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Analisi e digressioni a partire dalle Invenzioni, Guide, Progetti e Ricerche di Teoria e Analisi della Musica

Tesi di laurea che dibatte sul ruolo delle inventions pour guitare di Tansman nella storia della musica, proponendone un’analisi a vari livelli.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2019/2020

Caricato il 07/09/2020

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Scarica Analisi e digressioni a partire dalle Invenzioni e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Teoria e Analisi della Musica solo su Docsity! Istituto superiore di Studi Musicali Istituzione di alta formazione artistica e musicale Scuola di Chitarra Tesi di diploma accademico di I livello Analisi e digressioni a partire dalle Inventions pour guitare (Hommage à Bach) di Tansman Relatore : M° Giampaolo Bandini Correlatore : M° Pietro Rigacci Candidato: Matteo Michele Giannone anno accademico 2018-2019 INDICE INTRODUZIONE ..................................................................................................................... 4 BREVE STORIA DELLE INVENTIONS POUR GUITARE (HOMMAGE À BACH) ...................................... 7 CAPITOLO 1. ANALISI FORMALE ............................................................................................ 10 1.1 MICROSTRUTTURA ....................................................................................................................................................... 11 1.1a Passepied ................................................................................................................................................................ 11 1.1b Sarabande ............................................................................................................................................................... 17 1.1c Sicilienne ................................................................................................................................................................. 20 1.1d Toccata à deux voix ................................................................................................................................................. 21 1.1e Aria .......................................................................................................................................................................... 22 1.2 MACROSTRUTTURA ...................................................................................................................................................... 24 1.3 SUITE O INVENZIONI? ................................................................................................................................................... 28 1.4 CONCLUSIONI ................................................................................................................................................................ 31 CAPITOLO 2. TANSMAN E BACH ............................................................................................. 34 2.A UN OMAGGIO SUI GENERIS ........................................................................................................................................... 35 2.1 LE INVENZIONI DI BACH: FORMA O FORMULE? .......................................................................................................... 35 2.1a Lo stile neo-barocco delle Inventions ..................................................................................................................... 39 2.2 LE INVENZIONI DI TANSMAN: A SOURT OF FREELY CONTAMINATED MIXTURE ............................................................ 41 CAPITOLO 3. TANSMAN E STRAVINSKY ................................................................................... 44 3.1 TANSMAN E STRAVINSKY: IL MANIFESTO POETICO .................................................................................................... 44 3.2 ALEXANDRE TANSMAN E LA RESTAURAZIONE ............................................................................................................ 48 4 Introduzione Accostarsi all’opera di Alexandre Tansman è un avvicinarsi lento e graduale al mondo musi- cale (Bild-Welt) di cui fu l’artefice. La consistente produzione musicale, che realizzò a partire dagli anni ‘20 fino alla fine della sua vita, lo consacrò nel panorama dei compositori più illustri della sto- ria della musica occidentale, riservandogli uno scranno d’eccezione all’interno della storia della chitarra, per la quale, dopo il primo tentativo (la Mazurka del ‘25 scritta per Andrès Segovia), andò ad incrementarsi, intensificandosi, l’interesse già sviluppato dal primo incontro con il virtuoso di Linares. Al tempo la chitarra, in quanto strumento popolare spagnolo riferibile alla tradizione folkloristica, era recepita con sospetto dagli ambienti colti, tanto che lo stesso Tansman le si avvicinò per caso grazie alla mediazione di Segovia, come d’altronde avvenne per la maggior parte dei musicisti di quell’epoca. L’occasione fu una cena organizzata da Henry Prunières nell’ambito delle attività della Revue Musicale, di cui era direttore, dove, fra gli invitati vi erano Maurice Ravel, Albert Roussel, Florent Sch- mit e i componenti del gruppo dei Sei. Terminata la cena, Prunières pregò Segovia di esibirsi alla chitarra. Molti anni dopo, Tansman ricordava: «Mi aspettavo da un chitarrista spagnolo qualche brano di fla- menco ed invece ascoltai la ciaccona di Bach! L’interpretazione del Maestro mi sconvolse1». Segovia era ignaro del valore simbolico che Bach aveva per Tansman, in particolare la Ciaccona, un brano che 1 ALEXANDRE TANSMAN, Posthumous works for guitar, a cura di A. Gilardino e L. Biscaldi, introduzione di Frédéric Zigante, Bèrben, Ancona, 2003 Figura 1 5 ascoltò dal vivo in un concerto di Eugène Ysaӱe, in ragione del quale decise di dedicare la propria vita alla musica. L’interpretazione del chitarrista andaluso lo animò a tal punto che decise di scrivere la sum- menzionata mazurka, brano che rimarrà l’unica opera per chitarra di Tansman fino al 1945, anno in cui partorisce la sua seconda fatica chitarristica, il Concertino pour guitare et orchestre: è curioso come dalla Ciaccona, in giovane età, sia approdato alla musica e come, a partire da quello stesso capolavoro, anni più tardi abbia rivolto la sua attenzione alla chitarra, per cui, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, scrisse dei veri e propri capolavori, divenuti oramai pietre miliari del repertorio novecentesco. Da quell’episodio nacque un’imperitura amicizia che lo legò a Segovia fino alla sua morte, che avvenne nel 1986. Il repertorio chitarristico annovera fra le sue più luminose pagine delle opere prodotte dal noto compositore franco-polacco che, tutt’oggi, costituiscono gran parte dei programmi di sala e dei «quarti di cd» più frequentati. Lo scopo di questa trattazione non sarà ripercorrere a volo d’uccello la sterminata produzione dedicata alla chitarra, molta della quale recentemente riportata alla luce, né inquadrare uno stile comune sotteso ai tentativi musicali che (Tansman) talvolta rivolge allo stile romantico, talvolta a quello barocco; anche se qualche riferimento à la manière de Tansman sarà d’obbligo come coordinata del discorso, manterrà un ruolo marginale rispetto all’oggetto della discussione. Lo scopo di questo scritto sarà invece cercare di ricostruire la genesi, la tessitura e la vocazione delle Inventions pour guitare (Hommage à Bach) un brano composto durante un soggiorno vacanziero a Los Olivos, la cui forma è uno dei richiami più diretti e aperti che lo stesso Tansman rivolge al Barocco. Connettere le Inventions ai motivi culturali dell’epoca e tentare di inscriverle in un orizzonte di significato che consenta di comprenderle più a fondo sarà uno dei principi inspiratori di questo lavoro. Di particolare interesse rispetto alle Inventions sarà comprendere come Tansman ha tentato di gestire un «omaggio» a Bach, padre, se non effettivo, almeno 6 putativo della sua vita musicale. Mi pare necessario, altresì, inserire una serie di considerazioni metodo- logiche, che renderanno più agevole la comprensione della struttura di questo lavoro. Il testo sarà suddi- viso in quattro parti precedute da una breve storia delle Inventions. La prima questione da affrontare si presenta come un quesito che, a differenza degli altri, non richiede necessariamente un ricorso a fattori extramusicali (biografia, indirizzi politici ed estetici) per tracciare una risposta. L’analisi delle Invenzioni sarà in questa prima fase per così dire pura, ovvero non contaminata dalla presenza di cause o «motivi» extramusicali: la musica si darà da sola delle ragioni per essere compresa. Questo non escluderà degli accenni ad altre opere e a quello che per comodità teorica definiremo il suo «stile». La seconda questione che urge soddisfare, per chiunque voglia accostarsi a questa opera, riguarda il rapporto che le Inventions intrattengono con l’opera di Bach. Il passo successivo sarà mosso dalle conseguenti questioni, che sono frutto di questo rapporto: il rapporto che sussiste fra le Invenzioni di Tansman e le produzioni bachiane è una relazione rigida di mimesi o rappresenta un cano- vaccio formale su cui poi Tansman ha costruito sopra della musica non rigidamente legata alla prassi compositiva bachiana? Per così dire, le composizioni bachiane rappresentano per Tansman delle forme o delle formule? La terza parte tenterà invece un’interpretazione non solo musicale delle Inventions, ma cercherà di estendere l’indagine anche a livello culturale. Tutti i fattori che erano stati trascurati nella prima parte troveranno in questa sezione una trattazione più ampia: si discuterà di come quest’opera si possa concepire, di come sia da contestualizzare rispetto alle correnti culturali dell’epoca e di quanto l’estetica «neoclassica» sia più o meno congeniale alle Inventions. La quarta e ultima parte è una rifles- sione che connetterà due ambiti diversi: dalle considerazioni estetiche e musicali sulle Invenzioni si pas- serà a delle vere e proprie riflessioni filosofiche che, grazie ai mezzi della filosofia della storia e a Che cos’è l’Illuminismo? di Michel Foucault, spero possano gettare più luce sulla natura delle INVENTIONS POUR GUITARE (Hommage à Bach). Sarà, altresì, fornito al lettore del materiale suppletivo nelle ap- pendici e nell’approfondimento storico, concepito come un’appendice ragionata. 9 nella tonalità del manoscritto. Per trovare una ragione a questo cambiamento mi servirò delle parole dello stesso editore, Angelo Gilardino, che nelle notes from editor ci fornisce un’esauriente spiegazione: «In order to achieve such a result with Tansman’s music, it is often less a question of details than of replacing the music in a new, convenient general frame. For instance, the set of five Inventions is much more easily approached if transposed one major second higher, and this was what I did, without hesitation. Also, the meter of some of these works should be usefully modified, with no consequence on the substance of the music. Such a change allows a representation of three-voice polyphony in a complete way, as it appears in this edition.., and not in an approximate one, as the composer did, because of his worries of having too crowded a staff3» Nell’appendice al primo capitolo verrà fornita una copia del manoscritto. 