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ANALISI UNGARETTI + TUTTE LE POESIE CHE SONO OGGETTO D'ESAME, Sbobinature di Letteratura Contemporanea

le poesie sbobinate dalle spiegazioni sono: Il porto sepolto; Veglia; C’era una volta; I fiumi; Italia; Commiato; Allegria di naufragi; L’isola; Lago luna alba notte; La madre; Gridasti: soffoco; L’impietrito e il velluto. Inoltre, c'è una breve introduzione all'autore analizzata dalla prof e nel file sono inseriti anche riferimenti ad altri aspetti delle varie raccolte -il dolore, terra promessa ecc.-

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 21/06/2022

deliasabatino
deliasabatino 🇮🇹

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Scarica ANALISI UNGARETTI + TUTTE LE POESIE CHE SONO OGGETTO D'ESAME e più Sbobinature in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! UNGARETTI: la parola Ungaretti dobbiamo pensarla ai confini dell’oblio, su una soglia e per questo possiamo parlare di un punto luce che perfora il buio pesto. La linea che Ungaretti segue è la LINEA SIMBOLISTA con la corrispondenza tra soggetto e natura esterna. La parola fondamentale è PIETRA, Ungaretti è petroso infatti la pietra fu una scoperta che coincise con la sua autocoscienza di poeta: Ungaretti era uno sradicato, era nato da genitori italiani originari di Lucca ad Alessandria di Egitto nella quale si erano trasferito per il mestiere del padre ed è il grande sradicato della letteratura prima novecentesca, probabilmente per questo nella sua letteratura è più facile cogliere la radice europea: infatti a Parigi, che è influenzata da una serie di culture, acquista un’identità europea. Ma Ungaretti converte questa assenza di radici nella caratteristica dominante della sua voce poetica, Infatti Ungaretti conosce l’Italia arruolandosi e andando in guerra -prima guerra mondiale- per lui L’Italia è il raggiungimento di una patria poetica prima ancora di una patria, ed è dentro le trincee che scopre la sua identità poetica. La prima raccolta di Ungaretti è il porto sepolto: questa scoperta della propria identità poetica coincide con la scoperta della pietra/montagna perché ad Alessandria d’Egitto esisteva solo mare e deserto, per Ungaretti non c’era l’immagine della consistenza petrosa del carso -roccia molta particolare, da cui prende il nome anche i fiumi del carso che non smette MAI di scorrere pure incontrando questi stradi impermeabile. Questo continuo scorrere un po’ racchiude anche il senso dell’essere poeta-. Ungaretti scopre la pietra nel carso, il CARSO proprio per questa sua particolare struttura presenta delle doline che sono degli avvallamenti in cui potersi accoccolare: LA COINCIDENZA SOPRENDENTE è che lui nelle trincee recupera le radici più profonde, dell’italiano ma anche dell’umanità tutta attraverso la PAROLA. Un’importante immagine è quella del fossile che simboleggia una vita passata che è conservata dentro gli strati della pietra, indica l’origine e Ungaretti proprio perché è uno sradicato ha bisogno di recuperare la sostanza fossile della sua lingua. Emerson è una pista fondamentale in Ungaretti in quanto ha lavorato proprio sull’immagine come SEMINATORE e sull’idea di un linguaggio di poesia FOSSILE -egli intende che ogni parola che noi pronunciamo in un tempo lontanissimo ha abitato in una poesia-. Per Ungaretti che diventa poeta in guerra, il senso era proprio questo: una parola SPETTRALE capace di penetrare e confinante con l’oblio e che fosse poesia fossile. La dimensione della trincea consente di inabissarsi verso l’origine, inoltre quella di Ungaretti è una vicenda legata alla propria autobiografia anzi l’effetto verità che hanno le poesie dell’allegria si fonda proprio su questa presenta di un io e una parola sepolta. L’io di Ungaretti si lega a tutta l’umanità proprio perché recupera il fossile: SI È UOMINI FRA GLI UOMINI. Questa parola che Ungaretti scrive la scrive tra gli spostamenti d’aria delle ombre e una parola legata all’urgenza, per Ungaretti si parla di PAROLA-VERSO O VERSICOLO così come definiscono i linguisti, i quali questa struttura particolare ungarettiana in cui non esiste più