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Analisi di Jane Eyre di Charlotte Brontë: Contesto Storico e Famiglia Brontë - Prof. Capon, Sbobinature di Letteratura Inglese

Una dettagliata analisi di jane eyre di charlotte brontë, inclusi riferimenti al contesto storico e sociale, la famiglia brontë e la pubblicazione dei romanzi delle sorelle. La vita delle sorelle brontë, le loro opere e il significato del titolo ‘an autobiography’.

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 24/01/2024

annalisaarenella
annalisaarenella 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi di Jane Eyre di Charlotte Brontë: Contesto Storico e Famiglia Brontë - Prof. Capon e più Sbobinature in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LETTERATURA INGLESE lezioni 1 e 2 – prof. Caponi Jane Eyre, Charlotte Brontë Durante l’analisi approfondita di un testo è bene ricordare che il contesto storico e sociale nel quale le opere si sviluppano è assolutamente rilevante al fine di poter cogliere aspetti dell’opera che altrimenti potrebbero essere percepiti in maniera inesatta. È bene comunque tenere a mente che anche tutte le informazioni di cui noi oggi disponiamo riguardo al contesto sociale e ambientale in cui era immersa Charlotte Brontë (1816-1855) ci sono anch’esse pervenute in forma scritta, spesso estrapolate da opere diverse, e pertanto possono essere inesatte. Avendo chiarito la necessità del contesto citando la nostra autrice è doverosa una digressione inerente a chi su di lei ha avuto il maggior impatto: la sua numerosa famiglia e le sue sorelle (anch’esse scrittrici). Innanzitutto… perché Brontë? Il vero cognome del padre dell’autrice in origine era un altro ma egli lo cambiò in onore della città di Bronte (Sicilia, Italia) in quanto grandissimo ammiratore dell’ammiraglio britannico Orazio Nelson che fu tra le altre cose, anche appunto duca di Bronte. La dieresi, nonostante essa sia un segno fonetico particolarmente singolare nella lingua inglese, si rese necessario in quanto il sig. Brontë voleva mantenere la pronuncia dell’ultima vocale invariata rispetto al nome della località italiana senza rischiare che nel tempo la pronuncia anglofona facesse cadere o trasformasse la E in I. Il longevo padre della scrittrice era un pastore anglicano protestante e proprio la fede protestante fu il motivo per cui egli ebbe sei figli (sesso consentito allo scopo di procreare). Egli era irlandese ma venne assegnato ad un piccolo territorio nello Yorkshire, ben distante da Londra. Considerata la vocazione letteraria delle tre sorelle Brontë la rilevante distanza del loro territorio abitativo da Londra costituiva un problema non da poco. Nella prima metà del XIX secolo la capitale inglese era iperconcentrata di attività culturali e i sobborghi del paese ne erano sostanzialmente privi. Per pubblicare un’opera, era tendenzialmente necessario recarsi personalmente nella città per cercare un editore e successivamente curare i processi di pubblicazione. Charlotte Brontë nacque nell’aprile del 1816 a Thornton, luogo in cui trascorse giusto la prima infanzia a causa del nuovo assegnamento di parrocchia del padre presso Haworth. Queste piccole cittadine rurali erano immerse nella brughiera e i centri urbani che sorgevano nelle vicinanze erano minuscoli e sperduti; pertanto, esse si configuravano come luoghi privi di divertimenti se non quello, coltivato sin da piccolissime, di inventare “mondi fantastici” e dar loro vita raccontandosi storie a vicenda, esercitandosi inconsapevolmente alla loro futura professione e riuscendo a dimenticare in quei momenti la grigia e rigorosa desolazione in cui crebbero. Inoltre, in quanto figlie femmine di un curato la scrittrice e le sue sorelle erano tenute a condurre una vita assolutamente rigorosa e limitante in modo da essere d’esempio per la comunità. --- riferimento collegamento letterario su come veniva condotta la vita nelle famiglie dei pastori --- Le rigide