3 TANSMAN, Posthumous works, «Al fine di ottenere un tale risultato con la musica di Tansman, spesso non si tratta di una questione di dettagli, ma di sostituire la musica in una nuova, comoda, cornice generale. Ad esempio, l'insieme di cinque Invenzioni è molto più facilmente accessibile se trasposto una seconda maggiore in alto, e questo è quello che ho fatto, senza esitazione. Inoltre, il metro di alcune di queste opere dovrebbe essere utilmente modificato, senza conseguenze sulla sostanza della musica. Tale cambiamento consente una rappresentazione della polifonia a tre voci in un modo completo, come appare in questa edizione...e non in una approssimativa, come ha fatto il compositore, a causa delle sue preoccupazioni di avere un’organizzazione troppo affollata» 10 CAPITOLO 1. Analisi Formale Ogni concetto ha un contorno irregolare, definito dalla cifra delle sue componenti. G.DELEUZE & F.GUATTARI , Che cos’è la filosofia ?, 1991. In questa sezione del testo verranno presentate le Inventions nelle loro articolazioni formali. In primo luogo, l’attenzione sarà rivolta alle singole danze che compongono l’opera. Questa analisi per così dire «individuale» delle danze sarà il primo passo da muovere in un terreno, per dirla con Wittgen- stein, «troppo scivoloso per potervici camminare»4. I propositi di questa primo approccio al brano sono la solidità e l’avvedutezza. Per garantire la stabilità di cui sopra si è parlato sarà necessario trovare degli appigli saldi a cui aggrapparsi, qualora la materia trattata sia fuggevole o poco evidente. Questi appigli saranno: l’analisi armonica e l’analisi della forma musicale. Ogni paragrafo inizierà con la definizione della danza estrapolata dal DEUMM, prece- duta da alcune definizioni storiche, e continuerà con l’analisi armonica e contrappuntistica (se dovesse essere necessaria). Il nostro interesse, dal punto di vista della microstruttura, verterà principalmente sul passepied e la sarabande proprio perché sono le danze strutturalmente più complesse; le altre danze riceveranno una trattazione più scarna dal punto di vista della microstruttura, ma occuperanno un ruolo di primo piano nell’analisi di macrostruttura. Una volta conclusa questa sezione si passeranno in rassegna i 5 movimenti in uno sguardo sinottico e si trarranno delle conclusioni. Questa sezione si prefiggerà lo scopo di rintracciare una forma musicale delle Invenzioni e di fornire il materiale adeguato per la com- parazione con l’opera bachiana. L’edizioni presa in Esame è quella sopra citata della Bèrben. 4 LUDWIG WITTGENSTEIN, Osservazioni filosofiche, a cura di Marino Rosso, Einaudi, Torino, 1999 11 1.1 Microstruttura Come sopra accennato, si procederà iniziando dall’analisi delle singole danze. 1.1a Passepied «The Passepied is in reality a very fast Minuet which does not, as the ordinary Minuet, begin on the down-beat; but whose two repeated sections begin on the third beat». (Rameau-D’Alambert)5 Definizione: «Danza cortese e di società, derivata dalla forma popolare bretone in seguito alla trasformazione da danza corale (tipo-branle) a danza a coppia in ritmo di 3/8 o di 3/4, di andamento veloce, con anacrusi di un tempo, in uso dalla metà del sec. XVI fin verso la metà del secolo XVIII. M. Praetorius (Terpsichore, 1612) avverte che il nome Passapied deriva alla danza dal fatto che in essa «si deve passare un piede sopra l’altro e quindi posarlo». Divenuta molto popolare alla corte di Luigi XIV e XV, decadde rapidamente all’inizio del secolo XIII. Danza spesso inserita nelle suite spesso inserita fra Sarabanda e Giga.» Il primo movimento è un passepied (Allegro con moto) in 4/4. La struttura tipica della danza si confonde con la tessitura contrappuntistica che fa di questo passepied un vero e proprio fugato. Il centro di gravitazione tonale del brano è mi minore, anche se in 1.2 verranno avanzate delle altre ipotesi che, tuttavia, per ora non interessano l’ambito della nostra analisi. Il tema sarà più volte esposto nell’arco dello sviluppo, assumendo un ruolo fondamentale per la costruzione formale; inizia con un accordo di mi minore che afferma la tonalità, mantenuta per le prime due battute. 5 Tutte le citazioni di autore circa le forme sono tratte da JEAN-CLAUDE VEILHAN, The Rules of Musical Interpretation in the Baroque Era, Musica Publishers, Parigi, 1977 Figura 4 14 Nel corso del suo svolgimento il passaggio a re minore è reso interessante anche da un tipo di scrittura diversa, che riduce la distanza fra le parti e conferisce al tema un sapore particolare, dato anche dalla rapida successione di bicordi di crome, quasi fosse l’accompagnamento a prevalere armonicamente. Nella battuta 9 l’esposizione del tema viene trattata con delicatezza, data dall’altezza dei suoni e dai piccoli intervalli, ma anche con vigore ritmico, conferito dalle successioni di bicordi. La sezione in mi maggiore, che si apre a battuta 10 e arriva fino a battuta 14, inizia con l’esposi- zione del tema al basso che, tuttavia, dopo essersi affermato coi primi ottavi, va a scomparire, celato da un episodio musicale molto affermativo per l’altezza dei suoni e per le voci impiegate. Questo traghetterà fino ad un episodio di passaggio (battute 12-13) con delle progressioni, prima ascendenti poi discendenti, che ci porteranno ad un’ulteriore esposizione in mi minore. A battuta 14 entra il tema in mi minore, identico alla prima esposizione, ma con una differenza: la ridu- zione drastica della distanza intervallare che, dalla solennità della prima esposizione (figura 9) confer- mata dalla indicazione dinamica, passa alla delicatezza di un’esposizione quasi dolce e espressiva. Figura 10 La differenza tra le due soluzioni è enorme soprattutto dal punto di vista timbrico e dell’agogica: l’alle- gro con moto dell’inizio viene trasformato in allegro piano ed espressivo. La sezione si conclude a battuta 15. Figura 9 15 Le battute 16 e 17 sono dei momenti di passaggio che, grazie a ritmi e progressioni armoniche, arrivano alla parte centrale del brano. A battuta 18 viene esposto il tema in la maggiore, tonalità che resterà di riferimento fino alla fine. Le battute 18 e 19 hanno il tema al basso, che viene esposto con la solennità dell’inizio, senza che nessun’altra voce lo infici in qualche maniera: tuttavia alla fine di battuta 18 entra un motivo prodotto con estratti del tema che alternerà in momenti di luce e ombra la rilevanza del tema all’interno della compagine contrappuntistica. Queste battute saranno di importanza estrema per la comprensione dell’enigmatico finale in la maggiore, che, in questa primo momento, sarà solo rilevato dalla nostra analisi, senza essere spiegato. (Nel para- grafo 1.2 se ne discuterà a proposito). La sezione che si apre a battuta 20 e termina a battuta 23 è una zona di passaggio che porterà all’esposi- zione di battuta 24 in la minore: all’interno di questa, sono usati due tipici metodi di passaggio barocchi: le progressioni cromatiche e le scale (primo impiego in tutto il brano). La sezione che va da battuta 24 fino a battuta 25 è caratterizzata da un’ambiguità armonica che sarà ri- solta sollo alla fine del brano. Dopo la chiusura in la vi è una proposta del tema in re. Figura 11 Figura 12 16 Le ultime 4 battute del brano (26-29) hanno una struttura molto simile fra loro: sono costruite su un rapporto intervallare che pian piano si riduce e al contempo si abbassa di altezza, culminando in un fi- nale in la, con terza piccarda, edificante e luminoso. Si noti la progressione cromatica discendente alla voce superiore nella penultima battuta. Le ultime considerazioni valgono in generale per l’intera tessitura del passepied e riguardano l’accordo da cui prende le mosse il tema: se l’accordo è in stato di fondamentale, il tema che ne seguirà avrà un carattere molto affermativo. Figura 13 19 Da battuta 16 a battuta 26 abbiamo una sezione in dominante, in cui verranno toccate varie tonalità. L’esposizione del tema è in dominante alla voce superiore, con uno stretto che dura fino all’entrata di battuta 21, in cui c’è una zona in re minore che a battuta 24 diventa si bemolle maggiore. Le battute 25 e 26 portano alla zona in sol minore che verrà costruita in maniera simile alla zona in mi minore: ·27→31 esposizione in sol minore del tema alla voce superiore. ·32→35 esposizione alla voce inferiore. ·36→40 esposizione del tema nella voce intermedia. Caratteristica di questa zona è la tecnica che Tansman utilizza per costruire un crescendo. Nella parte in mi minore le tre entrate avevano lo stesso schema delle entrate nella parte in sol minore: voce superiore, voce inferiore e voce intermedia. Nella sezione in sol utilizza questo espediente per creare un grande crescendo, che parte da battuta 26 e arriva a 36, utilizzando le voci come ausilio della dinamica. Le battute 40-43 rappresentano una zona di transizione che traghetterà alla ripresa di mi minore, tonalità in cui si chiuderà il pezzo. Figura 16 20 1.1c Sicilienne «A kind of tune for dancing (…) having a tempo much slower, but even more pronounced that of the gigue». (Rosseau) «An Alla Siciliana, in 12/8 metre with dotted notes interspersed, should be played very simply, with hardly any shakes, and not too slowly». (Quantz) Definizione: «Ritmo di danza in 6/8 o 12/8, molto moderato (formula ritmica: ) simile alla pastorale, usato frequentemente nella musica operistica e strumentale dei sec XVII-XVIII. Anche se il nome suggerirebbe la Sicilia come luogo di provenienza, non rimangono testimonianze circa le origini coreografiche della danza. Attorno al XVIII sec. Compaiono nelle cantate e nelle opere di Alessandro Scarlatti le prime «arie alla siciliana» dalla struttura ritmica caratteristica. Bach a differenza di Handel, impiegò di preferenza la Siciliana nelle opere strumentali, in tempo variabile da Andante a Adagio e Largo.» Il terzo movimento è una sicilienne (allegretto) in 6/8. In questo movimento a prevale il carattere di danza. A differenza delle prime due danze la tessitura contrappuntistica è quasi assente. Le prime quattro battute sono in mi minore, alla battuta 4 si trova un accordo di II con settima che scende ad un accordo di diminuita, il quale porta a mi maggiore, successivamente con l’accordo di dominante di sol maggiore abbiamo l’apertura al III di mi. Alla battuta 6 si trova un primo accordo in sol maggiore: si ritornerà poco alla volta in mi minore tramite l’accordo di II, che acquista una settima nell’ultima parte della battuta. Alla battuta 7 c’è un secondo rivolto di mi minore quasi fosse una cadenza composta. Abbiamo poi un accordo di II grado con la settima e il sesto grado viene alzato per costruire la scala ascendente melodica, che risolve nella battuta 8 in mi minore, ribadito fino alla battuta 9. La riproposizione del tema è alla stessa maniera fino a battuta 13 in cui invece di aprire al III, apre al IV tramite l’accordo di mi maggiore, dominante di la. Il IV grado ci conduce alla dominante nella battuta 14: a differenza di prima non va sul 21 secondo rivolto di mi e invece di II, V, I troviamo IV, V, I. A battuta 18 abbiamo ancora un accordo di seconda con la settima. A battuta 19 e 20 si inizia a sentire l’aria di dominante, (con accordi sul tempo forte) che tuttavia non è stabile come la prima pagina e il finale è in mi minore. 1.1d Toccata à deux voix6 Definizione: «Il termine indica una composizione strumentale generalmente destinata, nelle varie fasi storiche, a strumenti quali liuto, organo, clavicembalo, pianoforte. Benchè sia accertato che non è sorta dall’ imitazione delle forme vocali, sono tuttora in discussione le origini e la funzione primitiva della Toccata. Venivano poste ora a preludio, ora a postludio di un gruppo di danze. Appunto da tale funzione deriva poi nel corso del XVI secolo, la particolare impostazione stilistica della Toccata organistica di Andrea Gabrieli, che è un autentico pezzo di bravura, a base di arpeggi e di scale in figurazioni rapide. Le toccate bachiane, come movimento di suite, come sonata in un tempo e come introduzione ad una fuga vengono elaborate al limite delle possibilità formali e stilistiche.» Il quarto movimento è una toccata a due voci in 4/2. In questo movimento a prevelare sono le progres- sioni e l’intersecarsi delle voci. La toccata è fortemente caratterizzata da progressioni, nonostante questo, si possono individuare degli ambiti semantici afferenti a determinate tonalità. Si dà adesso una breve rassegna della struttura generale. Riassumendo, ci si trova dinnanzi ad una zona fortemente caratterizzata da mi minore che, attraverso cambi di modali che diventano sensibili, ci portano a la: la a sua volta ci porta verso la zona in fa# minore, cioè la relativa minore di la maggiore, che può diventare a sua volta la dominante di si maggiore, da cui si ritorna in mi minore, per poi finire in mi maggiore. La prima pagina 6 L’inserimento di una Toccata all’interno delle Inventions rappresenta un’anomalia perché è una forma libera che nella sua evoluzione ha rappresentato diversi tipi di carattere e proprio per questo, non verrà allegata una definizione storica della «danza». 