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ANALISI DEL GATTOPARDO, Appunti di Storia Del Cinema

ANALISI DEL GATTOPARDO. SPIEGAZIONE DEL PROFESSOSE INTEGRATA CON RICERCHE PERSONALI

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 24/02/2023

marta-andreatti
marta-andreatti 🇮🇹

4.5

(2)

20 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica ANALISI DEL GATTOPARDO e più Appunti in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! IL GATTOPARDO (si chiama così l’opera perché è lo stemma di famiglia dei Salina e compare anche in quello di Tomasi di Lampedusa) È un capolavoro classico, uno dei più importanti della storia del cinema del 1963, di Luchino Visconti. Essendo un film di 60 anni fa, parla di questioni davvero lontane a noi, antiche; anche il ritmo e il modo di fare cinema sono più difficili da affiancare, quello che la pellicola aveva lo scopo di trasmettere, lo ha trasmesso ai contemporanei dell'epoca, a noi non dice nulla. Il Gattopardo racconta la storia d’ Italia, di cui viene rappresentato il momento più importante che è l’unificazione. Prima del film questo periodo era stato analizzato del libro il Gattopardo del 1958, una delle più importanti opere letterarie italiane e il libro più tradotto nel mondo. Si parla dell’unità d’Italia dal punto di vista della Sicilia, questo porta i lettori stranieri a generalizzare, dando per certo che il Gattopardo esprima l’Italia, generalizzando i caratteri regionali della Sicilia su tutta l’Italia. Giuseppe Tomasi di Lampedusa (autore del libro), Luchino Visconti (regista del film) e il principe Fabrizio Corbera principe di Lampedusa (protagonista assoluto del romanzo e del film) sono i tre uomini da analizzare per capire l’opera. L'autore del libro e il regista del film il Gattopardo  si riconoscono nel personaggio di Fabrizio Corbera, l’autore del libro, sta dalla parte del principe di Lampedusa in maniera palese. Esiste quindi, un collegamento tra due persone che non si sono mai conosciute, in quanto, Visconti legge il libro una volta che Tomasi era già morto. Nella pellicola troviamo rumori importanti e caratteristiche che Visconti decide di inserire dopo una sua lettura del Gattopardo e quindi dopo la sua interpretazione e vediamo che ci sono più punti che sono comuni all’autore del libro, questo indica una grande sintonia tra i due. Entrambi hanno contribuito nell’immaginario collettivo a creare questo personaggio che tra l’altro è un riferimento per entrambi. L’autore del romanzo, Fabrizio Corbera, si rifarà al bisnonno Fabrizio Tomasi di Lampedusa sia per la storia che per alcuni elementi fisici, e nella figura del principe rientrano alcuni riferimenti autobiografici. Un personaggio però, non deve solamente rispecchiare l’identità di qualcun altro, bensì deve avere una propria coerenza, per questo nel Gattopardo l’aspetto autobiografico riesce bene, proprio perché c’è ma non si vede e non è così pesante.  il principe nel romanzo riflette molto l’autore, ma nel film riflette il regista. Sia Giuseppe Tomasi che Luchino Visconti erano dei lettori appassionati, si deve tenere conto della visione che avevano del ciclo di “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust, che influenzo molto la letteratura e l'arte. Parla di un'epoca trascorsa, di cui Proust si rifà alle sue esperienze passate, il ricordo e ciò che si vive più intensamente rispetto alla vita trascorsa, poiché non ci si rende conto della sua importanza. Entrambi capiscono l'importanza della memoria e si basano sulle testimonianze di chi ha vissuto quegli eventi e chi ha conosciuto quelle persone. Visconti cerco di usare il più possibile oggetti proprio di quell'epoca per lo stesso motivo. Quando si decise di fare il film, l’idea era che la cinematografia italiana avrebbe fatto concorrenza addirittura ai film americani  per questo furono spesi tantissimi soldi, il produttore, Goffredo Lombardo, voleva un preciso risultato e quindi gli prese la mano, quindi man mano che si andava avanti con il film, questo, costava sempre di più  tanto che rischia il fallimento, perché le spese del film furono maggiori degli incassi. Per esempio, la battaglia di Palermo, a livello di spesa è stata enorme (i produttori americani volevano più dinamicità e battaglia); i garibaldini stanno già combattendo da settimane per aprire la strade, ecco perché Visconti prende tutte le camicie rosse che erano state usate nelle scene precedenti e le immerge nell’aceto per farle scolorire, per rappresentare in modo fedele e realistico come arrivano i soldati dopo settimane di battaglia.  se deve restituire un’epoca la restituisce per intero  i vestiti per la pellicola, come gli oggetti di scena, vennero comprati sul mercato dell'antiquariato come succede per la tenda della prima scena, che poi, dopo averla comprata all’antiquariato, Visconti la fa arricchire perché non abbastanza pesante, non rispecchia le tende che erano presenti all’epoca, le cose venivano fatte al meglio. Uno degli elogi al film di Visconti è che sembra di essere veramente all’epoca, è come vedere davvero un pezzo di 800, il che non è facile ma ottenibile. Visconti ha cercato di usare sempre oggetti dell’epoca, per avere un ritorno al passato  come quando nelle sedute spiritiche ti chiedono di portare un oggetto che era appartenuto alla persona a cui ci si vuole connettere. Come vedremo ad inizio film, il protagonista aprirà un cassetto dove sono presenti molte cravatte, nonostante queste non siano tutte presenti nell’inquadratura. Solitamente, se l’inquadratura non prende il cassetto, si mette una sola cravatta che sarà quella che verrà utilizzata dall’attore. In questo caso Visconti ha voluto ricreare una realtà, creando un’immedesimazione del protagonista e dei personaggi del film. Il film di Visconti può essere considerato, usando la terminologia di alcuni testi, un regime di narrazione forte  le situazioni sono ben disegnate e concatenate fra loro, in modo tale che lo sforzo da parte dello spettatore per comprendere gli avvenimenti sia minimo. Paradossalmente, il film cura la concatenazione degli eventi più di quanto non faccia il romanzo stesso, dove spesso ci troviamo di fronte a salti temporali e ad improvvisi flashback. Per fare un esempio, la parte quinta del romanzo rappresenta una lunga digressione su padre Pirrone e sulla sua famiglia, completamente slegata dal resto del romanzo  Visconti la elimina, concentrando il ‘succo’ di quelle pagine in una conversazione che padre Pirrone ha in una taverna dove si è fermato a riposare con la famiglia Salina, in viaggio per Donnafugata, contestualizzandola così perfettamente con il corso degli eventi. Visconti sacrifica anche la settima e l’ottava, nelle quali il romanzo ci mostra, con due salti temporali, la morte del principe, e la vecchiaia delle tre signorine Salina  il regista, anche in questo caso, si sforza di recuperare qualcosa delle parti persi, in particolare, nella parte ottava, il lettore scopre per bocca del senatore Tassoni, compagno d’armi di Tancredi, che quest’ultimo aveva inventato molti particolare dell’episodio della presa del convento, raccontato in maniera ‘audace’ a tavola, in presenza di Concetta ed Angelica. Per non privare lo spettatore di questa informazione importante per capire il carattere di Tancredi, la sceneggiatura inserisce l’episodio della presa del convento in una delle scene di battaglia aggiunte rispetto al testo, mostrando così entrare in questo mondo ”protetto”  segno che sta per avvenire un cambiamento. Iniziamo ad intravedere qualcosa anche se è buio, iniziano ad apparire le figure fantasmatiche che abbiamo fatto fatica a trovare e a un certo punto, siamo finalmente dentro. Addirittura una volta dentro, vediamo i giochi di luce e ombra della tenda che vengono riflessi sugli attori, questo perché ogni inquadratura deve essere pensata nei particolari. All’ interno sembra tutto tranquillo, il rito giornaliero si svolge in modo tranquillo come è sempre stato.  Visconti sceglie una musica di Nino Rota che aveva composto già ispirandosi all’ 800, una musica rievocativa, con pienezza orchestrale che ci fa entrare in un mondo principesco ma diverso, voleva già essere una musica evocativa che ci accompagna fino a quando muore per farci sentire i rumori del rosario, e poi le grida dall'altra parte della porta, mentre noi siamo ancora dal lato della tenda all’interno della stanza dove stanno recitando il rosario  che è il rituale nevrotico, quell’azione che si ripete per tranquillizzare, come se fosse un rituale fortunato.  nei film di visconti, i suoni hanno una grande importanza. Il rumore che si sente all’esterno della sala dove è riunita la famiglia, all’inizio del film, è segno di cambiamento (ancora non si sa se positivo o negativo) perché disturba la modalità del rito nevrotico che è in questo caso quello della recita del rosario. A un certo punto siamo in una zona di transizione, luce e ombra, e vediamo una tenda prima ferma ma ora svolazzante da un’altra inquadratura, è come se questa tenda ci invitasse a restare a non andarcene. Iniziamo a capire la struttura famigliare, il rito del rosario (il momento della lettura del rosario è un rituale giornaliero dell’epoca) è condotto da padre Pirrone, ma quello che comanda è il principe (capo famiglia) che infatti alza la voce per dire “Amen” quando vede che sta venendo a mancare l’attenzione all’interno della stanza a causa del casino. Padre Pirrone è visibilmente preoccupato perché sa che il principe sarebbe stato seccato dall’interruzione del rosario a causa del frastuono proveniente dall’esterno, infatti poco dopo il principe chiude sonoramente il breviario irritato. Uno dei suoi figli si alza per vedere cosa succede ma viene subito fermato, nessuno può muoversi, solo il capo famiglia può farlo, a interessarsi di cosa sta succedendo al di là della porta è un servitore (Mimi), che esce senza bisogno di avere l’ordine dal principe, anticipa i desideri del padrone.  I suoni hanno una grande importanza e qui il rumore (specialmente esterno) è segno di un cambiamento e disturba la tranquillità del rito  simbolicamente è il cambiamento che sta arrivando. L’elemento dirompente che disturba la quiete è duplice (vengono uniti tre “momenti” del romanzo), il ritrovamento di un soldato morto nel giardino, che nella pellicola, si è trascinato fino alla villa unito ad una lettera, e poi vi è la spiegazione del contenuto della lettera, ci sono disordini, il messaggio arriva dal Duca di Malvica, un pari del principe, “I piemontesi (i mille di Garibaldi) sono sbarcati a Marsala”  questa intrusione dei garibaldini è come i rumori che interrompono il rosario, portano la rivoluzione, la Sicilia tranquilla e dormiente viene interrotta. Il principe è irritato, sta leggendo la lettera di un suo pari che disprezza  la lettera viene poi presa ed accartocciata e buttata a terra (ci sono i servitori a raccoglierla, come farà poi il nipote con l’anello) in quanto era scappato con la famiglia, come un codardo sulle navi inglesi.  entriamo nell'aspetto del dramma, del cambiamento sociale, a cui è interessato Visconti, anche Tomasi descriverà questi avvenimenti ma con atteggiamento diverso, le narra e le depreca, Visconti in parte le depreca in parte no. La morte è già preannunciata dalla recita del rosario “nell’ora della nostra morte Amen”  la morte è una parola rivelatrice della fine dell’opera e della pellicola, la morte del principe e quindi di una classe sociale e di tutti i suoi valori, che porta alla rinascita di una nuova società, come porta il tempo inesorabile (altro tema di Proust nel suo ciclo di romanzi)  anche il nuovo mondo che nasce finirà poi per morire e farne spazio a uno nuovo. Il morto lo vediamo con un'inquadratura soggettiva, siamo il principe in quel momento.  qui si riprende il tema della “Ricerca del mondo perduto”  è la ciclicità della vita (una ruota che gira), per cui il cambiamento e la morte, rappresentano anche la morte di una classe sociale e l’avvio di una nuova società. Il film è un modo dove tramite il ricordo il tempo si cristallizza (come nel ritratto di Dorian Gray – dove il tempo scorre, ma l’opera non cambia). Nella scena successiva, la famiglia è scombinata (a causa di ciò che è stato appreso  tutto quello che vediamo nella stanza (scena pienissima) è dell’epoca (1860) e, se possibile, originale  a Palermo e dintorni gli antiquari del posto hanno avuto grandi guadagni grazie a questo film. L’ottocento è un’epoca in cui si aveva la paura del vuoto  Teniamo a mente però che gli oggetti non sono dei semplici oggetti ma sono cose che confortano e insieme ci difendono, è come se fossero lì a fare da guardia (non è solo scenografia ma è l’ambiente che ricrea il tempo). Il principe, camminando, si mette a leggere il giornale dove legge la notizia (la lettera diceva di leggere il giornale del giorno) e la famiglia percepisce il pericolo che sta per arrivare nelle parole lette dal capo stipite.  padre Pirone capendo il problema si mette a pregare e la moglie scoppia in lacrime disperata. Due delle figli si stringono al braccio del figlio primogenito (posizioni non sono casuali, c’è una gerarchia, il figlio maggiore può guardare il giornale alle spalle del padre, il secondo genito è dietro), il principe si siede continuando a leggere il giornale, solo una figlia si avvicina e gli siede accanto (poi si appoggerà alla sua spalla, probabilmente in cerca di conforto), la figlia prediletta, mentre gli altri stanno tutti in piedi riuniti intorno al divano  non tutti i figli sono uguali. Il principe dice ad uno dei figli (primogenito) di trasferirsi a Palermo per non lasciare il palazzo vuoto, questo è motivo di disappunto per la moglie. Mentre il resto della famiglia vaga tra le stanze, e la moglie piange e si dispera in un’altra stanza accudita dalla servitù, il principe sbotta e prende la decisione di scendere a Palermo dopo cena, nonostante sia pericoloso, perché vuole andare da una prostituta  il principe vuole scappare dalla morte, e andando con una prostituta è come se si opponesse ad essa perché con l’attività sessuale si genera della vita (il principe si opporrà sempre alla morte, ma nel finale si arrenderà ad essa  è un’anticipazione). Il principe per “camuffare” in un certo senso le sue azioni deplorevoli chiede a padre Pirrone di accompagnarlo, il prevosto si adegua, e poi il principe esce dalla stanza.  il principe è una figura solitaria, non si può dire che abbia dei veri amici, sono ammessi alla sua familiarità pochissimi, l’unico è padre Pirrone, al quale sorride quando gli chiede di accompagnarlo. Quando la moglie lo saluta, vuole fargli capire che sa dove sta andando e quindi lei gli dà un bacio sulla mano e lui le risponde con un bacio in fronte (gesto di affetto ma non intimo), il che è esilarante visto la quantità di figli che hanno fatto insieme. Subito dopo l’annuncio dei piani del principe per la nottata vediamo la moglie disperata che si inginocchia e si mette a invocare l’aiuto di Dio con padre Pirrone e parte della famiglia, poco dopo si aggiunge anche il secondo genito che passa vicino alla finestra, guarda fuori, e poi si inginocchia a pregare anche lui.  il Principe e il resto della famiglia affrontano la situazione in due modi differenti, il primo affronta gli eventi, mentre gli altri mostrano debolezza rassegnandosi e affidandosi completamente a Dio. Qui il morto lo vediamo con occhi del principe  ed è un elemento importante in quanto io sto guardando con gli stessi occhi del principe e ciò vuol dire che il morto è un avvertimento proprio per il principe. Capiamo che è la visione del principe perché i servitori si rivolgono proprio alla telecamera come se stessero parlando con il principe  quindi è un avvertimento solo per lui perché gli altri risultano essere quasi disgustati o indifferenti dalla scena dell’uomo morto. Il morto sembra essere quasi messo in posa come una statua antica  Visconti era un realista ma era anche un esteta, quindi comprendiamo che deve rappresentare la morte realisticamente ma vuole dargli comunque una visione da esteta. Durante il viaggio verso Palermo in carrozza possiamo notare la posizione a sedere di Padre Pirrone e del Principe mentre parlano  in una carrozza come quella inquadrata era normale che le persone fossero una di fronte all’altra, ma i due amici sono spalla contro spalla e in questo caso il regista ci sta facendo capire che c’è una grande vicinanza emotiva tra i due personaggi  ironico è anche lo scambio di battute tra i due, che fa capire molto sulla loro complicità, in cui padre Pirrone dice “ Che bel paese sarebbe questo eccellenza, se…” e il principe risponde “se non ci fossero così tanti gesuiti” per prenderlo in giro don Fabrizi gli dà anche una pacca sulla spalla. Qui Padre Pirrone evoca il nome del nipote del principe, don Tancredi, lamentandosi delle cattive compagnie che questo frequenta, il Principe mostra invece una condiscendenza verso il nipote che non mostra verso i suoi stessi figli.  il principe, oltre ad essere una figura solitaria, è anche una figura autoritaria che non è data solo dal titolo che porta ma anche dal suo stesso fisico in quanto la madre del bisnonno dell’autore era tedesca e quindi risulta anche più alto rispetto all’uomo siciliano medio e con caratteri nordici.  l’aspetto fisico si unisce in qualche modo all’aspetto morale. Oltre ad essere fuori da quello che si poteva pensare in riferimento al classico siciliano medio del tempo, i suoi interessi lo allontanavano da coloro che potevano essere i suoi amici. Egli è un astronomo dilettante, per questo alcune scene si svolgono nel suo osservatorio. I due iniziano a parlare di Tancredi ma vengono fermati a un posto di blocco  ci sarà un’altra volta in cui il principe in carrozza viene fermato ad un posto di blocco, se la prima volta viene riconosciuto dal vigile e quindi lasciato subito a proseguire il viaggio, quando sarà fermato la seconda volta non sarà più così ma dovrà intervenire il nipote perché qualcosa è cambiato.  quando le cose cambiano, cambia anche questo aspetto, spia del cambiamento sociale. Vediamo a proposito del realismo la rappresentazione dei bassifondi caratterizzati da persone di basso ceto sociale.  notiamo il parallelismo quando il principe bacia sulla bocca la prostituta e prende subito dopo la scala e che la principessa al contrario è baciata sulla fronte  ci fa capire come queste siano scene brevi ma importanti per delineare don Fabrizio. La mattina seguente vediamo il principe alla sua toilette  si veste e si sistema da solo, segno di grande autonomia, virile è il fatto che si vestisse e si facesse la barba da solo, molti dopo di lui si faranno vestire dai propri servitori.  qui appare il famoso nipote don Tancredi  sia nel romanzo che nel film, è l’amatissimo nipote del principe, quello che lui ritiene suo figlio ideale, ma questo solo all’inizio perché il principe nel corso della pellicola e del romanzo farà varie scoperte sul nipote che lo porteranno a rivalutare la sua figura. Ci viene presentato già ambiguo perché non viene presentato direttamente dall’inquadratura ma ci viene presentato attraverso il suo riflesso in uno specchio  quando saremo nell’ultimo grande scena anche il principe si guarderà allo specchio e non si piacerà. sull’uomo  in questo caso la natura è arida e non gioiosa come in molti altri periodi in Sicilia.  l’uso dei colori è molto importante, ci sono molti riferimenti ai quadri dell’Ottocento (impressionisti francesi- Monet) ad esempio la merenda all’aperto mostra la luce e il suo passaggio in modo particolare. Le fonti del film sono molto importanti, ad esempio anche i Macchiaioli (quadri in quello stile per restituire l’epoca). Nella sequenza si ripete una scena presente all’inizio della pellicola  i garibaldini istituiscono un posto di blocco con l’ordine che nessuno sarebbe dovuto passare in quanto tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, ma il principe con la sua carovana riesce ancora una volta a passare. Ciò che è cambiato, dalla prima volta che vediamo un posto di blocco nella pellicola però, è che non viene fatto passare per la sua autorità ma si è dovuto appoggiare a Tancredi che dopo aver fatto notare che è stato capitano dei garibaldini combattendo a Palermo al loro fianco, riesce a scendere ad un compromesso. Questo dimostra che nel tempo di un film cambiano le situazioni e cambiano i personaggi, già qua notiamo un cambiamento nella situazione del principe e il personaggio di Tancredi si inizia a rivelare sempre di più per quello che è. Durante il viaggio la famiglia passa la notte in una fattoria, in cui i letti sono stati lasciati a loro in quanto ospiti, gli altri invece dormono seduti o in altre sistemazioni più scomode. Si deve tenere conto della preparazione di tutte le inquadrature di questa scena.  nel lavoro eseguito da Visconti, potremmo ricercare in ogni inquadratura un famoso quadro dell’800. Anche per questo motivo possiamo dire che il regista lavora come un pittore, spesso si ispira agli impressionisti francesi o a soggetti famosi di pittori, ma anche ad altre correnti. La conoscenza dell’arte di Visconti era molto elevata e questo suo modo di ispirarsi all’arte è un modo per fare quadri in un determinato stile per riuscire a restituire allo spettatore quell’epoca. Padre Perrone (rappresentato come un uomo della fattoria in cui alloggeranno poi il principe e la famiglia), intanto, racconta a degli amici alla taverna che per la famiglia Salina sono importanti cose che alla gente normale di quei tempi, non interessano ma per loro sono vitali, d’altra parte la gente comune ha timori che invece essi ignorano  sottolinea dunque la diversità tra i due mondi. Il principe ha i suoi riti che segnano per lui la regolarità del tempo, e tra le sue preoccupazioni rientra che deve andare per forza a Donnafugata perché fa parte del suo rito estivo. (rappresenta la sicurezza del “già detto”, “già visto”). E dice che riguardo alla rivoluzione non è cambiato niente. Così come gli astri sono perfetti perché fanno sempre lo stesso giro, anche le sue azioni devono essere rituali per essere perfette.  il rito della sua vita assicura la continuità e la certezza. La scena della taverna ci fa capire come ci fosse ancora la mentalità del feudatario, che quando arriva bisogna lasciargli il posto per lui e la famiglia, i letti sono tutti occupati invece altre persone dormono in piedi.  i colori sono riconducibili ad alcuni quadri ottocenteschi come quelli dell'impressionismo francese, a cui Visconti fa riferimento. La fatiscenza della taverna permette che i colori siano diversi, un pezzo di muro è di un colore ma un altro pezzo è di un altro. Visconti segue degli ideali di sinistra, invece di Tomasi che era conservatore; quindi, si ricorda della gente comune e la mette in evidenza. La famiglia si riunisce in giardino per la colazione e anche in questo caso possiamo notare l’ispirazione della scena ad un’opera d’arte.  notiamo una certa vicinanza tra Tancredi e Concetta, ma in realtà lei è presentata in modo molto differente rispetto al libro dove sembra sottomessa a forza  ma nel suo sguardo si percepisce lo spirito dei Salina. Nel film viene rappresentata come una timorata da tanti punti di vista. Nel romanzo non si ha questa stessa sensazione, tanto che porta ad avere una visione diversa del personaggio. Nel film viene completamente travolta da questo essere differente, come se Visconti avesse fatto questa scelta per sottolineare ancora di più le note negative di Tancredi. Dobbiamo anche ricordare che inizialmente era stata pensata un’altra attrice per interpretare Concetta. Visconti l’ha designata come antieroina della rinuncia, che dà tutto ma non riceve nulla  lei, infatti, convinta di essere innamorata di Tancredi, decide di rimanere nubile piuttosto che sposare qualcun altro. Tancredi, invece, sposerà un’altra donna di cui si innamora e lascia da parte Concetta che comunque non avrebbe potuto sposare in quanto cugina. Il principe racconta un flashback e la scena, avvenuta in un tempo precedente, ci viene presentata in soggettiva dal punto di vista del principe. Pochi giorni dopo l’entrata di Garibaldi a Palermo, Tancredi gli aveva presentato a casa un generale toscano che voleva ammirare gli affreschi della villa, insieme anche all’ufficiale interpretato da Terence Hill.  la scelta della soggettiva viene fatta perché alla fine il generale che viene a far visita alla villa rappresenta la gloria di casa Salina, esaltata dagli affreschi che rappresentano le divinità in gloria attorno al simbolo del gattopardo  questa è la soddisfazione del suo essere capofamiglia della stirpe dei Salina e la simbologia nel cielo rappresenta questa sua posizione. Lo stemma del Gattopardo è posto nel cielo perché il principe sirivolge al cielo e agli astri per ritrovare la sua tranquillità. Notiamo che quando Tancredi accompagna il generale a casa indossa la camicia rossa, mentre quando accompagna la famiglia a Donnafugata è vestito di grigio. Paragoniamo direttamente il romanzo e il film, per renderci conto che alcune cose che nel romanzo (aspetti, modi di presentare) non ci sono ma sono invece presenti nel film, probabilmente per la libera interpretazione del regista della sceneggiatura. Ci sono invece aspetti che sono chiari nel romanzo ma che non possono essere messi nel linguaggio cinematografico. Il Gattopardo serve come esempio di film tratto da un romanzo. La fedeltà può essere voluta o no, ma certi elementi sono diversi perché le opere sono diverse  certe scelte sono obbligatorie per la diversità del linguaggio. All’arrivo a Donnafugata ad accoglierli ci sono grida festose  questo è uno dei riti che troviamo nel film (il primo era il rosario), se c’è lo stesso tipo di cerimonia significa che non è cambiato niente. In particolare ci sono ad accoglierli don Onofrio (il quale fa profondi inchini per accoglierli), custode del palazzo, il sindaco don Calogero che indossa la fascia tricolore  è una novità, la guardia nazionale non esisteva all’epoca dei Borbone ma era stata creata per i garibaldini. E poi ci don Ciccio, compagno di caccia che ha portato anche Teresina, la cagna  il principe nel libro si limita ad un sorriso per far capire è contenuto per il fatto che ci sia Teresina, nel film invece saluta prima il cane del padrone. In questo passo il film prende certe cose e le dice in un’altra maniera perché nel libro le spiega il romanziere, nel film serve un altro linguaggio  Ciccio lascia Teresina a casa mentre nel film la lascia da un concittadino. La scalinata della chiesa non c’è nel film ma c’è nel libro. Alcune cose vengono dette dai personaggi per far risaltare delle cose che esprime l’autore del libro. Visconti preferisce far sentire meno le campane perché ha puntato tutto sulla fanfara che dovrebbe essere allegra che però risulta essere lagnosa. La scena della chiesa (la più famosa, ma che non è presente nel romanzo), è tutto merito del genio di Visconti qui la macchina da presa si muove e si vedono gli stucchi nell’abside della chiesa fatti da uno dei più famosi scultori barocchi siciliani del 600. La macchina da presa parte dal padre eterno e poi fa un movimento fluido, vediamo i sacerdoti che stanno con celebrando (anche insieme a Padre Pirrone che si è unito) ci sono diversi chierichetti ma uno era quello incaricato di incensare la chiesa con il turibolo. Abbiamo prima uno stacco sull’altare poi il chierichetto e lo stacco che mostra poi la famiglia seduta sugli scranni.  la famiglia feudataria del posto assiste alla messa da un “palchetto” rialzato messo proprio perpendicolare rispetto ai fedeli  anche davanti a Dio, la famiglia del principe non è uguale agli altri ma ha un posto di rilievo. Nel libro si dice che erano impolverati dalla terra, così Visconti li rende pieni di terra (forse esagerando)  si ha una carrellata di tutta la famiglia che rende l’impressione che siano statue perché sono grigiastri e senza colore quindi la polvere li ha trasformati in statue mortuarie e sono le immagini dei loro stessi monumenti funebri  corrisponde alla frase “Questo è l’inizio della fine”. C’è esagerazione del grigio che esalta sul nero.  l’elemento continuativo è l’incenso. La macchina da presa è l’occhio che ci mostra cosa dobbiamo guardare. Questa suggestione mortuaria, Visconti l’ha presa molto dallo spirito siciliano perché sono famose in Sicilia le tombe particolarmente orride che si trovano nelle gallerie sotto Palermo in cui venivano sepolti i monaci e monache e i cadaveri sono seduti  Visconti ha cercato di rappresentare questo aspetto molto lugubre della mentalità siciliana. La donna che tiene in braccio il bambino è l’istitutrice francese con il figlio piccolo. Abbiamo