regole a cui era sottoposta la prole (soprattutto femminile) dei pastori protestanti nel sono espresse anche in 1984 di G. Orwell che nel suo romanzo propone una situazione in cui la figlia di un pastore, protagonista della storia, si trova a Londra lontana da casa ed in difficoltà (nel romanzo non viene specificato se viene rapita o se decide deliberatamente di partire) chiede aiuto al padre che però le volta le spalle in quanto la sua partenza improvvisa ed inaspettata ha disonorato la famiglia del pastore. Charlotte morì giovane, poco dopo essersi sposata, nel marzo del 1855 a soli 38 anni. Il suo ultimo respiro fu esalato nei mesi successivi al parto, probabilmente a causa di una grave infezione contratta in quel momento anche a causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie di quegli anni. A quell’epoca la medicina come la conosciamo noi oggi stava solo muovendo i primi passi spesso giungendo a conclusioni del tutto distruttive. L’assenza degli antibiotici e la sperimentazione dei vaccini facevano sì che le lunghe malattie, nel caso dei fortunati che vi sopravvivevano, lasciassero pesanti strascichi che indebolissero terribilmente il corpo. Stessa situazione per il parto, in cui le condizioni igieniche erano molto spesso vettori di infezioni che si rivelavano fatali. Le cure proposte dai medici nell’errata convinzione servissero a qualcosa, spesso, peggioravano disastrosamente le situazioni tanto da non lasciare speranza ai pazienti (es salasso post dissanguamento) e la cura migliore e più efficace era l’effetto placebo, i quali effetti sono stati studiati e rivelati validi anche ai giorni nostri. Il primo medico a vagliare la possibilità di lavarsi le mani prima di esaminare i pazienti e suggerire la profilassi igienica fu Ignàc Semmelweis, nato nel 1818. A partire proprio dalle sue proposte, attorno alla metà del secolo, si iniziò a considerare l’esistenza dei batteri e con questa scoperta possiamo far coincidere l’inizio della “medicina moderno/contemporanea”. Proprio per questi motivi, ed inoltre a causa dell’elevatissima mortalità infantile e dell’assenza di validi metodi contraccettivi, tendenzialmente, le famiglie dei primi dell’Ottocento progettavano un elevato numero di figli consapevoli del fatto che la possibilità che essi arrivassero all’età adulta era solo del 50%. Famiglia Brontë Elisabeth e Maria → morte da bambine Charlotte → Currer Bell → 1847 → Jane Eyre Emily → Ellis Bell → 1847 → Cime Tempestose (Wuthering Heights) Anne → Acton Bell → 1847 → Agnes Grey Patrick Branwell → muore sui 30anni a causa delle sue dipendenze da alcool e da oppio (spesso assunti all’epoca come antidolorifici dei quali però non si riusciva più a fare a meno) Il 1847 fu l’anno di svolta per le sorelle scrittrici che nonostante avessero già tutte e tre precedentemente pubblicato dei versi, videro per la prima volta pubblicati anche i loro romanzi (primi due etichettati come grandi classici), seppur sotto falsi nomi. Le autrici, come pseudonimi, scelsero nomi tipicamente maschili usati sporadicamente anche per donne, con la stessa iniziale dei loro veri nomi. Il cognome Bell invece si crede sia stato scelto ricordando quello di un amico di famiglia. In una lettera fu direttamente Emily a spiegare il perché della scelta di quegli pseudonimi volutamente ambigeneri annoverando due motivi: il primo, era di scegliere dei nomi che sarebbero stati attribuiti a degli uomini in quanto unico sesso considerato degno della scrittura ma che inconsciamente celasse la possibilità che fossero nomi di donne; il secondo era che ritennero comunque esagerato e fuori luogo stravolgere il loro sesso e celarsi dietro un’identità completamente fittizia. Charlotte nella sua vita scrisse: Jane Eyre (pubblicato nel 1847), Shirley (pubblicato nel 1849), Villette (pubblicato nel 1853), Emma (scrittura iniziata nel 1853 ma mai terminata a causa della sua morte, verrà valore. Conseguenza imprescindibile, ovviamente senza