlotte si sposa con il curato Arthur Nichols, e muore purtroppo dando alla luce il suo 1ºfiglio. Distrutto dal dolore, il padre di Charlotte, reverendo Brontë, chiese alla romanziera vittoriana Elizabeth Gaskel di scrivere la biografia della figlia. Nella biografia che Gaskel romanza un po', stabilisce anche varie connessioni tra le opere letterarie e la vita della Brontë. In questo modo molto spesso i romanzi di Charlotte vengono letti alla luce dell'esperienza reale. Come si costruisce l'io fittizio di Jane? Nella fiction Jane è sposata da circa 10 anni quando scrive la propria storia. Non importa che cerchi di rivivere i propri ricordi di bambina. Il modo di esprimersi, la prospettiva, spesso tradiscono il fatto che a parlare sia la Jane più matura, quella che è già giunta alla fine del percorso e che ha vissuto tutte le avventure. L'io narrante non va confuso con l'io narrato: l'io narrante è la Jane Eyre più matura, quella che è già sposata, che ha già superato emotivamente è materialmente tutte le avventure descritte nel testo. Invece l'io narrato è la Jane più giovane, da bambina fino a ragazza e futura sposa di Rochester e così via. È un gioco tra il prima e il dopo. Charlotte Brontë gioca con 2 prospettive diverse: può sfruttare il punto di vista della Jane più matura che conosce più cose, ha più informazioni del suo personaggio giovane. La Jane più giovane è lì che sta vivendo le vicende, non conosce il futuro. Quindi a volte Charlotte alterna una prospettiva e l'altra in modo da aggiungere o togliere informazioni a seconda della necessità. In alcuni casi sembra quasi che la giovane Jane e la matura Jane si mettano a parlare, a dialogare l'una con l'altra. Succede per esempio nella gelida solitudine di Lowood. Estratto 1: "Non provavo alcun piacere sotto quegli alberi silenziosi, tra quelle pine, gli ultimi avanzi di quell'autunno di cui era coperta la terra, in mezzo a quelle foglie secche ammonticchiate dal vento. Mi appoggiai a un cancello, guardando un campo deserto, dove le mucche non pascevano più, dove l'erba era stata falciata dal gelo e coperta di neve. Ero tanto infelice e dicevo a me stessa 'cosa devo fare? - cosa devo fare?'". In questo caso la Jane narrata sembra quasi parlare con l'altra Jane più matura, e chiederle un consiglio. La narrazione della evoluzione che ha portato alla Jane narratrice di adesso. Questa evoluzione avviene attraverso diverse tappe, in cui ogni volta si assiste a un'esperienza che termina, un momento di smarrimento, e un contesto completamente nuovo. La vita di Jane procede a tappe, a fasi, ciascuna delle quali rappresenta un momento di disordine che deve affrontare un qualcosa di diverso, un ambiente estraneo non amichevole. Alla crisi segue una rinascita. - 1ªtappa - casa della zia e dei cugini (famiglia Reed): Il romanzo si apre con la sua 1ªtappa, la casa della famiglia. Inizia con una bambina che subisce le angherie dei cugini e lo strascismo della zia Reed, che invece di adottare affettivamente la piccola Jane come aveva promesso al marito in punto di morte, la fa sentire orfana non solo dei genitori ma anche di affetto e di attenzione. Sin dall'inizio Jane sembra una intrusa, discriminata, sola. Lo spazio che la circonda e privo di simpatia, di solidarietà. Questa è già una presentazione di un quadro familiare vittoriano, e di un ambiente fatto di iposcrisia, ingiustizia, di promesse non mantenute, bigottismo, meschinità quotidiane. In questa casa non è trattata in modo equo, non come i cuginetti. L'episodio della stanza rossa è uno dei momenti chiave di questa 1ªtappa, considerato un atto di ribellione che porta poi al suo estraneamente. Qui inizia quindi la 2ªtappa. - 2ªtappa - il collegio di Lowood (Mr. Brocklehurst), un'organizzazione caritatevole che prepara le giovani orfane a diventare istitutrici. Prosegue qui il senso di isolamento, la mancanza di affetto, il dolore, la sofferenza. Dopo aver lasciato la casa della zia Jane quindi parte verso la scuola con un'idea già molto chiara in mente, che poi ripeterà costantemente: "io sono sola al mondo". La solitudine la costringe a misurarsi con la realtà come se fosse su un'isola deserta. Tutto deve essere costantemente costruito e ricostruito. Quindi passa da un'isola deserta a un'altra. Questa scuola, sin dall'inizio, si annuncia come un freddo luogo di negazione. Non c'è nessun senso di protezione, di amicizia. È un luogo chiuso, una sorta di prigione, in cui Jane si rende conto che l'assenza di contatto col mondo esterno rende la sua esistenza priva di qualsiasi motivazione umana. Questa 2ªtappa è caratterizzata quindi dalla prigionia, dalla punizione, da malattie, contagio, denutrizione. Tutti aspetti negativi. Superato l'impatto iniziale della solitudine, Jane stringe amicizia con Helen Burns, che assume il ruolo di guida spirituale, perché incarna un senso di abnegazione, di paradisiaco distacco dalle cose terrene. Helen Burns rappresenta la capacità di andare oltre la materialità del vivere quotidiano. Ad aiutare il periodo passato nella scuola è anche miss Temple, che mostra solidarietà verso Jane e cerca di rendere più umana la condizione delle ragazze nella scuola. Quindi c'è un versante positivo. Per la 1ªvolta Jane viene a conoscere la solidarietà di altre persone, e capisce che nella vita è possibile stabilire dei rapporti che lasciano il segno. Miss Temple, Helen Burns diventano figure importanti nella sua formazione, non perché siano assunte come modelli da seguire, ma perché da entrambe capisce che è possibile vivere circondati di affetto, di amicizia e condivisione. A questo punto Jane specifico per segnalare il fatto che c'è una difficoltà, perché Rochester è già sposato: "impediment". La parola "impediment" è usata davanti alla porta d'ingresso della casa di Rochester, ma anche nel momento più drammatico della vita di Jane in quella casa. Estratto 5: la fórmula che viene letta durante il matrimonio è quella standard. " 'Domando e chiedo a entrambi di dirmi (come fareste nel giorno del temuto giudizio finale, quando tutti i segreti saranno rivelati), se conoscete impedimenti alla vostra unione legittima di confessarlo qui perché siete certi che tutti quelli che non sono uniti nelle condizioni volute da Dio non sono uniti da lui e il matrimonio non è legittimo.' Quando una voce chiara è distinta esclamò: 'il matrimonio non può effettuarsi: dichiaro che esiste un impedimento'". Non c'è nessuna parola casuale in Jane Eyre. Il viaggio di Jane, in questo momento, non porta da nessuna parte, un po' come quello di Gulliver, oppure è una sorta di prigionia come quella di