punteggiatura, né metrica e la pagina sembra essere occupata più dal bianco che dalla parte scritta; infatti per Ungaretti contava molto il silenzio. IL suo è un effetto MALLARME’ che è stato dei simbolisti uno dei più importanti per Ungaretti per questa attenzione che mostra alla dimensione del silenzio che sulla pagina diventa il bianco; infatti, Mallarmè chiedeva agli editori di lasciare molto pagine bianche. Infatti nelle pagine dell’allegria vediamo che il verso è formato da una sola parola, il versicolo corrisponde al fatto che l’intero verso è occupato da un’unica parola: può essere persino una parola VUOTA/ASEMANTICA come un avverbio: TANTO. Nella poesia veglia che mostra la nascita di un poeta, è la poesia in cui quella mano che sta scrivendo diventa la mano di un poeta, qui ci troviamo la parola-verso tanto e capiamo che è il punto appoggio di tutta questa poesia. È come se Ungaretti riuscisse a rendere visibile la misura originaria della sillaba: era inevitabile una scrittura fatta per frammenti. per Ungaretti per eccellenza i poeti più importanti erano Petrarca e Leopardi, poi arriverà anche William blake che lo ispira per quanto riguarda l’abisso che diventa illuminante, il quale affermava che a furia di memoria si ritorna innocenti e che scriverà anche un saggio INNOCENZA E MEMORIA. Innocenza riguarda la parola originaria di leopardi e memoria la parola di Petrarca. Questa poesia fatta per frammenti ha anche a che fare con la fragilità umana, con questa dimensione di dimensione di fratellanza che consente a lui uomo SOLO di ESSERE tutta l’umanità. Quella precarietà dell’esistenza si sente nelle poesie di Ungaretti. VEGLIA: Zanzotto dice che è importante il titolo, la data e il giorno perché sono già il primo rigo della poesia. Cima quattro 23 dicembre 1915 è la prima volta che Ungaretti è in trincea esposto alle pallottole nemiche, noi sappiamo che Ungaretti davanti alla pallottola fa questo gesto; scarta il bossolo -perché non vuole uccidere il nemico- e invece di servirsene usa la carta per poter scrivere le sue poesie. Ungaretti si trova a monte san michele ed è la sua prima notte e il compagno accanto a lui viene colpito da una pallottola e muore: uno scatto impercettibile consente al poeta vivo accanto alla morte; questo è il senso dell’allegria una scrittura che si forma recuperando la poesia fossile sul bordo della morte. Non esistono più rime però ci sono questi participi passati che sono quasi come un battito del verso. La bocca del compagno è digrignata ed è volta verso una luna piena -figura molto ricorrente nelle notti in trincea di Ungaretti- ma è una notte LEOPARDIANA in quanto è un altro cielo indifferente alle sorti umane. Improvvisamente abbiamo questo primo piano delle mani che Giacomo De benedetti nel romanzo del 900 dice essere importantissimo perché rappresentano il punto più nudo dell’essere umano dopo il volto, ed è anche l’ultima cosa che vede il poeta mentre scrive. Dunque, queste sue mani ormai già cadavere penetrano nel silenzio, ed è da quest’ultimo che prende forma la parola di Ungaretti: è una scrittura lettere piene d’amore e poi c’è nuovamente silenzio nella poesia ed EMERGE UNA RIFLESSIONE: comprendere che se lui è vivo è proprio perché scrive e perché è poeta, è lo stare sul bordo della morte gli consente il massimo dell’attaccamento alla vita e sentiamo quel tanto vibrare che regge tutta la poesia. La particolarità di questa raccolta che si chiama Allegria è proprio questa: è una delle spinte vitalistiche più forti della versificazione novecentesca, c’è volontà e necessità di espressione, oltre ad un appetito di vivere. SECONDO GIANFRANCO CONTINI l’attaccamento di Ungaretti a Leopardi lo porta a soffermarsi ad appunto dello Zibaldone del 1820 che menziona la parola ALLEGREZZA Ungaretti decide di cambiare il titolo della propria raccolta che si chiamava il porto sepolto. IL PORTO SEPOLTO: Il porto sepolto è la poesia manifesto di tutte le scelte di Ungaretti, una vera e propria dichiarazione poetica. Il porto sepolto prende il nome da una leggenda in Alessandria d’Egitto di questi due fratelli che raccontavano di un porto che