poi la rappresentazione di tre scene fondamentali: 1. il bagno del principe interrotto da padre Pirrone; 2. l'arrivo al palazzo di Donnafugata di due ospiti, ovvero il sindaco Don Calogero Sedara e sua figlia Angelica, i cui ingressi sono presentati in modo diverso; 3. la cena al palazzo che costituisce un rito particolare in quanto sono stati ammessi anche dei plebei, cosa che non sarebbe potuta accadere prima dello sbarco di Garibaldi. Finito il viaggio e arrivati a Donnafugata, il principe fa un bagno ristoratore  elemento non solo di pulizia ma anche di rilassamento. Viene però interrotto da padre Pirrone che chiede di vederlo in quanto ha avuto l’incarico di dirgli che Concetta è innamorata. La scena viene costruita con un evidente contrasto tra il principe che si trova a suo agio (egli dice al prete che la nudità del corpo è paragonabile a quella dell’anima) anche se il prete ne vede le sue nudità  dimostrazione anche di una certa apertura mentale, e padre Pirrone che invece è conciato peggio del solito, ha la tunica sporca, la barba lunga e alla fine si guarda allo specchio e si nota l’unione delle sopracciglia. tutti si alzano imbarazzati  non ci si alzava da tavola a meno che non si stava male e soprattutto mai prima del padrone di casa, ciò dimostra che questo fatto era alquanto grave. La risata ha fatto capire a tutti che questa ragazza aveva bisogno ancora di qualche ritocco. Concetta poi rimprovera Tancredi e Angelica capisce l’errore, ma è troppo tardi. Tutto sembrava andare bene, ma ancora una volta qualcosa aveva interrotto il momento e quindi rotto l’equilibrio. I rumori sono importanti, nelle opere di Visconti hanno lo scopo di rompere un equilibrio, e in questo caso il rumore è proprio la risata. La risata rivela l’ipocrisia ed è vista come un elemento dirompente. Quando uno è ammesso in luoghi di prestigio si suppone che si adatti alle regole, per questo non si tollera il comportamento di Angelica anche se di rango inferiore e quindi ce lo si poteva aspettare  è tutto un travestimento che richiama la questione delle maschere. Il giorno 21 ottobre 1860 si svolse il plebiscito in cui venne chiesto al popolo siciliano se fosse favorevole all’unione dell’Italia sotto il Re Vittorio Emanuele II. Don Fabrizo, padre Pirrone e Don Onofrio escono da Donnafugata per andare a votare e una volta usciti si imbattono in un forte vento che trascina con sé anche la terra. Padre Pirrone interpreta questo avvenimento come un segno divino, ossia come se qualcosa di negativo stesse per accadere. Invece, il principe dona all’avvenimento un’interpretazione positiva dicendo che il vento è “necessario”, ma allo stesso tempo si copre la bocca a causa della terra.  egli sta facendo tutto questo perché influenzato dal nipote Tancredi, ma in realtà ciò non sarebbe stato nella sua natura. Qui troviamo una differenza  mentre nel film si copre la bocca, nel romanzo il principe si copre gli occhi perché soffre di congiuntivite. Nonostante in questo periodo si comincia a predicare la parità tra tutti i cittadini, il principe viene comunque trattato in modo diverso una volta arrivato per votare  viene lasciato passare avanti agli altri (non è vero che siamo tutti uguali). Egli aveva deciso di portare con sé anche Don Onofrio per essere sicuro che votasse “sì”, ma allo stesso modo, però, cerca di proteggere Padre Pirrone facendolo astenere dal voto perché non ha la residenza nel paese  il principe decide di fare questo gesto perché conoscendo l’opinione del gesuita sulle questioni politiche del tempo, non voleva metterlo in difficoltà di fronte ad un voto palese (perché essendo un religioso non poteva essere corrotto). Il principe è l’unico a cui vengono offerti entrambi i foglietti con scritto “sì” e “no” per decidere il proprio voto  come se fosse l’unico ad avere effettivamente la facoltà di poter scegliere. Agli altri fu dato solamente il foglietto con il “sì”. In questo caso notiamo la vera e propria manipolazione del voto.  l’“avversione” nei confronti del voto palese viene rimarcata anche nella scena del rinfresco tricolore offerto da Don Calogero ai tre uomini. Sia Don Onofrio che Padre Pirrone rifiutarono il rinfresco con delle scuse, ma in realtà Don Calogero comprende subito che coloro che hanno accompagnato il principe sono contrari all’unificazione dell’Italia e lo stanno dimostrando con dei piccoli gesti. Il principe è l’unico ad accettare il bicchierino di rosolio (liquore dolciastro), offerto da Don Calogero quasi come se volesse mitigare l’amarezza della scelta con qualcosa di molto dolce. Anche in questo caso possiamo notare come il principe interviene quando il sindaco cerca di offrire lo stesso bicchiere di rosolio al gesuita, togliendo così dall’imbarazzo di dover dire di “no”. La sera del 21 ottobre 1860 il sindaco comunica al comune di Donnafugata i risultati del plebiscito: 515 elettori iscritti di cui 512 votanti il 100% dei quali votarono “sì”. Il discorso in cui vengono comunicati i risultati del plebiscito doveva essere un atto solenne ma viene trasformata in una scena grottesca alla Charlie Chaplin, in cui tutti i tentativi di leggere i risultati risultano essere interrotti da errori come la banda che sbaglia sugli attacchi. Un atto solenne ed importante viene quindi trasformato in una buffonata. Anche in questo caso notiamo la presenza del vento, segno di dispiacere divino. Qui possiamo notare un rovesciamento nell’osservazione della situazione, come se ci fosse qualcuno che non vuole far funzionare il nuovo Regno d’Italia.  probabilmente si tratta della personificazione dello sguardo critico con cui Visconti vede la scena. Il municipio si trova di fianco al palazzo di Donnafugata. Il principe è affacciato ad una balcone da cui vede Angelica che applaude affacciata al balcone di casa Sedara. Alla vista del principe in attesa, Don Calogero gli fa un inchino. Come narrato nel romanzo, allo scoppio dei fuochi d’artificio viene affiancata un’ottima scelta registica in cui viene inquadrato il principe dal basso con i fuochi d'artificio sullo sfondo creando così un contrasto di chiaroscuro, il volto del protagonista è rivolto al cielo. Nella questione del plebiscito possiamo trovare un parallelismo tra il pensiero dell’autore del libro e il linguaggio filmico. Di fatti, a partire dalla pagina 122 del libro, l’autore, che potrebbe lasciarsi andare a commenti, descrive con i fatti ciò che è successo. Giuseppe Tomasi di Lampedusa presenta la questione tramite due brani staccati: 1. nel primo il principe è ancora indeciso su alcune questioni, ma vota comunque per il “sì” 2. nel secondo, dopo il plebiscito, le rivelazioni di Don Ciccio rappresentano una svolta molto importante per cui il principe crea la conclusione finale della “storpiatura delle anime”, secondo cui se si froda si vince, mentre se si è in buona fede si perde. Visconti cerca di disegnare, tramite linguaggio cinematografico, la vicenda come una brutta questione proprio come fece Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo. Dopo la scena del plebiscito abbiamo una sequenza costruita in 3 settori: 1. la prima sequenza è quella in cui il principe va a caccia con Don Ciccio. Qui si svolge una prima parte del discorso. 