materie prime di valore ed in territori dalla scarsissima (se non nulla) produttività industriale, anche i porti commerciali sarebbero stati ben poco utili. La terra contesa per davvero, quella desiderata e per cui si fece una gran guerra era il Sudafrica, ricco di miniere di diamanti. A livello internazionale, l’ideologia colonialista fu tanto sentita che i padri mandavano i loro figli in guerra, ci fu un forte incremento di reclute e i soldati che potevano desideravano solo andare a combattere per il loro paese e conquistarne benefici economici, sicuramente senza nessun assennato pensiero alla missione civilizzatrice. L’impero inglese fu il più vasto sino al 1914, quando la prima guerra mondiale rimescolò le carte e le potenze colonizzatrici, sotto pressione causa l’avvento della grande guerra, rimisero in discussione il tutto, rendendosi conto che amministrare, curare e mantenere in ordine i territori oltreoceano aveva dei costi assolutamente rilevanti e pertanto molti stati europei allentarono il giogo colonizzatore dando inizio al lungo processo di decolonizzazione, tanto da arrivare a definire la “corsa alle colonie” un assoluto anacronismo. 3) RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: l’800, secolo di svolta sotto innumerevoli aspetti, si configura rilevante anche grazie all’avvento della produzione in serie su larga scala. Si riconobbe che le fabbriche e le catene di montaggio producevano molto più e molto più velocemente di quanto potessero fare gli artigiani e soprattutto a costi minori; pertanto, quindi l’industria crebbe in modo molto rapido, creando posti di lavoro e progressivamente svalutando e accantonando il lavoro delle piccole botteghe. Nonostante l’incremento dei posti di lavoro, in realtà l’industria ebbe delle conseguenze devastanti sulla società e sui suoi equilibri: insorse un gran numero di slums, quartieri dormitori degradati, malsani, pericolosi e iper-affollati frutto del lavoro in fabbrica. Gli operai erano pagati una miseria e avevano turni di lavoro che potevano tranquillamente arrivare a 14 ore, con quello che guadagnavano facevano anche fatica a mangiare e quindi gli unici tetti che potevano permettersi erano quelli di questi quartieri. L’unica “ricchezza” che questi operai potevano avere era la prole, che veniva svezzata in fretta e veniva messa al lavoro già dalla prima infanzia e che quindi contribuiva al sostentamento della famiglia: le famiglie erano per questo motivo spesso numerosissime e da questa pratica deriva il termine comune di proletariato. Il lavoro industriale portò con sé moltissimi altri tipi di disagi quali ad esempio quelli psicologici (alienazione analizzata da C. Marx) quelli sanitari, quelli familiari e sociali; tutti analizzati nelle opere di C. Dickens. Il 1800 inglese è il secolo del romanzo, Age of the Novel, che esplose in Inghilterra per poi diffondersi in tutta Europa e si rese noto grazie alla pubblicazione periodica a puntate delle opere sui magazines (la maggior parte veniva pubblicata così). Il primo romanzo viene convenzionalmente considerato Robinson Crusoe di Daniel Defoe, pubblicato nel 1719, che però venne pubblicato direttamente nella sua interezza (come J.E) e non presenta nemmeno alcun tipo di capitoli né tantomeno di suddivisione, che invece nascono proprio per poter pubblicare una parte per volta sui giornaletti evitando così di perdere il conto. Se le storie funzionavano ed interessavano gli autori andavano avanti a scrivere, potenzialmente all’infinito, e continuavano ad essere pagati. È per questo motivo che molti romanzi di quei tempi sono enormi e spesso finiscono bruscamente o con una moria di massa. La fine così improvvisa e poco motivata delle storie era spesso dovuta al fatto che viste le vicende infinite, dopo troppo tempo i lettori si stufavano e abbandonavano la lettura dell’opera, allora si rendeva necessario concludere in breve il romanzo, adottando quindi spesso espedienti poco piacevoli. La