Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Annibale Carracci mostra 2006, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto Catalogo, senza immagini, sulla mostra organizzata nel 2006 su Annibale Carracci, Corso di Storia del Disegno 2022 Arti Visive Unibo

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 29/09/2022

Matteo-lorusso14
Matteo-lorusso14 🇮🇹

4.2

(7)

4 documenti

1 / 23

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Annibale Carracci mostra 2006 e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! ANNIBALE CARRACCI CATALOGO 2006 Daniele Benati Annibale Carracci e il vero: autoritratto della Pinacoteca di Brera sceglie di ritrarsi in un interno di cui non scorgiamo che una parete grigia contro la quale si decampano 2 tele su una il pittore sta dipingendo e sull’altra posta in taglio in modo che ne scorge solo il bordo inchiodato sul telaio molto più grande e inclinata in avanti, entrambe sono rivolte verso la luce proveniente da sx, altre figure nella stanza con Annibale: un vecchio un ragazzo, e un uomo maturo, i primi due guardano verso dx mentre l’ultimo forse sta sfregando con le dita una stecca di ceralacca in modo da scioglierla, dei 4 personaggi solo Annibale guarda fuori del quadro sta controllando la propria posa allo specchio ma è lo stesso specchio ad essere dipinto, Annibale sembra dirci che l’arte è lo specchio del vero. Questo dipinto cade nel momento in cui Annibale era di ritorno da un soggiorno a Venezia (1587) dove il vecchio Jacopo da Bassano si era divertito ad ingannarlo dipingendo su carboncello alcuni libri si tratta di un topos contesa tra Zeusi e Apelle di cui parla Plinio, Annibale come Zeusi avrebbe usato la propira capacità di imitare le cose dal reale per alcune riuscite burle= Annibale tutto teso a imitare il reale in concorrenza con lo specchio, nell’artista la convinzione della propria arte è tuttuno con la sicurezza del proprio ruolo nella società nell’affermazione di Annibale presuppone una forte senso di appartenenza a una precisa categoria sociale. Ma chi sono i dipintori di cui parla Annibale? Non certo quelli facenti parte della tradizione manierista che ponevano in primo piano il principio dell’imitazione dei modelli consacrati alla maniera. Annibale parla dei valenthuomini come Caravaggio. MOVENTE LOMBARDO: movente dei Carracci fu fin dall’inizio lombardo disse Longhi aspetto del ritorno alla natura. Annibale la grande Macelleria di Oxford concepita come una grande pala laica che celebra la dignità di un mestiere allora ritenuto infamante e che non poteva viceversa rientrare negli stereotipi critici di una storiografia volta a porre i Carracci tra i maestri classicisti, solo con la grande mostra bolognese del 1956 si attribuì il Mangiafagioli ad Annibale e non a Bartolomeo Passerotti come pensava Longhi. Postille vasariane: la critica di Annibale muove soprattutto in difesa della tradizione lombarda includendo realtà diverse al suo interno: quella veneziana, parmense del Correggio e del Parmigianino. È il principio stesso dell’imitazione su cui si imperniava il Manierismo, richiamando in opposizione ad esso una nozione quella del vero o del vivo (come dice Annibale). La ripetizione entro contesti diversi di formule già sperimentate altrove dai numi tutelari della Maniera appariva cioè ad Annibale un’operazione sterile smontaggio e rimontaggio, buona per tutti gli usi e dunque per nessuno. Egli veniva ad affermare che non l’imitazione dei modelli consegnati alla tradizione, bensì il conseguimento del vivo. Datazione delle postille 1592-93 a ridosso della partenza per Roma avvenuta sul finire del 1595. Tra l’artista e il pubblico adesso si poneva il censore, la risposta dei pittori a questo fatto fu un rafforzamento delle associazioni di categoria. I Carracci assunsero deliberatamente una terza via: né manieristica né prona alle nuove esigenze dell’arte sacra bensì in vista di una