Bertha Meison. Il mistero e l'avventura sembrano essere rappresentati proprio da quella misteriosa stanza della soffitta in cui Bertha è confinata. Estratto 6: Incipit del romanzo. "Quel giorno era impossibile passeggiare. La mattina avevamo errato un'ora per il boschetto spogliato di foglie; ma dopo pranzo (quando non c'erano invitati e la signora Reed mangiava presto) il vento gelato d'inverno aveva portato con sé nubi così scure è una pioggia così penetrante che non si poteva pensare a nessuna escursione. Ne ero contenta: non mi sono mai piaciute lunghe passeggiate soprattutto col freddo. Ed era triste per me tornare la notte con mani e piedi gelati, col cuore amareggiato delle sgridate di Bessie, la bambinaia, e con lo spirito abbattuto dalla coscienza della mia inferiorità fisica di fronte a Eliza, John, e Georgiana Reed." Di solito in un'autobiografia fittizia ci aspettiamo che l'io narrante apra il romanzo dicendo "il mio nome è", come David Copperfield e Great Expectation di Dickens. Questo è un inizio molto anticonvenzionale. La frase non rivela nessuna soggettività. Sin dalle prime righe si intrecciano negazione e privazione. Siamo subito pronti al destino di Jane. A lei sono negati gli affetti in un contesto in cui l'io è privato della possibilità di esistere e di esprimersi, e lo è in senso grammaticale oltre che psicologico. La negatività è lessicalizzata dalla negazione grammaticale: "no possibility", "no company", "out of the question". Tutto è legato al campo semantico della privazione, del calore umano e di calore reale. Il freddo che sente al di fuori di sé e dentro di sé. All'inizio di Jane Eyre il grande assente è proprio il soggetto dell'enunciazione autobiografica. La strategia di tutto questo brano e porre l'accento sin dalle prime battute sulla connessione tra gli agenti atmosferici e la stessa Jane. Si ha una percezione del freddo che ha sia una valenza metaforica ma anche una realistica climatica del paesaggio. La negatività iniziale prende anche la forma di una inferiorità fisica che le consente di definire una opposizione tra sé e gli altri, sul piano corporeo e dei rapporti familiari. Estratto 7: È la continuazione dell'incipit e approfondisce queste immagini e idee. "Eliza, John e Georgiana erano ora raggruppati in salotto intorno alla loro mamma: lei sdraiata sul sofà accanto al fuoco e circondata dai suoi figli (che in quel momento non litigavano fra loro e non piangevano) sembrava perfettamente felice. Mi aveva proibito di unirmi al loro gruppo, dicendo che deplorava la necessità in cui si trovava di tenermi così lontana ma che fino al momento in cui Bessie non avrebbe garantito che avrei acquisito un carattere più socievole, maniere più cortesi e qualcosa di più radioso,di più aperto e di più sincero, non poteva concedermi gli stesso privilegi che concedeva ai bambini allegri e soddisfatti." Si spiega quindi quella sensazione di freddo che domina l'incipit. La protagonista sembra quasi aver smarrito i confini del dentro e del fuori, e si sente parte degli agenti atmosferici che ha descritto. Il freddo esterno coincide con il freddo interno. Il processo iniziale anche se è di negazione, è di autolegittimazione. Il riferimento all'inferiorità fisica rispetto ai cugini suggerisce un'altra idea opposta: una superiorità mentale. Capiamo subito che Jane parla da outsider, che prova sdegno, forse invidia. Desidera essere inclusa nel gruppo, tuttavia la definizione di sé, il senso di stima di sé, provengono proprio dall'idea di esclusione e di differenza. Sua zia e i suoi cugini a quanto pare l'hanno esclusa, seguendo un significato paradossale della parola "naturale", che abbiamo incontrato anche nell'opera di Oscar Wild. Infatti Jane ci informa che non sarà integrata dai suoi parenti finché non sarà più naturale. L'ironia è la concezione che misses Reed ha di questo termine, che coincide con aspettative sociali, usi, costumi, immagini stereotipate e quindi con qualcosa di artificiale. Nel quadro della concezione vittoriana il più grande peccato di Jane sarebbe quindi la dissimulazione, la capacità di nascondere e di mentire, la facilità con cui inventa menzogne. Quindi se si trova sola è per mancanza di un comportamento socievole, improntato alla sincerità. Tutto questo fa sì che Gateshold diventi per Jane una casa della punizione, un momento pieno di sofferenza, una non casa che la priva di una definizione del sé. Però la solitudine diventa per Jane anche il terreno ideale per costruire la sua identità femminile contro il mondo, in opposizione. Questo è un tratto costante del personaggio che continua anche con la fine dell'infanzia. Infatti, dopo il matrimonio fallito Jane decide di andarsene e le parole che pronuncia davanti a Rochester, che vorrebbe farne la sua amante, sono in sintonia con la condizione della Jane bambina, gli dice "ci tengo a me stessa". La condizione iniziale di Jane rimane una costante per tutto il romanzo, in ogni tappa. Jane è sola al mondo e si sente ella stessa condizione sia come allieva, sia come istitutrice. È un personaggio che non appartiene mai a un gruppo, sempre su una soglia, a cavallo tra 2 realtà e identità diverse. Quando è nella famiglia Rochester è parte del contesto, della famiglia, ma nello stesso tempo è estranea a quella famiglia. Charlotte Brontë attinge alla propria esperienza di vita e drammatizza la storia di una donna che fa un lavoro conflittuale, quello dell'istitutrice. Per una ragazza del ceto medio inferiore, fare l'istitutrice significava entrare in una contraddizione sociale. L'istitutrice era l'arte della famiglia senza esserlo veramente, occupava una posizione sociale inferiore ma aveva una superiorità culturale. L’istitutrice, quindi, è socialmente debole ma culturalmente superiore al suo datore di lavoro. Da qui derivano tensioni e frustrazioni per le istitutrici dei romanzi vittoriani, e anche la loro esigenza di affermare la loro identità. In Jane Eyre, la rivale in amore, laristocratica Blanche si esprime in modo molto negativo sulle istitutrici. Estratto 8: Parla Blanche e dice: "'Mi pare che abbiate un'istitutrice, ho visto qualcuno con la bambina proprio adesso. Forse se n'è andata? No è là dietro la tenda. Certo la pagate. Siccome dovete mantenerle tutte e due non c'è un tornaconto.' Temevo o per meglio speravo che quell'allusione alla mia presenza avrebbe spinto il signor Rochester a guardare al mio lato, e involontariamente mi rincantucciai sempre di più ma egli non guardò nella mia direzione. 'Se sentiste mamma parlare delle governanti. Mary ed io ne abbiamo avute almeno una dozzina; la metà erano pessime, le altre ridicole, e tutte erano insopportabili. Non è vero mamma?' 