pubblicazione a puntate era possibile per Dickens in quanto residente a Londra ma non per Charlotte Brontë, che viveva nello Yorkshire e non avrebbe decisamente potuto garantire una regolare corrispondenza per le puntate. Durante l’Age of the Novel, pubblicati a puntate sui magazines, era usuale ritrovarsi nei coffee houses (simili ai pub odierni) a leggere e discorrere insieme delle ultime uscite pubblicate sulle riviste. Il più grande romanziere dell’800 è per antonomasia Charles Dickens ma tra i più importanti vengono ricordati anche Jane Austen (anche se leggermente precedente) e William Thackeray, autore preferito di Charlotte, che dedicherà proprio a lui il suo più grande capolavoro nel quale la pazzia viene considerata un agente negativo, viene allontanata, confinata, condannata e anche tendenzialmente denigrata. Vivendo molto lontano dalla capitale, l’autrice non poteva sapere che il dedicatario dell’opera fosse sposato proprio con una donna che aveva problemi mentali, commettendo in questo modo una gaffe dalle proporzioni epiche. lezione 3 Prima di approcciarci alla lettura di un romanzo è importante ricordare di non buttarsi subito a capofitto nella lettura delle pagine ma che è molto importante varcarne le soglie (es dediche, copertina, prefazioni…), rilevanti in quanto esse sono in grado di orientarci ed influenzarci nel corso della lettura. Il termine soglia va attribuito al critico letterario francese Gerard Genette che intitolò propriamente “Seuils” (“Soglie. I dintorni del testo”) la sua opera, edita dopo un lungo lavorio di scrittura e riscrittura nel 1986, con la quale si propose di invitare i lettori alla riscoperta dei tratti delle opere meno centrali, rispetto alla trama, ma pur sempre caratteristici e decisamente rilevanti, che per lungo tempo vennero parzialmente accantonati e ritenuti meno significativi. Genette appartiene ad una generazione letteraria molto concentrata sulla struttura del testo, concezione frutto della profonda influenza strutturalista che, considerati i principi fondamentali della dottrina, invitava ad esaltare e considerare maggiormente il contenuto dei testi a discapito del contesto. Riflettendo su quest’ultima affermazione il critico si soffermò a riflettere sul fatto che un libro, a livello materiale, non inizia mai con la prima parola scritta dall’autore, ma presenta sempre delle soglie d’accesso. Esse possono essere a volte erroneamente indicate anche con l’espressione “paratesto” ma, mentre le soglie implicano tutti gli elementi introduttivi al testo, il paratesto consiste solamente in ciò che gravita attorno alla parte testuale come ad esempio i glossari, le note ed i commenti. Il fatto che le soglie orientino la nostra lettura è una scoperta che, sebbene decisamente recente, viene oramai data per assodata. Pensiamo solo a quanto sia rilevante il ruolo della copertina di un testo; essa deve catturare la nostra attenzione tra centinaia di libri riuscendo a mettere in risalto il volume a cui appartiene. Ai tempi di Charlotte Brontë non si concepiva nemmeno l’idea che un volume potesse avere un’immagine come copertina, essi recavano soltanto il titolo ed il nome dell’autore e pertanto non potevano puntare sull’effetto visivo per attrarre i lettori. È molto importante prestare attenzione a non confondere le varie voci delle soglie in quanto nell’apparato testuale non sempre è l’autore del libro ad esprimersi. Le soglie (o apparato paratestuale) in Jane Eyre (ediz. norton): ▪ Context (contesto): elementi utili per capire come è strutturato il testo. Questo edito da Norton è in particolare un testo per studiosi e per chi si approccia a quest’opera e a questa materia in modo tendenzialmente scientifico. Nel nostro caso il contesto viene fornito da una selezione di lettere scritte dall’autrice dell’opera ed indirizzate a colleghi, amici e sorelle dove la stessa raccontava del suo romanzo in fasce e che considerate nell’insieme danno un’idea del lungo