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Analisi del testo sonetto “Così gl’interi giorni in lungo incerto sonno gemo” di Foscolo, Prove d'esame di Italiano

Analisi del testo del sonetto “Così gl’interi giorni in lungo incerto sonno gemo” di Foscolo. Liceo delle Scienze Umane.

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020

Caricato il 19/01/2022

evacelestini
evacelestini 🇮🇹

4.3

(19)

22 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi del testo sonetto “Così gl’interi giorni in lungo incerto sonno gemo” di Foscolo e più Prove d'esame in PDF di Italiano solo su Docsity! Traccia n.1 Comprensione. Il sonetto “Così gl’interi giorni in lungo incerto sonno gemo” di Foscolo, narra in primis come il poeta passa la giornata, ovvero lamentandosi e stando in una condizione perenne di sonnolenza, ma quando scende la notte, inizia a vagabondare per i boschi, lontano dalle altre persone. Qui Foscolo ripensa a quelle che chiama “le ferite” della sua vita, perciò tutto ciò che gli ha arrecato dolore durante gli anni, ovvero la sorte a lui avversa, il mondo e l’amore. Pensa tra sé e sé, appoggiato su un tronco o sdraiato, riflettendo sulle sue turbe e alle sue ferite. Alla fine della poesia, si rivolge alla sua amata, il quale pensiero lo solleva dalle brutture del mondo, facendogli chiedere però perché si nasconde a lui, ovvero perché lei non lo ama come lui fa. Analisi retorico-stilistica. La poesia è un sonetto, composto perciò da 14 versi divisi in due quartine e due terzine, con schema ABBA ABBA CDE CED. È una composizione ricca di enjabement, che troviamo alla fine del verso 1, 2, 6, 12, i quali cambiano il ritmo della poesia la quale si presenta come un monologo interiore del poeta che si apre con l’avverbio “così”. Nel terzo verso c’è l’allitterazione della C in “ciel chiama”. A cavallo tra il secondo e il terzo verso possiamo trovare la personificazione della notte, definita “bruna”. Nel quarto verso è presente “aer”, un latinismo, e ne troviamo un altro al settimo verso ossia “rea”, aggettivo riferito negativamente alla fortuna. Nel quinto verso è presente l’allitterazione della P in “Piano più”, che troviamo anche nel settimo verso in “Palpo le piaghe”. Alla fine del settimo verso e all’inizio dell’ottavo, “la rea fortuna, e amore, e il mondo” corrisponde a un polisindeto dove le cause della sofferenza di Foscolo vengo sottolineate assieme al suo dolore, teatralizzato, grazie alla loro elencazione tramite ripetizione della congiunzione “e”. Troviamo varie anastrofi nel testo: al secondo verso “sonno gemo” e al terzo “gli astri nel ciel chiama”, dove è presente anche un’altra personificazione della notte in quanto “chiama” gli astri e la luna. Discorso analogo può essere fatto con l’ottavo verso, il quale contiene un’anastrofe, “hanno il mio core aperto”, riferita alle cause della sofferenza del poeta, personificate in quanto gli “aprono” il cuore, e introdotte al lettore come “piaghe onde”. Nell’ultima terzina troviamo la ripetizione quadrupla della donna, a cui Foscolo si appella con “per te”, “a te”, “donna”, e “luce degli occhi miei”. Quest’ultima, ossia “luce degli occhi miei”, è una metafora con la quale Foscolo si riferisce alla sua amata che probabilmente è Isabella Roncioni, donna già promessa sposa ad un altro uomo. Alla metafora viene aggiunta anche un’anastrofe, cioè “occhi miei”. La sitassi del componimento può essere divisa in due: le quartine hanno coordinazione prevalentemente paratattica, caratteristica che cambia nelle terzine, coordinate tramite ipotassi. Interpretazione. Nell’ultima terzina il poeta fa nuovamente riferimento alle cause del suo dolore, con le parole “le mortali ire, e il destino”, dove la prima è negativamente connotata da “mortali” mentre la secondo non lo è, proprio come ha fatto nei versi 7-8, riferendosi a “rea fortuna” e “il mondo”. Possiamo affermare che il dolore di Foscolo viene in un certo senso “teatralizzato”, in quanto il poeta ci da modo di immaginarlo nelle varie scansioni della sua giornata. Inizialmente , durante tutto il giorno, mentre si trascina lamentandosi, privo di vitalità, fino a che la sera esce rifugiandosi nella solitudine dei boschi, sempre in uno stato di atterrimento, dato dal suo struggersi e delirare pensando alle cause del suo dolore. Situazione che cambia, nel momento in cui Foscolo inizia a pensare all’amata, trovando riparo dimenticandosi per un po’ delle sue afflizioni quotidiane. Scena che termina con il rimpianto di non poterla avere accanto a sé, sentimento che culmina nell’ultimo verso del sonetto, con una domanda: “luce degli occhi miei chi mi t’asconde?”. Il tema della sera, dove Foscolo si rifugia come per cercare dei momenti di quiete che non ha durante il giorno, afflitto dai suoi problemi quotidiani, lo ritroviamo nel sonetto “Alla Sera”, cui tema centrale è proprio la tranquillità che il poeta raggiunge, desiderandola e temendola allo stesso tempo, una volta finito il giorno, affiancandolo alla morte. In quest’ultimo sonetto non si riferisce alla donna amata, pensandola e desiderandola, bensì è come se parlasse proprio con la sera, ottenendo un momento di pace grazie all’annullamento solo momentaneo delle sue passioni. In entrambe le poesie troviamo però la condanna al giorno, la quale, in “Alla sera” viene definito come “reo tempo” che una volta giunto al termine, porta con sé le torme, perciò le angosce del poeta, nella quale egli si consuma. Un punto d’incontro tra le due poesie è però dato dall’unione di alcune peculiarità neoclassiche ed altre romantiche, entrambe infatti contengono: - l’equilibrio neoclassico, che possiamo riscontrate nella metrica e sintassi rigorosa e armonica
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