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Analisi e parafrasi "Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra", Dante Alighieri, Appunti di Filologia romanza

Analisi fatta a lezione dal prof. Canettieri del componimento di Dante, in comparazione con il testo "Lo ferm voler" del trovatore Arnaut Daniel.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 30/09/2021

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Scarica Analisi e parafrasi "Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra", Dante Alighieri e più Appunti in PDF di Filologia romanza solo su Docsity! CANETTIERI 21 MAGGIO <sestina di Arnaut Daniel >imitazione che ne fece Dante -> “AI poco giorno e al gran cerchio d'ombra” > Canzone inserita nel ciclo delle petrose -> ciclo dedicato alla donna pietra: donna che ha caratteristiche di una pietra -> donna dura sia dal punto di vista fisico, sia morale sia del valore della donna stessa (=pietra preziosa) -> componimento più famoso di questo ciclo: “Così nel mio parlare voglio essere aspro” -> asperitas dello stile (=stile aspro) + “li atti di questa bella petra” ->donna aspra (a cui Dante risponde il modo apro) =>> Dante raggiunge dei picchi stilistici alti in questo componimento -sestina di Dante mutuata dalla sestina danielina -> sestina difficilmente isolabile rispetto agli altri componimenti del ciclo della donna petra -“Lo ferm voler...” e “Al poco giorno e al gran cerchio...” -> testi affiancati sono identici (sestina di Arnaut e canzone di Dante) -> non c’è differenza =>> Arnaut e Dante: stesso numero di versi e stessa organizzazione (6 versi e 6 strofe + 3 di tornadas) + “Lo ferm voler”: non ha rime all’interno della strofa -> anche la canzone di Dante non ne ha =>> schema rimico: abcdef + testo di Arnaut è strutturato su parole rima -> anche quello di Dante + sestina di Arnaut: permutazione che porta a chiudere il ciclo a n=6 -> stessa permutazione è messa in opera da Dante Dante diverso da Arnaut in cosa * + imitazione pedissequa, forte (in tempi moderni si sarebbe parlato di plagio) => non c'è possibilità di poligenesi (genesi indipendente tra due autori) + Dante nel “De vulgari eloquentia” maschera, dissimula queste imitazioni *_; > in due tratti: 1) la sestina di Arnaut ha una asimmetria interna sul piano del numero delle sillabe -> tutti i versi sono decasillabi femminili, tranne il primo (di ogni strofa) che è un eptasillabo femminile => nomenclatura italiana: decasillabo francese è un endecasillabo italiano; eptasillabo francese è un ottonario italiano -> questo verso (ottonario/ottosillabo) non poteva andare bene a Dante (invece diffusissimo presso i trovatori) => l’ottosillabo è un verso parisillabo + Dante distingue e divide i versi in parisillabi e imparisillabi -> endecasillabo, enneasillabo (:verso di 9 sillabe con l'ottava tonica), settenario e quinario sono versi imparisillabi -> nel De vulgari eloquentia Dante dice che l’enneasillabo deve essere escluso (fra gli imparisillabi della sua classificazione) -> enneasillabo= octosyllabe (importante nella tradizione galloromanza) > metro eccellentissimo: endecasillabo (generalizzerà questo metro nella Divina commedia e nelle canzoni d’amore più importanti) -> + settenario + commistione tra endecasillabi e settenari si ritroverà in modo massiccio nella canzone italiana delle origini, fin da Giacomo da Lentini -> settenario: metro che resta al netto della cesura di quarta in un endecasillabo ->2° verso della Divina commedia: “Mi ritrovai | per una selva oscura” -> è un settenario (|: cesura di quarta) > commistione di endecasillabo e settenario nasce dalla presenza di un emistichio che già si faceva sentire come verso ->i versi imparisillabi per Dante vanno usati nella canzone -> i versi parisillabi invece sono popolari, suonano volgari e quindi non vanno usati nel genere alto Eptasillabo