Scarica Analisi del testo tratto da 'La coscienza di Zeno' di Italo Svevo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO Italo Svevo, da La coscienza di Zeno, 1923. Il testo proposto è tratto da “La coscienza di Zeno”, famoso romanzo novecentesco di Italo Svevo. Il passo proviene dal Preambolo e il protagonista, nonché voce narrante, Zeno Cosini ha il compito di vedere la propria infanzia attraverso i ricordi e i sogni. Gli è stato infatti proposto dal dottor S. di sforzare la memoria per guardare al passato, e soprattutto ai sogni avvenuti la sera prima poiché, secondo i principi della psicoanalisi freudiana, sono importanti per conoscere l'inconscio del paziente; Zeno stesso dice di aver letto un trattato di psicoanalisi e di averlo trovato noioso. Seguendo i pensieri dell'io narrante, quest’ultimo dice di essere sdraiato su una poltrona dopo pranzo, con carta e matita in mano; sta cercando di liberare la mente e concentrare il pensiero, per non lasciare che il presente offuschi il passato. Il protagonista dice di averci provato già il giorno precedente, addormentandosi durante l'esperimento, poiché quest’ultimo è da svolgere in dormiveglia. Nell’oggi in cui Zeno narra, però, riesce nel suo intento e vede prima l’immagine di una locomotiva che sbuffa su una salita, e in seguito quella di un bambino in fasce. Zeno però è scettico, esattamente come lo era dopo aver letto nel trattato che con questa tecnica si può vedere la prima infanzia, e crede che il bambino in questione sia il figlio neonato di sua cognata. Da qui parte un dialogo interiore in cui l’io narrante immagina di starsi rivolgendo al bambino, ignaro dell'importanza che ha ricordarsi dell'infanzia che sta per vivere e del fatto che il suo inconscio sta investigando per portarlo alla scoperta del piacere e del dolore. Questi pensieri sfociano in una negativa conclusione: i minuti del neonato sono momentaneamente puri, e alte sono le sue possibilità di malattia. Alla fine del testo proposto Zeno si rende conto di aver spaziato troppo con i pensieri e di aver quindi fallito l'esperimento, e promette di riprovare il giorno dopo. Dal testo si evincono molte informazioni riguardo il personaggio di Zeno Cosini: è in cura da un dottore -di cui non fa il nome- a Trieste, che sta provando a curarlo con la psicoanalisi. Quest'ultima viene vista come noiosa dal protagonista, sulla quale legge un trattato, e in generale dal testo è resa palese la sfiducia che mostra nei confronti della tecnica, come se fosse assurda e inefficace. Questa sfiducia è la stessa che egli nutre nei confronti della sua guarigione, verso la quale si pone in modo passivo e negativo. Nella sequenza riflessiva finale, anzi, Zeno dice chiaramente che ogni neonato ha possibilità di sviluppare una malattia, semplicemente attraverso il normale processo di crescita: il narratore sta probabilmente facendo riferimento alle teorie della psicosessualità di Freud. Secondo queste, infatti, i complessi che si manifestano durante le varie fasi possono risultare irrisolti e generare una malattia; è ciò che è successo al personaggio di Zeno, al quale viene diagnosticato un complesso di Edipo. Inoltre Zeno precisa che il neonato ha maggiore possibilità di sviluppare malattie essendo cresciuto dai suoi stessi familiari, che lo hanno portato alla nevrosi. Questo complesso è reso palese se si presta attenzione, alla luce dell’intero romanzo, alla prima immagine che Zeno vede durante l'esperimento, ossia quella della locomotiva. Nel capitolo della morte del padre, c'è un altro riferimento a questo mezzo di trasporto, ossia quando il protagonista paragona il respiro pesante del padre malato ad una locomotiva che trascina dei vagoni su per una salita. Si può quindi dire che l’immagine che balza per prima nella sua mente non è affatto casuale come Zeno