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Analisi del testo de "la coscienza di Zeno" di Italo Svevo, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Il documento effettua un'analisi del testo de "La Coscienza di Zeno" in 10 punti, analizzando la trama, il tema dell'"inetto" e i personaggi del romanzo e mettendoli in relazione con il contesto storico culturale dell'autore. Inoltre, si effettua una comparazione con altri autori dell'epoca, come D'Annunzio e Pirandello.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2020/2021

In vendita dal 05/07/2023

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Scarica Analisi del testo de "la coscienza di Zeno" di Italo Svevo e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! Elena Casolaro classe VA a.s. 2020/2021 analisi del testo la coscienza di Zeno 1) Il romanzo La coscienza di Zeno si apre con una prefazione in cui il dottor S., psicanalista del protagonista, parla in prima persona. In questo modo Svevo, l’autore, svela l’espediente letterario che dà inizio al romanzo, infatti una gran parte del racconto è costituita dall’autobiografia che lo psicanalista induce Zeno, ormai vecchio, a scrivere come strumento terapeutico. Possiamo pensare che dietro la figura del dottor S. si nasconda Sigmund Freud, data la comunanza dell’iniziale del nome. Il fondatore della psicoanalisi ebbe sicuramente grande influenza su Italo Svevo, determinando il suo passaggio alla scrittura di un romanzo che ha il suo centro nell’analisi psicologica del personaggio protagonista e giunge a configurarsi come un’autobiografia aperta. Infatti, è lo stesso Zeno il narratore della propria storia, e usa il monologo interiore per riportare commenti e giudizi sul proprio presente e sul proprio passato. Nonostante questa grande influenza, tuttavia, sappiamo che Italo Svevo ebbe un rapporto anche problematico con la psicoanalisi: lo scrittore apprezzava molto questa nuova scienza come strumento conoscitivo che gli permetteva di addentrarsi nei meandri della psiche profonda umana e gli forniva prezioso materiale per la sua letteratura, ma non riconosceva la psicoanalisi come strumento terapeutico. Secondo altre interpretazioni dietro il dottor S. si celerebbe Edoardo Weiss, analista triestino allievo di Freud che ha introdotto la psicoanalisi in Italia. 2) Zeno Cosini soffre di una malattia che è la nevrosi, e si identifica con tutti i sintomi dell’inettitudine del protagonista, ovvero la sua profonda incapacità di realizzare e portare a termine il suo progetto di vita, di integrarsi con i valori del mondo in cui vive. La nevrosi condiziona profondamente la vita del protagonista, impedendogli di portare a termine gli studi, di dedicarsi a qualsivoglia attività seria e di prendere decisioni. L’azione di Zeno, durante tutto il romanzo, è risultato di impulsi inconsci aggrovigliati tra di loro e motivazioni spesso opposte a quelle che lui stesso dichiara. Zeno attribuisce la colpa di questa sua inadeguatezza al vizio del fumo, di cui egli cerca continuamente e inutilmente di liberarsi, perchè crede che solo così riuscirà a sconfiggere la sua malattia e giungere alla salute, non tanto fisica quanto morale e sociale. Ormai anziano, Zeno decide di sottomettersi alla cura psicoanalitica presso il dottor S., che gli propone innanzitutto di riportare alla mente i propri ricordi scrivendo un’autobiografia. Questa avrebbe dovuto essere una fase preliminare della terapia, che avrebbe favorito la cura vera e propria, ma Zeno non conclude mai il suo percorso con lo psicanalista. Infatti, il protagonista decide di interrompere la terapia poiché poco dopo lo scoppio della guerra i suoi affari hanno un successo insperato, che lo sottrae all’inerzia e all’inettitudine che avevano caratterizzato tutta la sua esistenza. Questo dona a Zeno illusoria salute, che si identifica con il successo nel mondo borghese: ma è chiaro che il trionfo con cui annuncia la sua guarigione è del tutto ironico, infatti il guadagno commerciale è frutto di circostanze puramente casuali e che non hanno nulla a che vedere con l’abilità del commerciante (l’innalzamento del prezzo di alcuni prodotti dovuto alla