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analisi libro oblio esame di filosofia teoretica, Sintesi del corso di Filosofia Teoretica

analisi del libro Oblio di davide foster wallace - Caro vecchio neon , un altro pioniere e una parte del libro fuoco e racconto.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 13/04/2022

cristianalu
cristianalu 🇮🇹

4.4

(10)

35 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica analisi libro oblio esame di filosofia teoretica e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Nel 2004 esce Oblio, una raccolta di otto romanzi brevi con i quali Wallace dimostra di avere una straordinaria ecletticità anche di stile. Otto storie diversissime tra loro e con registri narrativi differenti. Wallace, magmatico, eccentrico, di un’intelligenza matematica: le sue narrazioni sono una sequela di virtuosismi che spaziano in una complessità non sempre alla portata del lettore medio. L’esposizione frammentata  – tipica dello stile postmoderno – finisce per annullarne anche la sequenza temporale. Ma è in Caro vecchio neon che Wallace si supera con un superbo e preveggente gesto narrativo nel quale la fiction si sovrappone alla tragica verità che sta per palesarsi.Il secondo punto ha a che fare con la funzione fàtica. I suoi testi affrontano molto spesso temi difficili da trattare adeguatamente, come la dipendenza (non solo quella da alcol e droghe), la solitudine, la depressione e il suicidio. Anche Caro vecchio neon è incentrato su questi temi. Il linguaggio spesso sopra le righe, violentemente ironico e stravagante con cui Wallace impasta i suoi testi è la soluzione individuata dallo scrittore per modulare il canale che lo connette al lettore, oscillando tra il polo di una narrazione leggera e spontanea a quello di una più riflessiva e di manifesta empatia. E’ proprio l'empatia si svela come muro portante dell'edificio wallaciano nel quale ora ci apprestiamo a entrare, poiché nulla si allontana tanto dall'esibizionismo frivolo e autoreferenziale, a cui la sua opera virtuosistica è stata talvolta accostata, quanto questa disposizione dell'animo. David Foster Wallace non abbraccia il mondo perché il mondo lo veda: il suo è un umile tentativo di arrivare a chiunque.Attraverso l’ironia – definita da egli stesso «an implicit “I don’t really mean what I’m saying”» – smaschera infatti le debolezze della metanarrazione e la vacuità della cultura capitalista. Caro vecchio neon Mostra questo paradosso paragonando la consapevolezza metatestuale a quella di sé: in questo modo infatti non si sta più avendo un’esperienza diretta di un qualcosa, ma è solo un guardarsi “dall’esterno” mentre si sta facendo un’esperienza. Il paradosso dell'impostura era che più tempo e più impegno mettevi nel cercare di far colpo sugli altri o di affascinarli, meno sorprendente o affascinante ti sentivi dentro: eri un impostore. E più ti sentivi un impostore, più ti sforzavi di offrire un'immagine sorprendente o piacevole di te stesso per evitare che gli altri scoprissero che razza di persona vuota e disonesta eri per davvero. -si apre con un personaggio che parla in prima persona -titolo enigmatico -utilizza la sua sottile ironia -mettere in scena tutto ciò che avviene nella mente di una persona in quel preciso istante evitando che lo spettatore si perda in questo vasto oceano. -è come nuotare nella mente di Neal, nella ricostruzione del percorso che lo ha condotto ad essere un impostore, immergendosi nei suoi ricordi e nei suoi dialoghi con l’analista per poi riemergere in superficie. -«io sono un impostore”, questo l’incipit del racconto, la lucida presa di coscienza di quello che si è veramente, e l’autenticità è l’obiettivo della ricerca spasmodica che Neal, e lo spettatore con lui, intraprendono. In fondo siamo tutti impostori, indossiamo, come direbbe Pirandello, centomila maschere, e alimentiamo l’immagine che ogni altra persona costruisce di noi mentendo a noi stessi, per il solo gusto di piacere ed essere in qualche modo accettati e riconosciuti. Neal, che cerca di spiegare come sia giunto alla decisione di suicidarsi e l’abbia messa in pratica con l’intento di porre fine alle proprie menzogne. Wallace empatico a tutti i costi a parlarci, quello che ci parla di gente schifosa e disonesta chiedendoci di capire ed empatizzare.  la conclusione dello psicologo è la stessa a cui era giunto Neal, ovvero che se riesce a raccontare, sinceramente, che crede di essere un imbroglione e un calcolatore, non lo è più di tanto. Scade così, come lo chiama il protagonista, nel "paradosso dell'impostura".La capacità del protagonista di poter manipolare con facilità il suo analista corrisponde per contro alla totale incapacità di sfuggire al paradosso dell'impostura. THE END – che chiude l’ultima nota – e lo stesso Wallace viene proiettato all’interno del testo: egli esprime le sue intenzioni riguardo al racconto, le sue emozioni e i pensieri coincideranno e si confonderanno con quelli di Neal.Il dibattito fisico-filosofico sullo Lo scrittore procede al buio su un sentiero sospeso tra oblio e ricordanza; lo strumento per misurare la sua distanza dal “fuoco” è la lingua. Ed è proprio sulla lingua che si formano le rotture che separano il racconto dal fuoco. Di fatti, oggi gli scrittori si muovono come ciechi e sordi credendo usare la lingua come uno strumento neutrale, ignorando, invece, il “fuoco”. La lingua dello scrittore è un campo di tensioni polari, i cui estremi sono lo stile e la maniera. Lo stile è “l’abito dell’arte”, il possesso perfetto dei propri mezzi, in cui l’assenza del fuoco è assunta, perché tutto è nell’opera e nulla può mancarle. Talvolta, però, si genera un tremito che è la maniera, che nell’ adagiamento dell’abito, attesta ancora ancora una volta l’assenza oppure l’eccesso del fuoco. E in ogni vero scrittore o artista vi è sempre una maniera che prende le distanze dallo stile. In questo modo il mistero disfa la trama della storia, il fuoco gualcisce e consuma la pagina del racconto. Henry James ha raccontato come nascevano i suoi romanzi: all’inizio vi è solo la visione isolata di personaggi ancora privi di ogni determinazione. Essi si presentano disponibili affinché l’autore possa intessere intorno a loro lo sviluppo della trama. La storia che racconta i loro successi e i loro fallimenti, li esibisce e rivela, è anche la trama che li chiude in un destino stabilito. Alla fine, i personaggi iniziali, spogli di qualsiasi ruolo/azione hanno perso il loro mistero, e il racconto può soltanto terminare. Anche nella vita degli uomini avviene qualcosa di simile. L’esistenza sembra essere inizialmente ricca di possibilità, ma perde a poco a poco il suo mistero e finisce per essere soltanto una comune storia, insignificante e disincantata. Mysterium Burocraticum Il Mysterium burocraticum è una prerogativa dell’uomo comune. Quest’ultimo è al centro di un esplicabile rompicapo etico. Quando Dostoevskij e Nietzsche teorizzarono la morte di Dio, essi furono convinti che la più immediata conseguenza fosse l’esordio, negli uomini, di una mostruosità tale da renderli incapaci di trattenere i più scellerati delitti. In realtà la loro previsione si è rivelata inesatta: nonostante si verifichino di tanto in tantoepisodi di assurda atrocità, l’uomo comune è sopravvissuto a Dio senza troppe difficoltà, continuando a vivere senza i conforti della religione e rassegnandosi ad una vita che ha perduto il suo senso metafisico. Vi è, in questo senso un eroismo dell’uomo comune, ovvero una sorta di pratica mistica quotidiana per cui, come il mistico depone l’una dopo l’altra le potenze dei sensi e dell’anima, così l’uomo comune dimette tutti i caratteri che definivano vivibile l’esistenza umana. Così, la routine dell’esistenza metropolitana, con i suoi infiniti dispositivi desoggettivanti diviene il principale strumento di legittimazione dell’uomo. È quest’uomo che crea e costantemente riproduce il Mysterium Burocraticum della colpa e della pena. Il vincolo che tiene insieme queste ultime è definito Nexum e non è altro che il linguaggio. L’uomo, infatti, si lega a ciò che dice e perciò dovrà rispondere di conseguenza alle sue parole e assumersene, dunque, le responsabilità. La pena che l’uomo sconto, il processo che da quarantamila anni (cioè da quando ha cominciato a parlare) è sempre in corso contro di lui non è altro che la parola stessa. Il Mysterium Burocraticum è, allora, l’estrema commemorazione dell’atto immemorabile attraverso cui il vivente si è fatto uomo, cioè si è legato alla lingua. PAGINE:8-9/13-14-23-81-82
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