24 1.2 Macrostruttura I problemi che riguardano questa sezione non hanno a che fare esclusivamente con la natura delle singole danze, ma anche con i rapporti che fra loro intercorrono. La prima questione da affrontare ri- guarda l’impianto tonale dei cinque movimenti che, come vedremo in seguito, non è un quesito ovvio. Partiremo dal presupposto che l’impianto delle Inventions, come d’altronde suggerito dall’attacco del Passepied, sia in mi minore. La prima stranezza da rilevare riguarda l’assenza dell’armatura di chiave. Come mai Tansman non inserì un riferimento tonale chiaro? Come per la Cavatine in cui i quattro mo- vimenti originari non posseggono alcuna armatura di chiave, non sembra un’ipotesi irragionevole consi- derare il mi minore come centro gravitazionale dell’intero lavoro? Le differenze più dirimenti, che ren- dono questo caso unico e non riconducibile ad altri casi analoghi nella sua produzione, stanno in primis nell’assenza quasi totale di indicazioni del compositore, basti pensare alla Cavatine a cui, nonostante l’impianto armonico più lineare, allegò la Danza pomposa, brano con maggiore carattere conclusivo, portatore in armatura dei quattro diesis che tolgono ogni dubbio e annientano qualsiasi rilettura. Un caso del tutto diverso sono le Inventions, le quali non hanno indicazioni precise dell’autore che certificano l’una o l’altra ipotesi. Partiamo dal rilevamento delle tonalità d’impianto delle singole danze. Il Passepied inizia affer- mativamente con un accordo di mi minore che toglie ogni dubbio a chiunque volesse azzardare un’altra ipotesi sulla tonalità di impianto e in effetti il brano, fino almeno a battuta 18, ruota armonicamente attorno a mi. Il problema che tralasceremo momentaneamente riguarda la seconda sezione del brano costruito intorno alla tonalità di la maggiore. La Sarabande inizia e termina in mi minore, ruotando chia- ramente attorno alla tonalità di mi minore. La Sicilienne inizia in mi minore e resta nel corso del suo sviluppo ancorata alla tonalità di partenza, chiudendosi con una terza piccarda in mi maggiore. Struttura 25 analoga ha la Toccata à deux voix che, composta in mi minore, termina con una terza piccarda in mi maggiore. L’Aria conclusiva è scritta sostanzialmente in la minore e termina in la maggiore (terza pic- carda). A questo punto, prima di lanciarci in possibili correlazioni fra le danze sarà opportuno stabilire in relazione all’agogica e al tipo di danza l’apporto che danno rispetto all’opera complessiva. Il primo aspetto da rilevare riguarda il carattere di ogni danza che, visto nell’insieme della successione dei movi- menti, acquista un valore diverso. L’Allegro del Passepied, che si chiude con un aperto accordo di la maggiore, suggerisce all’ascol- tatore vivacità e brio, ben rappresentate dal ritmo incalzante di danza. Dalla chiusura così luminosa e solenne nasce la Sarabande che prende le mosse da un contesto totalmente diverso: se il Passepied inizia con forza e ritmo vivace, la Sarabande viene fuori piano e lentamente. Come è stato più volte accennato sopra, la densità del tessuto contrappuntistico determina, per buona parte, il carattere della melodia che contiene. Da un accordo proveniente da una serie accordale in crescendo nasce una fievole linea melo- dica. L’atmosfera agogica viene mantenuta per tutta la Sarabande intima e quasi dolce e lamentosa, per diradarsi fino al finale, ultimo fremito di energia, fagocitato dallo struggente ritardo che compone la cadenza in mi minore. Dalla cupezza di questo finale si approda al luminoso accordo di mi minore in stato di fondamentale che dà inizio al ritmo puntato della Sicilienne, che in maniera inusuale è pensata come un Allegretto, caratteristica che le conferisce un andamento spedito, ma armonicamente statico. Dal delicato finale in mi maggiore, accompagnato da un basso ostinato, si manifesta improvvisamente il forte della Toccata à deux voix che, brusco e vigoroso, spezza l’atmosfera del finale, che dopo la cadenza si protrae per ben 4 battute: la singolarità della Toccata è data dall’insolita indicazione agogica da cui è accompagnata. Richiamando la definizione che si è data sopra, il Moderato associatole risulterà quanto meno singolare. Il finale chiude in grande stile con una pomposa cadenza che traghetta ad un aperto e chiaro accordo di mi minore. La delicata e cantabile Aria invece si innesta su un registro d’espressione 26 totalmente diverso: si apre su un accordo di la minore e procedendo in maniera continua arriva all’unico momento di forte dissonanza di tutto il brano, a battuta 14. Ripercorrendo lo svolgersi della Suite si è notato come i rapporti fra una danza e l’altra, dal punto di vista agogico, dinamico e timbrico possono essere di due tipi: bruschi dal piano al forte o, viceversa, condotti con continuità. Del primo caso abbiamo visto come alcuni passaggi, per certi versi, possano definirsi traumatici: dal Passepied alla Sarabande, dalla Sicilienne alla Toccata, ma soprattutto, dalla Toccata all’Aria. L’unico passaggio edulcorato, è quello fra i due movimenti lenti interni, anche se, ri- guardo le indicazioni agogiche, non si trovano nella stessa regione. Una possibile interpretazione di que- sta atipicità delle agogiche potrebbe essere un piano organico dell’opera che avesse in mente di contrap- porre i primi due tempi, veloce e lento, con gli altri due, in cui l’indicazione agogica va a costituire un chiasmo con il carattere della danza: una congettura non suffragata da alcun dato storico che tuttavia potrebbe aprire una nuova via d’interpretazione. Queste ultime ipotesi non hanno lo scopo di imporsi alle Inventions come loro forma, ma tentano di suggerire delle possibili letture che in ogni caso amplieranno la nostra prospettiva. Un’ultima supposizione riguarda la tonalità: è anomalo che Tansman inizi il primo movimento in mi minore e graviti attorno a questa tonalità in tutti gli altri movimenti per poi comporre l’Aria in la minore, cioè, alla sottodominante di mi. Si aprono due strade interpretative che si fondano su delle scelte teoriche: potremmo considerare la macrostruttura delle Inventions come un chiasmo (in fondo la struttura sembra essere rigorosa e non lasciata al caso) in cui i primi due movimenti vengono incrociati con gli altri due separando quindi l’Aria dalla struttura e considerando quest’ultima una scelta arbitraria dettata, per esempio, da un’esigenza timbrica; a questa tesi potrebbe addursi l’argomentazione secondo cui la costruzione rigorosa in macrostruttura riguardi solo i primi quattro movimenti (come ipotizzato per il chiasmo danza-agogica). Oppure, cercando una costruzione più rigorosa della macrostruttura, suppore che l’inizio del brano sia in dominante e la tonica si affermi a battuta 18 del Passepied (in la maggiore) 29 (ognuno in un proprio tono e con cadenza finale in tonica o dominante) in sostituzione di quelli prece- denti, costituiva una controparte importante a volte in prospettiva di autonomia rispetto alla I parte. La suite porta anche i nomi di sonata, ordre, partita, ecc.: la differenza fra sonata e suite consiste nel fatto che i tempi della prima portano i titoli di Adagio, Allegro, ecc. mentre nella seconda sono conservati i nomi delle relative danze come sarabanda, giga, corrente, allemanda, ecc. Il preludio, che apriva la suite, poteva essere invece caratterizzato da un costrutto polifonico a sé stante e indipendente, quanto a forma, dalle danze che lo seguono. I quattro tipi di danza più importanti che appaiono di norma in una suite del periodo barocco sono l’allemanda, la corrente, la sarabanda e la giga. Storia e definizione delle invenzioni L’invenzione è una forma strumentale polifonica che si basa sul principio dell’imitazione. A differenza del canone, nell’invenzione le voci non si limitano a ripetere il tema ma lo possono variare e sviluppare in vari modi. La forma dell’invenzione è stata sviluppata e utilizzata da Johann Sebastian Bach (1685 –1750), che ha composto due serie di 15 invenzioni, a due e tre voci, per clavicembalo. In questi brani la polifonia non si sviluppa tra strumenti diversi ma attraverso la possibilità del clavicembalo di eseguire più suoni e melodie contemporaneamente. Di invenzioni e sinfonie ci sono due manoscritti autografi, custoditi nella Biblioteca Statale tedesca di Berlino. Uno di questi due autografi è del 1723 e le invenzioni precedono le sinfonie (come nel Clavier-Übungen); la successione tonale dei pezzi è in ordine ascendente. Nel frontespizio di questo autografo lo stesso Bach scrive: «Metodo efficace con cui si presenta in forma chiara agli appassionati del clavicembalo e soprattutto a coloro che sono desiderosi di apprendere, non soltanto (come si suona correttamente a due voci, ma anche come si può arrivare, man mano che l’allievo progredisce, a far buon uso di tre voci obbligate e ottenere così non 30 soltanto delle buone invenzioni, ma poterle pure bene eseguire e soprattutto acquistare l’arte del cantabile e il gusto della composizione7» La questione, come già prima accennavo, riguarda una scelta teorica. Non si può stabilire in maniera inconfutabile, a mio avviso, quale delle due ipotesi di 1.2 sia la più corretta. Tuttavia qui esporrò il risultato che mi sembra più ragionevole: la scelta può essere operata fra una forma libera, l’invenzione, o una forma rigida e codificata come la suite. A favorire l’ipotesi della suite sovvengono i titoli delle danze e il rigore con cui queste danze sono connesse fra loro in un’unica (più o meno estesa) macrostruttura. A sostegno della tesi che supporta il fatto che questi pezzi abbiano una forma libera intervengono invece la confusione che riguarda la tonalità d’impianto e certe prassi inusuali, in relazione al tipo di danza. Nel corso dell’analisi armonica e contrappuntistica del brano si è via via imposta alla nostra attenzione la convinzione che ogni danza non possiede lo schema da cui di solito le danze di suite erano composte. Anche il rapporto che sussiste fra i nomi delle danze e gli schemi formali non è così diretto: si avvertirebbe della fatica a voler descrivere la Toccata à deux voix come una toccata usuale. Anche l’Aria, non correlata al resto delle Invenzioni, o la Sicilienne, presentano delle irregolarità che non ci consentono di definirle danze di suite. Questo ci porta a dire che si può ragionevolmente pensare alle Inventions pour guitare non come contenute all’interno di una rigida forma come la suite, ma pezzi liberamente ispirati a Bach, alle danze e a un periodo storico: di sicuro, pur rivolgendosi a Bach, non rievocano strettamente un richiamo alle invenzioni barocche. Come vedremo nelle conclusioni, l’Omaggio è rivolto esplicitamente a Bach e non ad una sua particolare opera, come le invenzioni a due o a tre voci. 7 Joh. Seb. Bach, Maestro di Cappella di Sua Altezza il Principe di Anhalt-Köthen, Anno Christi 1723 31 1.4 Conclusioni Il ritratto che viene fuori dalle analisi condotte nei precedenti paragrafi, ci porta a concludere una serie di considerazioni. La prima riguarda un po’ le aspettative che nel corso dell’analisi si sono affievo- lite. Partendo dalla storia delle Invenzioni di Tansman pensavamo di ritrovare un monumento musicale rivolto al grande maestro tedesco; tuttavia, invece del grande monumento, abbiamo trovato delle piccole miniature barocche che si ispirano al maestro, evocandolo, senza mai presentarlo del tutto. D’altronde a causa delle ambiguità e le incongruenze che contengono, non sono definibili come una delle opere più rappresentative di Tansman: le Inventions pour guitare rappresentano, in un certo senso, il suo stile, ma non in senso complessivo. Abbiamo notato, durante la formulazione di quest’analisi, l’ambiguità di questo pezzo, che molto probabilmente ha sottratto quest’opera «minore» dalle sale da concerto, e che, ciononostante, costituisce una delle caratteristiche più connotanti di questo omaggio velato ed evidente. La convivenza di anime diverse all’interno di una stessa idea musicale dà origine ad un oggetto musicale fluido, non rigidamente contenuto in un unico contenitore, ma in base alle prospettive che si assumono, ad un contenitore molto diverso dall’altro. Questa ne è stata la principale debolezza, ma potrebbe rappresentarne il più grande punto di forza: infatti, se come in 1.3 si inizia a pensare alle Invenzioni non come un brano rigidamente costruito, si perviene all’interpretazione di queste piccole miniature barocche come a niente più che un gesto di stima nei confronti di uno dei compositori più importanti della storia della musica occidentale, Johann Sebastian Bach. Sarà infatti proprio questo l’oggetto del secondo capitolo: in quale misura le Invenzioni possono definirsi un omaggio a Bach? Seguiranno delle tabelle riassuntive in cui verranno sintetizzate le analisi condotte sopra. 