2. la seconda sequenza è caratterizzata da un flashback della notte precedente in cui parla con la moglie. 3. nella terza sequenza viene concluso il discorso con Don Ciccio. Nella prima sequenza vediamo il principe andare a caccia con il suo compagno Don Ciccio. Il principe, che aveva consigliato a tutti di votare per il “sì”, chiede al suo compagno cosa avesse votato al plebiscito  la domanda appare inutile dato il risultato unanime dei votanti, ma Don Ciccio confessa che avrebbe voluto votare per il “no”, ma questo gli era stato impedito perché i funzionari del municipio avevano sovrastato la sua opinione. Don Ciccio spiega che avrebbe preferito votare “no” perché era stato grazie al sistema (che era stato presente fino a quel momento) se lui era stato in grado di realizzarsi; perciò, non voleva tradire in nessun modo i sovrani che in qualche modo lo avevano aiutato nel suo intento. Il principe, allora, gli spiega che il plebiscito era l’unico rimedio per mettere fine all’anarchia ed era quindi necessario che qualcosa cambiasse per far sì che tutto rimanesse immutato. Dopo aver parlato del plebiscito, il principe chiede a Don Ciccio cosa pensa la gente di Don Calogero. Allora egli gli spiega che quest’ultimo sta diventando sempre più ricco, influente ed avaro. Inoltre, gli spiega anche il motivo per il quale sua moglie (Donna Bastiana) non viene mai mostrata in pubblico  è una donna bellissima ma dal comportamento animalesco, addirittura incapace di voler bene alla figlia. Dicendo anche che suo padre era conosciuto con il nome di “Peppe Merda” perché considerato da tutti un uomo sporco e puzzolente. La sequenza risulta essere poco cinematografica perché si tratta principalmente di un dialogo. Ripercorrendo la scena, però, notiamo come i due uomini siano separati dall’albero al centro (non sono vicini)  essi vengono inquadrati sempre separatamente. Entrano nello stesso campo solo quando il principe chiede delle informazioni confidenziali sulla famiglia Sedara, avvicinandosi quindi sia fisicamente che confidenzialmente. Quando il principe e Don Ciccio parlano di Angelica (Don Ciccio dirà cose poco dignitose sul suo conto), sono separati dalla biforcazione dell’albero. Verranno inquadrati insieme nel momento dello scontro (il tronco li separerà poco dopo) quando Don Ciccio afferma che non si sarebbe mai dimenticato dei favori ricevuti dal Re  con questa affermazione, egli quasi insulta il principe. Nonostante ciò, quest’ultimo fa finta di nulla e annuncia che sta per favorire la famosa alleanza tramite il matrimonio di Tancredi e Angelica. Dopo aver udito questa affermazione, Don Ciccio risponde dicendo che l’unione tra i due giovani costituisce la fine di entrambe le famiglie. Il principe, anche se infastidito, comprende la realtà (la vera natura di Tancredi) e sgrana gli occhi, poi esce dall’inquadratura e quest’ultima rimane su Don Ciccio, il quale è caratterizzato dalla consapevolezza di aver ragione ma non capisce perché il principe si sia arrabbiato perché, in fondo, lui sta solo dicendo la verità. Nella seconda sequenza, ossia la sequenza intermedia, è caratterizzata dal flashback della notte in cui il principe, prima di andare a dormire, è costretto a placare una crisi isterica di sua moglie Stelluccia rimasta profondamente contrariata dal fatto che Tancredi abbia deciso di non sposare Concetta  lo considera un traditore per i suoi gesti. Il principe, invece, lo considera il più caro giovanotto che abbia mai conosciuto, un ragazzo che segue i suoi tempi tanto in politica quanto nella vita privata. Questa è l’unica parte della pellicola in cui si nota che non era solo Concetta a vedere qualcosa in più nell’atteggiamento di Tancredi nei suoi confronti e a notare che egli si stava approcciando a lei in modo “diverso” rispetto che alle sue sorelle e altre donne. Una particolarità che notiamo durante la visione del film è che Stelluccia o piange, o prega, o fa le due cose insieme. É necessario darle dei calmanti per i suoi attacchi isterici. Inoltre, prova un sentimento di odio profondo nei confronti di Tancredi e si sente presa in giro in prima persona  questo odio, in realtà, era affetto tramutato in odio. Difatti, lei adorava Tancredi e sperava accadesse qualcosa con sua figlia. Quando scopre che i piani sono altri e Concetta non è compresa, la principessa cambia atteggiamento nei confronti del nipote. Tancredi non avendo più i genitori, chiede allo zio di avanzare la proposta di matrimonio a Don Calogero, anche se oggettivamente avrebbe dovuto farlo lui  in questo modo, però, si libera di ogni responsabilità e ciò viene interpretato come un gesto di umiliazione nei propri confronti. La principessa dà la colpa di tutto questo al marito. Il principe continua a prendersela con la moglie facendo una sfuriata, dopodiché si rende conto di aver esagerato e le dà un bacio (dopo il bacio lei si fa il segno della croce come sempre). Alla fine, risulta che il principe abbia trattato la moglie come Don Ciccio, si scusa perché sa di aver sbagliato e sa che quello che gli stanno dicendo gli altri è vero. d’essere. Quando il principe dice “i garibaldini sono venuti per insegnarci le buone maniere ma non si riusciranno perché noi siamo il sale della terra” vuole sottolineare che l’orgoglio di essere superiori è caratteristico di certe popolazioni come inglesi e siciliani. E questo discorso si ingloba nelle ultime parole che Don Fabrizio pone a Chevalley (ma che sta dicendo in realtà a sé stesso). Egli afferma che cambierà tutto ma non cambierà niente, facendo comprendere che è vero che le cose cambieranno ma cambieranno in peggio.  viene mostrata la visione pessimistica del principe attraverso le figure araldiche che egli utilizza nell’ultima parte del discorso “Noi siamo stati leoni, i gattopardi. Coloro che ci sostituiranno saranno sciacalli e iene”. Mentre l’aristocrazia del passato (leoni e gattopardi) è caratterizzata da animali nobili e orgogliosi, la nuova classe emergente, ossia la borghesia, viene paragonata agli sciacalli. Quindi le pecore (il popolo) che fino ad allora erano stati “mangiati” dai leoni e i gattopardi in maniera più composta, ora dovranno fare i conti con qualcosa di più malvagio, ossia le iene che non solo li mangeranno ma scamperanno anche i loro corpi (metafora). “E tutti continueremo a crederci il sale della terra”, dominatori e dominati si sentiranno sempre il sale della terra rispetto a tutti gli altri. A livello cinematografico notiamo che Chevalley dice di non aver sentito, in realtà non ha capito. Ciò simboleggia il dialogo che non può esserci tra i due uomini, essi possono stimarsi a vicenda ma non possono “parlarsi”. Entrambi sono persone oneste, vengono da due dimensioni/mondi diversi. Inoltre, questo ci fa comprendere come la Sicilia sia una realtà totalmente diversa rispetto all’Italia e al resto del mondo, oggi come allora. In questo momento ci rendiamo anche conto come il principe si stia anche arrendendo all’avvenire (un esempio è proprio il favoreggiamento del matrimonio tra Tancredi e Angelica). Per la scena del ballo è opportuno parlare di macro-sequenza perché dura 45 minuti ed