più diretta intesa con il pubblico rivolta al naturale. Le rappresentazioni delle macellerie richiamano precedenti fiamminghi come Beuckelaer o Aertesen man che Vincenzo Cambi e Bartolomeo Passerrotti manifesta lo stesso impegno nell’evidenziare la dignità del lavoro che viceversa ci commuove nel quadro di Annibale dove ogni dettaglio è finalizzato a una resa riconoscibile del luogo in cui la scena si svolge. Nei quadri di Passerotti il lavoro è sentito come un espediente al quale gli ultimi della scala sociale sono costretti per sbarcare sul lunario. Nel 1627 la Grande Macelleria faceva parte della collezione Gonzaga di Mantova e persino un dipinto del genere era destinato ad una committenza altolocata compiacendosi del suo brillante naturalismo e cogliendone gli aspetti più aneddotici. Annibale faceva parte di una famiglia di macellai e panettieri. Il problema che assilla il giovane pittore era di natura tecnica, tuttavia, la grande carica realistica con cui l’artista affronta questi soggetti non risulta confrontabile con lo spirito irridente che denota le prove dello stesso genere di un pittore bolognese della vecchia guardia come Passerotti. Inizio del nono decennio del XVI sec questo tipo di ricerca che pone Annibale nella punta più avanzata della sperimentazione artistica in ambito non solo padano ma italiano tout court. 1583 Crocifissione nella chiesa di S. Nicolò introduce nell’arte italiana una ventata di malgarbo, fattura trasandata che ha fatto parlare i critici moderni (non Malvasia) di una precoce conoscenza della pittura veneziana e anche dell’ultimo Tiziano Volpe “passerottisimo venezianizzato” o “tizianismo di seconda mano”. Restavano però i pittori bolognesi che si muovevano a difesa dei propri interessi, messi in pericolo da un genio. Battesimo di Cristo nella chiesa di S. Gregorio a Bologna in cui Annibale perviene a uno stile decisamente diverso rispetto a quello della Crocifissione, la novità principale è la restituzione en plein air, il senso della natura che fermenta e cresce=debiti nei confronti della cultura veneziana, la scena del battesimo si svolge all’aperto sulle sponde del Giordano e per restituire la luce che spiove filtrata dalla vegetazione cresciuta lungo il corso d’acqua i fondalini della tradizione manierista bolognese non potevano certo bastare= venezianismo mediato. Il vero è sempre uguale a se stesso e insieme sempre diverso e dunque la sua restituzione richiede strumenti di volta in volta diversi, il luogo in cui avviene questo passaggio storicamente è il salone di Palazzo Fava (Arcangeli) dove i tre Carracci dipinsero le Storie di Giasone ultimato nel 1584, qui i fantasmi della cultura lombarda prendono corpo dai veneti a Correggio e concorrono all’omogeneità de risultato. LA SCOPERTA DEGLI AFFETTI: il passaggio attraverso gli affreschi di palazzo Fava 1584; Crocifissione di S. Niccolò 1583; Battesimo di S. Gregorio 1585 e poi la Deposizione di Parma 1585 si sarebbe potuto sintetizzare sulla base della resa degli affetti cioè di un vero più duttile e complesso che serve a restituire il senso del racconto. Cesi giungerà a riproporre in termini sconcertanti il principio albertiano secondo cui accedendo al confronto con la poesia le singole figure sono come le membra. Fu grazie al cimentarsi con un tema alto che Annibale giunse a mettere a fuoco il tema degli affetti: tra il tono recitato della Crocifissione dove i personaggi non sembra entrare in collisione sentimentale , e la sensibilità dilagante della Deposizione di Parma dove il sentimento è il motore dei gesti che partendo dal grumo patetico della Madre svenuta morta col figlio tra le ginocchia si amplificano allo spazio circostante. Nel campo degli affetti il maestro era Correggio, rilanciato in quegli anni anche da Federico Barocci. Accademia dei Desiderosi prima e Incamminati poi due termini che alludono a un percorso da compiere con compagni di viaggio che condividono