Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Analisi del testo del testo narrativo, Appunti di Italiano

Contenuti approfonditi in modo esaustivo

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 14/02/2023

battista-nicolinaflora
battista-nicolinaflora 🇮🇹

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi del testo del testo narrativo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! ANALISI DEL TESTO: NESSUN NOME Nessun nome è tratto da Uno, nessuno e centomila, avviato sin dal 1909 ma portato a termine molto più tardi, e pubblicato nel biennio 1925-26. Anche in questo romanzo come nel fu Mattia Pascal, al centro del romanzo si colloca il problema dell’identità. Nessun nome rappresenta la pagina che conclude il romanzo. Alla base della visione pirandelliana vi è una concezione vitalistica cioè tutta la realtà è “vita”. Tutto ciò che si stacca da questo flusso per assumere una “forma individuale” si irrigidisce, comincia a morire. La stessa cosa avviene per l’identità personale dell’uomo. Anche noi, infatti, siamo una parte indistinta nell’”universale ed eterno fluire” della “vita”, ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali. Noi crediamo di essere “uno” per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda della visione di chi ci guarda. Ciascuna di queste “forme” è una costruzione fittizia, una “maschera” che noi stessi ci imponiamo e che ci impone il contesto sociale. Sotto questa maschera c’è un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne trasformazione. Questa teoria della frantumazione dell’io in un fluire continuo di stati incoerenti fa sì che entri in crisi sia l’idea di una realtà oggettiva, definita, ordinata, sia quella di un soggetto forte, unitario, coerente. L’io sì disgrega, la sua consistenza si sfalda, il naufragio di tutte le certezze. In questo periodo, si affermano nella società alcune tendenze spersonalizzanti che favoriscono la disgregazione dell’identità personale: l’istaurarsi del capitale monopolistico, che annulla l’iniziativa individuale; l’espandersi della grande industria e dell’uso delle macchine, che meccanizzano l’esistenza dell’uomo e riducono il singolo. La presa di coscienza di questa inconsistenza dell’io suscita nei personaggi pirandelliani smarrimento e dolore e genera un senso di solitudine tremenda. Queste forme sono sentite come una trappola; Pirandello ha un senso acutissimo della crudeltà che domina i rapporti sociali. La società gli appare come “un’enorme pupazzata”. La base di tutta l’opera pirandelliana si può scorgere in un netto rifiuto delle forme della vita sociale, dei ruoli che essa impone, un bisogno disperato di autenticità, di immediatezza, di spontaneità vitale. Pirandello è acutissimo nel cogliere il carattere opprimente dell’ambiente familiare, il grigiore. L’altra trappola è quella economica, costituita dalla condizione sociale e dal lavoro, lavori monotoni e frustranti, di un’organizzazione gerarchica oppressiva. Per Pirandello non esiste una via d’uscita da questa trappola: il suo radicale pessimismo non gli consente di concepire la possibilità che altre forme di società diverse e meno oppressive si possano realizzare in futuro, spingendolo così a condannare la società. L’unica via di relativa salvezza che concede ai suoi eroi è la fuga nell’irrazionale, nell’immaginazione che trasporta verso un altrove. Secondo queste teorie la realtà non si può fissare attraverso schemi o principi ordinatori di validità assoluta. Inoltre la realtà e multiforme, non esiste una prospettiva privilegiata da cui osservarla; al contrario le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti. Caratteristico della visione pirandelliana è dunque un radicale relativismo conoscitivo: non si dà una verità oggettiva, ognuno ha la sua verità. Nascono così le operi più importanti di Pirandello. Nessun nome rappresenta la pagina che conclude il romanzo Uno, nessuno e centomila. La narrazione si apre in un'aula di tribunale, in cui Vitangelo Moscarda è invitato a deporre a favore di Anna Rosa. Si presenta lì, con abiti bizzarri e con un aspetto piuttosto trasandato, che a suo dire favorì l'assoluzione della donna. Dal momento in cui viene chiamato inizia una lunga dissertazione sulla futilità del nome. Infatti lo stesso Vitangelo, nonostante tutti lo nominassero ancora "Moscarda" giunge alla conclusione di non riconoscersi in tale cognome. Riconosce che gli uomini della sua civiltà hanno collegato al concetto di nome, l'essenza della cosa stessa, e ribatte che per lui non è così. II protagonista è convinto che il nome si addice solo ai morti in quanto sulle epigrafi funerarie compare solo il nome, e la foto della persona a cui tale nome si attribuisce Vitangelo non si sente morto, e da tale non riconosce alcun nome, oggi vuole nascere albero, domani libro o vento, (non si riconosce in nulla praticamente). La narrazione continua con toni via, via sempre più pessimistici. Vitangelo descrive il paesaggio che circonda il suo ospizio un posto amenissimo, circondato da estrema tranquillità in cui lui tuttavia muore giorno dopo giorno. Il suo compito infatti è quello di rinascere attimo per attimo, evitare che il suo pensiero gli rinfacci l'amara realtà, e reincarnarsi non in sé stesso, ma in ogni altra cosa. I personaggi principali di quest’opera sono Moscarda e Anna Rosa. Il protagonista