34 CAPITOLO 2. Tansman e Bach Natura di cose altro non è, che nascimento di esse in certi tempi, e con certe guise; le quali sempre, che sono tali, indi tali, e non altre nascono le cose. GIAMBATTISTA VICO, La Scienza nuova, Ⅰ Libro, ⅪⅤ degnità, 1744. Osservando alcuni dei lavori di Tansman come l’Hommage à Chopin o la Ballade ci rendiamo conto non tanto di una vera propria costruzione sistematica degli omaggi, ma di una serie di elementi simili tra loro: questo, ci consente di ipotizzare un modus operandi grazie al quale si può cercare di comprendere più a fondo la natura di quest’omaggio. Ogni volta che Tansman si rivolge con la sua mu- sica ad un compositore o ad uno stile, si ha l’impressione che di quel compositore recepisca qualche idea isolata e chiara e, a partire dalla riproposizione di questa, costruisca le sue opere in forme musicali della tradizione. Questo ovviamente non rappresenta un metodo che Tansman segue rigidamente, piuttosto una cifra co- mune dei lavori che hanno come sorgenti ispiratrici altri stili o autori. Prendendo in prestito un concetto dalla logica, definiremo la nostra nozione di stile un’idea fuzzy, ossia, un’idea sfuocata che non è vera né falsa. Il suo grado di verità oscilla fra questi due poli, senza però poter mai essere esaurita completamente né da uno né dall’altro. L’introduzione di questa idea risulterà fondamentale non solo per questo capitolo, ma anche per la comprensione generale del terzo e del quarto. 35 2.a Un omaggio sui generis Come si è già appurato nel primo capitolo la tessitura delle Inventions ha mostrato una serie di buchi e incongruenze che non hanno reso facile la restituzione di un’analisi precisa e accurata. Siamo riusciti comunque a rubare qualche elemento che ci ha permesso di individuare una forma che, seppur lacunosa, ci fornisce le basi per una serie di considerazioni. Il rapporto che connette Tansman a Bach è un legame stretto che trattiene insieme fonte d’ispirazione e ispirazione. È stata più volte sottoli- neata l’importanza di Bach a livello personale per il compositore franco-polacco, tuttavia abbiamo anche rilevato come l’Hommage à Bach sia, più che un monumento eretto alla memoria di Bach, un richiamo in cui lo stile bachiano e la musica di Tansman si coniugano in un insieme musicale di piccole miniature barocche. In questa ottica, le Inventions non mostrano Bach, lo suggeriscono. Uno dei tratti principali che le rende curiose è appunto l’estrema libertà formale e timbrica di cui sono dotate, libertà che rasenta l’indefinitezza: per questi motivi non è facile inquadrarle all’interno di una ben ordinata categoria e saranno intese come un omaggio sui generis nel doppio registro di originalità e indefinibilità8. 8 Si usano questi due termini in relazione alla definizione di sui generis seguente: di quanto denota una spiccata originalità o singolarità oppure una caratteristica non precisamente definibile quindi non comparabile con un’altra. Figura 18 36 2.1 Le Invenzioni di Bach: forma o formule? La prima idea comparativa che sovviene al lettore delle Inventions non può che posarsi inevita- bilmente sulle invenzioni di Bach. Questo legame si regge su un fondamento onomastico che è la prima strada da percorrere in un processo di comparazione. La prima questione da porre è la seguente: l’omag- gio a Bach inizia dalla forma in cui è data la composizione o viene espresso al suo interno? E, parimenti, la scelta del titolo e della forma è slegata dall’autore? Anche se la scelta della forma e del titolo Invenzioni non può che riferirsi al periodo barocco non è detto che si riferisca specificamente a Bach: in altre parole si deve stabilire se il fatto che Tansman abbia intitolato quest’omaggio Inventions pour guitare sia o meno parte dell’omaggio. Un modo per certificare questa corrispondenza sarebbe quello di individuare delle somiglianze o, se si vuole, delle vere e proprie allusioni alle invenzioni e sinfonie di Bach. La forzatura di questa corri- spondenza si mostra subito evidente non appena intrapresa la comparazione: se da un lato le Inventions hanno delle caratteristiche che possono essere assimilate alle invenzioni bachiane, come ad esempio la libertà della forma e la vocazione contrappuntistica, dall’altro, non condividono con queste degli elementi caratterizzanti che danno la peculiarità all’opera. Come già menzionato, nella serie delle invenzioni a due voci e delle sinfonie a tre voci di Bach è presente un ordine interno che le suddivide per tonalità e in uno dei due manoscritti autografi di Bach, quello del 1723, le invenzioni precedono le sinfonie come nel Clavier-übungen: è pertanto una costruzione formale molto distante da quella delle Inventions che, come abbiamo visto nel primo capitolo, hanno una struttura ambigua e per nulla assimilabile a quella delle invenzioni bachiane. Altro punto controverso che non consente di instaurare questo parallelo sono le 39 gabbiato dalle formule. Per così dire, la costruzione della forma non deve essere il risultato della giu- stapposizione di formule: le formule vengono utilizzate come espressioni idiomatiche che servono a ca- ratterizzare linguisticamente un dato linguaggio (barocco, romantico, ecc.), non a delimitarne i contorni. Nelle invenzioni, che rientrano, in base alle considerazioni di 1.3 nella categoria delle forme li- bere, le formule, come vedremo più dettagliatamente in 2.1a, sono dei frammenti di origine bachiana che, sovrapposti ad una linea non barocca, produrranno un fenomeno di dualismo. La musica delle invenzioni in senso orizzontale ha delle caratteristiche che non manifesta in senso verticale: la risposta che prima attendevamo adesso può essere espressa. Per richiamare Bach, Tansman si serve di formule che incasella in una forma libera, e che perciò caratterizzano, ma non limitano. Il richiamo a Stravinsky sarà utile nel corso del prossimo capitolo in cui si metteranno in relazione la poetica e l’estetica di questi grandi autori, che in vita furono molto amici. 2.1a Lo stile neo-barocco delle Inventions Come è stato accennato nel paragrafo precedente, in questa sezione del lavoro, si presenteranno dei frammenti delle Inventions simili o riconducibile alla produzione bachiana. Come abbiamo già rile- vato, queste formule non costringono la libertà compositiva di Tansman, vengono piuttosto utilizzate come dei momenti caratterizzanti dal punto di vista idiomatico, punto di partenza e non di arrivo della costruzione musicale. Lo stile neobarocco delle Inventions consisterà oltre che nelle forme anche in que- ste sporadiche allusioni. Riporterò degli esempi che avvaloreranno questa tesi. Figura 19, Preludio XX in La minore dal secondo volume del clavicembalo ben temperato 40 Si noti la somiglianza con il motivo ricorrente della discesa cromatica delle Inventions che, come in queste, passa dal basso al soprano nelle prime battute. Questi passi sono accomunati da una medesima struttura ritmica e da un rapporto intervallare molto simile. La struttura del tema della Sarabande è molto simile ad una sezione di questa sinfonia a tre voci. Le sincopi e i puntati si ripetono nell’arco della Sarabande. Gli esempi riportati servono a comprendere come Tansman impieghi espressioni caratteristiche dello stile bachiano: in questa cifra allusiva si manifesta la vocazione neo-barocca che, tuttavia, come è già stato sottolineato più volte, non esaurisce la costruzione delle Inventions. Figura 21, Passepied Battuta 1 , Figura 22, Sinfonia 12 Battuta 24 Figura 23, Sarabande Battute1→4 Figura 24, Sarabande 18→21 Figura 20, Sinfonia 8 Battute 7/8 41 2.2 Le Invenzioni di Tansman: a sourt of freely contaminated mixture14 Le Inventions di Tansman rappresentano insieme alla Passacaglia il brano più apertamente ba- roccheggiante della sua produzione. Come abbiamo già rilevato in 2.1, Tansman, più che ricercare un’imitazione del rigore formale e della perfezione contrappuntistica delle celebri invenzioni a due e tre voci di Bach che aderisse allo stile barocco/bachiano, elaborò una sorta di forma libera in cui il contrap- punto e i ritmi di danza si contaminano a vicenda. Il punto dirimente di questa sezione è appunto capire le modalità di questa contaminazione: per farlo ci riapproprieremo di un concetto già enucleato nell’in- troduzione al capitolo Tansman e Bach, ovvero le idee fuzzy. Come avevo già accennato questo concetto sarà di importanza capitale per cercare di definire più precisamente cosa si intende per contaminazione. La nostra idea intuitiva di contaminazione prende le mosse dalla considerazione che una cosa contami- nata possiede, oltre alla propria «essenza», degli elementi che potremmo definire contingenti che, in una certa misura, inquinano e rendono «impuro» ciò che in origine non lo era. Questa sebbene sia un’idea efficace, che funziona nella maggior parte dei casi, come ad esempio le in- terpolazioni di agenti esterni su un’opera già conclusa, non esercita sul dominio delle Inventions, una funzione così chiara. Recuperiamo man mano tutti gli elementi che abbiamo raccolto in questo capitolo che ci consen- tiranno di delineare il profilo di contaminazione delle Inventions. Come avevamo già detto in 2.1a la presenza di frammenti bachiani all’interno delle Inventions non determina la totale aderenza stilistica al barocco, anzi ne delinea una strana forma in cui a livello orizzontale compaiono delle peculiarità della prassi compositiva barocca che a livello verticale si perdono in un processo armonico, che a volte ricorda il barocco, mentre altre volte, pur partendo da quello, se ne distacca e produce un effetto di sorpresa che 14 TANSMAN, Posthumous works 44 CAPITOLO 3. Tansman e Stravinsky L’artista è certamente figlio del suo tempo, ma guai a lui se ne è del pari l’alunno o, peggio, il favorito! FRIEDRICH SCHILLER, Lettere sull’educazione estetica dell’uomo, Lettera Ⅸ. La terza sezione di questo lavoro si occuperà del rapporto che congiunge Tansman al Neoclassi- cismo, inteso come corrente culturale aderente a specifici punti programmatici. Questo problema non può che essere affrontato partendo dall’analisi del rapporto che sussisteva fra Tan- sman e Stravinsky, uno dei più illustri esponenti di quella corrente. In questa sezione, il discorso si di- staccherà dalle Inventions, ma fornirà degli strumenti che potranno essere utili anche per la loro com- prensione. Tentare di cogliere il programma poetico di Tansman, sicuramente, agevolerà la comprensione di una sua qualsiasi fatica musicale, concepita in accordo con questa, o quella convinzione estetica. Figura 25 45 3.1 Tansman e Stravinsky: il manifesto poetico Il primo passo da muovere nella direzione della ricostruzione della poetica di Stravinsky consiste nel recuperare le stesse parole del compositore, che aveva un’idea chiara del ruolo che le idee estetiche svolgono nella compagine artistica. Stravinsky ci invita a considerare i suoi scritti come elementi d’una difesa della sua musica oppure, come dice all’inizio della sua Poetica, una specie di apologia, una «spie- gazione della musica quale io la concepisco, che non sarà meno