la stessa meta cioè il un’altra via grazie all’incontro con Correggio in cui il pennello scivola via più lieve in trapassi delicatissimi e le figure affiorano senza l’urto dell’oscurità del colle e toccano corde di patetica commozione con una luce diffusissima dovuto al soggiorno a Venezia nel 1588 dove Annibale si innamorò delle composizioni del Veronese. La pala dei mercanti già in S.Prospero a Reggio del 1588 vi si legge una commistione di cadenze parmense e veneziane. Ma occorre tenere conto che quella dei Carracci era un’impresa a conduzione familiare e nelle decorazioni murali non era opportuno fare sfoggio di contrasti., Annibale restò nella stanza carraccesca guidata da Ludovico fino al 1595 quando con il fratello partì per Roma al servizio del cardinale Odoardo Farnese, i Carracci avevano da dipingere una stanza ciascuno, il committente aveva chiesto a ognuno una tematica di tema analogo, ove il Cristo aveva a che fare con donne di Palestina: il Cristo con la donna di Canaan spettò a Ludovico, quello con la samaritana al pozzo ad Annibale, quello con l’adultera ad Agostino, le tre tele oggi a Brera hanno qualche somiglianza è facile riconoscere le varie mani. Scommessa di fondere in un tutt’uno i festosi e coloriti sottinsù visti a Venezia nelle tele del Veronese e quelli più torniti della tradizione romana michelangiolesca, nella scena di Ercole che sorregge il mondo si può dire che Agostino anticipi i modi dell’impresa di Annibale nel Camerino farnese, Agostino stimolava il fratello col suo argomentare verso un ancor più perfetta formulazione del dipingere all’italiana, senza più accenti locale, occorreva il confronto diretto con Raffaello e Michelangelo. Annibale era giunto per conto suo a maturare il linguaggio di cui andava in cerca lo si vede nella grande tela per la confraternita di S. Rocco a Reggio, mette in scena più di 20 figure che recitano ciascuna la propria parte entro un invaso architettonico nei modi del Vignola, non c’è più traccia di Correggio o Veronese, il Bellori sottolinea il ruolo salvifico di Annibale, in Palazzo Farnese egli era circondato da statue antiche e da marmi imperiali, foglio parigino in cui ritrae l’ercole farnesiano ma preso di sguincio e sottinsù. Per la volta della Galleria ci sono rimasti un centinaio di disegni preparatori di altissima qualità, del Caravaggio non si conosce nemmeno un foglio, la luce che inonda e allieta la volta della Galleria è simile a quella solare che rammenta quella di Correggio nella grande cupola parmense, una cosa del tutto nuova a Roma perché trasforma le statue dipinte in giovanotti in salute carezzati dalla luce. Annibale doveva disegnare dal vero ogni cosa: la capra di Pan e il cane acciambellato nel sonno accanto ad Ercole e Iole, grande riassunto d’ogni eccellente pittura del suo secolo da Raffaello al Veronese ma Annibale non vuole riproporre vecchi stilemi manierati. CLAUDIO STRINATI ANNIBALE E I PITTORI ROMANI: Federico Zuccari voleva per forza di cose un’Accademia d’artisti a Roma, Annibale era il presidente di quella degli Incamminati di Bologna mentre Caravaggio si era formato in un ambiente come quello del Peterzano fondato su una concezione accademica, i documenti non permettono deduzioni di alcun tipo sui rapporti tra questi artisti, ma nella cappella Cerasi in S. Maria del Popolo sono presenti sia Annibale che Caravaggio, secondo la storiografia dell’epoca a Roma vi erano 4 artisti principali: Annibale, Caravaggio, F. Zuccari e il Cavalier d’Arpino, Annibale l’accademico che contiene nel suo stile le principali correnti del 500 da Roma a Bologna a Venezia, Caravaggio il naturalista, Zuccari il professore che riformato l’impostazione manieristica dominante, il Cavalier incarna la figura del conservatore ma non necessariamente tradizionalista. Caravaggio arrivato a Roma fu messo a dipingere nature morte nella bottega del Cavalier da qui avrebbe preso piede il suo amore