la considera - e si domanda fortemente sul perché - ma è ben precisa, come a significare che l’inizio e la chiave della sua malattia è proprio da trovarsi nel complicato rapporto con il padre. Il testo proposto è di tipo principalmente riflessivo e a tratti descrittivo; esso segue i pensieri del protagonista Zeno Cosini, che è l’io narrante in prima persona. Seguendo la dimensione incostante e imprecisa dei pensieri, la narrazione risulta spezzettata e non segue un ordine cronologico, bensì alterna tra passato e presente, e il suo ritmo varia da lento a incalzante. Importante sono gli interrogativi e le affermazioni che Zeno pone a se stesso, e immagina di porre al bimbo neonato, come se questo fosse una proiezione della sua infanzia, oggetto da analizzare e interpretare per la guarigione. Complessivamente, possiamo dire che il testo proposto presenta molti elementi tipici del romanzo, come le parole chiave quali “pensiero”, “immaginazione”, “sogno”, “infanzia”, »a na “sensazione”, “piacere”, “dolore”, “malattia”. Gli elementi sopracitati sono completamente in linea con il pensiero e la poetica di Svevo, sia dal punto di vista stilistico che narrativo. Da precisare è anche l’ironia presente nel linguaggio, che corrisponde alla visione scettica di Zeno, che quasi non riesce a prendere seriamente la psicoanalisi e se ne fa beffa. Il lessico è semplice e scorrevole, se non per le pause volute dall'autore per comunicare il senso di repentinità e variabilità dei pensieri del protagonista. | periodi sono brevi e prediligono la paratassi, con l’utilizzo di preposizioni interrogative ed esclamative, utilizzate per enfatizzare determinati concetti. E sono proprio questi elementi a caratterizzare il romanzo psicologico del novecento, che sfrutta largamente il tipo di narrazione in prima persona, tecniche stilistiche quali monologo e flusso di coscienza e l'assenza di un ordine cronologico e logico. E le somiglianze non sono solo sulla forma e la struttura del romanzo, ma anche nei suoi contenuti: il romanzo del ‘900 presta particolare attenzione al pensiero, ai sentimenti e alla dimensione interiore dei personaggi. Anche D'Annunzio pone al centro del suo romanzo “Il Piacere” non tanto la vicenda -oltretutto molto semplice e lineare- ma il modo in cui il protagonista Andrea Sperelli vive gli accaduti, gravando sulla sua essenza egoista, narcisista e di debole moralità; il tema dell’inevitabile fallimento, è quindi causato in entrambi i romanzi dal comportamento dei protagonisti, e anche nell'opera dannunziana la narrazione è complessa e si svolge attraverso un flashback. La differenza sta nella forma dei due scritti, poiché D'Annunzio utilizza uno stile lessicale molto più prezioso e letterario di quello utilizzato da Svevo, che risulta “imperfetto”. Il tema del fallimento è ripreso anche da Verga nei Malavoglia, raccontando l’inevitabile disgregazione di una famiglia di pescatori, a causa degli effetti del progresso sulle classi più umili. | personaggi di Verga sono quindi “vinti” e non hanno controllo sul proprio destino, a differenza di Zeno che è sia vittima che artefice delle proprie sofferenze. Ma mentre nei romanzi di Svevo e di Joyce la resa e la sconfitta dei personaggi è data unicamente dalla loro debolezza morale, e impossibilità di vivere la società e il mondo come vorrebbero, i personaggi di Verga sono completamente impotenti e in balia della lotta per la vita. Il romanzo psicologico quindi si allontana dal romanzo verista proprio in questo, poiché si pone di narrare la lotta dei personaggi contro se stessi e non più contro il mondo e il progresso. Dal punto di vista stilistico Verga e Svevo sono molto diversi, in quanto il primo fa uso di una narrazione cronologica e dettagliata, utilizzando un narratore esterno e seguendo i punti di vista di vari personaggi.