PRECEDEVA il porto di Alessandria d’Egitto costruito da Alessandro magno: infatti narravano dell’esistenza di un fossile di porto che rimaneva visibile nel fondo del mare -sott’acqua-. Il porto inoltre era la poesia iponima -ossia dava da nome alla raccolta- che un tenente amico di ungaretti, ETTORE SERRA, pubblicherà a sorpresa in 80 esemplari la raccolta fino a quel momento dei versi con il nome PORTO SEPOLTO -→ 1916. quel vi iniziale ci permette di comprendere che il titolo già è il primo rigo della poesia. Abbiamo dunque l’immagine di un porto sepolto, sommerso e dal quale si deve risalire e rappresenta proprio il gesto tipico della scrittura di Ungaretti; raggiungere il fondo per poi RISALIRE alla luce con i propri canti, è inevitabile pensare con il secondo verso di questa poesia ad un dei miti più pervasivi ossia IL MITO DI ORFEO il quale Orfeo giunto il punto di salvezza si volterà e perderà definitivamente la sua euri-dice: grazie al suo canto riesce a stravolgere le leggi dell’ade -del regno dei morti- e a convincere a riavere Euri-dice indietro: GLIELA ridanno Euri-dice ma gli dicono di non voltarsi ma sbaglia e si volta. I FIUMI: Lui dice che esiste una poesia che per lui è una sorta di carta di identità, è una poesia particolare perché c’è una differenza macroscopica rispetto alle altre: innanzitutto per la sua lunghezza. Questa poesia parla del suo immergersi nelle acque delle Isonzo, è in GUERRA. Tuttavia l’ambientazione è notturna nonostante il bagno l’avesse fatto di giorno: qui non racconta più l’istante/l’attimo con quella scrittura di versicoli. Dentro le acque dell’Isonzo sente scorrere tutte l’età della sua esistenza; Infatti, quando alla sera ripensa all’Isonzo rievoca altri tre fiumi il Serchio il Nilo e il Senna che rappresentano diverse fasi della sua vita. 16 agosto 1916 qui ci troviamo vicinissimi sia per l’anno che per i giorni estivi a quella paura di Zeno Cosini di essere guarito nel fiume Isonzo, infatti, Zeno davanti all’Isonzo pronuncia una parola DOMINANTE ossia la parola RACCOGLIMENTO che emerge anche come parola dominante in UNGARETTI da un lato è un raccoglimento individuale e dall’altro invece è raccogliere tutto il resto e sottrarlo all’oblio: che siano vicini è anche dato dalla loro visione del futuro che non è più un futuro prevedibile: infatti alla fine troviamo un movimento accostabile al movimento del vegliardo. PRIMA STROFA: è notte e Ungaretti si tiene su un albero mutilato che indirettamente introduce il riferimento allo scenario bellico, successivamente afferma abbandonato che può essere sia la condizione esistenziale di Ungaretti che l’albero in questa dolina -avvallamento tipico del carso che rimanda a quel movimento di raccoglimento usata dai soldati durante la guerra di trincea-. Ungaretti afferma di guardare la luna leopardiana -al di fuori da tutto ciò che sta avvenendo-. Nelle 2 strofe SUCCESSIVE; troviamo la rievocazione del bagno nel fiume, ed è come se l’acqua del fiume lo trasformasse “come una reliquia” ossia come se fosse un resto tra i resti. L’acqua del fiume lo levigava come un sasso, di nuovo ritorna l’immagine della pietra: Ungaretti diventa un sasso levigato dal tempo e sente sulla sua superficie tutto il passare degli anni. QUARTA STROFA: abbiamo una sorta di rinascita, come se fosse stato una sorta di battesimo e richiama acusticamente il SASSO -questa sostanza minerale- di questo nuovo uomo che emerge nelle acque dell’isonzo come se la pietra si fosse fatta il SUO scheletro, dalla quale si alza e se ne va come un acrobata sull’acqua. V STROFA: quando esce dall’acqua troviamo quella posizione fetale, di raccoglimento: dice come un beduino infatti così pregano i beduini: con la schiena rivolta verso la luce del sole. Dunque quando si stende per ricevere il sole si scopre come un beduino VI STROFA: successivamente Ungaretti afferma che all’Isonzo deve l’aver compreso la sua identità e aver scoperto che uomo fosse, ossia un poeta. Ma non solo, che fosse dentro la vita dell’UMANITA’ e dell’intero UNIVERSO. Emerge anche questo bisogno di sentirsi in armonia con l’universo e di sentirsi parte del tutto, asseconda