'Che hai detto cara?' La ragazza ripetè la domanda. 'Mia cara non parlare di istitutrici; quasta parola mi turba. Ho sofferto il martirio per la loro incapacità e per le loro espressioni. Ringrazio Dio di non averne più bisogno.' La signora Dent si piegò allora verso la lady, e le disse qualc osa a bassa voce; suppongo le facesse notare la presenza di una persona appartenente a quella razza, sulla quale aveva lanciato il suo anatema. 'Tanto meglio!' Rispose la nobile dama. 'Spero che le gioverà'. Poi aggiunse più piano, in modo però che le parole giungessero fino a me: 'L'ho già esaminata, sono una buona giudice delle fisionomie e nella sua leggo tutti i difetti caratteristici delle istitutrici.'" Quindi in questa tappa della sua vita, Jane vive lo stato di alienazione e di rifiuto dell'istitutrice. Uno status che riguarda il rapporto coi padroni presso cui lavora, la servitù che la considera una compagnia sgradita. L'attenzione che dà Blanche all'aspetto economico di avere un'istitutrice ci ricorda anche una questione centrale in Jane Eyre: l'importanza del denaro e dell'indipendenza economica femminile. Jane è una giovane orfana che diventa ricca e indipendente. Alla fine del romanzo non è soltanto un'ereditiera ma anche un'imprenditrice che sa come gestire il proprio patrimonio. Estratto 9: Alla fine del romanzo, quando Jane torna da Rochester come ereditiera, gli dice: "'Sono piuttosto ricca signora. Se non volete che viva con voi, posso farmi costruire una casa accanto alla vostra porta, e voi quando la sera avrete bisogno di compagnia, verrete nel mio salotto.' 'Ma ora che siete ricca Jane avrete amici che non vi permetteranno di dedicare l'esistenza a un povero cieco.' 'Non vi ho detto che ero indipendente e ricca? Sono padrona assoluta di me, signore.' 'E volete restare con me?'" Tutta la storia di Jane ha a che vedere con la conquista dell'indipendenza, la crescita individuale, l'ottenimento di una situazione economica stabile. Spesso la protagonista stessa concepisce i propri processi psicologici in termini di un sistema economico di riferimento. Lega la propria indipendenza al diventare economicamente autosufficiente. Sono questi i termini in cui è necessario stipulare l'accordo. Pensa quindi al matrimonio come a una sorta di patto economico, come se si trattasse di un contratto. Estratto 10: siamo di nuovo alle prime pagine del libro in cui Jane ci fa sapere che non è amata perché non è considerata naturale e sincera. Viene chiesto a Jane ironicamente di fingere perché possa sembrare più naturale. E Jane non sentì di avere un posto nella famiglia di origine, ne è consapevole e cerca di conquistarsi dei luoghi tutti suoi. "Una piccola sala da pranzo dava nel salotto. Ci andai piano piano. C'era una biblioteca, mi impossessai di un libro, controllando che fosse ornato di tante incisioni. Mi misi allora nel vano di una finestra, sedendomi sui piedi come i turchi, e tirando la tenda di damasco rosso mi trovai rinchiusa in un doppio ritiro." Lo spazio che appartiene a Jane è uno spazio di soglia, un punto periferico, che ci fa pensare alla sua posizione instabile, uno stato di permanente precarietà, contro cui deve combattere per difendere anima e corpo. Questo piccolo angolo conquistato, anche se provvisorio, è comunque costruito da Jane come luogo privato, impermeabile, sottratto allo sguardo degli altri, una stanza in cui la sua personalità può difendersi. La sequenza dei verbi che qui hanno per soggetto 'io', da la misura della transizione dalla fuga degli altri alla fiderà di se stessa. C'è una sorta di crescendo in cui l'ultimo verbo "shrined" viene dal latino "scrinium", "scrigno". Rimanda al campo semantico di una gelosa tutela di sé. Jane lo fa con una doppia protezione contro l'aggressione degli altri, sempre possibile. C'è l'opposizione tra la tenda di damasco rosso e la vetrata. Jane si rifugia tra questi 2 elementi. La tenda di damasco rosso si oppone alla trasparenza del vetro che permette allo sguardo di andare oltre, Helen Burns incarna l'abnegazione costantemente predicata dal reverendo. A differenza di Jane, Helen ha accettato di lasciarsi piegare, di negare il proprio io secondo i precetti della scuola. Helen segue una filosofia di rassegnata accettazione, soprattutto quando si ammala e muore. Ha una saggezza che è fatta di astrazione rispetto al corpo e agli aspetti materiali dell'esistenza. È sempre con lo sguardo rivolto a un Dio pronto a raccogliere lei, le anime dei morti per dargli nuova vita. Questo tipo di pensiero non rientra nei piani religiosi e neanche nei progetti pratici di Jane. Estratto 14: "Entrando nel dormitorio udimmo la voce della signorina Scatcherd: esaminava i cassetti; ed era quello di Helen che fu subito sgridata. 'È vero che il mio cassetto era in un disordine vergognoso' mi disse Helen a bassa voce: 'volevo metterlo in ordine e non ci ho più pensato'. Il giorno dopo la signorina Scatcherd scrisse a grosse lettere su un pezzo di carta la parola 'sciatta' e la appuntò sulla fronte di Helen, su quella fronte buona, dolce e intelligente. La ragazza tollerò la punizione fino a sera con grande pazienza, senza neanche uno scatto di collera." Questa è l'accettazione di Helen. Helen finisce per acquisire la voce degli altri, si lascia così condizionare, accetta di negare se stessa fino al punto da perdere la propria voce. Non è più capace di parlare in modo indipendente, acquisisce la voce di Scatcherd, di chi dirige la scuola e di chi la rimprovera costantemente per come si comporta. Estratto 15: Jane chiede alla sua amica: "'Ma dici di avere dei difetti, Helen: quali sono? Mi pare che tu sia così buona.' 