situazione bellica), e alla fine della guerra Zeno compirà speculazioni sbagliate che lo porteranno alla perdita di tutto il patrimonio acquisito. Quest’episodio è quindi solo il segno della volontà di rivalsa di Zeno sul padre, che non lo aveva ritenuto in grado di gestire il patrimonio familiare e aveva consegnato gli affari all'amministratore Olivi; e simboleggia anche il sogno infantile di onnipotenza del protagonista, che ha totale e immotivata fiducia nelle proprie competenze commerciali. La cura non ha dunque nessun esito, dato che il paziente si autoconvince della propria guarigione e tenta di autogiustificarsi e autoingannarsi all’interno di tutta l’autobiografia. 3) Il dottor S. decide appunto di pubblicare l’autobiografia di Zeno come vendetta perché quest’ultimo ha deciso di interrompere la terapia, sottraendogli i preziosi risultati dell’indagine psicoanalitica. Si dichiara tuttavia disponibile a dividere i futuri cospicui guadagni derivanti dalla pubblicazione di queste memorie, a patto che il paziente si renda disponibile a riprendere la terapia. Con questo atto il medico si configura come personaggio vendicativo e di discutibile etica professionale, giustificando in parte la decisione di Zeno di abbandonare la cura, non avendone compreso l’efficacia. Inoltre sente il bisogno di giustificarsi con gli studiosi di psicoanalisi per aver usato tale metodo poco ortodosso (la stesura delle memorie) e questo è un altro elemento che caratterizza il medico come inaffidabile e poco attendibile. 4) Il dottore esprime un giudizio ironico sul racconto del paziente, insistendo sul fatto che esso contenga grandi quantità di bugie rispetto alle informazioni veritiere. Si legge infatti nella prefazione: “Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie ch’egli ha qui accumulate” (rr. 14-16). Questo giudizio, che viene espresso già in posizione iniziale all’interno del romanzo, insieme all’univocità della voce narrante, toglie al lettore qualsiasi punto di riferimento fisso e consegna tutto il romanzo a una prospettiva di ambiguità: non si ha mai la certezza che quello che viene detto sia vero o sia falso. 5) Il narratore nel passo riportato è lo stesso dottor S., si ha focalizzazione interna e le informazioni riportate corrispondono a quelle in possesso del personaggio: non si ha dunque narratore onnisciente. Dunque il narratore di questo passo non corrisponde a quello di tutto il romanzo, che è Zeno, lo stesso protagonista. Egli si esprime in prima persona sui fatti che lo riguardano, e questo rappresenta un importante punto di discontinuità de La coscienza di Zeno rispetto ai due precedenti romanzi dell’autore. In Una Vita e Senilità, appunto, il narratore era eterodiegetico e questo era funzionale all’espressione dei giudizi negativi di Svevo sui protagonisti Alfonso Nitti ed Emilio Brentani. Zeno Cosini invece non è un protagonista del tutto negativo, perchè l’orizzonte dell’autore si è adesso ampliato a contemplare l’inettitudine come disponibilità al mutamento La rappresentazione di questa figura è comune alle tre opere principali di Italo Svevo: infatti Alfonso Nitti, protagonista di Una vita (che Svevo avrebbe voluto appunto intitolare Un inetto), è un intellettuale piccolo borghese che svolge un lavoro poco gratificante e non riesce ad identificarsi con il tipo di successo nella società borghese, quindi si crea una realtà consolatoria all’interno del mondo letterario. Allo stesso modo, Emilio Brentani (protagonista di Senilità) è un personaggio debole, che è terrorizzato dall’affrontare la realtà e dunque galleggia all’interno di un’esistenza prudente, al riparo da qualsiasi sfida ma anche da qualsiasi gioia. Di Zeno Cosini, ultimo grande inetto sveviano, abbiamo già parlato. La rappresentazione dell’inetto si ritrova tuttavia in numerose altre opere di questo periodo. Ne Il piacere di D’Annunzio il protagonista Andrea Sperelli è un uomo dalla volontà molto debole, distrutto dai valori dell’estetismo. La sua inettitudine si esplicita nel suo essere diviso tra due figure femminili, la femme fatale e la donna angelica. Egli usa quest’ultima come sostituta della prima, che lo rifiuta, ma