così l’universo. Successivamente nella SETTIMA STROFA: egli afferma di provare dolore quando avverte il suo movimento come se non fosse in armonia con l’universo e di conseguenza quel bisogno di sentirsi parte del tutto, ma l’Isonzo lo ha salvato: di tutti i fiumi è proprio l'isonzo quello in cui il poeta si riconosce fino in fondo ed è quello che gli fa capire come sia una piccola parte del tutto e dell'immenso universo. Nella strofa successiva: Le occulte mani sono le gocce d’acqua dell’Isonzo che penetrano dentro di lui e gli insegnano il dono che riceve dalla pietra carsica, quelle gocce che sente e gli regalano una rara felicità. facendo riferimento alle volte in cui la felicità spesso è come una caduta. Infatti successivamente sente per la prima volta il fluire del tempo, iniziando a rievocare il primo fiume che è il FIUME SERCHIO: questo fiume in provincia di Lucca dalla quale i suoi antenati hanno attinto l'acqua esattamente come facevano i suoi genitori, il Serchio dunque rappresenta le sue origini. Successivamente abbiamo il NILO: il Nilo che riguarda invece la sua infanzia e prima giovinezza, età in cui era pieno di sogni ma ancora inconsapevole di sé. Successivamente è rievocato IL SENNA: che rappresenta Parigi la città dove Ungaretti ha studiato e assume consapevolezza di sé in quanto poeta, è qui che ha studiato e trascorso parte della sua giovinezza sulle rive del fiume SENNA. Successivamente vediamo che l’ISONZO lo riporta al presente ma l’autore pur essendo in guerra, riesce ad avere memoria di quei tre fiumi a cui è legato e a far riemergere il ricordo legato ad ognuno di essi. La fine di questa poesia non è segnata da una conclusione pessimistica di un soldato in zona di guerra e non è una notte che cancella questo rimescolarsi, questa chiusura di notte ha spinto a vedere buio ma invece quella parola COROLLA ci fa capire che lui sta parlando di nuovo di del fiore della parola poetica e il solo fatto di aver ricordato ha illuminato nel buio la poesia. Ungaretti alla fine di questa poesia compie un movimento particolare che invece di andare in avanti verso il futuro fa come una capriola all’indietro e recupera la profondità temporale del passato/la luce del suo abisso. C’ERA UNA VOLTA: In questa poesia dal titolo così fiabesco in realtà c’è un significato molto più nascosto, c’era una volta segna l’inizio di tutte le fiabe che ci riporta indubbiamente ad un tempo infantile e intimo. Durante questa poesia Ungaretti fa un esercizio fondamentale, ossia quello del ricordo ungaretti non si discosta mai dalla memoria ed è dal nulla che recupera tutto. In questa poesia recupera dal nulla un ricordo in particolare, già da quello che Zanzotto definisce il verso 0 Ungaretti ci dà continuamente indizi: dandoci il luogo e la data e non lo fa mai casualmente ma lo fa perché ci vuole dare la giusta misura di quell’attimo. In questa poesia si ritrova guerra, all’annientamento dell’umanità in cui tutto di restringe: Ungaretti lo fa dando LUOGO E DATA, ci dice che si trova nella quota 141 che è il luogo in cui si trova un bosco: bosco cappuccio. L’indizio più importante che Ungaretti ci dà è perché approda il velluto verde, lo fa perché in quel momento ricorda di tutti i martedì che trascorreva in un luogo specifico presso un caffè parigino; era un periodo in cui Ungaretti si riunisce con scrittori e poeti e viveva immerso immerso in una dimensione cultura e poetica, per lui rappresenta un ricordo importantissimo ed è su quell’Artura in quel momento lui ricorda chi è, ritrova la consapevolezza dell’uomo che è. Il 1 agosto 1916 era un martedì e da ciò possiamo ricollegarci alla dimensione del ricordo e della memoria, in quanto egli ricorda che negli anni precedenti il martedì lo trascorreva in questo caffè parigino. Nonostante sembri che non sia rimasto nulla di quei caffè parigini in realtà qualcosa c’è: IL RICORDO, che recupera dal nulla. In questa prima strofa inizia a dirci che si trova su questa altura e guardandola dall’alto lui vede questo velluto verde e tutta quest’erba lo riporta a quella poltrona in quel caffè, la guerra in quel momento si smaterializza: è come se