'Impara da me allora a non giudicare dalle apparenze: sono molto negligente come dice la signorina Scatcherd, metto raramente le cose in ordine e non ce le lascio mai; dimentico le regole stabilite; leggo quando invece dovrei studiare le lezioni; non ho metodo; e a volte, come te, non posso tollerare di essere soggetta a delle regole. Tutto questo irrita molto la signorina Scatcherd che è puntuale, organizzata e precisa.'" In questo momento Helen sembra che stia parlando con la voce della signorina Scatcherd, si è completamente annullata. Questo annullamento la porta alla morte. Si è talmente lasciata assorbire, negando completamente se stessa, che quando arriva il momento in cui Helen muore non siamo neanche troppo sorpresi. Helen incarna la capacità del distacco da se stessi e soprattutto del sacrificio di sé per obbedire, fin proprio a dare la vita. Helen è il simbolo del distacco dalle cose mondane. Questo personaggio è anche estremamente religioso. È proprio attraverso Helen che sono nate alcune aspre critiche dei contemporanei che avevano accusato Charlotte Brontë di aver scritto un romanzo antireligioso. La pia accettazione, il porgere l'altra guancia, l'eterno sacrificio del sé di Helen sono una rappresentazione di cristianità che viene rifiutata da Jane. Jane contesta questa idea del sacrificio del sé. Brontë ha chiarito nella prefazione della 2ªedizione di Jane Eyre che uno dei suoi scopi principali era smascherare l'ipocrisia. Il romanzo Jane Eyre così come la sua protagonista non è assolutamente avverso al cristianesimo o antireligiosi. Quello che mettono in discussione è una concezione della vita cristiana che Jane non trova onesta o naturale, e non trova che rispetta la natura del genere umana. La religione può esistere finché vengono rispettati i principi naturali dell'essere umano, la sua identità. In questo senso la religione al Lowood è disumana. Le ragazze sono sottoposte a continue vessazioni perché perdano qualsiasi peccato di vanità o di presunzione. Estratto 16: alle ragazze sono tagliate i capelli perché quello che è naturale non va bene. "'È Julia Severn,' rispose Miss Temple, molto tranquillamente. 'Julia Severn, signora!' 'Bene perché contrariamente e tutti i principi di questa casa, segue le leggi del mondo - qui in un istituto evangelico - portare così tanti riccioli?' 'I riccioli di Julia sono naturali' risponde la signorina Temple con calma anche maggiore. 'Naturalmente! Sì, ma noi non ci conformiamo alla natura: voglio che queste ragazze siano figlie della Grazia: e perché quella esuberanza? Ho ripetuto più volte che volevo vedere i capelli lisci in modo modesto. Signorina Temple bisogna che domani i capelli di quella bambina vengano rasati, manderò il parrucchiere.'" Questo è il 2ºcaso in quello che è naturale e spontaneo viene rifiutato, piegando la realtà a un volere punitivo che non riflette la naturalezza. Jane rifiuta questa falsa morale ipocrita, quella che decreta che avere dei riccioli naturali sia contro la grazia di Dio. Ma non è in grado Jane di comprendere come Helen invece riesca ad accettare questo discorso. Il sacrificio di Helen non è motivo di esempio per Jane, al contrario rappresenta tutto quello a cui lei si oppone. Il temperamento di Jane, la sua indole ribelle di fronte alle ingiustizie causa una divisione astratta tra le 2. La filosofia di Jane infatti è molto diversa da quella di Helen. Estratto 17: Jane dice: "Se si obbedisce a quelli che sono crudeli e ingiusti, i cattivi proseguiranno troppo facilmente per la loro via. Se ti colpiscono senza ragione devi colpire anche tu perché altrimenti potrebbero essere tentati di farlo di nuovo." Quindi la teoria di porgere l'altra guancia di Jane è diversa da quella canonica. La ribellione di Jane è verso quei precetti della religione che percepisce all'interno di un contrasto tra naturale e innaturale, tra giusto e sbagliato. Non è giusto che noi veniamo colpite, dice Jane, perché non reagire, perché non lasciare che altre persone diventino violente e aggressive senza reagire? L'idea di Jane è che a questi abusi e soprusi è necessario rispondere per evitare che si verifichino nuovamente. L'atteggiamento di Helen invece è di estrema accettazione, e questo porta all'annullamento del sé. Anche nel momento della sua morte, praticamente Helen si smaterializza, svanisce in una rassegnata abnegazione. Estratto 18: Jane è chiara nel dire "Non ero Helen Burns". Lei si definisce in contrapposizione rispetto all'amica Helen. Oltre ai precettori della Lowood school esiste anche un altro esempio in questo romanzo di una religiosità innaturale, ipocrita, priva di rispetto per gli esseri umani. È la religiosità di St. John, verso il quale Jane si rifugia quando il suo matrimonio con Rochester viene interrotto e lei viene a sapere di Bertha. St. John Reed è una personalità impenetrabile, un uomo animato da zelo calvinista, che sente di essere stato chiamato da Dio a grandi imprese. È il rappresentante della convenzionalità della religione, quell'aspetto che non sa tener conto dei veri valori spirituali, tra cui il rispetto dell'essere umano. Il cugino di Jane, St. John accoglie in sé molti dei tratti che abbiamo già notato nella scuola di Lowood: nega la propria natura, la deforma, la controlla fino al punto di diventare artificiale. Estratto 19: St. John dice che è difficile controllare le proprie inclinazioni, dif ficile cambiare l'orientamento che si ha per natura, ma si può fare, lui lo sa per esperienza. Quindi per st. John essere un religioso significa anche negare il proprio sé, fare violenza su se stessi. Se Jane è stata sempre in cerca di espandere i propri orizzonti per ottenere un senso di libertà, st. John invece è colui che si è sempre posto dei limiti, ha costruito deliberatamente dei paletti, vive costantemente sotto pressione, cercando di cambiarsi, tanto che a un certo punto sembra quasi aver preso la forma di un essere non umano, una specie di macchina. Estratto 20: "St. John parlava quasi come un automa: lui solo sapeva quanto gli era costato quel rifiuto. 'Bene, se siete così ostinato me ne vado, non posso trattenermi; comincia a cadere la rugiada. Buonasera!' Lei tese la mano, lui la tocco appena. 'Buonasera!' Ripeté a voce bassa è sorda come un eco." Abbiamo un'immagine di st. John svuotata di ogni umanità, è diventato un guscio vuoto perché nega qualsiasi emozione, qualsiasi cosa che ci sia di naturale in se stesso, una sorta di automa. Anche i suoi sermoni non riescono più ad appellarsi ai sentimenti dei parrocchiani, sembrano duri, minacciosi. Jane ci descrive quale fu l'effetto che le provocò uno di questi sermoni. Estratto 21: Jane dice che il sermone fu iniziato con calma e per quanto riguarda voce e tono dell'oratore fu calmo fino alla fine. Però c'era uno zelo serio ma represso, rivelato dal modo di parlare del pastore, che gli causava un senso nervoso. Dice che era una forza repressa, condensata, dominata. Il cuore era trafitto come da un dardo, lo spirito era meravigliato dalla potenza dell'oratore, ma mancava la dolcezza nelle espressioni, in ogni parola c'era una strana amarezza, non si udiva mai una dolcezza consolante. Le cupe allusioni alle dottrine calviniste sull'azione, sulla predestinazione erano frequenti, e ogni allusione a quei punti suonava come una sentenza a quel destino. "Quando ebbe terminato, invece di sentirmi più calma, più illuminata, provai una grande tristezza perché mi pareva che quell'eloquenza sgorgasse da una sorgente