per la Natura. Annibale e Caravaggio avrebbero potuto trovarsi d’accordo sull’elementare principio in base a cui l’artista vero rifulge quando questi è in grado di portare la propria esclusiva competenza di disegnatore. Ricostruzione della carriera di Zuccari, egli si forma nella bottega familiare, lavori a Palazzo Farnese a Caprarola, lo si trova a Venezia e a Firenze dove ristabilisce la sua gloria e la posizione sociale di un artista che ha fatto del concetto dell’eredità la missione stessa della sua vita, poi Inghilterra e Francia e Spagna e nelle Fiandre con attività anche diplomatiche, Zuccari incarna la figura dell’artista conflittuale ben prima di Caravaggio, la sua carriera non passò inosservata ad Annibale e Caravaggio, il primo aveva preso il posto di Taddeo Zuccari nell’ambito della famiglia Farnese, e non aveva perso tempo a valutare un suo possibile rapporto con chi lo aveva preceduto, ma il suo stile cambiò tra il Camerino e la Galleria del Palazzo (prima figure esile e dopo delle sorte di statue antiche). Anche Caravaggio era attrato dalla riscoperta del classico ne fa fede il suo olio su muro del Casino Ludovisi con i Figli di Cronos che sono vicini all’Ercole al bivio della Galleria Farnese. Zuccari non era di questa opinione e la maestà della scultura gigantesca che esprime che esprime la quintessenza dell’Antico era fuori dal suo orizzonte, aveva dovuto combattere tutta la vita per l’affermazione di un’altra idea di arte e di pittura derivante si dal patrimonio classico ma priva di qualunque intento di citazione, Zuccari voleva procedere a una sorta di invenzione figurativa fatta di nuove immagini allegoriche e simboliche, tali da costruire un’autentica enciclopedia del sapere visivo. Annibale tiene in considerazione lo Zuccari citandolo in modo non troppo criptico nell’Ercole al bivio dove il Vizio e la Virtù considerati i simboli della nuova dell’arte. Annibale tiene conto dell’immagine della Pittura quale vera Intelligenza inventata dallo Zuccari nella stampa del Lamento della Pittura (figura girata contro lo spettatore mentre scruta oltre se stessa manifestandosi come l’ispirazione artistica). Zuccari fu additato dall’ambiente fiorentino come usurpatore e raccomandato, ma aveva profuso un’immensa sapienza, l’incisione del Lamento della Pittura si poneva come una complessa dichiarazione di poetica e di polemica nell’immagine dell’artista che mette al centro della sua capacità rappresentativa l’invenzione delle figure allegoriche, Zuccari non trae ispirazione dal naturale, perché dipinge un mondo che è inesistente e scaturisce dalla forma poetica della pura immaginazione , contemplando la figura della Verità il pittore la trasforma nel concetto dell’Inspirazione. Nell’Ercole al bivio Annibale mosso da un’ottica accademica in netto contrasto con quella fiorentina e poi romana, compie un processo di sviluppo iconografico importante, la figura inventa da Federico è mutata con un ghigno malvagio, il rovesciamento concettuale è forte perché riflette un cambiamento nell’Idea stessa dell’Ispirazione che non scaturisce più dalla mente pensante dell’artista ma dall’Antico che Annibale vede a Roma, per lui arrivava a Roma la scoperta di una sostanza della figura che la sua educazione tizianesca gli aveva consentito di avvertire fin dall’inizio ma che culminava adesso in modo inatteso in un eccesso di fiducia e di forza espressiva. Caravaggio riutilizza la figura zuccaresca della Pittura nell’Angelo che suona il violino nel Riposo dalla fuga in Egitto, l’idea del panneggio fluttuante che sta quasi a sé nel soffitto dei figli di Cronos, nel quadro l’idea dell’Ispirazione motore assoluto e esclusivo della creazione artistica e l’Angelo è l’elemento generatore della costruzione del quadro la cui genesi viene espressa in tutta la sua sostanza emotiva, la Madonna e il Bambino dormono, le immagini di Giuseppe e dell’Angelo nella loro assurdità evidente di