andasse indietro, come avviene nella poesia fiume: questo suo continuamente andare indietro come una capriola e ritornare a qualcosa che lo aiutasse ad ancorarsi alla realtà -quella della guerra, una realtà indicibile. Siamo in un momento storico in cui Ungaretti non è ancora pronto a perdere la sua umanità- Ungaretti è combattuto, in guerra non sa mia se sparare ed è in questo senso è fortunato perché quando si ritroverà nella circostanza di dover sparare gli si inceppa il fucile: ma non solo fortunato è PREDESTINATO, probabilmente Ungaretti si è salvato per regalarci queste pagine. La scelta linguistica di Ungaretti è particolare, con questa L liquida che è dolce: non ha nulla di quelle asperità. NELLA SECONDA STROFA: nel momento in cui ci dice SOLO c’è tutto il peso, lo inserisce volutamente e non vuole che sia accompagnato da nessun’altra parola proprio con il fine di renderci chiaro il fatto che si senta SOLO e si appisola lì solo con la consapevolezza di esserlo. Inoltre, fa riferimento ad un caffè remoto che lo riporta alla guerra; il caffè non è remoto in quanto troppo lontano ma è remoto geograficamente, perché torna al posto in cui è: deve necessariamente. Egli ci dice con una luce fievole perché la guerra sta spegnendo ogni speranza e qualsiasi tipo di umanità: queste parole di Ungaretti è come se fossero una candela messa in un buio totale, perché il ricordo gli offre luce ma in quel momento c’era la luna e lui si ritrova solo in un buio totale; la memoria, dunque, rappresenta per Ungaretti la propria luce. La capacità assurda di Ungaretti è il renderci la vididità di quel ricordo difficile riproducibile e lo mette su carta, su quegli involucri di pallottole che utilizzava per scrivere. La parola memoria, che è fondamentale in Ungaretti, è proprio la parola che ci serve per passare da Allegria a Sentimento del tempo: De benedetti ci dice che sentimento del tempo può essere inteso in 2 sensi genitivo oggettivo e soggettivo; sia quell’uomo SOLO quindi sia l’uomo che sente il tempo sia il tempo che sente sé stesso, ciò vuol dire che cambia indubbiamente la concezione del tempo: non è più l’attimo. Ma entra in gioco una parola che è la PAROLA DURATA; leopardi ci diceva che la parola dello scrittore acquistava una profondità temporale. In realtà per comprenderne il senso dovremmo usare il suo termine francese DUREE perché viene da un filosofo che fu basilare per la scrittura di sentimento del tempo, ossia Bergson il quale riflette sul tempo e si serve dell’immagine del GOMITOLO; un tempo flusso che vede un tempo dove non è più possibile stabilire un prima e dopo. Bergson parla di un tempo interiore, in cui non esiste più distinzione tra passato, presente e futuro anzi il passato entra nel presente per mordere il futuro. - la stagione fondamentale in sentimento del tempo è l’estate perché consuma con il suo calore. -quando pensiamo al sentimento del tempo abbiamo 3 idee di tempo, la prima che è QUELLA DEL TEMPO ROVINA -quella della Roma barocca in cui le pietre sono rovine di altri mondi- la seconda è IL TEMPO COME CATASTROFE -inteso in maniera michelangiolesca ossia in quel vuoto di Dio ed è la dimensione dell’apocalisse, la pietà rondanini è stata per Ungaretti l’emblema del vuoto di Dio. Ci sono dei dati storici intorno a questo nuovo immaginario di Ungaretti. Gli anni 20 sono quegli anni in cui si tende a tornare alle origini L’ISOLA: 1925 Da questa poesia percepiamo il cambiamento sorprendente dal passaggio tra l’Allegria e sentimento del tempo, Ungaretti mentre aggiustava l’edizione dell’allegria nel 1931 nel 1933 pubblicava sentimento del tempo, PER CUI montale che conosceva il lavoro di poeta disse che sembrava lavorasse su due piani totalmente diversi. Infatti, in Sentimento del tempo viene ripresa l’alternanza tra endecasillabi e settenari oltre alla ripresa dei segni di interpunzione. Qui quel flatus vocis che si era fatto grido unanime, che aveva spostato gli spostamenti d’aria delle bombe e che dal silenzio era diventato la vocalità scritta che è l’allegria, IN QUESTO MOMENTO RECUPERA LA DIMENSIONE DELL’ARCADIA che era la zona centrale del Peloponneso