avvelenata da amare delusioni, nella quale si agitavano desideri insoddisfatti e aspirazioni angosciose." St. John reprime tutti i suoi sentimenti, limita tutto quello che fa parte di sé, in questo modo diventa nervoso, duro, i suoi discorsi sono svuotati di qualsiasi emotività, perché lui si costringe ad agire come una macchina. Il desiderio dist. John di partire missionario è una risposta a questa sua mente piena di contrasti e irrequieta che desidera abbandonare quel mondo chiuso in cui però si è intrappolato lui stesso. Si tratta di una missione dura e difficile che si adatta bene a una persona che come lui cerca soltanto gli estremi, non è capace di comprendere le sfumature di grigio. Lui chiede a Jane di seguirlo come sua moglie ma senza che il loro legame sia poi segnato da anche contatto fisico. Jane in un 1ºmomento cerca quasi di contrattare, prende in considerazione l'idea di partire, a pato però di poter mantenere la propria indipendenza. Si trova di fronte al netto rifiuto di lui. Per lui o è tutto o è niente. Capisce quindi che se l'avesse seguito sarebbe stata una sorta di prigioniera. St. John infatti sottomette le persone. Estratto 22: Jane dice: "In quanto a me, cercavo sempre più di piacergli, ma vedevo sempre più che per riuscirci bisognava che rinunciassi alla mia natura, che incatenassi le mie facoltà. Dovevo dare un indirizzo diverso ai miei gusti, e seguire una metà che non mi attirava per niente. Lui mi spingeva verso altezze che io non potevo conseguire." Jane si trova a rivivere un'esperienza che conosce bene: il sacrificio di sé per gli ideali altrui. Non è disposta a sacrificare se stessa, a rinunciare alla sua natura per gli ideali di un'altra persona. Inoltre, Jane è consapevole che quello che St. John le offre non è amore, chiede solo una cieca obbedienza, cerca una compagna che lo ispiri in un percorso di limitazione del sé e di astensione. Jane non è interessata a questo tipo di percorso. A questo punto Jane sente la voce, si sente chiamare da Rochester e torna da lui. Jane Eyre ha dei piccoli spunti di gotico in alcune ambientazioni e scene, tuttavia non ci sono nel romanzo eventi soprannaturali. infatti la voce che sente Jane è una voce che parte da stessa, nel momento in cui ha bisogno di essere salvata dal controllo di St. John. In questo caso abbiamo il passaggio a una nuova fase di Jane che è scritto da un agente esterno, la voce di un uomo. Quindi stavolta il mutamento è di comprendere che non sono attraenti e che sarebbe meglio che pensassero e facessero altre cose, oltre che al matrimonio." Fortuna e bellezza: Jane Eyre non possiede nessuna delle 2 quando arriva a Thornfield, però ha le passioni, le emozioni, il suo modo di essere tempestoso ed irrequieto. L'epilogo è il risultato di un elaborato processo di negoziazione interiore tra la vera idea di Charlotte Brontë intorno a quello che significhi per una donna sposarsi e le esigenze poste de ll'orizzonte dei suoi lettori. Alla luce delle tensioni che confluiscono nel finale del romanzo, è facile immaginare il tipo di controllo esercitato sullo sviluppo della narrazione da parte di Brontë: che si trova a dover esprime tutta la sua indignazione per alcuni codici sociali, ma deve anche preparare la strada perché questa indignazione arrivi al lettore in modalità smascherata, delicata senza quella forte carica anticonvenzionale che è tipica del suo pensiero. La donna che ha meno voce in questo romanzo è Bertha, rinchiusa in una soffitta, incapace di raccontare la propria storia. Si può esprimere soltanto attraverso occasionali urla, suoni, risate, in modo non articolato. È anche considerata è trattata come un oggetto. Bertha è descritta come il risultato di un affare commerciale. È lo strumento che serve a Rochester per mantenere le sue ricchezze. Estratto 25: Rochester racconta: "Ebbene Jane, mio padre non voleva dividere i suoi beni, e non voleva ammettere che io ne potessi avere una parte. Aveva stabilito che dovessero appartenere a mio fratello, eppure non poteva sopportare l'idea che l'altro suo figlio fosse in povertà. Voleva arricchirmi con un matrimonio. Si diede a cercarmi una compagna. Il signor Mason, piantatore e mercante nelle Indie orientali, era un suo vecchio conoscente. Mio padre sapeva che il signor Mason era immensamente ricco, e raccolse insformazioni. Il suo vecchio amico aveva un figlio e una figlia, alla quale dava in dote 30mila sterline, e ciò gli bastava." Bertha quindi viene letteralmente venduta a Rochester per questa somma, come fosse merce. La sua totale dipendenza da Rochester ha a che vedere con questo contratto con cui lui la compra. La totale dipendenza da Rochester si lega anche concettualmente con l'idea dell'incapacità mentale. Bertha Mason si inserisce in un contesto che all'inizio Jane reputa gioioso e allegro. Non molto dopo il suo arrivo a Thornfield iniziano a giungere dei segnali che Jane cerca di decifrarli interpretandoli con logica e autocontrollo. Questo è in contrasto con la 1ªvisione che Jane aveva avuto di Thornfield: all'inizio la vedeva come euforica accettazione della nuova situazione, è felicissima di essere lì all'inizio, in contrasto con lo spazio claustrale del passato. Le sembra il posto ideale. Charlotte Brontë, con l'obiettivo di ribaltare dei pregiudizi, mette sempre in scena una possibilità che tutto cambi, che la situazione si riveli completamente diversa da quella che sembra. Il bello può diventare brutto e il brutto bello. Non esistono dei quadri interpretativi fissi. Tutto quello che Jane apprezza è quello che osserva, sono i suoi occhi che scrutano i vari luoghi della casa. Ingenuamente però Jane non si rende conto che c'è uno spazio invisibile ancora tutto da scoprire: Bertha che lancerà presto i suoi segnali, che prima di essere visibili sono udibili. La Jane narrante descrive la Jane di allora con uno sguardo attento a focalizzare l'ambiente, a cominciare dalla camera in cui Jane dovrà vivere. Misses Fairfax, la governante della casa, mostra una facciata di serenità, tanto che Jane nella sua ingenuità la scambia per la sua datrice di lavoro. Con la sua aria tranquillizzante, il suo senso di normalità, la signora vestita di nero le fa un'ottima impressione. Tutto sembra positivo. Jane sembra dimenticare che le "thorn" (dal nome Thornfield), le spine non promettono niente di positivo. Si prelude a qualche difficoltà in arrivo. Poco dopo il suo arrivo Jane nota che il castello di Rochester è circondato, proprio come Lowood, da una serie di colline oppressive. Estratto 26: Le colline di Thornfield non sono così terribili come quelle di