francese (primo verso della sestina di Arnaut) = Ottonario italiano + è un verso parisillabo ed è vietato in italiano poiché volgare, popolare MA ha una grande potenza memorativa -> i ritornelli che hanno una funzione memoriale sono scritti in ottonari (“Trenta giorni ha novembre...”) -> ottonario: verso popolare con capacità mnemotecnica > fenomeno cognitivo: alcuni metri sono facilmente memorabili -> distico di ottosillabi: favorisce la memorizzazione + suona come metro popolare, non lo percepiamo come alto (Dante lo esclude) Questa equivalenza (eptasillabo francese= ottosillabo italiano) rendeva questa struttura che è totalmente simmetrica e perfetta al suo interno (gioca con il n.6 -> è un numero perfetto + “Senarius numerus perfectus” + senario: numero perfetto perché rientra nella decade pitagorica -> in antichità il cerchio (figura perfetta) era computato sulla base di 6 raggi =>> in questa perfezione c'è una dissimmetria -> all’interno di una struttura perfettamente regolare, che segue una regola dettata dal caso (-> dado: simbolo del caso => Einstein: “Dio non gioca a dadi con il mondo” -> le cose non sono casuali ) + questa strutturazione che nasce dal caso, poi assume una forma perfetta -> l’eptasillabo è l’unico tratto di dissimmetria in un sistema che altrimenti sarebbe assolutamente meccanico, di totale perfezione => Dante ha livellato l’ottonario ad un endecasillabo -> la sestina di Dante è fatta solo di endecasillabi 2) secondo elemento di differenziazione tra Dante e Arnaut: disposizione delle parole rima all’interno delle tornada (lo vedremo poi) Sestina di Dante: non solo influenzato sul piano macro-strutturale ma anche su quello microstrutturale -> piccole riprese + netta predominanza della cesura di quarta (in provenzale la cesura di quarta è l’unica cesura ammessa -> decasillabo provenzale praticamente non ammette cesura di sesta -> cioè o c'è una cesura di quarta e una cesura di sesta, o c’è solo una cesura di quarta) Cesure della sestina di Arnaut: prendiamo solo i decasillabi -> < “no’m pot ges vers” (perché il primo verso è un eptasillabo francese, ottonario italiano) -> v. 10 “non ai membre...”: cesura lirica -> cesura di terza + l’atona che segue (alcuni metricologi sostengono che i provenzali leggessero la cesura lirica spostando l'accento -> /non ai membré/) =>> in Arnaut le cesure sono tutte di quarta -> in provenzale non esistono endecasillabi a maiore (per l'italiano sì endecasillabi a maiore -> vedo incipit della Divina Commedia) > in italiano endecasillabi a maiore ed endecasillabi a minore sono bilanciati -> Dante, a fronte di questo bilanciamento che si ha nella metrica italiana, qui usa invece prevalentemente endecasillabi a minore (cesura di quarta) -> si fa influenzare, fa propria una struttura provenzale -Parole rima che utilizza Dante -> ombra, colli, erba, verde, petra, donna =>> organizzazione fonica associativa delle parole rima -> come ha lavorato Dante nello strutturare queste parole rima? > “ombra”:tre consonanti fra due vocali (muta cum liquida, precedute da nasale) -> è la struttura fonica predominante nella sestina di Arnaut => è equivalente a “ongla” dal punto di vista strutturale (le due vocali che incorniciano sono le stesse) => MA da un punto di vista semantico dante si allontana dall'andamento di Arnaut, perché trova questa parola che rappresenta qualcosa di ben preciso -> simbolicamente e stilisticamente: ombra rappresenta l'oscurità + c'è il cerchio (sestina: andamento e struttura circolare => Arnaut: inizia con “intra” e finisce con “intra”) -> qui: oscurità dell'inverno -> “poco giorno” = collocazione invernale -> l'oscurità della stagione risponde e corrisponde ad un’oscurità morale > qui e nel ciclo petroso (-> ciclo petroso collocato al 1296) corrisponde alla lussuria -> questa donna petra non è Beatrice -> è un momento di passaggio