rimasta fuori dalle vicende della storia, non era stato raggiunto dalla guerra sparta/Atene ecc. Il motivo per cui la poesia si chiama Isola è legato al fatto che nel busco di TIVOLI -bosco vicino Roma- Ungaretti si isolava e la dimensiona arcadica -il bosco, il pastore, le pecore, il laghetto- ossia quella del locus amemos è la radice prima del paesaggio poetico. Negli anni ’20 Ungaretti, infatti, va a vivere a Roma, ed è lì che si trova quando scrive questa poesia. Ma è una Roma fatta di rovine in senso barocco, questo è un aspetto fondamentale perché è una Roma fatta di resti, reliquie che incorniciano un vuoto tutto barocco. All’idea della memoria petrarchesca e dunque dell’assenza -assenza della donna amata, Laura- si sostituisce l’idea di vuoto -horror vacui; locuzione latina che significa letteralmente terrore del vuoto-. Dentro questa nuova dimensione Ungaretti recupera tutte le forme tradizionali: endecasillabo, verso classico, i paesaggi dell’arcadia ed è stato proprio Mengaldo a sottolineare le differenze principali tra le 2 raccolte: -dal lessico espressionistico dell’allegria si arriva ad un vocabolario con parole colte, il velluto verde diventa coltre luminosa; si recupera l’endecasillabo, sintassi e scompare del tutto quella frammentazione -IL TEMPO: non abbiamo più il presente ma un imperfetto e a volte addirittura un passato remoto -IL SOGGETTO: non è più l’io autobiografico ma è una terza persona indefinita che crea una sorta di non finito -scompare quell’analogia con il come che aveva attraversato i versicoli dell’allegria “si sta come d’autunno gli alberi le foglie” . Il come non lo vedremo più, avremo allusioni analogiche. L’incresparsi dell’acqua corrisponde con il batticuore dell’uccello, successivamente una larva si spegne e si riaccende -intermittenta- abbiamo quindi un uomo che viene richiamato dal suono di un uccello che fa Nella prima strofa: qui succede ciò che riguarda una caratteristica specifica di sentimento del tempo, non c’è più l’analogia con il come ma c’è questa dimensione metamorfica per cui gli arbusti diventano immediamente ciglia intorno ad un occhio e infatti, il lago albano è come un occhio aperto e quegli arbusti sottilissimi attorno sono le sue ciglia di celato bisbiglio… -è l’effetto sonoro di una sinestesia infatti celato riguarda la vista e bisbiglio invece l’udito. Impallidito livore rovina: questa è la seconda parte dunque sta descrivendo la luna, questa luna livore ossia da questo colore livido e impallidito e della luna rovina che vuol dire tramontante. Si trovano al lago albano, di notte durante quella fase leopardiana fondamentale del tramonto della luna, la poesia il tramonto della luna fu commentata direttamente da Ungaretti durante le sue lezioni di letteratura italiana. La terza strofa che NON compare nel titolo: Quarta strofa: È IL LAGO ma è anche l’ALBA dentro il lago, dunque l’alba riflessa dentro questa conca d’acqua del lago e quindi vedendo la luce nel lago il poeta solleva lo sguardo nel punto dove il sole nasce: lo sguardo si sposta di nuovo verso il cielo ossia l’assoluto; era il gesto tipico di Ungaretti poeta quell’alzare gli occhi verso l’alto. Ovidio dice che per questo siamo eretti per sollevare la testa verso il cielo e le stelle. Quinta strofa: qua l’anima torna con il riflesso del cosmo, ridente. Ma cosa ritrova? L’oscuro della notte, dentro una corolla di tenebre. È sempre lo stesso movimento dell’alzare lo sguardo verso l’alto sentendosi docile fibra dell’universo e sento nel tempo il fluire continuo. Infine, l’ultimo verso: inserisce tempo appunto dentro sentimento del tempo: qui tutto diventa un unico vorticare barocco. “tempo fuggitivo tremito” ha questa dimensione barocca del vortice come abbiamo detto, e però c’è tremito che il poeta inserisce volutamente per chiudere sonoramente la poesia. Questa parola era stata sua da sempre, che ci rende anche l’idea della musicalità VOLUTA di questa poesia: parte da un suono che passa attraverso delle siepi -che è lo stesso dell’infinito di Leopardi- e finisce con tremito che è il suono del flatus voci dell’essere umano in terra dentro l’universo: Ungaretti