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Analisi Sabato del Villaggio, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Analisi dettagliata della poesia di Leopardi

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2016/2017

Caricato il 11/06/2017

lorenzo-borghi
lorenzo-borghi 🇮🇹

2 documenti

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Scarica Analisi Sabato del Villaggio e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! Analisi de “Il sabato del villaggio” La poesia “Il sabato del villaggio” composta da Giacomo Leopardi nel settembre del 1829 fa parte dei “grandi idilli”, ossia dei canti pisano-recanatesi degli anni 1828-30, pubblicati nel 1831 all’interno del volume “Canti”. Leopardi riprende dal 1828 la sua produzione letteraria a seguito di un periodo di silenzio poetico ricolllegandosi ai temi degli “idilli” del 1818-21. In particolare in questo componimento si sofferma sul piacere, sull’evanescenza della giovinezza e sulla rimembranza. Il Sabato del villaggio è caratterizzato dall’assenza di uno scherma ritmico e metrico fisso perciò settenari ed endecasillabi si succedono liberamente così come le rime e gli enjambements, costituendo 4 strofe di lunghezze diverse. La lirica si compone di due momenti: uno descrittivo e uno di riflessione. Nella prima parte (vv. 1-37) viene descritta una sequenza di immagini appartenenti alla vita borghigiana, mentre nella seconda (vv. 38-50) è contenuta la riflessione filosofica. Le due parti sono caratterizzate da differenze marcate a livello fonico, metrico e retorico. La prima parte è costituita da una sequenza di “immagini” appartenenti alla vita paesana che risultano vaghe nella descrizione temporale e spaziale, suscitando un senso di indeterminatezza e lasciando all’immaginazione del lettore il compito di ricrearle. Uno degli elementi che caratterizzano in tal modo la poesia si trova al verso 1, si tratta di un complemento di moto da luogo (“dalla campagna”) che conferisce appunto un senso di indeterminatezza spaziale. A mio parere la ricostruzione della atmosfera propria del villaggio nel giorno che precede la festa attraverso le immagini e i suoni (“lieto romore” v. 27) risulta molto evocativa e prepara lo stato d’animo alla nota amara, ma non tragicamente descrtitta, finale. È la commistione tra le figure generiche, senza tratti distintivi ma universali, e i suoni a stimolare i sensi dando la possibilità di un immersione ancora più profonda però lasciando l’interpretazione libera. L’assenza di una descrizione fisica dei personaggi fa si che ognuno possa dare un volto e una collocazione spaziale secondo il proprio piacere. Qui risiede, secondo me, la vera forza evocativa di questi versi. La protagonista della prima immagine è una “donzelletta”, una fanciulla, che fa ritorno dai campi con un fascio d’erba e un mazzo di fiori (rose e viole) che vuole usare per prepararsi al giorno di festa e rappresenta l’ideale di giovinezza. Tocca poi alla “vecchierella” intenta a “a filar” (v. 9) che contemplando il tramonto ricorda “del suo buon tempo” (v. 11) ossia della sua giovinezza in cui era solita anche lei divertirsi. Vi sono poi i “fanciulli” (v. 24) che rappresentano l’infanzia lieta e spensierata. Per ultime vengono due figure: “il zappatore” (v. 29) che torna a casa sua alla fine della giornata e il “ legnaiuol” (v. 34) che continua il suo lavoro anche quando tutti dormono pur di portarlo a termine. In questa prima parte è importante il quadro paesaggistico della notte che scende sul villaggio (vv. 16-19). L’autore qui si rifà alle “Bucoliche” di Virgilio e questo costituisce uno dei rimandi letterari, assieme a quello riguardante la donzelletta che richiama una serie letteraria di figure femminili, che non vogliono essere mera ostentazione di erudizione, bensì testimoniare come le cose debbano essere sempre filtrate attraverso l’immaginazione e la memoria diventando così più lontane e smaterializzate. Il tema delle Rimembranze è da Leopardi chiaramente spiegato un una nota dello Zibaldone del 14 dicembre 1828 in cui egli dice: “il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago.“ In questi versi è presente una metonimia (v. 17) in cui il “sereno” indica il “cielo”. La prima parte è caratterizzata da molte allitterazioni con la doppia ( es. donzelletta, mazzolin, novellando, bella, colli…) e dalla presenza di molte parole che conferiscono ad essa an andare vivace e melodioso. Anche il significativo uso del metro settenario contribuisce ad un ritmo più allegro. Il ritmo dei versi 1-31 è inoltre reso più scorrevole grazie all’esiguo uso di figure sintattiche, tuttavia ai versi 6 e 7 è presente un iperbato, usato per rimarcare l’importanza della preparazione alla domenica, al verso 27 un ossimoro che rimarca la festosità e la gioia pura dei fanciulli. La seconda parte, molto più breve della prima, come sopra già detto, contiene la riflessione derivata dalla prima parte. Questa riflessione è espressa con uno stile drammaticamente teso ma che non sfocia nel tragico o sarcastico. I primi 5 versi contengono l’esposizione della riflessione che risulta pacata e sobria nonostante esplichi l’impossibilità del piacere. La seconda parte è un esortazione al “garzoncello” a godersi l’attesa che “precorre alla festa di tua vita” (v. 47) perché il giorno che verrà (l’età adulta) deluderà le sue aspettative. Lo stile è conforme a quello della prima parte ma in questi pochi versi sono concentrate molte figure retoriche. In particolare due apostrofi (vv. 43 e 48) che rimarcano lo stile esortativo e colloquiale e delle metafore (vv. 44, 47, 49, 50) che evidenziano l’uso del linguaggio dell’”Immaginar” a discapito di quello del “vero”, come se il poeta volesse a tutti i costi metter in guardia il giovane fanciullo senza però andare ad intaccare la sua innocenza,
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