e di perdizione (donna che desidera in maniera sensuale) + oscurità del dettato (obscuritas) -> dettato non dolce, non trasparente e lineare = convenienza retorica tra lo stile e il contenuto © Inghilfredi da Lucca: poeta siculo-toscano del ‘200 (precedente a Dante) -> guittoniano -> scrisse un componimento che presentava la parola rima “ombra” -> con questa parola rima esprime un concetto che qui Dante non esprime esplicitamente + “Del meo voler dir l’ombra tratta di una cosa che stiamo dicendo e facciamo i fonosimbolisti, assolutamente no! Questa è una cosa che Dante dice espressamente, ce lo dice lui. * RILEGGE LA PRIMA SESTINA* c'è UN elemento che è potentemente impressivo e che, secondo me, sarebbe impressivo anche per voi se coglieste a pieno la forza di quel verso proprio da un punto di vista fonosimbolico. “E pus no l’aus batr'ab ram ni verja” “Non l’oso battere con ramo né con verga” Badate, è forte! L’altro giorno abbiamo fatto un convegno e un collega (editore nel 1978 di Arnaut Daniel, si chiama Maurizio Perugi, era un allievo di Gianfranco Contini che ha insegnato a lungo a Perugia e a Ginevra) ha fatto una monumentale edizione di Arnaut Daniel, diceva (riprendendo una mia Antica intuizione) che una cosa su cui dobbiamo sempre ragionare quando, appunto, pensiamo ad Arnaldo è il fatto che era un ESCOLIER, era uno scolaro ,era un Magister. Come vi dicevo anche ieri, il Magister nel Medioevo era caratterizzato da questa virga corretionis quindi questo “non l’oso battere con ramo né con verga” è molto forte detto da un magister, qualcosa che evidentemente impressivo. Se voi notate la struttura batr'ab ram” sentite come ci sono dei richiami forti, provate un po' a ripetere nella testa come un mantra e vedrete quanto è forte e potente questa sequenza fonica. E dove la trovate? In “barbato” (v.5) Vedete che è straordinaria questa ripresa, che vuol dire Barbato nella dura pietra? Proviamo a fare una piccola parafrasi. “Sono giunto all'inverno, al poco giorno del mio cerchio d'ombra, nel momento in cui i colli si imbiancano, il colore dell'erba si perde (quando si perde lo color nell'erba, tutto si imbianca quindi non l'erba da verde che era ormai è diventata tutta bianca. Si livella, tutte le sfumature vengono livellate) il mio desiderio non cambia (non si perde, resta lì) tanto è barbato (che significherà qui questo? Il desiderio è barbato, ha fatto le barbe quindi è radicato, ha messo radici nella dura pietra)”. La sestina di Arnaldo, l'avete visto presenta dei termini di straordinaria sensualità nel senso di vicinanza: l'unghia e la carne, la vicinanza determinata appunto da questi due elementi che sono la corporeità dell'unghia insieme alla carne! Qui vedete che il desiderio è proprio barbato nella dura pietra non cambia, è un sempreverde ed è radicato nella dura petra che “parla e sente come fosse donna”. Nel ciclo petroso, quindi, non è la donna che è una pietra ma è la pietra che è una donna. Quindi è un desiderio che è radicato proprio in questa donna. Così capite anche il rapporto che c'è tra questi due testi ma, badate, non è un imitazione pedissequa: guardate quanto è diverso poi se noi andiamo ad analizzare da un punto di vista sociologico. In Arnaut Daniel avevamo questi oppositori che sono il suo vero grande problema (ve l'ha detto Margherita probabilmente?). Il lauzengier è il mettimale, quello che va fondamentalmente dall’oppositore e va a rivelare l’amore dei due amanti. | centri cortesi erano delle piccole cerchie, c'era sempre il mettimale che andava a seminare zizzania, era un lusingatore: lusingava il Signore feudale e poi gli diceva che Arnaut se la faceva con sua moglie. Questo era il problema per eccellenza, poi c'era l’oncle, i parenti che gli davano consigli ecc... Quindi diciamo una dinamica sociale in cui lui vorrebbe entrare nella camera e tutta una serie di