probabilmente voleva che pensassimo proprio a questa infrazione del cosmo che è la vita umana e perciò dentro questo vorticare, lui con un taglio orizzontale inserisce questo uomo SOLO che passa con questo sgomento MUTO: è il respiro dell’uomo che era lo stesso di quel sospiro della madre che rendeva Ungaretti il tanto atteso, quel sospiro che diventa grido in guerra di un soldato attaccato alla vita. Fu dolorosissimo per Ungaretti il fascismo, per esempio nel ’39 quando Saba che scappava dalle leggi razziali a roma fu Ungaretti a proteggerlo. Ungaretti dal 37 al 42 si recò in Brasile accettando la cattedra di letteratura moderna e contemporanea, per motivi che come afferma piccioni, economici. L’anno stesso in cui arriva ha un dolore lacerante ossia la morte del fratello Antonietto, la morte del fratello simboleggia per lui la cancellazione dell’infanzia che avevano trascorso assieme in Alessandria di Egitto. Questo è il dolore: UNA ROCCIA DI GRIDI ARRESTATA NELLA GOLA. La raccolta del dolore che fu pubblicata nel ‘47 impedisce come un ostacolo la scrittura di terra promessa, Ungaretti sente il bisogno di raccogliere queste poesie del dolore. Il dolore è l’esatto rovescio dell’allegria, non sono per il suo titolo ma anche per quanto riguarda LA VOCALITA’: L’allegria era un grido unanime di un uomo che diventa TUTTI gli uomini invece il DOLORE è roccia di gridi che rappresenta questo indicibile dolore. La differenza fondamentale tra Allegria e dolore è che in allegria si trova nella propria patria, in brasile è esiliato. Lui dice che il Brasile diventa una patria umana perché gli consente di scoprire la compassione degli uomini, mai sente l’uomo così vicino come in questa DIMENSIONE DI ESILIO in Brasile. Il brasile proprio perché diventa il luogo dei dolori privatissimi e insanabili è anche quello che diventa il punto di contatto maggiore di tutto il mondo: la Seconda guerra mondiale. Mussolini Ungaretti lo aveva conosciuto proprio in trincea, proprio per questo vuole fare la prefazione del porto sepolto. Sicuramente vi è una macchia di fascismo in Ungaretti, ma è anche innegabile vedere una serie di contraddizioni e un distaccarsi in parte anche dalle leggi razziali. Ungaretti sentì profondamente tutto il dolore dell’Italia in guerra perché fu raggiunto dal dolore maggiore che possa provare un cuore umano: LA MORTE DEL PROPRIO FIGLIO, bambino, Antonietto che morì a 9 anni in Brasile e si era ammalato di appendicite e al tempo si moriva; nell’arco di un giorno il bambino morirà. IMPIETRITO E VELLUTO: che è la poesia in cui prevede la sua morte, è sotto la sezione Nuove ed è la terza parte di TRITTICO: si fonda su una struttura a tre, una prosa e due poesie; la prosa si chiama croazia segreta, e il trittico da croazia segreta, dunja e impietrito e il velluto. Nella poesia l’impietrito e il velluto sta passando da un anno all’altro come indicato dalla data, in quanto è Capodanno. E’ il suo movimento tipico perché qualcosa termina e poi ricomincia ed immagina che sia l’ultimo anno che vivrà: qua sta succedendo che il mare, che nel suo immaginario di lupo di mare era il continuo ricominciamento del viaggio, qui è DIVENTATO PIETRA: sono gli ultimi istanti della sua esistenza terrena e tutto si pietrifica e si immobilizza. Anche il dito del destino è pietra lo indica perché è lui colui che è destinato a morire. Successivamente abbiamo gli scabri messi ossia gli ambasciatori della morte che vengono ad annunciare la morte emergono dall’abisso per annunciare la morte, questi scabri sono gli scogli che emergono da questo mare che si pietrifica: in questo movimento dondolante nel vuoto si spostano verso il vecchissimo ossesso -Ungaretti che ancora scrive poesie-. Questa immagine di eco di strazio ossia la vita che sta finendo del mare spento dove non si più viaggiare/ ricominciare. Con durato appena un attimo si riferisce alla sua esistenza. NELLA SECONDA PARTE: successivamente vede i cavalloni -le onde del mare- che per una metafora del barocco diventano cavalli reali i quali sono stanchi, siccome sono cavalli sono ignari del nitrire perché non sanno nitrire. In questa poesia il