obiettiva per il fatto di riassumere la mia particolare esperienza e le mie osservazioni personali.16» Questo passo dà la misura della parzialità che Stravinsky riconosceva alla sua produzione estetica, che tuttavia non rifiuta di considerare obiettiva, termine, che in questo particolare contesto assume il portato semantico di «sincera»: parzialità e obiettività, che di solito tendono ad escludersi a vicenda, in questo caso, per ammissione dello stesso autore, coincidono. Il fatto che un autore del calibro di Stravinsky ci abbia consegnato un documento così importante, che attesta quali fossero i suoi indirizzi estetici, ci for- nisce un aiuto fondamentale. È necessario ricordare che il ciclo di conferenze che tenne ad Harvard e confluì nel volume La poetica della musica risale agli anni '40 del secolo scorso, un periodo molto distante dallo Stravinsky dei primi due decenni del Novecento che, con la sua iconoclastia, aveva sconvolto l’opinione pubblica. La verità stravinskiana di quel tempo è, senza che il compositore pronunci esplicitamente il nome, il Neoclassicismo. In quel periodo in cui molti compositori furono costretti a lasciare l’Europa a causa dell’espansione dell’incipiente minaccia nazista, anche Tansman e Stravinsky dovettero lasciare il suolo europeo; fu proprio durante l’esilio che i due strinsero amicizia ed ebbero svariate occasioni per discutere e mostrarsi a vicenda i propri lavori, come testimonia una lettera di Tansman a Marcel Mihalovici: 16 IGOR STRAVINSKY, Poetica della Musica, ed. Curci, Milano, 2010, p.9 46 « (...) As you may guessed, for us, the only comfort living in this hole, more provincial than the suburbs of Noisy-le-Sec, has been Stravinskys’ presence... Here, I may say, they became our best friends and they consider us likewise. As soon as he finishes a new piece, we are the first to hear it played by him, or with Colette and me with six hands, and needless to say I do the same. Besides the marvellous musician he is, his personality is extraordinary and we often stay up talking till three o’clock in the morning... 17» Questa comunanza di interessi ed intenti si traduce anche sul piano estetico: seppur con qualche diffe- renza, gli indirizzi ed i motivi estetici di Tansman e dello Stravinsky neoclassico sono molto simili. La poetica di Stravinsky prende le mosse da una serie di rifiuti e opposizioni: antiromanticismo, antisenti- mentalismo, antindividualismo, i quali trovano una illustrazione particolare nell’anti-wagnerismo. Come abbiamo detto la poetica di Stravinsky ha enormemente influenzato Tansman, ma non ne ha compro- messo la freschezza teorica e il guizzo dell’indipendenza. Come lo stesso Tansman afferma: «Yo admiro a Stravisnky y lo considero como el primer músico de su tiempo, eso no interfiere para nada en mi plan personal, yo puedo considerar la música de un punto de vista diferente y resolver mis pro- blemas gracias a esas concepcione.18» Tuttavia l’opinione che Tansman riservava a Stravinsky era di primo piano e senza dubbio i due condi- videvano molto anche sul piano teorico, basti pensare all’avversione nei confronti del neo romanticismo che allontana, secondo la loro visione, dall’arte intesa come oggetto autonomo e assoluto. 17 Exposition virtuelle Alexandre Tansman version anglaise, a cura di Bettina Sadoux in collaborazione con Mireille Tansman-Zanuttini, file pdf disponibile nel sito http://www.alexandre-tansman.com/, «Come puoi immaginare, per noi, l'unico conforto che vive in questo buco, più provinciale della periferia di Noisy-le-Sec, è stata la presenza di Stravinsky... Qui, posso dire, sono diventati i nostri migliori amici e considerano anche noi alla stessa maniera. Non appena termina un nuovo pezzo, siamo i primi a sentirlo suonare da lui, o con Colette e io a sei mani, ed è inutile dire che faccio lo stesso. Oltre al meraviglioso musicista che è, la sua personalità è straordinaria e spesso restiamo in piedi a parlare fino alle tre del mattino.» 18 CORAZÓN OTERO, Tansman, su vida y obra para guitarra, Ediciones Yólotl, Lomas de Bezares (México),1997,p. 102-103, «Ammiro Stravisnky e lo considero il primo musicista del suo tempo, che non interferisce affatto con il piano perso- nale, posso considerare la musica da un diverso punto di vista e risolvere i miei problemi grazie a queste concezioni.» 49 I luoghi comuni che Stravinsky con particolare predilezione usa sono quelli che alimentano la musica barocca nel XVIII secolo. Però, per lui, non si tratta mai di realizzare pastiches delle musiche d’altri tempi, ma piuttosto di utilizzare frammenti di opere del passato diventati ormai banali, per infondere in essi nuova vita. Nel fare questo egli non è animato dal rispetto per la musica antica: il rispetto «rimase sempre sterile».23 Per lo Stravinsky neoclassico, è nella cornice delle forme «sanzionate dal tempo, per così dire omologate…qualsivoglia ordine» che l’ordine formale può realizzarsi meglio, poiché «richiede una restaurazione24»: ricompare a questo punto il termine restaurazione, che acquista un significato diverso. Il restauratore non deve essere considerato soltanto come colui che si oppone alla rivoluzione25, è, al massimo, un innovatore che non si fa fagocitare dalla sua individualità, eccedendo e perdendo la misura delle forme. Alla luce di queste considerazioni su Stravinsky, anche le nostre ipotesi sul rapporto che sussiste fra Inventions e le formule utilizzate al loro interno assumono un significato del tutto diverso: considerarle un esercizio di stile risulta a questo punto riduttivo, se non addirittura erroneo. Abbiamo visto, nel corso di questa breve ricostruzione, come la stretta connessione biografica ed estetica fra Tansman e Stravinsky ci abbia condotto ad una rilevazione interessante, ovvero ai principi estetici condivisi con uno dei maggiori esponenti del neo-classicismo e a cui, probabilmente, faceva riferimento. 23 STRAVINSKY, Cronache, p. 36. 24 Ibid., p.191 25 STRAVINSKY, Poetica, p.12, «Han fatto di me un rivoluzionario mio malgrado» 50 Per avvalorare ancor di più questa tesi, riporterò un altro passo in cui Tansman, per via di alcune osservazioni sull’avanguardia, sembra aderire all’estetica stravinskiana. «No se trata del movimiento de vanguardia, o de incomprensión entre las generaciones, etcétera. Cada generación posee su propia vanguardia, y me parece ridículo pretender formar parte en 1967, cuando formé parte en 1920. No es una imposibilidad, ¡todo es posible!, sino una cuestión de integridad, de honorabilidad, rehusar a adherirse a una asimilación fácil, que factiblemente será artificial.26» Il problema dell’autenticità che avevamo posto può finalmente ricevere una risposta: l’autenticità di un’opera non è data né dalla presenza di formule autentiche né dalla pretesa di costruirne alcune. L’autenticità consiste pertanto nella capacità del compositore di inventare e re-inventare un materiale sonoro che gode di certe particolari leggi: il punto in questo caso è il rigore e la vivacità della forma. Non è detto che se si utilizzino forme antiche anche il prodotto finale sia di sapore antico: ad esempio, nelle Inventions, come abbiamo più volte riferito nei capitoli precedenti, le formule idiomatiche bachiane rappresentano delle idee musicali su cui poi Tansman erige la propria musica. Queste considerazioni aprono la strada ad un’altra questione: come si percepisce Tansman rispetto al suo tempo? Che prospettiva storica caratterizza la sua opera? Per rispondere a questo quesito mi servirò delle parole dello stesso Tansman e di una citazione di Stravinsky che ancora una volta ricalca perfettamente la poetica tansmaniana. In entrambi questi stralci, Stravinsky e Tansman rivendicano un’appartenenza alla propria epoca storica, considerata come punto di arrivo della parabola evolutiva della storia che li precede e non come regresso ad uno stadio imbarbarito. I passi che seguono ci catapultano nel quarto capitolo, in cui verrà problematizzato il rapporto con il presente. 26 OTERO, Tansman, p.101-102, «Non si tratta della corrente di avanguardia, o dell'incomprensione tra generazioni, ecc. Ogni generazione ha la sua propria avanguardia, e mi sembra ridicolo pretendere di appartenere al 1967, quando io sono del 1920. Non è un'impossibilità, tutto è possibile! È invece una questione di integrità, di onore, rifiutare di aderire ad un'assimilazione facile, che probabilmente sarà artificiale.» 51 «Je ne tiens pas à être un musicien moderne. Je trouve cette expression trop équivoque par sa racine même, impliquant la "mode". Je veux être un musicien de mon temps, cela veut dire essayer de poursuivre le but fondamental et inchangeable de la musique par les moyens auxquels mon temps a abouti dans son évolution.27» «Io non vivo nel passato e neppure nell’avvenire. Sono nel presente. Ignoro di che sia fatto il domani. Non posso aver coscienza che della mia verità di oggi. Sono chiamato a servire questa verità e la servo con piena lucidità.28» Ho trovato inerente all’impianto teorico qui esposto una risposta che Stravinsky diede a Robert Kraus riguardo ad una domanda contenuta all’interno di Colloqui con Stravinsky, che a mio avviso può sposarsi bene con le Inventions e, contemporaneamente, darne a livello concettuale una rappresentazione grafica: 27 Citazione di Tansman presa dalla home del sito ufficiale http://www.alexandre-tansman.com/ «Non mi interessa essere un musicista moderno. Trovo questa espressione troppo equivoca per la sua radice stessa, che implica la moda. Voglio essere un musicista del mio tempo e questo vuol dire scegliere di perseguire l'obiettivo fondamentale e non scambia- bile della musica fatta tramite mezzi ai quali il mio tempo è giunto con la sua evoluzione». 28 STRAVINSKY, Cronache, p. 247 Figura 26 54 Riporterò in questa sede due stralci da due passi di Tansman per sostenere la tesi secondo cui i due abbiano delle posizioni molto simili anche riguardo l’individualismo: «El fenómeno musical es de origen espontáneo y casi biológico, se transforma en arte organizado gra- cias a la aportación del individuo que posee un don latente»31; «Cada generación posee su propia vanguardia, y me parece ridículo pretender formar parte en 1967, cuando formé parte en 1920. No es una imposibilidad, ¡todo es posible!, sino una cuestión de integridad, de honorabilidad, rehusar a adherirse a una asimilación fácil, que factiblemente será artificial»32. In questi due passi Tansman sembra convenire con Stravinsky: l’azione individuale non è da de- plorare se contenuta in un giusto sentire comune, quello che Kant definiva gusto. È, in effetti, molto interessante un passo dalla Critica della capacità di giudizio in cui Kant sembra affermare le medesime cose, sostituendo a individuo, genio, e, a sentire comune, gusto. «Il gusto, così come la capacità di giudizio in generale, è la disciplina o l’educazione del genio, gli spunta molto le ali e lo rende costumato o limitato, ma al contempo gli dà un indicazione di dove e quanto possa diffondersi per mantenere la sua finalità33» Kant definisce genio il talento naturale che dà la regola all’arte e, come tale, ha i caratteri di originalità e irriproducibilità, ma come si vede nel passo riportato in appendice al quarto capitolo, di cui qui un estratto, la libertà del genio non è indiscriminata e deve, tuttavia, essere temperata del gusto. La definizione di quest’ultima facoltà, quella di gusto, sotto l’aspetto della limitazione, rappresenta infatti un termine di paragone adeguato al linguaggio comune di cui parla Stravinsky (nota 29) e viene fondata da Kant proprio come una facoltà inter-soggettiva, nel senso in cui la si pensi valida per ogni soggetto. 