precario equilibrio tra nettezza assoluta della visione e dimensione onirica. UNA VITA DI AUTORITRATTI: questi autoritratti mirano a restituire un percorso esistenziale travagliato di Annibale, è un processo che si coglie attraverso gli occhi e lo sguardo che da spavaldo e sicuro di sé si fa inquieto e interrogativo, solo per l’Autoritratto col cappello a quattr’acque segnato dallo stesso pittore nel 1593 e Autoritratto col cavalletto sono autoritratti sicuri, il secondo si tratta di un quadro nel quadro perché il pittore si ritrae entro una tela appoggiata su un cavalletto all’interno di una grande stanza vuota animata solo da 2 gatti, i tratti contenuti nella versione degli Uffizi coincidono con quelli proposti dal pittore nell’Autoritratto al cavalletto. Sono tutte immagini della fase matura del pittore tranne l’Autoritratto a 3 figure databile al 1588-89 assume un carattere tutto particolare. AUTORITRATTO CON ALTRE FIGURE ALLO SPECCHIO 1588-90: nulla si sa della provenienza prima del 1834 quando venne venduto dalle sorelle Verderio alla Pinacoteca, Cavalli nella mostra del 1956 nota la coerenza della fisionomia tra i personaggi (Autoritratto col padre e col nipote) Annibale-Agostino e suo figlio Antonio mentre Wittkover convalidava l’identificazione del vecchio con Antonio padre dei due fratelli sulla base di un disegno di Annibale da lui posseduto ove compare un personaggio dall’identica fisionomia e l’intero dipinto sarebbe stato da intendere nella tematica delle 3 età dell’uomo, ben praticato dalla cultura veneziana. Antonio sarebbe il perno dell’antagonismo tra i 2 fratelli. Inoltre, vengono sottolineate le capacità illusionistiche della pittura un tema al quale Annibale appare particolarmente attento in questi anni. La Perini portava a riferire il dipinto a Ludovico che nasceva dal collegamento con l’Autoritratto in veste di Bacco ritenuto di Ludovico ma già restituito ad Annibale. AUTORITRATTO SUL CAVALLETTO 1603-04: il pittore effigiato a mezzo busto e di ¾ sulla tela collocata su un cavalletto al centro di una vasta stanza in penombra, contro la finestra si profila una statua o uno di quei manichini su cui i pittori, il dipinto si ravviva per i 3 sguardi, dei 2 animali e del personaggio effigiato nel quadro. L’attribuzione del quadro è ancora discussa, a esso farebbe riferimento il granduca di Toscana Leopoldo de’ Medici il quale in una lettera del 1674 dichiara di possedere un Annibale, ma agli Uffizi vi era già un ritrattino ovale su legno ceduto nel 1664 a Leopoldo dal marchese Ranuzzi; quindi, non è chiaro a quale dei 2 dipinti facesse riferimento Leopoldo. Inoltre, vi è un altro esemplare con la stessa composizione pervenuto all’Ermitage dalla collezione Crozat nel 1772. L’artista che si ritrae entro una complessa raffigurazione allusiva al proprio progressivo distacco dalle cose della vita. STUDI PER L’AUTORITRATTO SUL CAVALLETTO 1603-04: il foglio racchiude più studi , ricorso alla penna priva di acquarellature è funzionale alla visione sintetica del reale, in alto rapidamente è abbozzata e studiata la posa di ¾ tipica di chi si ritrae allo specchio: l’artista si volge verso il riguardante arte come speculum naturae, nel disegno sono presenti dei cagnolini che abbaiano al ritratto come riconoscendovi il padrone e cadendo in inganno per il mimetismo del quadro, tema che si ricollega all’episodio della sfida tra Zeusi e Apelle. Meno chiara è l’identità della figura ritratta entro un riquadro sulla parete di fondo, che nei dipinti sarà sostituita da silhouette di una statua, l’artista ritratto sul cavalletto non è tra i più vivi e non si tratta di un semplice studio dall’antico, anche la rappresentazione di Michelangelo. IL LABORATORIO DEL VIVO: il disegno dal vero serviva ad Annibale soprattutto per liberare la mano e la mente dai vizi delle visioni precostituite, dalle comode formule consegnate alla tradizione, ma la ricerca non si limitava a