Vitangelo Moscarda, infatti, può essere considerato come uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, e sicuramente quello con maggior autoconsapevolezza. Vitangelo Moscarda è dapprima inconsapevole e impacciato, prigioniero delle opinioni altrui, poi sempre più consapevole e determinato a cercare l'autenticità spirituale dell'esistenza, fino all'affrancamento finale da tutte "le rabbie del mondo". In questo scenario trova spazio l'umorismo di Luigi Pirandello come modalità di racconto ideale per esprimere la non coincidenza tra l'Io percepito dal soggetto e quello stesso Io interpretato dagli altri. È lo stesso Moscarda a raccontare la sua esperienza, spesso rivolgendosi al lettore come in una conversazione più o meno confidenziale, attraverso una struttura sintattica che sembra prediligere un lessico quotidiano. Vitangelo Moscarda è un uomo di ventotto anni, figlio di un banchiere con taccia di usuraio dal quale eredita la banca. Un giorno, grazie alla moglie si accorge che il suo naso pende verso destra, incomincia a percorrere un viaggio scoprendo ogni giorno che passa di non essere, per gli altri, quello che crede di essere. Cercherà per tutto il libro di distruggere le molte immagini che gli altri vedono di lui, fino a diventare aria, vento, puro spirito. Nel testo viene descritto ormai come un povero vecchietto, barbuto e sorridente, con gli zoccoli e il camiciotto turchino. Anna Rosa viene solo citata ma sappiamo che è una donna di venticinque anni, inizialmente amica di Dida. Inizialmente sembra un personaggio secondario, ma con l'incedere del racconto acquisisce sempre maggior importanza. Cerca di aiutare Vitangelo a seguire il suo intento di purificazione, anche se nella sua borsetta c'è un'enigmatica "rivoltella" che per due volte fa fuoco in circostanze misteriose. Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo pirandelliano, viene pubblicato nel 1925, dopo una lunga gestazione. Pirandello vi stava lavorando già da circa quindici anni, alternando la stesura dell’opera all’attività di autore teatrale. La lunga elaborazione di Uno nessuno centomila vede la pubblicazione di alcuni brani nel 1915 e la prima edizione completa sulla rivista “La fiera letteraria” tra il dicembre 1925 e il giugno 1926. È ambientato a Richieri, in Sicilia. Nessun nome rivela dal punto di vista formale soluzioni innovative e l’influsso dell’attività teatrale di Pirandello. La narrazione, come nel Fu Mattia Pascal è retrospettiva (i fatti sono già accaduti nel momento in cui viene narrata la storia) e condotta dal punto di vista soggettivo e parziale del protagonista (narratore “inattendibile”). È un monologo in cui vi è un richiamo frequente ad un interlocutore immaginario, chiamato in causa in qualità di testimone e giudice. Con quest’opera Pirandello porta alle estreme conseguenze la destrutturazione delle forme narrative tradizionali, è una specie di anti-romanzo, in cui una voce narrante, riflette tra sé e sé, dissolvendo la tradizionale concatenazione dei fatti, non c’è una trama vera e propria e si salta frequentemente da un tema all’altro. La conclusione di Uno, nessuno e centomila rappresenta il punto più alto della critica al concetto di identità individuale, che è uno dei filoni centrali dell'opera pirandelliana. Mattia Pascal, come si ricorderà, dopo aver commesso due fondamentali errori (essersi dato una nuova identità fittizia dopo la liberazione dalla «trappola» ed aver poi cercato di rientrare nella vecchia identità abbandonata), assumeva coscienza dell'impossibilità dell'identità individuale, però si arrestava al momento negativo, si limitava ad affermare: «lo non saprei proprio dire ch'io mi sia». Distruggeva l'identità, ma non proponeva un’alternativa. Restava cioè in una fase di transizione, provvisoria. Tale era anche la sua condizione esistenziale, sospesa in un vuoto assoluto, priva di contatti con la realtà. La condizione puramente negativa era testimoniata anche dal suo rapporto col nome: l'eroe, non avendo alternative da proporre, restava ancora legato al suo nome, sia pure solo come termine di riferimento negativo, preceduto da quella sorta di segno "meno" che era la particella «fu»: «lo sono il fu Mattia Pascal. Vitangelo Moscarda, invece, va più a fondo nelle sue scelte, vede in definitiva più chiaro. Non si limita a confessare di non sapere chi sia, ma afferma deliberatamente di non voler più essere nessuno, di rifiutare totalmente ogni identità individuale. Rifiuta cioè di chiudersi in qualsiasi forma parziale e convenzionale e accetta di sprofondare nel fluire mutevole della «vita», morendo e rinascendo in ogni attimo, identificandosi con le presenze esterne, senza poter più dire «io». Per questo arriva a negare anche il proprio nome, che è il segno dell'assurdo tentativo di arrestare il flusso della «vita» e fissarla nella «forma» dell'individualità singola. Questo vivere di attimo in attimo, in una perenne mutazione, è una condizione esaltante, gioiosa. Se la conclusione del Fu Mattia Pascal era solo negativa e provvisoria, Uno, nessuno e centomila propone un messaggio che vuol essere positivo, esemplare, un vero e proprio insegnamento di vita. È un'alternativa radicale alle convenzioni false e vuote della vita sociale. L'eroe se n'è totalmente liberato. Anche eroi come
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved