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Analisi e spiegazione poesia LAVANDARE di Giovanni Pascoli, Sintesi del corso di Italiano

Analisi e spiegazione della poesia di Pascoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 24/04/2021

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4.5

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9 documenti

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Scarica Analisi e spiegazione poesia LAVANDARE di Giovanni Pascoli e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! LAVANDARE - GIOVANNI PASCOLI Il componimento fa parte della raccolta Myricae dove fu inserita nel 1894. Myricae è il nome latino per tamerici (piccoli arbusti tipici della macchia mediterranea) e viene dal secondo verso della quarta bucolica di Virgilio che afferma: “Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”. Pascoli rovescia il senso del verso eliminando la negazione, per sottolineare il carattere umile e semplice della poesia, incentrata sulle piccole cose della campagna. Lavandare è un madrigale, ovvero una composizione musicale, composto da due terzine e una quartina di endecasillabi. Nella prima strofa (in cui dominano colori spenti come il grigio e il nero) viene descritto un campo immerso nella nebbia, in cui spicca un aratro abbandonato. Nella seconda strofa, dove invece prevalgono i dati uditivi, entra in scena la presenza delle lavandaie, che il poeta percepisce grazie al rumore dei panni tuffati nell’acqua e dalle loro cantilene. Infatti, nella strofa finale viene riportata la canzone delle lavandaie (una canzone popolare marchigiana) in cui si parla di una giovane ragazza abbandonata dall’amato e rimasta sola come l’aratro in mezzo alla maggese. Il paragone fra l’innamorata infelice e l’aratro chiude la lirica in una struttura circolare. La campagna in Pascoli rivela sempre delle presenze inquietanti anche quando non sembra essere così. Sembrerebbe un sereno quadretto campestre ma in realtà sin dall’inizio questo aratro abbandonato evoca nel lettore un senso di inquietudine, che cresce con la canzone della lavandaia. In questa poesia è evidente il modo in cui Pascoli lavora sul simbolo: visivo e acustico-uditivo. Nella prima e seconda strofa c’è una rappresentazione oggettiva sia nell’ aratro sia nel canto, il poeta utilizza la terza persona: si vede l’aratro e si sente la canzone. Ciò che consente al poeta di rovesciare la rappresentazione da oggettiva a soggettiva e quindi di farne un simbolo è proprio l’ultima strofa in cui il canto riporta le parole dell’io, cioè della donna. è lei che sta cantando, è lei che dice di essere stata abbandonata come un aratro, l’ aratro diventa simbolo dell’abbandono. CHI FA QUESTA OPERAZIONE DI ROVESCIAMENTO? Il fanciullino. “Egli scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario. Impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare.” è descritto il potere analogico e suggestivo della poesia, un potere che tace negli adulti. Pascoli dice che tace nei professori, nei banchieri, nei contadini che sono preoccupati a seguire altri aspetti della realtà. Il fanciullino si nasconde sempre nell’anima di ognuno di noi, ma lo sanno ascoltare solo quei pochi che si accostano alle cose come si accosta lui, e quindi sa stupirsi della solitudine di una lavandaia.
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