processo creativo del romanzo. Le moltissime lettere di cui disponiamo, alcune delle quali sono riportate nel testo, ci sono pervenute grazie all’efficienza del sistema postale di quel periodo ▪ Criticism (critica): consiste sostanzialmente nella critica, nell’elaborazione di saggi a partire dai temi fondamentali del romanzo e racchiude gli studi critici sull’opera e l’autrice. Esso è l’apparato paratestuale per eccellenza. Noi tratteremo saggi di Sandra Gilbert e Susan Gubar che interpreteranno il romanzo in chiave decisamente femminista e di Susan Meyer che redige un saggio considerando l’aspetto molto vivo, presente e permeante della dimensione coloniale del romanzo che l’autrice è riuscita a rendere sapientemente nonostante considerata la sua lontananza da Londra e quindi dal traffico di uomini, notizie e conquiste. ▪ Preface (prefazione): importante riconoscere che non è scritta da Charlotte Brontë ma è a cura dell’editor di questa edizione Debora Lutz. Non confondere i termini: differenza tra editor (curatore editoriale) e publisher (editore). Il secondo si occupa solo della pubblicazione e della distribuzione dell’opera stampata mentre il primo si occupa di disporre accuratamente tutte le varie componenti di un volume, soglie incluse. ▪ Author preface (prefazione dell’autore): c’è ed è scritta dall’autrice del libro. A lei però non sono riconducibili le note, che sono invece scritte dall’editor. È importante non confondere i piani delle varie voci in quanto la maggior parte degli autori e curatori novecenteschi amano molto giocare con l’elemento della sovrapposizione delle voci con intenzione del letterato di confondere il lettore sull’ambigua appartenenza delle parole di difficile riconduzione alla figura dell’autore o del curatore editoriale. ▪ Frontispice (frontespizio): viene considerato la carta d’identità del libro e non ci si riferisce necessariamente alla copertina in quanto ai tempi, spesso se il lettore avesse desiderato la copertina avrebbe dovuto farla aggiungere dopo aver acquistato il testo. Molti titoli di romanzi ottocenteschi presentano come titolo solo il nome del protagonista in accordo alla moda letteraria vittoriana, pensiamo ad esempio ad Oliver Twist di C.Dickens, Agnes Grey di A.Brontë o anche ad Anna Karenina di L.Tolstoj. Nel caso di Jane Eyre troviamo sotto al titolo anche la dicitura “an autobiografy” e, anche se non siamo a conoscenza di chi abbia voluto questa precisazione, la necessità della specifica nasce probabilmente dal fatto che il romanzo è uno dei primi scritti in prima persona mentre in genere i romanzi ottocenteschi tendevano ad essere raccontati da un narratore onnisciente in terza persona. Ancor più raro della scrittura in prima persona era il fatto che la prima persona narrante era femminile. Nel frontespizio del romanzo originale troviamo anche l’espressione “edited/written by Currer Bell” e con questa semplice frase fu come se l’autrice, non soddisfatta dal solo pseudonimo, volesse mettere un’ulteriore barriera tra sé stessa ed il suo testo, specificandone anche il curatore del testo. Sempre in questa edizione viene specificato anche “in three volumes” per poter dare informazione preventiva sul numero dei volumi. Il romanzo era così corposo perché all’epoca i caratteri di stampa erano molto più grossi. ▪ Dedicate (dedica): nel nostro caso l’opera venne dedicata a William Thackeray, come omaggio nei confronti di uno dei romanzieri più famosi del tempo. Jane Eyre: chapter 1 → è importante iniziare ricordando che la suddivisione del romanzo in capitoli fu in realtà seguente alla stesura e alla prima pubblicazione dell’opera, in quanto la necessità di suddividere i volumi in capitoli era fondamentale solo per tutti quei romanzi pubblicati a puntate (e quindi non Jane Eyre). La prima pagina di un libro è sempre molto importante ed insieme ad un paio delle seguenti costituisce in qualche modo la presentazione ed il biglietto da visita dell’autore e della