finisce per tradire la sua menzogna con la donna angelica e rimane solo, allontanato da entrambe. Anche Giorgio Aurispa, personaggio principale de Il Trionfo della morte, è una figura che riversa sulla sua donna, Ippolita Sanzio, tutti i propri mali. Ma questa è solo una maschera che cela la vera radice dell’inettitudine di Giorgio, ovvero il conflitto con il padre e la nevrosi familiare: e il romanzo termina con il suicidio del protagonista. L’inetto è una figura chiave anche nella narrativa pirandelliana: Mattia Pascal è un personaggio angosciato e insoddisfatto della sua vita che cerca di cambiarla scegliendo di fingersi morto e di cambiare identità. In questa sua dimensione di scelta Mattia fa un passo avanti rispetto ad altre figure, completamente relegate all’inattività e all’incapacità di scegliere; tuttavia rimarrà frustrato accorgendosi che senza essere riconosciuto dagli altri non può trovare un posto nella società ma si limita a esserne vittima. Per passare alla letteratura straniera, Svevo nel suo Profilo autobiografico cita il romanziere russo Turgheniev, creatore del personaggio dell’“uomo superfluo”, ricorrente nei suoi romanzi e che dà il titolo ad un racconto del 1850, il Diario di un uomo superfluo, in cui il protagonista, Cjulkaturin, così spiega la propria condizione: “La natura, si vede, non aveva contato sulla mia comparsa e di conseguenza mi ha trattato come un ospite inatteso e non invitato…Durante tutta la mia vita ho sempre trovato il mio posto occupato, forse perché cercavo il mio posto non là dove avrei dovuto cercarlo.”; e per citare Rudin, nel romanzo del 1856 che da lui prende il nome: “Mi manca… nemmeno io so dire che cosa mi manca… mi manca probabilmente proprio quella qualità che ci fa capaci di muovere i cuori degli uomini e di impadronirsi del cuore di una donna.” Si vede perciò come la galleria di inetti presenti nei romanzi di Turgheniev sia affine ai personaggi sveviani. Anche L’idiota dostoevskijiano è un personaggio profondamente diverso, incapace di uscire dalla sua infantile ingenuità e rendersi conto della malvagità del mondo. Dunque, qui il protagonista Myskin è come un extraterrestre che non ha niente a che vedere con il mondo in cui vive ed è considerato un idiota dalla società, che lo guarda con stupore e ironia. A differenza sua, l’inetto sveviano appartiene alla società in cui vive, è inetto perché vorrebbe essere come gli altri e non ci riesce a causa del suo eccesso di riflessione che paralizza l’azione. Kafka nel suo romanzo Le Metamorfosi porta la figura dell’inetto alle sue conseguenze estreme, spingendola nel mondo del fantastico e del paranormale. Gregor Samsa ha un rapporto di costante opposizione con la realtà, e una mattina si sveglia nel suo letto trasformato in un gigantesco scarafaggio. Questa rappresentazione kafkiana rende vividamente tutto il dramma di chi è escluso dalla società e disprezza se stesso, traducendolo nel disagio di un uomo trasformato in insetto, che non ha il coraggio di commettere nessun atto negativo ma ha comunque il terrore di essere punito, e finisce per essere ucciso, per sbaglio o di proposito, dalla sua stessa sorella. Concludo tornando alla letteratura italiana: Giovanni Pascoli ha una struttura psicologica estremamente fragile, provata dai gravi traumi subiti in età infantile. Il poeta cerca nel “nido” familiare un riparo dal mondo esterno, che gli appare ostile e pieno di pericoli, questo gli impedisce di stabilire relazioni sentimentali, che egli vede come un tradimento nei confronti degli affetti familiari. Pascoli ha un profondo desiderio di esercitare la funzione del padre in un vero “nido”, ma questo gli è reso impossibile dalla sua visione dei rapporto amorosi, che vede appunto come qualcosa di misterioso e torbido, da guardare da una debita distanza di sicurezza. Credo che questo profondo disagio di cui fa esperienza il poeta nella sua esperienza di vita, pur non connotandolo come inetto a tutti gli effetti, possa avere dei punti di contatto con le caratteristiche dell’inetto individuate in precedenza all’interno della letteratura italiana e straniera.
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