31 ivi p.36, n.11, «Il fenomeno musicale ha un’origine spontanea e quasi biologica, si trasforma in arte organizzata grazie al contributo dell’individuo che ha un dono latente» 32 ivi p.41, n.16, «Ogni generazione ha la sua propria avanguardia, e mi sembra ridicolo pretendere di appartenere al 1967, quando io sono del 1920. Non è un'impossibilità, tutto è possibile! È invece una questione di integrità, di onore, rifiutare di aderire ad un'assimilazione facile, che probabilmente sarà artificiale» 33 IMMANUEL KANT, Critica della Capacità di Giudizio, a cura di L. Amoroso, Bur, Milano, 2018, §50, p.459 (testo integrale in Appendice al quarto capitolo) 55 4.2 Il barocco scavalcato e svuotato dai contenuti religiosi 4.2a Che cos’è l’Illuminismo? Questa sezione del lavoro serve a definire quello che chiameremo atteggiamento moderno, una nozione che sarà utile nel corso di tutto il capitolo: per parlare di questo, avremo bisogno di fare qualche premessa che ci consentirà di capire meglio la struttura del discorso condotto da Foucault. Che cos’è l’Illuminismo? si apre con un commento di Foucault all’omonimo testo di Immanuel Kant: in questa prima parte del testo vengono passate in rassegna alcuni dei punti nodali della risposta kantiana che Foucault riutilizzerà per costruire una risposta «moderna» alla medesima domanda. Il retroterra culturale in cui viene concepita quest’opera, ultimo scritto del filosofo francese, affonda le sue radici in un dibattito settecentesco sulla natura della conoscenza umana e su tutte le questioni gnoseologiche annesse a questa domanda. Riassumerò brevemente in questa sede il percorso storico che ha portato alla formazione di questo scritto. Una delle più importanti caratteristiche dell’impianto epistemologico nell’Illuminismo settecen- tesco fu di dare alla luce i cosiddetti «integrali della natura umana»: delle costanti sottese alle contingenze dell’esperienza a cui poter risalire sottraendo la struttura dalla copertura della sovrastruttura. Questa concezione ben si riassume nella metafora che vede protagonista la ragione, diradatrice delle foschie del pregiudizio, vista come quello strumento in grado di epurare un integrale dalle sue impurità. Tale concezione prende le mosse dal giusnaturalismo, che individua nella fissità della natura umana l’as- sioma da cui dedurre il diritto, e si diffonde, in maniera prismatica, in ogni ambito del sapere filosofico (gnoseologia, metafisica, filosofia economica). Un’impostazione che, seppur con qualche eccezione, ri- mane imperante fino al XIX secolo, in cui, adoperando la definizione di Paul Ricœur, sovvennero i filo- sofi del sospetto: 56 Marx, Freud e Nietzsche. Questi tre filosofi, in maniere molto differenti, decretarono la fine dell’episte- mologia illuministica. Furono coloro che, riutilizzando la metafora della foschia, mostrarono come al di là della nebbia non ci fosse l’integrale tanto agognato. Riporterò il caso di Freud nel tentativo di fornire un esempio al lettore. Il rischiaramento condotto dalla ragione in età illuministica viene soppiantato da una prospettiva e un metodo del tutto diversi. Il velo, inteso come pregiudizio dagli illuministi che tentarono di squarciarlo, assume in Freud una fun- zione strutturale. La prima rilevazione di Freud fu proprio quella dei sogni intesi come un non detto manifesto: uno degli impulsi da cui poi sviluppò il suo sistema: «una scuola del sospetto, anzi del di- sprezzo34». Il processo di analisi che Freud portò avanti lo condusse a ridurre la ragione rischiaratrice e quindi cosciente ad uno strato di superficie. Segue uno schema della distribuzione topologica della strut- tura psichica del soggetto che Freud chiamerà prima topica. La differenza da rilevare consiste nell’individuazione della sostituzione del termine rischiarare o illumi- nare col termine interpretare. Al di sotto dello strato superficiale (C) non si trova un’universalità, ma dei conflitti e delle parzialità (InC): rintraccia un orizzonte parziale...non si muove secondo le regole della ragione emersa. Il risultato di questo processo è dunque il seguente: la conoscenza non deve liberarsi del pregiudizio, ma deve interpretare il reale. Questa parzialità delle possibilità della conoscenza spinge 34 FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano troppo umano, tr. S. Giametta, nota di M. Montinari, 1979, p.1 59 come un atteggiamento critico e, in particolare, come un atteggiamento moderno, nell’accezione in cui sopra si è discusso. «Pensando al testo di Kant, mi chiedo se non si possa considerare la modernità come un atteggiamento invece che come un periodo della storia. Con atteggiamento intendo un modo di relazione con l’attualità; una scelta deliberata compiuta da alcuni; infine, un modo di pensare e di sentire, anche un modo di agire e di comportarsi che sottolinea un’appartenenza e, al tempo stesso, si presenta come un compito. Probabilmente, un po’ come quello che i Greci chiamavano un ethos.38» Vedremo nella seconda sezione in che senso il presente e la modernità siano concetti rilevanti per ciò che riguarda la nostra trattazione. 4.2b Tansman, Stravinsky e Foucault: le invenzioni come exemplum dell’eterno presente Tenteremo, dopo questo processo di ricostruzione parziale del pensiero di Foucault, di capire il senso del recupero della tradizione e delle sue forme, ma in un’altra ottica rispetto alle analisi condotte nei capitoli precedenti. La prima delle questioni da affrontare tenta ancora una volta di trovare una definizione precisa di neo- barocco: in che senso qualcosa può ri-presentarsi? Come, alla stessa maniera delle formule adoperate da Tansman all’interno delle Inventions, è possibile che qualcosa del passato possa imporsi sul presente o addirittura estendere le proprie mire al futuro? La questione deve essere affrontata da diversi punti di vista per pervenire ad una soluzione soddisfacente che ci consenta di appropriarci di una certezza stabile e non sfuggente. 38 Ibid., p.32 60 In questa prima fase ci occuperemo del senso, non solo estetico, del recupero di un ideale dell’epoca passata. In sostanza ci occuperemo della differenza che il processo di produzione artistica presenta in relazione, ad esempio, all’epoca barocca. Tutti converrebbero se si sostenesse che lo stile barocco e quello neo-barocco abbiano qualcosa di simile. Il problema, a questo punto, sta nell’individuare questa somiglianza. Si dicono simili due cose che hanno qualcosa in comune, quindi sono per certi versi uguali, ma si dicono simili e non uguali proprio in virtù delle differenze che le separano. La differenza è senza dubbio la parte più interessante della somiglianza e sarà infatti il nostro obiettivo cercare di discer- nere con accuratezza le differenze fra lo stile barocco e quello neo-barocco. Lo scritto di Foucault ci restituisce un’immagine dell’Illuminismo molto differente da come la tradizione l’aveva sempre rappre- sentata. Come abbiamo già detto in precedenza, un compito e, al contempo, un processo in cui siamo inseriti. Vediamo la caratterizzazione che lo stesso Foucault dà della modernità. «Si cerca spesso di caratterizzare la modernità con la coscienza della discontinuità del tempo: rottura della tradizione, sentimento della novità, vertigine di ciò che passa. Ed è proprio quello che sembra dire Baudelaire quando definisce la modernità con il transitorio, il fuggitivo, il contingente»39. Ma, per lui, essere moderno non significa riconoscere e accettare questo movimento perpetuo; al contra- rio, significa assumere un certo atteggiamento rispetto a questo movimento, e questo atteggiamento de- liberato e difficile consiste nel riafferrare qualcosa di eterno che non sta né al di là dell’istante presente, né alle sue spalle, ma in esso. La modernità si distingue dalla moda che non fa che seguire il corso del tempo; è l’atteggiamento che permette di afferrare ciò che vi è di «eroico» nel momento presente. La modernità non è un fatto di sensibilità al presente che fugge; è una volontà di «eroicizzare il pre- sente»40. Questo passo di Foucault sembra quasi ricalcare le posizioni estetiche di Tansman e Stravinsky, espresse all’interno del terzo capitolo: la differenza consiste nel fatto che, se nel terzo capitolo erano da 39 Ibid., p.35 40 Ibid., p.33 61 considerare convinzioni estetiche, in questo capitolo devono essere considerati come fondamenti episte- mologici di tali concetti. Con questo non voglio sostenere una teoria fondazionista, in cui l’estetica di Tansman e Stravinsky sia il risultato di una fondazione mediante il pensiero di Foucault, tuttavia voglio suggerire un possibile uso di questi concetti, per comprendere, ancora più a fondo, quello che in filosofia della storia si chiamerebbe la «causa storica» (vedi capitolo 3). A questo punto possiamo affrontare il nucleo centrale della questione che cerca di stabilire le dif- ferenze che si frappongono fra l’Illuminismo settecentesco e l’èthos riattualizzato di Foucault. A tal proposito, nel testo, vengono spese delle parole molto interessanti che riguardano un’altra opposi- zione, la quale serve a comprendere meglio le differenze fra i due sopracitati tipi di «Illuminismo»: la dicotomia spirito e lettera. La differenza che intercorre fra queste due nozioni riguarda il modo in cui una conoscenza viene attualizzata; ad esempio, secondo Foucault, lo spirito dell’Illuminismo consiste in questo atteggiamento critico, nel senso sopra esposto, che non ha a che vedere col contenuto della dot- trina. La lettera è invece un concetto che come suggerisce il termine utilizzato ha a che fare con la dottrina di un certo tipo di pensiero. In Che cos’è l’Illuminismo? Foucault suggerisce ad esempio il recupero dello spirito, che a questo punto possiamo avvicinare al termine, prima adoperato, èthos e un abbandono della caratteristica (lettera) dell’Illuminismo che, mediante l’apparato epistemologico, esaspera e eroicizza la ragione. Possiamo, adesso, occuparci delle definizioni di Barocco e di Neo-barocco. Quello del Barocco è un èthos caratterizzato principalmente dalla presenza religiosa all’interno delle manifestazioni dell’intelletto e dall’esasperazione delle forme che arrivano ad assumere quel carat- tere di forme stilizzate in cui, a prevalere sull’estro dell’individuo, è la forma condivisa dal sentire co- mune. La tendenza alla religiosità e alla spasmodica attenzione per la forma verranno brevemente di- scussi da un punto di vista storico per corroborare le nostre tesi. Queste tendenze vengono sviluppate con l’ausilio di mezzi stilistici e/o retorici (anabasi, catabasi, uso dei modi maggiori e minori) che vengono 64 esprimersi mediante i mezzi del suo tempo; nel primo il compositore deve temperare il recupero delle forme di un’epoca passata con le forme del suo tempo che, nel caso di Tansman, significano l’individua- lismo più sfrenato, figlio della prima metà del ‘900 e delle avanguardie. Qual è quindi la modernità di quest’atteggiamento neo-barocco? La modernità dell’atteggiamento neo-barocco consiste dunque nella consapevolezza della prospettiva storica. Questa possibilità consente al compositore di riattualizzare delle formule, non come mera ripro- duzione, ma come riflessione sul passato. È, a mio avviso, il caso delle Inventions di Tansman in cui l’utilizzo di formule bachiane e dello stile barocco conferiscono quel carattere particolare, mediante il quale, si può affermare che le invenzioni non siano una ripetizione del Barocco, ma una riflessione sul Barocco stesso. Questo le svincola dal principio poc’anzi espresso secondo cui il mantenimento dello stupore sia o meno la premessa grazie a cui l’opera sortisce un effetto sull’ascoltatore. Lo scavalcamento dell’èthos barocco consente una certa libertà che Tansman sfrutta per costruire delle forme che nel No- vecento non stupiscono pubblico alcuno, anzi, come per il Neoclassicismo di Stravinsky, ri-vitalizzano un materiale ai tempi considerato luogo comune. Questo, tuttavia, non rappresenta, ancora una volta, che un punto di partenza per giungere alla modernità. Segue un passo di Baudelaire citato da Foucault come esempio di atteggiamento moderno, in cui il rapporto con la modernità, con il presente, è manifestato vividamente. «Notate che l’abito nero e le redingote hanno non solo la loro bellezza politica, che è l’espressione di un’eguaglianza universale, ma anche la loro bellezza poetica, che è l’espressione dell’anima pubblica; un’immensa sfilata di becchini, becchini politici, becchini innamorati, becchini borghesi. Noi tutti celebriamo qualche seppellimento. Non