storia in questione. In esse possiamo riscontrare spesso parecchi elementi che ci danno indicazioni sul romanzo, che l’autore lo voglia o meno. L’opera racconta la storia della protagonista, Jane Eyre, che ha luogo grossomodo nel periodo in cui l’opera viene pubblicata (alcuni stimano vent’anni prima ma si considera comunque contemporaneo al periodo di pubblicazione) e si configura a livello d’ambientazione attorno ai luoghi vissuti dall’autrice tanto che tra le righe del testo vengono citati, oltre che a luoghi di fantasia, anche località davvero esistite. — something lighter, franker, more natural, as it were — she really must exclude me from privileges intended only for contented, happy, little children." "What does Bessie say I have done?" I asked. "Jane, I don't like cavillers or questioners; besides, there is something truly forbidding in a child taking up her elders in that manner. Be seated somewhere; and until you can speak pleasantly, remain silent." A breakfast-room adjoined the drawing-room, I slipped in there. It contained a bookcase: I soon possessed myself of a volume, taking care that it should be one stored with pictures. I mounted into the window- seat: gathering up my feet, I sat cross-legged, like a Turk; and, having drawn the red moreen curtain nearly close, I was shrined in double retirement. Analisi delle espressioni più significative del passaggio: leafless shrubbery: arbusti senza foglie → informazione sul paesaggio che contornava la vicenda. La vegetazione era spoglia, gli alberi erano pochi ed i cespugli erano privi di verde neither quarrelling nor crying: ne bisticciando ne piangendo → informazione sul carattere dei signorini, viziati, altezzosi e sgarbati what does Bessie say I have done: cosa ha detto che avrei fatto Bessie → informazione sul carattere della protagonista, in quel momento bambina. La domanda così formulata era stata pronunciata in modo decisamente troppo diretto rispetto al tono che ci si sarebbe aspettati di sentire da una bimba di buona famiglia nel corso dell’800. Ed inoltre, la leggera indisponenza/fastidio/eccessiva curiosità con cui si rivolge alla sig.ra Reed dà la possibilità a quest’ultima di poterle rispondere in malo modo e zittirla con la scusa della maleducazione Jane: Jane → prima introduzione formale del nome della protagonista e narratrice di questo passo double retirement: doppio isolamento → il doppio isolamento in cui trova pace e si rinchiude la protagonista è da una parte riferito all’ isolamento fisico e mentale (nasconde la sua persona e rilassa i nervi concedendosi di evadere dalla realtà tramite la lettura) e dall’altra sottolinea l’isolamento degli spazi nei quali si nasconde la piccola (davanzale dietro la tenda della finestra della stanza della colazione sul retro della cucina) Osservazioni di forma e contenuti tratte dal passaggio: ➢ La primissima cosa che salta all’occhio del lettore è l’evidenza dei soggetti (We/I) che ci consente di inquadrare immediatamente il tipo di narrazione in prima persona. Questo tipo di narrazione, all’interno della quale è il protagonista a raccontare le vicende secondo le proprie opinioni e sensazioni, costituì una vera e propria novità nel campo letterario inglese. Nel diciannovesimo secolo la prima persona non era usata se non in rarissimi casi e ad essa si preferiva la narrazione in terza persona condotta da un narratore onnisciente. È importante anche considerare come il soggetto della narrazione cambi da “noi” ad “io” nei primi due capoversi. Questo espediente consente di introdurre la novità della tecnica narrativa in modo “graduale” al fine di spianare la strada ad una voce femminile narrante in prima persona. ➢ In secondo luogo, ci si accorge di come la narrazione inizi con un atto mancato (possibilità di fare una passeggiata). Il concetto di “mancata possibilità” diverrà un po’ il filo conduttore del romanzo e sarà intrinsecamente permeante nel corso di tutta la vita di Jane, sempre