oppositori cercano di impedirglielo (nella camera c'è questa donna). Questa è la storia della sestina: una clausura, una donna rinchiusa da tutto un sistema di società che la vuole rinchiusa e lui che desidera entrare in questa camera. In Dante tutto ciò non c'è, la società è cambiata evidentemente e il problema di Dante non è quello di entrare nella camera, il suo problema è il rapporto con questa donna. Quindi diciamo che lì abbiamo soltanto un IO e un TU: un io lirico che canta e neanche un tu perché poi, appunto, non si rivolge direttamente alla donna petra; la canta, la narra, la racconta ma non c'è un oppositore nella sestina di Dante, l’unico oppositore è la donna stessa. Non c'è, Invece, in Arnaut nessun elemento che ci porti questa direzione, non è la donna che lo rifiuta, non è la donna che è rigida, dura, malvagia nei suoi confronti. No assolutamente, la donna è rinchiusa in questa torre d'avorio, in questa cambra protetta a vista da guardiani, dalla società. Questo è un dato importantissimo per capire tante cose. Una delle grandi scoperte della dantistica comparata è il fatto che Dante, un po' come Petrarca e in parte come molti diciamo autori della tradizione a lui precedente, fa morire la donna. Beatrice muore, come muore Laura, come come muoiono tante anche donne di trovatori ma morendo permettono poi al poeta di poter dire altro, di poter parlare di altro. Fondamentalmente è questo, alcuni trovatori si concentrano sul proprio io, Dante si concentra sulla teologia, sulla donna concepita soltanto come allegoria di qualcos'altro, sia essa la filosofia, la teologia... Beatrice diventa altro, non è più Beatrice donna in carne ed ossa, la fa morire praticamente! Antonelli diceva appunto che la uccide, che attua un femminicidio quello che compiono sia Dante sia Petrarca perché le fanno morire e poi, in questo modo, si sentono liberi di poter cantare il proprio io, di poter cantare i propri dolori, di poter cantare quella donna che non è più una donna di fatto. Il problema di Arnaut è un altro, è un problema societario, di società, che riguarda il suo contesto quindi proprio veramente vedete la differenza fra una canzone cortese, di vita di corte e una canzone in cui ormai il rapporto è diretto fra amata e amante. * DOMANDA IN AULA* X: “Può spiegare la definizione di parole aspre secondo Dante?” PROF: “Allora questo concetto lo vedremo con grande precisione la prossima volta perché ci guarderemo e ci leggeremo quel passo. Dante fondamentalmente Individua come parole aspre quelle che 1 mettono insieme la muta con la liquida 2 quelle che mettono insieme la doppia laterale, la liquida geminata dice lui e 3 quelle che presentano un accento acuto o circonflesso, vuol dire parole tronche parole sdrucciole nella terminologia dantesca. Però adesso non vorrei entrare su questo perché poi dopo ci facciamo la prossima lezione proprio su questo tema perché ci leggeremo quei passi del “De vulgari eloquentia”, prendiamo la versione su internet, ci leggiamo tutti i luoghi che ci interessano (non solo tutti insieme eh ,sono un po' in punti diversi del trattato) e poi ci prendiamo i punti in cui lui parla esplicitamente di Arnaut Daniel e della sestina. Adesso finiamo quindi con la nostra parafrasi, così abbiamo letto integralmente questo testo. Similemente questa nova donna si sta gelata come neve a l'ombra: ché non la move, se non come petra, il dolce tempo che riscalda i colli e che li fa tornar di bianco in verde perché li copre di fioretti e d’erba. “Nello stesso modo (come la pietra) questa nuova donna (importante questo aggettivo usato per Il dolce stil novo e La Vita Nova, la donna quindi è giovane donna, giovane fanciulla) sta gelata come neve all'ombra”. Abbiamo visto le caratteristiche, la donna pietra è dura ma è anche gelida e però nello stesso tempo iil gelo è duro, rappresenta la durezza, il