controllare la correttezza di una postura o di una composizione, tre versioni del Ragazzo che beve oggetto di discussione per la possibile esecuzione stato a Venezia nel 1582 e trascrive a bulino alcuni capolavori del Veronese e del Tintoretto Volpe nel 1976 parlava di “passerottismo venezianizzato o di tizianismo di seconda mano”, adozione di una stesura dei colori per impasti possiamo definire in maniera molto lata di gusto veneziano. Passerotti o Fontana non potevano apprezzare il risultato della Crocifissione ma nemmeno il Tintoretto o il Veronese. Filippo Fava assolda i tre Carracci per decorare il suo palazzo con le Storie di Giasone, si è insistito sull’amoralità del soggetto, che mette in primo piano la magia e l’inganno, ma va detto che non si trattava di un tema tanto infrequente: per quanto si può fare riferimento a Bologna a un fregio in cattive condizioni di conservazione riemerso nel Collegio di Spagna. Modello più libero di insegnamento dei Carracci rispetto alle direttive accademiche o praticato nelle botteghe confronto sempre più diretto tra maestri ed allievi. Rimasto solo alla guida della scuola, Ludovico tenterà di ottenerle un riconoscimento ufficiale, in tale accademia venisse proposto un regolare piano di studi anche insegnamenti scientifici e letterari. Ripartizione delle scene in P. Fava risulta sbilanciata in favore di Ludovico al quale spetta circa metà dei quadri, i tre cugini si erano ripartiti preliminarmente il lavoro e abbiano operato in modo parallelo, progettando ciascuno i propri riquadri e disegni che precedono la confezione del vero e proprio cartone, per quanto riguarda Annibale l’attento studio premesso agli affreschi è documentato i vari livelli della progettazione. Ludovico dei 3 il più sottilmente inquieto e sperimentale nel cogliere le implicazioni emotive del testo, mentre Agostino il più cauto nel dispiegare le storie entro campi scenari di gusto già veronesiano, Annibale era già il più invincibile pittore (Arcangeli) in cui l’umanità adolescenziale recita i burrascosi accadimenti di Giasone alla conquista del vello d’oro come in un moderno romanzo sentimentale. Gli incatamenti di Medea il più problematico e il più affascinante e la sua soluzione continua ad essere aperta. Annibale guarda costantemente al Correggio per la gamma cromatica dorata e per l’effetto pulviscolare dell’atmosfera, nei mesi che separano la consegna della Crocifissione dall’inizio dei lavori in Palazzo Fava Annibale deve aver dunque compiuto un breve viaggio per Modena e Reggio e la grande cupola di Parma con l’Assunzione della Vergine di Correggio, già Federico Barocci era protagonista di un analogo recupero di Correggio e ben noto ai Carracci. Barocci nel 1583 aveva inviato a Ravenna il proprio martirio di S. Vitale agisca più fortemente in Ludovico che non sullo stesso Annibale, ormai proiettato verso una personale rielaborazione della lezione del Correggio; tuttavia, nel campo della pittura sacra l’approccio di Annibale rimanga sempre piuttosto laico di quanto non avvenga nel cugino Ludovico come nell’Annunciazione ora in Pinacoteca apice del realismo di Ludovico, non si coglie certo nel Battesimo per la chiesa di S. Gregorio a Bologna dove tutto è sfogata pienezza di sensi e partecipazione panica dell’uomo alla vita fervida della natura. Le interferenze stilistiche derivanti dal lavoro portato avanti in piena comunione d’intenti dai 3 artisti che a queste date condividono casa e bottega e alimentano il terreno delle discussioni attributive. Incisione con S. Francesco in meditazione, la prima prova sicura in questo campo del giovane Annibale, da segnalare è l’importante svolta in questa produzione dalla figura di S. Francesco, oggetto in epoca di Controriforma di una consistente rilancio , legato alla funzione di meditazione riconosciuta dalla Chiesa cattolica ai santi in risposta ai dubbi sollevati dai protestanti, Assisi come Exemplum di obbedienza