petroso diventa morte, ma poi all’improvviso sempre secondo quel movimento del ricominciare va accapo e abbiamo “il velluto croato”.. nella strofa successiva. Nell’andare accapo la PIETRA diviene VELLUTO croato di dunja. La figura di Dunja diventa un’immagine vitale per il poeta. Quegli occhi diventano velluto, sensazione di morbidezza e tenerezza e finalmente pietra è pietà. Alla fine della vita di Ungaretti ancora una volta pietra coincide con pietà -e coincide anche con l’ultima parola che Ungaretti scrive da poeta- TUTTO CIO’ ACCADE PER QUESTA RAGAZZA, DUNJA: Dunja era una giovane croata che crea ancora una volta nel cuore di questo vecchio una spinta di innamoramento, che ha attraversato sempre la vita di Ungaretti. Dunja rimanda anche al nome della sua vecchia balia che lo aveva allevato nella sua infanzia ad Alessandria e che aveva riempito il poeta di racconti e fiabe; già la madre raccontava moltissime storie soprattutto sulle sue origini italiane, Dunja fu accolta in seguito alla morte di suo padre e fu la sua tenerissima fata così come dice in croazia segreta. L’amore per Dunja è fondamentale in questa poesia, perché gli dà ancora una volta quella spinta a ricominciare fuori dal tempo, amò fino agli ultimi giorni della sua vita e amò Dunja che gli ricordava quegli occhi dalle pietre ASTRALI che si illuminano come gli astri nel cielo ed è proprio dentro il nero degli occhi della giovane Dunja rivede gli occhi dell’espertissima fata, quel nero così diventa velluto e la pietra si converte un’ultima volta in pietà Sempre in croazia segreta appare questa bellissima croata che attira i pensieri del vecchio che tiene in movimento le sue emozioni. Torna così nell'ultimo testo come elemento salvifico, infatti dunja appare come l'infanzia perduta e ritrovata, come il passato che torna presente il presente che si confonde con il passato. Dunja è il promemoria di una vita vissuta e di altri pazzi di vita da vivere insomma dunia è vita d’uomo appunto. GRIDASTI: SOFFOCO Che affronta il tema della ferita aperta della morte del figlio, già dal titolo possiamo vedere come il grido diventa soffocamento: è il grido di Antonietto. Quel soffoco si riferisce alla voce di questo bambino, che chiede aiuto al suo papà. Questa poesia è contenuta nel dolore questa sezione chiamata “Un grido e Paesaggi”, in questo versi è significativo che Ungaretti non vada accapo e non senta il bisogno di ricominciare perché non ci crede più nella parola che consenta al cosmo di essere corolla di tenebre; non crede in più in un cielo che ascolti la voce dell’uomo: già nella poesia parlava per bestemmia. Questa poesia coincide esattamente con la massima espressione di disperazione che si converte con una forma di bestemmia, che tal volta è la massima espressione che rende il rivolgersi a dio anche nella disperazione. A simboleggiare la morte abbiamo le mani che si fanno sensibili, il pietrificarsi della voce, il cuore di Ungaretti che continua ad amare dopo la morte del figlio. Il suo intento è ripercorrere ogni singolo anno della vita di questo bambino dentro questa poesia, quei 9 anni che viene percorso mano nella mano di questo padre con il suo bambino. Alla fine della poesia abbiamo dei versi particolari, la penultima strofa che indica il momento in cui Antonietto sta morendo e lui sta ancora mano nella mano con suo figlio e fa riferimento al cielo che però è quello del brasile non è il cielo che lo aveva accompagnato in trincea e qui, infatti, non lo riconosce più: proprio in questi versi è racchiuso il senso della sua poesia perché Ungaretti rivolge lo sguardo al cielo, di cui non riconosce le costellazioni. Negli ultimi 3 VERSI chiusi da una parentesi lui dice che questo cielo scende senza un soffio, non ascolta, non esiste più l’assoluto con cui tentare il contatto: queste mani finali NON sono le mani Antonietto dentro la bara che scansa la morte ma sono le mani di ungaretti poeta contro Dio e il cielo, sono significative anche le due parantesi a rendere l’idea di pietrificazione: il poeta si chiude e rifiuta qualsiasi contatto con l’assoluto.
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