senza possibilità e sempre in lotta per stare a galla. Il libro è importantissimo anche per la morale di vita che propone: la vita non è facile per nessuno (nemmeno per i ricchi e i privilegiati es Rochester) e bisogna lottare per poter vivere sentendosi bene. ➢ Una terza osservazione consiste nel mettere a fuoco la condizione di Jane come reietta, estromessa in questo primo passo dal circolo aureo formatosi attorno alla sig.ra Reed che non la vuole, la allontana e la estromette senza mai degnarsi di fornire mezza spiegazione (situazione che non cambierà). L’unico modo della protagonista di compensare l’esclusione dagli affetti familiari è il rifugio nella lettura e l’applicazione della sua vocazione intellettuale. Jane viene considerata una reietta in quanto bimba orfana adottata (era la nipote acquisita della signora Reed). Tendenzialmente rispetto ad oggi, nel diciannovesimo secolo era molto più facile che i bambini rimasti senza genitori venissero adottati dai parenti più prossimi anche se poi erano spesso lasciati in disparte e maltrattati, essendo paragonati al valore della servitù. ➢ Ultima considerazione non meno importante delle altre è che dopo un’analisi dell’incipit è facile rendersi conto che vengono fornite diverse indicazioni anche sulle condizioni estetiche e fisiche della protagonista, inferiori a quelle dei cugini. Nel corso del romanzo viene sottolineato più volte che Jane non disponesse di una bellezza avvenente né tantomeno un fisico canonico (essendo particolarmente magra e fragile) su cui poter contare e proprio per questo motivo nella sua vita dovrà faticare molto più di altre donne. *Nel romanzo l’autrice rese molto bene l’idea di vita con componente agonistica, tipica della società ottocentesca, secondo la quale per riuscire nella vita era assolutamente necessario rimboccarsi le maniche e sforzarsi il più possibile senza mai adagiarsi sugli allori, come se si stesse correndo una maratona (sia per uomini che per donne)* Tutte queste sfere argomentative vengono riprese, sviluppate ed analizzate nel corso di tutto il romanzo e quindi, conseguentemente, anche nella vita di Jane. Come approcciarsi ad un testo in modo scientifico? Quando bisogna presentare un testo è importante essere esaustivi e procedere alla descrizione secondo un ordine abbastanza rigoroso, potendo così citare tutti gli aspetti rilevanti senza ripetizioni ne mancanze, seguendo questo schema: 1. Autore → luogo e data di nascita → contesto sociale, educazione e cenni di vita → opere (possibilmente ordine cronologico) → eventuali pseudonimi → eventuali collaborazioni rilevanti 2. Titolo → sottotitolo 3. Testo e data → data di pubblicazione → collocazione temporale degli eventi raccontati nel romanzo 4. Genere letterario → eventuali commistioni di generi 5. Soglie 6. Composizione → tempi, modi e circostanze di composizione 7. Fonti 8. Forma e struttura narrativa → suddivisione in capitoli → altre suddivisioni (es prima e seconda parte) 9. Narrazione, punto di vista, dedicatario e nel caso fosse rilevante e/o specificato a chi si riferisce l’opera 10. Trama → fabula e intreccio → incipit → momenti salienti e climax → personaggi 11. Temi principali affrontati dal romanzo 12. Letture critiche e/o famose correlate al testo 13. Storia dopo la pubblicazione Precisazioni utili per la descrizione di Jane Eyre: (corrispondenza argomenti per numeri) 1. Nel caso di Charlotte Brontë è fondamentale rimarcare il contesto di estrema rigidità in cui è cresciuta e come esso ha impattato sulla stesura del romanzo, i cui contenuti si sono rivelati quasi devianti rispetto all’educazione impartita all’autrice. È molto importante in questo caso, tenere bene a mente l’importanza dell’utilizzo dello pseudonimo. 