Lowood, ma sembrano quasi abbracciare Thornfield, rinchiuderla, isolarla. Torna l'idea dell'isolamento, la reclusione di Jane che è ancora più forte se paragonata alle attività di una vicina città industriale, in cui si accalca sempre più gente in cerca di lavoro, proveniente dalla campagna. La reclusione provoca il suo contrario: il desiderio di valicare i limiti, di vivere la vita appieno. Per questo, più che il suo ruolo di istitutrice della bambina francese Adele, adottata da Rochester, a Jane si addice il ruolo della donna che riesce ad uscire dai ruoli stereotipati femminili. L'immaginazione di Jane non va certo verso l'universo domestico, o verso i doveri percepiti dal vittorianesimo per le donne. Al contrario, corre verso le metropoli, le strade. Jane mostra una pericolosa deriva di mascolinizzazione appartenente alla concezione che vede l'educazione di Adele nella cura della casa. Jane scopre presto che l'edificio non è poi così sereno, luminoso, normale come se lo aspettava all'inizio. Questa casa contiene un'infinità di stanze, corridoi, cunicoli, nicchie segrete. È un vero e proprio labirinto di gallerie buie e spazi stretti, che sembrano quasi un tipico spazio Gotico, un luogo misterioso che Jane deve scoprire. Scopre presto che niente è come appare, tutto va interpretato e scoperto. Questo riguarda sia gli spazi che le persone. Estratto 27: Jane dice: "Le stanze, specie quelle sulla facciata, mi sembravano belle; alcune stanze del 3ºpiano mi colpirono per il loro fascino antico. I mobili che un tempo avevano arredato i piani inferiori, col cambiare della moda, un po' alla volta erano finiti quassù; e la luce che entrava a tratti dalle finestre basse mostrava telai di letti antichi di 100 anni, cassapanche di quercia e noce, somiglianti, per via di quei loro strani intagli di foglie di palma e teste di cherubini, a modelli dell'arca dell'alleanza. Tutte quelle reliquie conferivano al 3ºpiano di Thornfield Hall l'aspetto di una dimora del passato, di un tempio della memoria. Di giorno, il silenzio, la penombra, il sapore antico di quei recessi, mi affascinavano, ma non avrei mai e poi mai passato la notte in quei letti enormi e massicci, chiusi alcuni da sportelli di quercia, coperti altri da vecchi arazzi inglesi decorati a fitti arabeschi, raffiguranti effigi di strani fiori, uccelli ancor più strani e stranissimi esseri umani. Tutte queste cose, alla pallida luce della luna, sarebbero sembrate davvero strane." "Antico", "Strano" e "Inquietante": siamo nel dominio del goticismo. La vita e la casa di Jane e le persone che la circondano sono avvolte nel mistero. La stessa bambina affidata alle sue cure sembra essere la prova di una storia passata che nessuno conosce. Rochester è un uomo dai 1000 segreti e dai 1000 silenzi. Adel viene salvata perché figlia di una ballerina francese finita in disgrazia. Non sappiamo nulla della storia che si cela dietro quello che è presentato come un gesto di umana carità. Thornfield quindi è l'interfaccia del suo padrone, ci presenta i lati misteriosi, tormentati, bui, indecifrabili contorni della sua vita, l'irrequieto sorriso baironiano e soprattutto gli aggrovigliati percorsi della sua mente. Rochester è misterioso persino per le persone che lo vedono più spesso e che lo dovrebbero conoscere abbastanza bene. Estratto 28: Jane parla con misses Fairfax e le chiede qualcosa di Rochester, vorrebbe sapere qualcosa in più su di lui. "'Non ha nulla di saliente? Insomma, com'è di carattere?' 'Ma a quanto pare il suo carattere e irreprensibile. Forse può essere un po' strano. Credo che abbia viaggiato e visto tante cose. Direi anche che è intelligente ma non ho mai parlato a lungo con lui.' 'Che cos'ha di strano?' 'Non lo so - non è facile da spiegare - niente che colpisca a prima vista, ma si sente da quello che dice. Non si è mai sicuri se parli davvero o per scherzo, se sia contento o no. Infine non lo capisco bene ma è un bravissimo padrone.'" Le parole di misses Fairfax non lasciano trapelare proprio niente. Il mistero e l'indeterminatezza sembrano essere i tratti salienti peculiari di Rochester. Questo evoca in Jane grande fascino, anche se in termini vaghi sottolinea il temperamento cosmopolita del padrone, che si confà perfettamente con il sogno che da tempo accarezza Jane: essere una cittadina del mondo, viaggiare, conoscere altre nazioni, altri popoli. L'altro tasso di vaghezza del discorso su Rochester fa riscontro alla risolutezza di Jane che vuole capire meglio chi sia Rochester, di quali storie sia depositario. Tra un'omissione e l’altra miss Fairfax finisce per rendere ancora più romantico questo personaggio, che già è stato decifrato in modo romantico da Jane. Chiama in causa il padre e il f ratello di Rochester, e un'ingiustizia che gli avrebbero fatto. La reticenza della donna non fa altro che stimolare ancora di più la curiosità di Jane. Sono tutti elementi che portano al l'edificazione di un'immagine eroica di Rochester da parte di Jane, che diventa l'ideale maschile per lei. Invece, se assumiamo la prospettiva della Jane narratrice, le cose cambiano radicalmente: gli aspetti che affascinarono la ragazza di allora e l'avevano fatta innamorare (il cosmopolitismo, la sregolatezza, la passionalità, il mistero di Rochester) sono le stesse cose che adesso devono essere eliminate dal quadro matrimoniale. Il Rochester che sposa Jane alla fine del romanzo è un uomo bloccato per sempre a Ferdin, un posto remoto, lontano da ogni altra città. In quello spazio appartato potrà vivere una vita fatta da regole imposte da Jane, che a sua volta ha trasformato l'aspetto dongiovannesco di Rochester in paternità. Ha portato a compimento un depotenziamento della sua trasgressività. Bertha non è visibile ma è udibile. Il suo corpo si fa sentire nel modo più invadente possibile, la sua risata senza parole invade tutto il piano come un presagio che comunica una dimensione sottratta alla razionalità. Estratto 29: Jane racconta: "Mentre camminavo con passo leggero il mio orecchio fu colpito da una risata. L'ultimo cuoco che mi sarei aspettata di sentire in un'area così silenziosa della casa. Era una risata strana, netta, cadenzata, priva di gioia. Mi fermai, smise di colpo ma solo per un istante e poi ricominciò più forte di prima. All'inizio, anche se netta era molto fievole, poi esplose in un fragore scrosciante. Sembrò risvegliare un eco in ognuna di quelle stanze vuote, eppure proveniva da una stanza sola e avrei saputo indicare la porta da cui usciva." La pazza nella soffitta si fa sentire ma la mistificazione della realtà da parte mi misses Fairfax fa