è composta da almeno 20 sequenze (parliamo di macro sequenza se l’elemento che lega tutte e 20 le sequenze è unitario). Essa, dal punto di vista registico, è uno dei punti più alti della pellicola. Per questa macro sequenza, Visconti dovette scegliere il luogo  in realtà, il luogo è obbligato perché all’epoca (e ancor più oggi) se andiamo a Palermo non possiamo non andare a visitare Palazzo Valguarnerese-Gangi. È tuttora di proprietà di discendenti nobili della famiglia dei due principi Valguarnera e Giangi ed è l’unica grandiosa residenza dell’aristocrazia siciliana, costruita tra il settecento e l’ottocento, ad essere ancora intatta sia negli esterni che negli interni. Nel 1962, quando Visconti decide di utilizzare questo palazzo per le riprese della scena del ballo, dovette affittare non solo le stanze ma anche i suppellettili e il mobilio presenti al loro interno, tutti risalenti all’epoca tra 1850 e il 1865  inoltre, gli ambienti furono arricchiti ancor di più perché Visconti lavorava sull’accumulo. Questa macro sequenza è volutamente piena di oggetti e di persone perché ha una sua esistenza propria  Visconti, in parte seguendo il romanzo e in parte per sua volontà, ha voluto dare questa impressione di pienezza. Le comparse erano centinaia così come gli inservienti. L’aristocrazia palermitana si è prestata anche ad interpretare comparse impersonando i loro antenati. Ad esempio, nella scena in cui Tancredi presenta ad Angelica i suoi amici, c’è anche il figlio adottivo del principe di Lampedusa che, non avendo avuto figli, in età adulta decise di adottare Gioacchino della famiglia Lanza che, infatti, tuttora vivente si chiama Gioacchino Lanza Tomasi. Egli ha assunto il cognome del padre adottivo ma non il titolo nobiliare perché non trasmissibile tramite anagrafe. Lo vedremo perché viene presentato con il suo nome (curiosità importante). Questo ballo fu un lavoro gigantesco che durò per 36 notti tra luglio e agosto del 1962 e gli attori, gli sceneggiatori, i registi e tutti gli altri, dovettero lavorare con ben 40 gradi all’ombra. Comprendiamo quindi come quasi in tutte le scene, il caldo provato dai personaggi fosse vero e realistico (causa di questo caldo ci furono anche dei problemi di sceneggiatura). Sappiamo che Visconti, per ricreare l’atmosfera dell’Ottocento, decise di utilizzare centinaia di candele per l’illuminazione delle sale, ma ovviamente esse non bastavano per le riprese. Allora, sulle candele furono posti i riflettori che, ovviamente, fecero sciogliere molto velocemente le candele. La cera, oltre che colare sul pavimento, colava anche sugli abiti degli attori ed era un compito degli inservienti pulire i pavimenti e spazzolare gli abiti durante le pause  l’impegno di mezzi e persone fu altissimo. Inoltre, solo in un secondo momento, Visconti decise di illuminare solo le stanze che vennero utilizzate per girare (dalle 19 alle 6 del mattino), ossia decise di illuminare solo la stanza che veniva utilizzata per le regia della notte in questione. Gli oggetti che verranno utilizzati nel film erano d’epoca e, essendo nel dopoguerra, alcuni avevano un prezzo ancora accessibile. Un esempio lampante è dato dal carnet di ballo che Angelica portava al polso, era un quadernino dove venivano segnati i nomi di coloro che si prenotavano per danzare con la dama in questione (quello di Angelica era tutto occupato da Tancredi). Quello che porta Angelica è originale, del 1850, quello delle altre dame era una riproduzione. Per Visconti era essenziale che in questa rievocazione fossero utilizzati oggetti veri dell’epoca.  il tempo può essere rievocato tramite oggetti originali, non è questione di realismo o verosimiglianza ma si tratta di una vera e propria rievocazione del periodo storico in questione (proprio come se fosse una seduta spiritica). Anche le divise dei militari erano originali, erano divise dei bersaglieri dell’epoca. Questa deve essere un’evocazione e crea un’aura meravigliosa, diversa dalle altre rappresentazioni di film storici. Ci catapulta letteralmente nell’epoca rappresentata.  vedremo che tutte le dame del ballo hanno, però al braccio una borsetta che, oltre ad essere un accessorio ai tempi considerato necessario dell’abbigliamento femminile, avevano anche una funzionalità pratica, contenevano delle boccette di profumo o articoli di trucco che venivano utilizzati negli attimi di pausa  le borsette sono di velluto, quindi se sono vuote si vede, esse invece sono riempite di boccette di profumo in stile d’epoca. Così come il principe, in una delle prime scene, apre un cassetto piene di cravatte anche se non ripreso nell'inquadratura. Cosa molto più difficile furono i costumi  Visconti dovette accontentarsi di riproduzioni perché i costumi si rovinano molto prima dei mobili e quelli presenti all’interno dei musei non potevano essere utilizzati. Quindi, la sartoria fece delle grandissime modifiche e dei lavori spettacolari perché dovettero ricreare degli abiti non più in voga. Prendiamo come esempio il vestito di Angelica, nel romanzo esso è rosa, mentre nel film è bianco. La realizzazione di questo abito costò moltissimo perché tessuto di oro e argento (rigorosamente veri), era composto da decine di strati di tulle molto delicato e l’effetto gonfiante veniva dato da una specie di apparato metallico (guardinfante) che sosteneva la gonna proprio come veniva utilizzato nell’ottocento  Visconti volle che il guardinfante fosse realizzato in metallo, quindi i movimenti dell’attrice erano estremamente complicati. Inoltre, le fu vietato di sedersi durante le pause perché con il peso e il sudore avrebbe potuto spiegazzare l’abito (per farla riposare le fu inserito una specie di trespolo sotto il guardinfante). Questi costumi furono talmente ben realizzati che ancora oggi vengono esposti in quanto testimonianza della storia del cinema, ma anche per mostrare come essi furono ricreati perfettamente secondo l’epoca in cui è ambientato il film. Altra particolarità da notare è il buffet  come abbiamo già detto in precedenza, i cibi venivano cucinati realmente e venivano utilizzate ricette originali dell’epoca. Fin dopo la seconda guerra mondiale, il cibo per un grande evento doveva essere buono ma anche ben presentato  venivano create delle vere e proprie costruzioni di cibo che dovevano stare in piedi. Possiamo comprendere facilmente come i cibi spesso si disfacessero durante le riprese a causa del caldo. Così i cuochi, durante le pause, dovevano sostituire le pietanze ormai disfatte con quelle appena cucinate  qui non si tratta di realismo ma di estetismo, perché se Visconti avesse voluto donare una vena realistica avrebbe dovuto lasciare sul buffet i cibi che, man mano perdevano la loro freschezza. Il ballo non era un momento di divertimento, bensì il rito con cui un’intera società celebra sé stessa  era un rito rigoroso caratterizzato da regole ben precise, dove le persone facevano quello che dovevano. Il ballo era anche un evento per divertirsi, ma era soprattutto una celebrazione della stessa società, in questo caso dell’aristocrazia che sfoderava tutta la sua magnificenza. Non si tratta di lusso ma di sfarzo, per quello viene scelto questo palazzo perché è tuttora sfarzoso, come una dimora reale di oro e decorazioni. Questi ricevimenti erano celebrazioni che l’aristocrazia faceva per sé stessi e per le poche persone ammesse. Angelica e Don Calogero vengono ammessi a questa celebrazione e ciò simboleggia la decadenza dell’aristocrazia  sta venendo ad essere meno la purezza del sangue. L’importanza è lo splendore dell’intera casta aristocratica, è un discorso collettivo e non la celebrazione di un singolo. Si tratta di un rito che ha la spiegazione della propria ragion d’essere in sé stesso, il rito è ripetizione di gesti che risulta essere tranquillizzante il fatto che le cose rimangono uguali (anche se è un’illusione). La dilatazione infinita della sequenza è voluta per dare spazio anche allo sfarzo degli oggetti.  