e di rigore morale, SAN FRANCESCO IN ADORAZIONE 1582-83: formula quasi sgarbata di questa fortissima immagine, in cui il santo sofferente è sentito come atleta di Cristo e colto in atteggiamento di sforzata dedizione verso il crocifisso, trattazione a netti piegoni del saio stretti ai fianchi del cingolo consente un confronto con quello del santo nella Crocifissione di S. Nicolò, si riconosce nella trattazione della roccia e del tronco di quinta, del cielo e del paesaggio, solcato di fratture e avvallamenti come per una erosione alluvionale macabro realismo quasi caravaggesco, esasperata ricerca espressiva del volto del santo, lasciando in ombra le orbite incavate e le guance coperte da una folta peluria e il gesto delle braccia tese all’indietro in un’esibizione di dolore abbastanza esteriore. CROCIFISSIONE CON I DOLENTI E I SANTI BERNARDINO DA SIENA, FRANCESCO E PETRONIO 1583: proviene dalla distrutta chiesa di S. Nicolò nella seconda cappella a dx, l’identificazione dei santi si deve a Malvasia, supervisione di Ludovico al quale sarebbe pervenuta la commissione di questa pala con il Battesimo di Cristo per S. Gregorio. Questa costituisce la prima commissione pubblica pervenuta ad uno dei Carracci, Annibale già nel 1580 doveva essere stato a Parma a scoprire la pittura di Correggio, qui risulta assente il referente correggesco. Importante il rapporto tra Annibale eBartolomeo Cesi confronto con il Crocifisso e santi di Cesi in S. Martino (1584) a fornire una versione emendata del capolavoro di Annibale, scelta sconvolgente di frapporre i santi protettori tra i dolenti e il riguardante cosicchè la Vergine risulta in buona parte coperta da Francesco e per farsi vedere dietro l’ingombrante campana di broccato del manto di Petronio Giovanni deve spostarsi in fuori, mancanza di decoro di decoro e nobiltà nelle singole figure. Il carattere di atelier che informa la composizione i cui protagonisti si dispongono attorno alla croce , informa la figura di Cristo per la quale dovevano in particolare valere i commenti dei detrattori circa il facchino nudato e messo di peso nella tela. SAN SEBASTIANO 1583 CIRCA: unico elemento che lo qualifica come S. Sebastiano è la freccia che gli colpisce il ventre, l’approccio al tema è a metà strada tra esercizio del vero, privo di compiacimenti letterari e il pensiero di cui il dipinto si giova è dei più innovativi. Annibale affida la propria ricerca espressiva ad alcuni atteggiamenti dei visi che denotano reazioni immediate e violente al fatto inscenato, il pittore utilizza una pittura studiata dal vivo e dunque alieno da ogni artificio retorico, egli sembra preso teso a reperire vocaboli nuovi, il dipinto sembra rivelare l’importanza accordata al disegno come strumento di avvicinamento e di prima selezione nei confronti del reale, si noterà la funzione di contenimento della forma attribuito al profilo, fianco dx ne esce una sagoma di potenza straordinaria, per certi versi quasi michelangiolesca, max importanza attribuita alla luce che spiovendo dall’alto batte sulle spalle e il ginocchio sx del martire e determina il grande golfo d’ombra che ne vela il ventre= conoscenza della pittura di Tiziano. GIOVANE REMATORE 1584: tensione della muscolatura delle braccia e del dorso esprime lo sforzo cui tutto il corpo è sottoposto, dimostra l’interesse di Annibale per il disegno dal vero, si propone di affiancare a questo disegno lo Studio per la figura di un apostolo dell’Albertina, si nota nella parte attribuita ad Annibale degli affreschi di P. Fava la conoscenza di Correggio 1583-84. UN FACIULLO CON UN VASO TESTA DI FANCIULLO (STUDIO PER P. FAVA) 1583-84: si tratta di un foglio con due studi, fanciullo secondo il Malvasia “in bianche vesti a coppia a coppia che portano vasi odorosi balsami”, Arcangeli attribuisce l’opera ad Annibale, la scelta della tecnica appare in rapporto alle varie fasi della preparazione, affidandosi alla matita