ghiaccio. Così viene tratteggiata questa donna. “è irremovibile, (non si smuove, come una pietra. Qui la parola pietra assume tutti i significati che ha la pietra quindi evidentemente un masso pesante che non si smuove, inamovibile.) anche a primavera (neanche la primavera la smuove)”. Anche quando i colli si riscaldano lei resta irremovibile nel suo sentimento, quindi anche quando torna la Primavera. Vedete come gioca bene su queste parole,usa colli esattamente come l'aveva utilizzato all'inizio e invece adesso il tempo li scalda e li fa tornare di bianco in verde. Notate anche le rotazioni cromatiche, è molto interessante il cromatismo di questo testo. “LI fa tornare di bianco in verde perché li copre di fioretti e d'erba”. Un bellissimo cromatismo, non del tutto convenzionale che evoca immediatamente in Dante una ghirlanda (chiaramente indotta anche dalla retrogradatio e dalla losi). “Quand’ella ha in testa una ghirlanda d'erba, trae de la mente nostra ogn’altra donna: perché si mischia il crespo giallo e ‘l verde si bel, ch” Amor lì viene a stare a l'ombra, che m'ha serrato intra piccioli colli più forte assai che la calcina petra.” “Quando lei ha in testa una ghirlanda d'erba trae dalla nostra (pluralis maiestatis) mente ogni altra donna perché si mischia il crespo giallo e il verde (notate la notazione cromatica) della ghirlanda che è così bella che Amore viene a stare all'ombra”. Amore è personificato, si riposa all'ombra della ghirlanda! l’immagine è quella di una donna inghirlandata, vestita a festa: il primo di maggio a Firenze e, chiaramente, in tutto il contado si faceva appunto la festa di calendimaggio (quella che poi noi ereditiamo come festa dei Lavoratori prima era il cosiddetto calendimaggio) in cui si festeggiava, si facevano bellissime feste. Normalmente durante questa festa appunto le donne si inghirlandavano, si mettevano in testa una coroncina di fiori e d’erba. “che m'ha serrato intra piccioli colli” Questo serrare, questo chiudere Ci ricorda tante cose. Innanzitutto la chiusura nella camera Ma anche proprio il distringere forte e potente di Amore: nella tradizione provenzale prima e italiana Poi amore ha questa caratteristica, distringe e rappresenta una stretta. In che senso stringe amore? Amore stringe in due sensi ® Dal punto di vista sociale stringe perché limita la libertà ® Daunaltro punto di vista invece stringe in quanto è come se fosse una stretta al cuore. Dante queste cose le sa benissimo, rappresenta nel quinto dell'inferno i due amanti (Paolo e Francesca) leggendo quel romanzo di Lancillotto “come amor lo strinse” e la stretta d'amore è quella che aveva preso Lancillotto per Ginevra- Ecco questo amore praticamente lo ha serrato, l'ha chiuso tra piccoli colli. “più forte assai che la calcina petra.” “lo l'ho veduta già vestita a verde”, notate appunto l'allitterazione. L’ha vista vestita di verde, rievoca quel momento. “sì fatta ch'ella avrebbe messo in petra”, ci sono varie interpretazioni a riguardo: c'è chi interpreta (secondo me correttamente) come colpire nella pietra, rendere immortale, talmente bella da immortalare il mio amore. C'è chi invece lo interpreta come rendere petroso, irrigidire, rendere duro e inamovibile, pietrificare l’amore. Sono interpretazioni diverse, entrambe valide ma possiamo tradotte con “pietrificato” perché rende l'ambiguità quindi va bene! l'amor ch'io porto pur a la sua ombra” quindi un amore che non è solo per la donna fisica ma anche per l'ombra di questa donna. “ond’io l'ho chesta in un bel prato d'erba”, lui ha chiesto il suo amore per questa ragione, in un bel prato d'erba innamorata. Fino ad ora abbiamo sentito di una donna pietra, una donna che lo rifiuta e qui invece viene rappresentata come una donna innamorata, come mai fu donna. Qui dobbiamo ricercare la soluzione, letteralmente sarebbe “Innamorata come mai fu donna” può