sì che la nuova arrivata creda che la custode di Bertha, Grace Poul, sia la vera responsabile del fracasso. Poco prima Jane Eyre aveva visitato il 3ºpiano, notando il mobilio pesante, la polvere, gli oggetti sbiaditi, i letti di quercia, i tendaggi con strani disegni. C'è quindi un 1ºapproccio a Thornfield caratterizzato dalla familiarità, dalla quiete domestica. Mentre adesso prevalgono valenze di segno opposto. Mistero, stranezza, inquietudine. Durante la 1ªvisita la governante lancia un indizio molto ambiguo, dice infatti che il 3ºpiano sarebbe l'ambiente ideale per un fantasma. Tutto questo concorre a creare un'immagine di inquietudine, di mistero. Quando pensa alla galleria malamente illuminata, alle porte scure del castello, Jane pensa addirittura al castello di barbablù. Quella di Bertha è una storia da seppellire sotto una montagna di misteri, menzogne, parole fuorvianti che l'ingenua e inesperta Jane accetta sempre con grande fiducia Un'altra interpretazione è quella di Spivak. La studiosa non poggia su un'interpretazione psicanalitica di Bertha ma legge il personaggio in chiave post-coloniale, cioè basata sulla nuova realtà del mondo e delle influenze che il post-colonialismo ha avuto nei paesi mondiali. Spivak si sofferma in particolare sulle orgini della donna, sul fatto che è una creola, nata in Giamaica. Vede il suo ruolo in una prospettiva sociale, politica. La voce di Rochester si fa la voce del colonizzatore europeo, che deumanizza il colonizzato. L'autorità politica e sociale dell'impero riduce le popolazioni più deboli come animali. Nel 1966 la scrittrice Jean Rhys, un'autrice postcoloniale, ha pubblicato il romanzo Wide Sargasso Sea. Questo romanzo è una sorta di prequel, una risposta a Jane Eyre, che descrive gli eventi che hanno portato al matrimonio di Bertha con Rochester. Dà un altro nome a Bertha, la chiama Antonet. È una donna creola, ha vissuto tutta la gioventù in Giamaica, arriva in questo matrimonio infelice con un gentiluomo inglese e improvvisamente si trova a non avere più la propria identità e si trova attribuito un nuovo nome: Bertha. Viene dichiarata pazza, le viene chiesto di spostarsi in Inghilterra, colta in pieno in una società oppressiva, patriarcale, in un mondo che non le appartiene, Bertha diventa folle, perde la ragione, perché la fanno impazzire. In Jane Eyre Bertha è descritta coperta dai capelli: immagine che nega non solo un'umanità ma anche un'identità alla donna. Rochester racconta a Jane i dettagli del matrimonio è tutto quello che succede fino alla decisione di mettere sottochiave Bertha. Ciò che ci colpisce è che non c'è neanche un minimo di umana considerazione per la moglie folle da parte di Rochester. Le sue espressioni sono sempre dure, spietate. Estratto 33: Rochester dice che era incoraggiato dai parenti di Bertha, dagli altri competitori e lei stessa lo attirava. Quindi il matrimonio fu concluso prima che lui avesse tempo di riflettere. Dice "Quando penso a quell'atto non posso davvero stimarmi, il disprezzo di me stesso mi assale e mi tortura. Non l'amavo, non la stimavo e non la conoscevo nemmeno. Non trovavo in lei nessuna virtù. Non era benevola, non era modesta, non era candida, non era delicata di pensiero né di modi. E la sposai, tanto ero sciocco, vile e cieco." Notiamo dei valori tipici della donna vittoriana: la virtù, la modestia, il candore, essere delicata di pensiero e modi. Bertha non è niente di tutto questo. La costruzione della buona fede di Rochester passa attraverso la distruzione dell'immagine di lei. Rochester vuole dimostrare di essere innocente attraverso la denigrazione di Bertha e della sua famiglia, dalla quale Rochester traccia i lineamenti di una degenerazione mentale, e i cui segni erano già presenti nella madre si Bertha. La vicenda del matrimonio è una macchinazione ordita dagli altri ai suoi danni, è solo per motivi di interesse. La negazione di Bertha, la sua reclusione, la sua sottrazione allo sguardo altrui passa anche attraverso a una serie di negazioni che sono indice di una autoassoluzione morale di Rochester che ha appena cercato di sposare Jane contro la legge. Le espressioni che usa Rochester: no respect, I never..., I did not even know her, I was not sure...ecc. Nella reiterazione dei tratti negativi del 'not', 'nor' della ragazza creola riconosciamo in modo evidente un'abilità retorica considerevole. Rochester sta mirando alla persuasone, e sta mettendo insieme un percorso che punta a un solo obiettivo: passare dalla autoassoluzione alla soluzione da parte di Jane. Tutta la storia da lui narrata punta a stabilire un'opposizione molto precisa tra Jane e Bertha, tra quello che lui è e quello che si è trovato ad essere. Rochester, quindi, fa uso della retorica, fa uso di arte del convincimento mentre parla a Jane, in particolare viene a stabilire un'opposizione molto precisa: quella dell'immagine di Jane come angelo buono e quella dell'immagine di Bertha come orribile demone. Estratto 34: Rochester dice a Jane: "Finalmente ho trovato quella che posso veramente amare, ho trovate te. Tu simpatizzi con me, sei la mia migliore metà, sei il mio angelo. Mi sento legato a te da un forte legame. Ti credo buona, intelligente, affettuosa. E siccome so e sento queste cose, ho voluto sposarti. Dirti che avevo già moglie sarebbe stata una sorta di presa di giro inutile: sai che io non ho altro che un demone disgustoso." Quindi Bertha Mason è un 'hideus demon' e Jane è un 'good angel'. L'intento è chiaro. Rochester sta cercando di convincere la giovane Jane che qualsiasi errore successivo suo (di Rochester) ha avuto questo problema, questo inganno come origine. La sua innocenza è dichiarata ma non dimostrata. È un modo per cercare di aggirare l'innocente Jane, che abbastanza ingenua potrebbe anche lasciarsi convincere a fargli continuare ad essere il don Giovanni giramondo che è sempre stato. Rochester qui sta cercando di evitare anche una frattura troppo drammatica rispetto al suo passato e garantirsi un futuro dove ci possono essere ipotesi di redenzione in caso di errore. Nel raccontare la storia della moglie folle racconta la sua caduta in modo verticale, sempre più in basso nella degradazione morale e nell'animalità. Rochester giunge addirittura ad abbandonare quella reticenza misurata tipica del vittorianesimo, non esita a descrivere Bertha come una donna dominata dai più bassi impulsi. Estratto 35: dice Rochester: "Jane non voglio turbarti con orribili dettagli: poche parole basteranno a esprimere quello che ti voglio dire. Ho vissuto 4 anni con la donna che avete visto lassù, e ti assicuro che mi