ciò che tiene insieme 20 sequenze diverse in un’unica macro sequenza sono le musiche d’epoca, sono le stesse musiche che venivano suonate all’epoca per le danze  esse si susseguono una dopo l’altra, l’orchestra non poteva mai fermarsi perché non poteva mai esserci un momento di silenzio. Le musiche e un apparente movimento rotatorio tipico della danza del girare intorno simboleggia il moto circolare del tempo (concezione proustiana della ricerca del tempo perduto tutto muta per rimanere sempre uguale, come gli astri)  in realtà, l’aspetto di questo grande cerchio che viene continuamente riflesso nelle danze e nel continuo musicale è ciò che tiene assieme la macro sequenza. Le scene venivano filmate più volte per scegliere poi la migliore da inserire nella montatura finale, comprendiamo quindi che le pellicole avevano lunghezze chilometriche  dopo venivano tagliate e montate insieme per la creazione finale del film. A dirigere tutto c’era Visconti che, mentre tutti erano disfatti dal calore, girava attraverso i set con l’aria di un comandante militare per controllare tutte le riprese. Angelica riprende Tancredi dicendogli che dovrebbe seguire l’esempio dello zio e non fare tante storie per ballare, fa sapere anche che lui è geloso di lei  Don Fabrizio non le concede una mazurca (ballo militare molto movimentato) perché dice di sentirsi troppo vecchio per quella ma un valzer.  il valzer che ballano Don Fabrizio e Angelica è inedito, questa musica fu composta da Verdi ma il suo spartito era dedicato solamente al pianoforte e quindi quest’ultimo decise di affidare lo spartito a Nino Rota che lo rese poi adatto ad un’intera orchestra. Nel libro l’aspetto sessuale nel momento del ballo viene evidenziato con il fatto che la mano del principe stringeva con fermezza la vita della giovane e viene anche detto che dalla scollatura di Angelica saliva un profumo e un aroma di pelle giovane e liscia e che alla memoria di lui venne in mente una frase di Don Ciccio Tumeo (frase presente solo nel romanzo). Il regalo di Angelica continua anche durante il ballo, lei gli dice che gli deve tutto, e anche Tancredi visto che senza il suo consenso non si sarebbero mai potuti fidanzare. Ma Don Fabrizio replica che Tancredi l’avrebbe sposata lo stesso (per la bellezza certo ma soprattutto per i soldi) e che deve tutto a lei sola. La seduzione di Angelica continua, gli dice che aveva sentito che era un ballerino straordinario, lui all’ora si scusa perché crede di non essere all’altezza delle aspettative, ma Angelica dice anche al principe che non si deve scusare per non essere un buon ballerino perché lui è un ballerino delizioso  il principe è sempre più vivo  tutti gli guardano. Angelica inviata il principe ad unirsi al tavolo suo e di Tancredi ma lui rifiuta, anche se all’inizio vorrebbe accettare in nome dei bei ricordi che gli vengono in mente di lui e Stelluccia in quello stesso palazzo diversi anni prima, dicendole che sarebbe di intralcio per i due innamorati  li vuole lasciare da soli. Il principe si arrabbia con Pallavicino c’è uno scambio politico il generale che dimostra che sta recitando a fare la parte dell’ingenuo dice che in Garibaldi c’è una bella donna letale e che lui quindi non si può inginocchiare dinanzi a questa dama. Dopo il ballo piano piano la vitalità acquisita grazie al corteggiamento di angelica svanisce. Anche il “ballo” dopo ad un certo punto appassisce (proprio come il gattopardo)  metafora del tempo che consuma tutto. Nelle sale c’è sempre meno gente, i pavimenti (tutti decorati) sono sporchi e sembra che ci sia qualcosa che rotola tra i danzatori (sembrano i cespugli che rotolano nel deserto). Questa macro-sequenza si regge sulla danza  la danza che è un movimento circolare, che ritorna  una delle metafore del ballo è il tempo che consuma tutto e poi ritorna al punto di partenza questo lo dà l’immagine del trenino  mentre si consuma il fatto che Concetta capisce (Concetta nel film è una proiezione del padre, sarà la prossima gattopardo  ciò che dice concetta è ciò che capisce anche il principe) com’è davvero Tancredi e se ne va. Nella stanza vuota dove ci sono Angelica e Tancredi entra il trenino che è un ballo dove uno guida e gli altri si tenevano per mano. Il trenino non ha nessuna destinazione, fa dei circoli, entra ed esce dalle stesse stanze e inizia a girare intorno ad Angelica e Tancredi che decidono di immettersi nel trenino, si immettono nella sequela che è il consumo del tempo. Il principe intanto è andato in bagno e un certo punto vede una porta semiaperta dove nella penombra si vedono i vasi da notte, riccamente decorati, con l’urina ancora al loro interno  è un presagio di morte (uno dei tanti come abbiamo visto) del principe e sta a simboleggiare l’appassire di quel cerimoniale sfarzoso. Un altro elemento che prepara il finale è il fatto che Tancredi si mette a cercare il principe e lo sta cercando perché l’ha perso ormai in tutti i sensi, non solo fisicamente. Quando lo trova il principe annuncia di voler tornare a casa (il ballo dura da tutta la notte) a piedi (non si sente molto bene e vuole schiarirsi le idee) e quindi di far chiamare la carrozza solo per Stelluccia e il resto della famiglia  Tancredi inizia una conversazione con lo zio che però viene interrotta dallo stesso nipote che si gira a parlare con altre persone. Il principe quindi si veste e si avvia verso l’uscita senza salutare il nipote che quando se ne accorge e lo nota tra la folla non lo insegue per salutarlo nemmeno lui . Don Fabrizio quindi si avvia verso casa (anche verso la morte)  nella scena all’esterno c’è la morte del principe.  i presagi di morte continuano con la scena dell’estrema unzione che incontra nel suo cammino nel quartiere degradato e il suono delle campane a morte  lui si inginocchia per poi avviarsi un vicolo buio. Visconti ci fa capire che il principe muore tramite una ripresa da sotto un arco che inquadra la figura del principe sparire piano piano nel vicolo (il principe scompare nell’ombra della morte) in cui ad un certo punto si vedono solo i guanti e la sciarpa bianca del gattopardo e un lumino tremolante mentre arriva l’alba  dopo poco scompaiono anche quegli elementi bianchi del gattopardo e appare la parola “fine” incorniciata dal muro. La frase finale detta da Don Fabrizio non è uguale al romanzo, ma c’è un motivo.
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