darsi che fosse talmente tanto poco innamorata che, comparata all'amore di qualsiasi altra donna (anche la meno innamorata), sarebbe comunque Innamorata come mai altra donna. Però, forse, interpretazione giusta è che qui stava vagheggiando un momento in cui lui ne richiede l'amore lei in quel momento particolare era innamorata di lui. “e chiuso intorno d’altissimi colli”, come vedete, è difficile utilizzare sempre la stessa parola quindi qui lui rappresentali questo paesaggio diciamo collinare in cui lui si trovava in questo momento di festa. Poi c'è il famosissimo adynaton che poi si porterà dietro Petrarca in quasi tutte le sue sestine. Se prendete le 9 sestine di Petrarca (Petrarca inserisce nel suo canzoniere 9 sestine, l'ultima doppia) vedrete che in quasi tutte è presente l'adynaton che, invece, non c’è nella sestina di Arnaut Daniel. In realtà, è un tratto tipico di Daniel che noi ritroviamo in un altro suo testo: “En cest sonet coind'e leri” quindi in questo sonetto bello e piacevole” dove Arnaut, in tornada dice “leu sui Arnautz qg'amas l'aura e chatz la lebre ab lo bou e nadi contra suberna” quindi “io sono Arnaut che ammassa l’aria” abbiamo parlato veloce sono arnout Camassa Laura caccia alla lepre con il bue immaginate andare a caccia della lepre con il bue e nuoto contro la cascata”. Mi raccomando, non è nuotare contro corrente (come si legge normalmente nuotare contro la corrente) ma è proprio contro la cascata, l’acqua che scende da sopra. Quindi un Arnaut che si rappresentava come colui che ricerca cose impossibili e Dante riprende questa linea. Chiaramente l’adynaton è una figura antica che ritroviamo nella classicità quindi Dante non è che aveva aveva bisogno di andarla a ricercare in Arnaut. La cosa interessante, che colpisce anche in Petrarca, è che Dante abbia inserito l’adynatan nella sestina tanto che lo stesso Petrarca considererà la sestina il luogo degli adynatan e quindi ne mette quasi in tutte le sue sestine. “Ma ben ritorneranno i fiumi a'colli, prima che questo legno molle e verde s’infiammi, come suol far bella donna, di me; che mi torrei dormire in petra tutto il mio tempo e gir pascendo l'erba, sol per veder do’ suoi panni fanno ombra.” Quindi “fiumi ritorneranno ai colli (Concetto impossibile) prima che questo legno (riprende quella verga che era circondata dalla scorza) molle e verde si infiammi”. Fa riferimento al fuoco d'amore, prima lei era innamorata ma adesso non prende fuoco (non sembra più innamorata). “Come di solito fa una bella donna (una bella donna suole innamorarsi), di me che. lo che arriverei a dormire sulla pietra (sul lastrico). Questo distico presenta un amante inselvatichito che, dormendo sulla pietra, è ridotto al lastrico. “E andare in giro mangiando erba per tutto il tempo solo per vedere dove i suo panni fanno ombra” Si riferisce ai luoghi in cui lei è stata, i panni verdi di questa donna ombreggiando determinati luoghi che lui verrebbe vedere e sarebbe disposto a farsi selvaggio solo per questo. “Quantunque i colli fanno più nera ombra, sotto un bel verde la giovane donna la fa sparer, com’uom petra sott’erba.” “Per quanto i colli facciano ombra nera, la giovane donna la fa sparire sotto un bel verde (del suo vestito)”. L'ombra sparisce in virtù della luce si una donna luminosa. “La fa sparire esattamente come un uomo fa sparire una pietra calciandola sotto l'erba”. Dante è riuscito veramente bene a far funzionare tutte e 6 le parole rima utilizzate per 7 volte senza mai ripetersi quindi si tratta di una gestione del verso ineguagliabile, sicuramente. Quindi, per riassumere, l'attitudine di Dante, in parte plagio e ripresa pedissequa, è mimesi ma allo stesso tempo capacità di far funzionare il verso e questa particolare struttura superiore al suo inventore, senza ombra di dubbio.
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