ha messo alla prova. I suoi istinti si sviluppavano con spaventosa velocità, i suoi vizi crescevano a dismisura, erano così potenti che la sola crudeltà avrebbe potuto dominarli, e io non volevo essere crudele. Che intelligenza minuscola aveva, e che istituti enormi di perversità, quanto mi furono dannosi. Bertha Mason, degna figlia di una madre infame, si era trascinata attraverso tutte le peggiori degradazioni spaventose, cui è sottoposto un uomo unito a una donna intemperante, impudica." Bertha quindi si è macchiata anche di crimini sessuali, di mancanza di moderazione. Per Rochester quindi la moglie legittima diventa la donna della soffitta, indegna di essere chiamata per nome, espressione di una genealogia degenerata, segnata da follia e macchiata da perversione. Da qui proviene l'accento che pone costantemente Rochester sul proprio disgusto a cospetto di questa donna che implicitamente sembra esemplificare i comportamenti di quella che sembrerebbe essere una razza inferiore, priva di ragionevolezza, incapace di autocontrollo e di moderazione. Il silenzio di Jane è un chiaro indicatore della sua esitazione a appoggiare l'analisi che ha fatto Rochester, che in linea con i comportamenti precedenti le propone di convivere fuori dal vincolo matrimoniale. Jane, quindi, non è poi così ingenua, è riuscita a interpretare quello che lui le vuole dire, non solo le sue parole ma anche quello che c'è tra le righe. Lui le sta proponendo di essere non una moglie legittimamente sposata, ma la donna di Rochester fuori dalla legge degli uomini e fuori dalla legge di Dio. Chi aveva proposto che la creola folle possa configurare quello che potrebbe succedere anche alla Jane ribelle, aveva ragione. In qualche maniera Jane ha paura di fare la stessa fine di Bertha, sembra quasi esprimerlo in alcuni momenti. Non è certa di quello che potrebbe farle Rochester. Bertha non è l'unico esempio di come Rochester sia capace di essere superficiale, volubile è pericoloso con le donne. C'è stata anche Blanche Ingram che, con l'abilità di un don Giovanni senza scrupoli, Rochester ha strumentalizzato: aveva fatto trapelare l'idea che sarebbe stata la bella Blanche la sua sposa. Sin dal 1ºincontro, sbagliando, Jane si sente schiacciare dalla personalità e dalla bellezza di questa ragazza. L'istitutrice non sapeva capire le manovre del padrone. Era annebbiata dalla gelosia, frustrata dal senso di inferiorità e pensava a Rochester come un uomo fin troppo attento alla bellezza. Adesso Jane è più attenta a leggere Rochester e i suoi pensieri. Jane è più cinica, più sospettosa. Estratto 36: Qui Jane prefigura quello che succederà tra lei e Rochester. Gli dice: "Per qualche tempo sarete come adesso, ma per poco. Poi diventerai di nuovo freddo, poi capriccioso, poi cupo. E io dovrò darmi molta pena per piacerti. Poi quando ti sarai abituato a me, mi vorrai bene - si dico mi vorrai bene e non mi amerai - il tuo amore svanirà dopo 6 mesi, o anche meno. Ho notato che nei libri scritti dagli uomini, questo è il periodo assegnato come massimo limite dell'ardore dei mariti. Come compagna è come amica credo che non diventerò mai sgradevole o spiacevole agli occhi del mio signore." Jane è sempre più sospettosa nel momento in cui scopre la vicenda di Bertha, che è un avvertimento per Jane. Quindi la pazza in soffitta non è nemica di Jane, ma una sorta di alleata, quella che le permette di scoprire di più su Rochester, e di capire quale potrebbe essere il suo futuro come compagna di Rochester. È chiaro che perché Jane possa sentirsi al sicuro accanto a un uomo di questo tipo, Rochester deve subire un cambiamento enorme: cambiamento che si configura nelle conseguenze dell'incendio. Dopo questo episodio nella residenza Jane si allontana, riprende quindi un nuovo viaggio, un nuovo paradigma della solitudine, con Jane che si trova ad affrontare un altro inizio, uno dei suoi continui naufragi. Assieme al tema della solitudine torna anche l'idea di freddo. Estratto 37: "Jane Eyre - quasi una sposa - era una ragazza triste, solitaria. La sua vita era scolorita, i suoi sogni erano svaniti. Un gelo invernale era sopraggiunto a metà estate, una tempesta di dicembre si era scatenata nel mese di giugno. Il ghiaccio aveva distrutto la frutta matura e le rose in fiore. La brina aveva ricoperto tutte le messi. Il modo del sentire in Jane Eyre è sempre conflittuale, duplice. La percezione della realtà è sempre data dall'intersezione di due contrari: il dentro e il fuori, il caldo e il freddo, il piacere e la sofferenza, il visibile e l'invisibile. C'è sempre un modo di fondere questi opposti. L'immagine di una 'arden, expectant woman' si oppone a una 'cold, solitary girl' --> mette in evidenza il raggelante 1ºbilancio che Jane fa della propria vita. Un freddo interiore che diventa un freddo esteriore, per cui il mese di giugno viene distruttivamente invaso da quello di dicembre, in unione volta a dimostrare l'amore persistenza nell'anima di Jane di conflitti risolti. Nel modellizzare questo ingorgo di sentimenti il tempo è una transizione troppo brusca tra un prima e un dopo. Dove si stendono campi di fiori, ora c'è una sorta di mare di ghiaccio che invece di rinviare alla bellezza della prima estate sembra indicare un paesaggio di morte. Dal momento della fuga verso l'esterno, l'immagine buia del castello di Rochester si contrappone alla brughiera che sembra indicare a Jane la strada verso l'azzeramento di tutto, di ogni gioia e di ogni dolore. Quando Jane è lontana e pensa a Rochester, lo immagina nella sua stanza mentre osserva il sorgere del sole: un'immagine di rinascita che in modo anticipatorio rimanda al momento in cui Rochester e Jane riusciranno dopo un incontro dei loro pensieri a riunirsi per dare luogo a un nuovo inizio. JANE EYRE: PREQUEL, SEQUEL, RISCRITTURE - 1966: Jean Rhys (scrittrice postcoloniale della Dominica) pubblica Wide Sargasso Sea: Prequel di Jane Eyre che descrive il 1ºmatrimonio di Rochester. Antoinette Cosway, un'ereditiera creola, si trova a sposare un misterioso gentiluomo inglese. Lui le attribuisce il nuovo nome Bertha, la costringe a vivere in Inghilterra, la dichiara folle, e la rinchiuderà nella soffitta. Problemi sollevati: appartenenza etnica/nazionale, rapporti di potere uomo/donna. - 1997: Mrs. Rochester: A sequel to Jane Eyre di Hilary Bailey. Le recensioni sono negative. - 2009: Adele, Grace, and Celine: The Other Woman of Jane Eyre di Claire Moise. L'autrice si concentra sulla figura di Adele, Grace e Celine. Secondo questa versione la madre di Adele non è
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