avete il diritto di disprezzare il presente.43» 43 CHARLES BAUDELAIRE, Dell’eroismo della vita moderna, poesie e prose, Mondadori, Milano, 1981, p.772 65 Le Inventions, secondo questa visione della storia e del modo che un soggetto ha di appartenere ad un’epoca storica, sanciscono il principio sopra espresso da Baudelaire secondo cui l’artista, seppur con la sua individualità e la tradizione che si porta alle spalle, non può sfuggire al presente. Questo atteggia- mento moderno richiama, ancora una volta, le parole di Tansman e Stravinsky (vedi note 27 e 28), e viene sublimato dalle Invenzioni che, invece di rappresentare un esercizio di stile, sono una riflessione ed un omaggio, in generale, rivolto al Barocco e, in particolare, a Bach. Le implicazioni profonde del discorso di Foucault portano ad un ulteriore conclusione che sovverte un radicato principio filosofico: noi possiamo ciò che siamo diventa in Foucault noi siamo ciò che possiamo. L’immagine dinamica delle possibilità della modernità consente a Tansman di plasmare un Barocco moderno, o per meglio dire, un èthos riattualizzato del Barocco. In estrema conclusione, le Invenzioni si possono considerare come un esito consapevole dell’«ontologia storica di noi stessi», condotta da Tansman, e come un exemplum dell’eterno presente, non nel senso della rottura della tradizione (vedi nota 39), ma dell’atteggiamento critico e sperimentale rivolto al proprio tempo44. Conclusioni Il risultato di questo lavoro è una coscienza rinvigorita delle Inventions. Come si è visto, man mano l’analisi è stata condotta su livelli differenti, i quali, inevitabilmente, ci hanno fornito delle spiegazioni differenti. Se nel primo capitolo abbiamo ricercato delle spiegazioni esclusivamente musicali, dal se- condo in poi è iniziato un processo di contaminazione della musica con questioni che non la riguardano dal punto di vista meccanico grazie al quale abbiamo esteso il punto di vista del nostro discorso. 44«che coglierà dalla contingenza che ci ha fatto essere quello che siamo, la possibilità di non essere, di non fare o di non pensare più quello che siamo, facciamo o pensiamo». (vedi nota 36) 66 Nel secondo capitolo si è arrivato a tracciare dal punto di vista comparativo il rapporto delle In- ventions con la produzione bachiana e lo stile barocco. Nel terzo capitolo si sono indagate le posizioni estetiche di Tansman che nel rapporto molto stretto col pensiero di Stravinsky ci hanno fornito le coor- dinate culturali dell’epoca in cui le Inventions sono state partorite. Infine, nel quarto capitolo ci siamo occupati, tramite i mezzi della filosofia della storia del rapporto che Tansman intrattiene con il presente, arrivando ad utilizzare concetti espressi da Foucault in Che cos’è l’Illuminismo? per conferire alle In- ventions una connotazione che andasse oltre la semplice analisi storica. La presenza di un’appendice storica, che tratti in maniera più approfondita gli accenni storici contenuti nel quarto capitolo, è, invece, dal punto di vista dell’analisi genealogica e archeologica (4.2b) di grande importanza. È indubbio che ci troviamo di fronte ad un lavoro molto elaborato che non è stato preso in considerazione dalla storia della musica per ragioni che esulano dall’effettiva validità del lavoro. Ho tentato di riportare alla luce degli aspetti che invece tutt’oggi sono di grande interesse sia per l’esecuzione musicale che per il dibattito storico-estetico. Un ultimo, ma importante chiarimento, va dato sul motivo per cui la trattazione è stata divisa in quattro capitoli di natura così differente l’uno dall’altro. Come esposto nell’introduzione, un motivo è stato dato dal tentativo di separare gli ambiti in cui le In- ventions venivano trattate. Tuttavia, questa, non è stata l’unica ragione per cui il lavoro è stato strutturato in questa maniera. Queste «analisi e digressioni a partire dalle Inventions» sono un allontanamento gra- duale dalla musica: nel senso che ogni ambito in cui il capitolo veniva sviluppato rappresentava un passo per allontanarsi dalla musica scritta, ma, al contempo, per avvicinarsi a quello che Tansman intendeva e concepiva mentre componeva le Inventions. Lo scopo di questo allontanamento nasce dal fatto che un’esecuzione musicale non è mai l’esclusiva realizzazione di musica scritta., ma la convergenza di una seria di fattori che riguardano anche analisi estetiche, storiche ecc… L’allontanamento dalla musica è stato quindi un tentativo di avvicinamento al mondo di Tansman. tn No. 110, Syntime Slerop, pori E È 69 70 sal e 4 * sche gl } ae x stette TE PTT 71 7 2 la), SA ian 1 == UT D\ 9 Ludo % } ess BE. brr De Pansguilo 74 Appendice al quarto capitolo Seguiranno le ultime pagine di Che cos’è l’Illuminismo? tratte dalla raccolta Estetica dell’esistenza, etica e politica a cura di Alessandro Pandolfi. A seguire il passo integrale dalla Critica della capacità di giu- dizio da cui è tratto l’estratto del terzo capitolo. to di indagini che possono essere moltiplicate e precisate quan- to si vuole, ma che risponderanno tutte a questa sistematizza- zione: come abbiamo costituito noi stessi come soggetti del no- stro sapere; come abbiamo costituito noi stessi come soggetti che esercitano o subiscono delle relazioni di potere; come abbiamo costituito noi stessi come soggetti morali delle nostre azioni. La generalità. Infine, queste indagini storico-critiche sono molto particolari, nel senso che riguardano sempre un materia- le, un'epoca e un corpo di pratiche e di discorsi determinati. Ma, almeno per quanto concerne le società occidentali da cui di- scendiamo, esse hanno una loro generalità: nel senso che, fino ai nostri giorni, sono state ricorrenti; è il caso del problema dei rapporti tra ragione e follia, o tra malattia e salute, o tra crimi- ne e legge; del problema del posto da attribuire ai rapporti ses- suali, ecc. Ma, evocando questa generalità, non intendo dire che biso- gna descriverla nella sua continuità metastorica attraverso il tem- po, e nemmeno che bisogna seguire le sue variazioni. Bisogna co- gliere in quale misura ciò che sappiamo di essa, le forme di po- tere che vengono esercitate e l’esperienza che facciamo di noi stessi al suo interno, costituiscano soltanto delle figure storiche determinate da una certa forma di problematizzazione che defi- nisce degli oggetti, delle regole d'azione e dei modi di rapporto con se stessi. Lo studio dei (modi di) problematizzazione (vale a dire di quello che non è né costante antropologica, né variante cronologica) è quindi il modo di analizzare, nella loro forma sto- ricamente singolare, delle questioni di portata generale. Qualche parola riassuntiva per terminare e tornare a Kant. Non so se raggiungeremo mai la maggiore età. Molte cose, nella nostra esperienza, creano in noi la convinzione che l’evento sto- rico della Aufklirung non ci abbia reso maggiorenni; e che non lo siamo ancora. Mi sembra, tuttavia, che possiamo dare un sen- so all'interrogazione critica sul presente e su noi stessi che Kant ha formulato nella sua riflessione sulla Aufk/irung. Mi sembra che sia proprio un modo di filosofare che, da due secoli a questa parte, non è stato senza importanza, né senza efficacia. Di certo, non bisogna considerare l’ontologia critica di noi stessi come una teoria o una dottrina, e nemmeno come un corpo permanente di sapere che si accumula; bisogna concepirla come un atteggia- mento, un #00, una vita filosofica in cui la critica di quello che siamo è, al tempo stesso, analisi storica dei limiti che ci vengono posti e prova del loro superamento possibile. Tale atteggiamento filosofico deve tradursi in un lavoro d’in- dagini diverse; queste trovano la loro coerenza metodologica nel- 231 75 finizione delle forme storicamente singolari in cui sono state pro- blematizzate le generalità del nostro rapporto con le cose, con gli altri e con noi stessi. Trovano la loro coerenza pratica nell’atten- zione che viene prestata a mettere la riflessione storico-critica al- la prova delle pratiche concrete. Non so se oggi si debba dire che il lavoro critico implica ancora la fede nell’Illuminismo; credo che comporti sempre il lavoro sui nostri limiti, vale a dire un tra- vaglio paziente che dà forma all’impazienza della libertà. Note ! In “Berlinische Monatsschrift”, dicembre 1784, vol. v, pp. 481-491; tr. it., I. Kant, Risposta alla domanda: cos'è l'Iluminismo?, in Scritti di storia, politica e diritto, a cura di F. Gonnelli, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 45-52. ? G.E. Lessing, Die Juden, 1749, in G.E. Lessing, Gesammelte Werke, C. Hau- ser Verlag, Miinchen 1959, pp. 273-309. 3 M. Mendelssohn, Phédon oder iiber die Unsterblichkeit der Seele, Berlin 1767, 1768, 1769. 4 G.B. Vico, Princìpi di una scienza nuova intorno alla natura delle nazioni per la quale si ritrovano i princìpi di altro sistema del diritto naturale delle genti, libro v, cap. II, in G.B. Vico, Opere, a cura di A. Battistini, 2 voll. Mondadori, Milano 1990, vol. 1, pp. 954-956. 5 C. Baudelaire, Le Peintre de la vie moderne, in Euvres complètes, Gallimard, coll. Bibliothèque de la Pléiade, Paris 1976, t. II, p. 695; tr. it. di E. Somarè, Il pit- tore della vita moderna, in C. Baudelaire, Poesie e Prose, Mondadori, Milano 19814, p. 945. 6 C. Baudelaire, De l’aéroisme de la vie moderne, cit., p. 494; tr. it., Dell'eroi- smo della vita moderna, in C. Baudelaire, Poesie e Prose, cit., p. 772. ? C. Baudelaire, Le Peintre de la vie moderne, cit., pp. 693-694; tr. it. cit., pp. 942-943. 3 Ibid. 232 76 79 Ⅰ. Corrispondenza fra musica e linguaggio verbale La corrispondenza fra retorica verbale e musicale, che viene individuata a livello teorico dai trat- tatisti dell'epoca, è l'humus della cosiddetta «teoria degli affetti», di cui si offrirà una panoramica in Ⅴ. Tale equivalenza viene recepita e conciliata ad un principio luterano (Ocularia miracula longe minora sunt quam auricularia) in cui si afferma la superiorità dei miracula auricularia, dei prodigi, a cui si arriva attraverso l'udito, rispetto ai miracula ocularia, i prodigi, ottenuti mediante la vista. Se non in tutti, al- meno in gran parte dei produttori di musica sacra questa assunzione è rilevabile come principio promo- tore. Che insita nella parola fosse nascosta una natura musicale non era tuttavia una novità teorica, già in Grecia questa fu una prospettiva frequentata e persino Cicerone definì la «parola» un Cantus Obscurior. La novità consisteva nel rintracciare in musica un significato linguistico, articolabile alla stessa maniera del linguaggio verbale. Tale corrispondenza si esercitava in due modi: Il primo nella capacità della mu- sica di muovere l'animo dell'ascoltatore allo stesso modo in cui era mosso da un'orazione, il secondo nell'utilizzo di figure retoriche usuali nella declamazione ma innovative nell'ambito musicale. A suppor- tare le tesi sopra esposte seguirà una citazione di Francesco Geminiani (1687-1762) che ha, così eloquen- temente, riassunto il potere retorico della musica: «Gli uomini di comprensione molto miope e di idee semplici potrebbero forse chiedere: è possibile dare significato ed espressione al legno e fili, o conferire a loro il potere di accrescere e confortare le passioni degli esseri razionali? Quando sento porre una tale domanda, sia per informazione, o per scopi di derisione, non avrò nessuna difficoltà a rispondere affermativamente, e senza cercarne troppo profondamente la causa reputerò sufficiente e soddisfarne l’effetto. Anche nel parlato la differenza di toni dà alla parola significati diversi. E nell’ambito dell‘esecuzione musicale, l’esperienza ha mostrato che l’immaginazione dello spettatore è in generale così tanto alla mercé del maestro che con l ‘aiuto di variazioni, movimenti, intervalli e modulazione potrebbe addirittura imprimere quell’ impressione nella mente che sta allietando45.» 