2. “an autobiography” è un sottotitolo introdotto al fine di dare maggior veridicità al romanzo. Il panorama letterario dell’Ottocento, specialmente nel genere del romanzo, era abbastanza controverso e aggiungere il dettaglio che la storia riportasse fatti realmente accaduti, conferiva all’opera maggior veridicità che conseguentemente attirava un maggior numero di lettori, interessati ad una storia fictional ma comunque plausibilmente veritiera. 3. Riguardo alla questione della data è importante non confondere la prima data di pubblicazione dell’opera con la collocazione temporale degli avvenimenti, dei fatti narrati e dei momenti in cui si svolge la vicenda. Nel caso di Jane Eyre la critica sostiene che la storia sia ambientata circa una ventina di anni prima rispetto alla prima pubblicazione del romanzo. Nell’ottocento (e fino a novecento inoltrato) la situazione sociale e tutto il contorno tendeva molto alla fissità e alla stabilità e proprio per questa ragione, anche nel panorama letterario, si ricercava una continuità costante e pertanto possiamo considerare un arco di vent’anni nel diciannovesimo secolo come contemporaneo alla data di pubblicazione. La situazione di continuità verrà incrinata una volta sopraggiunto il Novecento, chiamato anche secolo della discontinuità, a causa delle numerosissime innovazioni che lo percorreranno e che si rifletteranno in ogni ambito della vita, tra le quali ricordiamo come più importante la rivoluzione tecnologica e la transizione che questa innovazione ha comportato a livello sociale con la nascita delle ultime generazioni definite “nativi digitali”. 6. Le circostanze compositive sono importanti in quanto si possono rivelare in alcuni casi fondamentali per la comprensione e l’analisi in giusta chiave dell’opera, mentre in altri casi possono essere del tutto irrilevanti. 7. Nel caso di Jane Eyre non c’è molto da dire in quanto la storia è originale e si può al limite riscontrare una qualche lontana parentela con altri generi letterari senza che però essi siano degni di nota o considerabili delle fonti. Oggi però, non si può considerare l’idea di scritto e della sua fonte come un rapporto di influenza diretta dal libro più antico al più nuovo, ma bisognerebbe concentrarsi maggiormente sull’idea che la rete di influenza è diventata vastissima e potremmo immaginarla come una fitta rete o come una ragnatela comprendente tutti i generi di romanzo e le varie particolarità di ognuno di essi che possono molto più agilmente interagire tra loro e conseguentemente influenzarsi, anche in modo involontario. Per poter fornire un ottimo esempio di ciò basta considerare l’Ulisse di J.Joyce e La Terra Desolata di T.Eliott : entrambi pubblicati nel 1922 ad un primo sguardo non potrebbero sembrare più diversi tra di loro, in seguito ad un’analisi più approfondita in accordo con la prospettiva di infuenza sopra citata, ci si rende conto che in realtà ci sono moltissimi aspetti di influenza reciproca, che però si possono cogliere solo nell’ottica della fitta ragnatela di interscambio dei contenuti. 8. La questione della forma e della struttura definitivamente assunte da un romanzo sono rilevanti in quanto non sono mai casuali e rivelano sotto la loro apparenza dettagli importanti. Nell’opera da noi analizzata è importante mettere a fuoco (e poi sviluppare) l’assenza iniziale di capitoli in quanto la Brontë, vivendo distantissima da Londra non poteva garantire l’arrivo periodico dei capitoli per tempo a differenza, per esempio, di Dickens. È un dato importante da considerare anche il fatto che in quel determinato periodo storico, a Londra, l’ambiente letterario era molto impegnato nel lavoro di analisi, innovazione e ricerca delle migliori forme e strutture per poter scrivere. Nonostante entro la fine del secolo l’ambiente già ribollisse di nuove idee e proposte, l’impalcatura e la struttura del romanzo non subirono variazioni rilevanti sino ai primi anni del ventesimo secolo, quando diverse innovazioni iniziarono a farsi strada nel panorama letterario e gli autori iniziarono a considerare l’idea di piegare la struttura del romanzo producendo
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