45 FRANCESCO GEMINIANI, A Treatise of Good Taste in the Art of Musick, Londra, 1749, p.3 80 Questi due livelli della natura retorica della musica seguono sviluppi assai intrecciati fra loro. Il primo, come sopra accennato, connette la capacità della musica di affettare l'animo umano, quindi di suscitare un’emozione nell'ascoltatore che sia indipendente dalle sue conoscenze musicali, alla medesima capacità rintracciata nell'arte retorica di determinare un’emozione nell'interlocutore a seconda del tono adoperato dal retore. L’influenza della vibrazione acustica sui nostri sentimenti è un’esperienza comune indipendente dalla conoscenza dell’armonia o della connessione retorica agli intervalli e alle corde. La musica barocca, orientata verso l’interazione tra dissonanza e consonanza, riflette bene l’interazione tra tensione e distensione che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana. L’affermazione dei trattati storici secondo cui la musica barocca suscita passioni è quindi piuttosto plausibile. Il matematico e filosofo tedesco Leibniz scrive che: «Di solito non comprendiamo in cosa consiste la perfezione delle cose che ci danno piacere, o che tipo di perfezione suscitino in noi, tuttavia i nostri sentimenti la percepiscono, anche se non riusciamo a comprenderla. La musica ne è un bellissimo esempio. Qualsiasi cosa emetta un suono, contiene una vibrazione o un moto trasversale, simile a quello che vediamo nelle corde. Quindi qualsiasi cosa emetta un suono rilascia impulsi invisibili. Quando questi non sono confusi ma procedono insieme in ordine e con una certa vibrazione, allora suscitano piacere; allo stesso modo notiamo alcuni cambiamenti da sillabe lunghe a brevi, e una coincidenza di rime in poesia, che contengono una musica silente e che, se correttamente costruite, risultano piacevoli anche senza essere cantate. Il battere dei tamburi, il ritmo e la cadenza di una danza, e altri moti di questo genere nella misura e nella regola, ottengono la loro piacevolezza dal loro ordine, poiché l’ordine aiuta le emozioni. Ed un ordine regolare, seppur invisibile, si trova anche nelle battute e nei movimenti, creati ad arte, delle corde vibranti, dei pifferi, delle campane e perfino della stessa aria, che questi integrano in un moto uniforme. Grazie al nostro udito, si genera una risonanza congeniale, alla quale rispondono i nostri spiriti animali. Ecco perché la musica si adatta così bene a muovere le nostre menti, anche se questa funzione non è di solito sufficientemente notata o ricercata46.» 46 GOTTFRIED WILHELM LEIBNIZ, On Wisdom (Manoscritto, c.1690-1670), Traduzione in inglese a cura di Leroy Loemker contenuta in Gottfried Wilhelm Leibniz: Philosophical Papers and Letters, Dordrecht: Reidel, 1956, pp.425-426 81 Ⅱ. Il secondo tipo di interazione e le connessioni fra etica cristiana ed estetica barocca Il secondo tipo di interazione individuata fra musica e parola, che consiste nell' uso di figure retoriche sviluppate nel linguaggio mu- sicale, viene sviluppata in dipendenza dal primo tipo di interazione. A questo riguardo, si rimanda alla digressione storica contenuta in 4.2b, in cui si approfondiscono, dal punto di vista concettuale, le connes- sioni fra etica cristiana ed estetica barocca. In questa sezione ci limi- teremo a fornire alcuni esempi dei concetti espressi nel quarto capi- tolo. Si potrebbero considerare precursori di questa modalità i madri- galisti della seconda Prattica, ma, anche se sussiste una certa somiglianza tra il rapporto testo-musica nei madrigali, ad esempio di Monteverdi e in molta musica strumentale, coeva e posteriore, in questo periodo vengono acuiti i riferimenti extramusicali e applicati a pieno titolo alla musica strumentale, sgan- ciandola da quella vocale, intesa esclusivamente come exemplum regolativo. Un riferimento d'obbligo va indirizzato alle toccate di Frescobaldi, che si vanno a collocare proprio in quest'orizzonte. Un altro illustre compositore che si serve di questi mezzi è Silvius Leopold Weiss, autore prolifico per il liuto. Un ultimo avverti- mento consiste nell' avvisare il lettore della natura posteriore di queste categorizzazioni: le dispute teoriche iniziate nel 500 non cul- minarono con una messa a punto totale delle forme compositive, basti pensare all' impiego del termine Cantada in Alessandro Grandi e Aria in Caccini per rendersi conte di come queste defini- zioni non denotassero concetti univoci. figura 29, Ritratto di Frescobaldi all'età di 36 anni, Claude Mellan. figura 30, Claudio Monteverdi, dipinto di Bernardo Strozzi, 1640. 84 ascoltava ed elevare la percezione di sentimenti quali la tranquillità, il terrore, l’amore, la gioia … gli odierni maestri di musica retorica- i compositori di colonne sonore – fanno lo stesso e con grandi risultati. Jean Philippe Rameau (1683-1764) scrive (1722): «La dolcezza e la tenerezza vengono talvolta ben espresse da … dissonanze. I teneri lamenti richiedono talvolta dissonanza…50» Johanne Matthenson, scrivendo dal punto di vista del compositore, si esprime come segue a proposito degli intervalli: «Dal momento che la gioia viene vista come espansione degli spiriti della nostra vita, ne consegue ragionevolmente e naturalmente, che essa possa trovare la migliore espressione attraverso intervalli ampi ed estesi. Se, d’altro canto, si sa che la tristezza è una contrazione delle parti sottili del nostro corpo, è facile capire che gli intervalli vicini e più stretti (limitati) sono i più adatti per esprimere questo sentimento51.» E aggiunge che: «Un pezzo contrappuntistico o una composizione musicale è da ritenersi meritevole di lode quando è decorata di dissonanze ben piazzate, ed ha maggiore effetto espressivo, soprattutto tra esperti di musica, quando l’acutezza e l'asprezza di tali intervalli viene moderata … Le dissonanze, sono per così dire, il sale, le spezie o i condimenti dell’armonia, proprio come le consonanze possono di questa considerarsi la carne o il pesce … le dissonanze da sole non danno gusto alcuno; esse semplicemente lo stimolano e pertanto non devono verificarsi troppo spesso e con troppa durezza52.» Joanne Joachim Quantz parla dell’effetto della dissonanza e della consonanza in termini di disturbo/di- sordine e risoluzione: proprio questo generarsi di passioni differenti è la ragione per cui le dissonanze devono essere suonate con più vigore rispetto alle consonanze. Le consonanze mettono l’anima in uno 50 JEAN-PHILIPPE RAMEAU, Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, Parigi, 1722, p.141 51 JOHANNE MATTHESON, Der vollkommene Capellmeister, Amburgo, 1739, 1.3.56-57, p.16 52 Ibid.III. 10.1.3, p. 296 85 stato di completa calma e serenità; le dissonanze, d’altro canto, risvegliano sensazioni di dispiacere nell’anima … più una dissonanza viene suonata in modo dissimile rispetto alle altre note e con maggior delicatezza e maggiore sarà l’effetto all’orecchio di chi ascolta. Più è sgradevole ciò che disturba la nostra gioia e maggiore sarà il piacere successivo. Quindi più è forte la dissonanza e maggiore sarà il piacere percepito dalla sua risoluzione. Senza questa combinazione di suoni ar- moniosi e sgradevoli, non sarebbe possibile in musica su- scitare passioni in un dato momento, per poi placarle un attimo dopo. Quantz scrive anche della connessione tra intervallo e dinamica nel contesto del basso continuo (1752). In riferimento ad intervalli che formano un ac- cordo su un basso, dice: «Per rendere tutto ciò più chiaro, farò un esempio che mostra le suddette dissonanze e le differenze nella loro espressione in relazione all’indebolimento ed al rafforzamento del suono, da cui si può chiaramente vedere come piano e forte siano tra gli elementi più necessari quando si vogliono esprimere sentimenti nelle performance…! Per maggior chiarezza le suddette dissonanze saranno divise in base ai loro effetti in tre classi: 1. Alla prima classe, mezzo-forte appartengono: La seconda con la quarta La quinta con la sesta maggiore La sesta maggiore con la terza minore La settima minore con la terza minore La settima maggiore figura 31, Johann Joachim Quantz. 86 2. Alla seconda classe, forte, appartengono: La seconda con la quarta aumentata La quinta diminuita con la sesta minore 3. La terza classe, fortissimo, include: La seconda aumentata con la quarta aumentata, la terza minore con la quarta aumentata La quinta diminuita con la sesta maggiore, la sesta aumentata La settima diminuita La settima maggiore con la seconda e la quarta Il prerequisito di ciò è che gli accordi armonici non siano accompagnati in modo troppo forte, ma piuttosto in mezzo piano, così da aver la possibilità, ove necessario, di poter suonare più dolcemente o più intensamente53.» Quantz aggiunge che si tenta, con questo tipo di accompagnamento, di imitare la voce umana e quegli strumenti, capaci di aumentare e diminuire il tono e come sintetizzato da Arnold (1931), «questi gradi di altezza e volume non vanno considerati come assoluti ma come relativi, vale a dire, proporzionati al livello di altezza e volume prevalente in un dato momento. Quindi in un passaggio contrassegnato pia- nissimo, le dissonanze della terza classe (fortissimo) saranno suonate con una tonalità non più alta di mezzo forte…54». 53 JOHANN JOACHIM QUANTZ, Versuch einer Anweisung die flöte traversiere zu spielen, Berlino, 1752, XVII.6.14, pp.228-229 54 F.T.ARNOLD, The Art of Accompaniment from a Thorough-bass as practiced in the XVIIth and XVIIIth centuries, Dover, New York, 1965, p.408 89 Fa Maggiore: è capace di esprimere i sentimenti più belli del mondo… generosità, fermezza, amore, virtù. Re maggiore: è per natura un po' dura e ostinata, particolarmente appropriata per esprimere rumore, gioia e ciò che ti tira su. Sol maggiore: contiene ciò che si può definire discorsivo ed insinuante ed è brillante in questo genere di cose; appropriata sia per temi seri che leggeri. Do minore: una chiave estremamente dolce e malinconica… gentilezza. Fa minore: gentile e calma, profonda ed intensamente connessa con una certa disperazione e paura della morte… esprime una malinconia oscura e senza speranza. Sib maggiore: divertente e poderosa… Mib maggiore: molto seria e lamentosa. La maggiore: molto accattivante, e anche se brillante tende più al lamento e alle passioni tristi che al divertimento. Mi maggiore: esprime incomparabilmente disperazione e tristezza mortale… qualcosa che lacera, separa, fa soffrire e colpisce… tanto da poter essere paragonata solo alla separazione fatale tra anima e corpo. Si minore: è bizzarra, cupa e malinconica. Fa# minore: anche se induce ad un gran dolore è più languida e amorevole che letale. 90 Marc-Antoine Charpentier57 (1643-1704) presenta la seguente lista di chiavi e le passioni a loro correlate: Do maggiore: gioiosa e guerriera Do minore: oscura e triste Re maggiore: gioiosa e molto guerriera Re minore: seria e devota Mib maggiore: crudele e dura Mi minore: femminile, amorevole e lamentosa Mi maggiore: litigiosa e triviale Fa maggiore: furiosa e fiera Fa minore: cupa e lamentosa Sol maggiore: dolcemente gioiosa Sol minore: austera e poderosa La maggiore: gioiosa e rustica La minore: tenera e lamentosa Sib maggiore: poderosa e gioiosa Sib minore: cupa e terribile Si maggiore: dura e lamentosa Si minore: solitaria e malinconica Anche la modulazione ha un effetto sulle passioni: nonostante non sia stata trattata in modo codificato dai teorici, è stata anch’essa riconosciuta come fattore importante. Il filosofo e compositore Jean- Jacques Rousseau per esempio (1712- 1788), scrive sui fattori che contribuiscono alla perfezione della musica Italiana (1753): «Il primo è la dolcezza della lingua… il secondo è l’audacia delle modulazioni che, nonostante sia meno pedissequamente preparata delle nostre… aggiunge forza vitale all’espressione. così che il musicista sa come esprimere le esitazioni, le interruzioni ed il discorso spezzato che dà voce alle passioni impetuose – passando bruscamente da una chiave o modo ad un altro ed omettendo le transizioni pedanti ed intermedie…58» 57 MARC-ANTOINE CHARPENTIER, Règles de Composition, Parigi, 1690 58 JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Lettre sur la musique françoise, 1753, pp.30-31 91 Bibliografia -Adorno T. W., Filosofia della musica moderna, Einaudi, Torino, 1975. -Arnold F. 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