per i fogli in cui la figura è studiata direttamente sul modello e ricorrendo alla penna, opportunamente acquarellata per sottolineare i valori pittorici. L’INCONTRO DI GIASONE CON CIZICO RE DEI DONDOLANI 1583-84: il recto costituisce il vero e proprio modello di presentazione per il nono riquadro del fregio delle storie degli Argonauti, l’anziano monarca va incontro a Giasone che lo abbraccia, intorno a lui gli eroi che hanno preso parte alla spedizione, il cantore Orfeo ed Ercole, sullo sfondo la nave Argo, serie di studi il più antico si trova sul verso del foglio, in questa prima fase progettuale i Carracci non avevano ancora pensato di conferire al fregio il significato illusionistico che avrà in seguito. Il ricorso alla penna e la sobria ma efficace acquarellatura consentono un risultato rifinito in ogni parte tale da essere sottoposto al committente, una volta approvato il disegno viene riquadrato per essere copiato in una dimensione maggiore sul cartone, anche se nessun cartone è giunto fino a noi. Per le Storie di Giasone ci è pervenuto soltanto un altro modello di presentazione, riferito al quarto episodio con il Sacrificio di Pelia a Nettuno eseguito da Agostino ma è stato talora riferito anche a Ludovico. La grazia con cui sono rese le figure e il senso di morbida carnalità che le caratterizza restano un segno distintivo di Annibale (Benati) e si potuto anche attribuire anche il disegno preparatorio per il fregio con Storie di Europa nel camerino di P. Fava. IL RATTO DI EUROPA 1584: la donna in sella a Giove trasformato in toro, le storie del fregio sono attribuite ad Annibale e solo i riquadri sono riconducibili ad Agostino grottesche e satiri affiancati che scandiscono gli episodi del fregio. Unico studio completo è quello di Europa che sale sul toro paternità attribuita al giovane Annibale ma altri la ritengono di Ludovico (Harris e Brogi). LA VERITà TRIONFA SULLA FRODE CON L’AIUTO DEL TEMPO 1584-85: Verità in forma di adolescente nudo nell’atto di mirarsi a uno specchio, è tratta dal Tempo, un vecchio con la clessidra, è tratta dal pozzo in fondo al quale l’aveva cacciata la Frode che ora giace al suolo, calcata dal suo piede, la composizione è chiusa ai due lati da figure allegoriche la fanciulla alata a sx, con il caduceo e la cornucopia piena di frutta dovrebbe simboleggiare la Fortuna , mentre il giovane incoronato di fiori a dx con spighe e semi di papavero nella sx e con una coppa piena di gelsomini nella dx dovrebbe essere il Buon Evento. È possibile immaginare il dipinto nella quadreria di qualche palazzo nobiliare bolognese (ipotizzare il camerino di P. Fava). Ludovico in questi anni attendeva un’Allegoria altrettanto complessa, difficile indicare il senso degli accrescimenti stilistici che si notano tra le due imprese (storie di giasone e battesimo di Cristo). Volpe sottolinea la conoscenza diretta di Tiziano tra il 1583-85 in particolare l’Amor profano con il gesto del Buon Evento che sembra rieccheggiare quello della donna seminuda sulla sx, opera del 1515. A Correggio si deve il senso di spossatezza dei gesti, un Correggio riletto con occhi moderni. BATTESIMO DI CRISTO 1583-85: seconda commissione pubblica ottenuta dai Carracci nel 1583 per la chiesa bolognese di S. Nicolò commissione da parte dei canonici e del priore di S. Gregorio risaliva al 1583, altare della cappella Canobi era dedicato alla Trinità e a S. Giovanni Battista, il sacro si manifesta nel quotidiano senza destare stupori eccessivi in quanto ne sono partecipi, Annibale vi ci lavorò assiduamente solo dal 1584, dipinto evoluto rispetto alla Crocifissione di S. Nicolò del 1583, accuse di dipingere poco pulito e la casualità nel comporre per la Crocifissione non valgono per il Battesimo, accanita indagine del reale, Annibale scopre il proprio amore incondizionato per Correggio rivisitato in chiave più feriale. CRISTO IN PIETà CON I DOLENTI E I SANTI CHIARA, GRANCESCO E MARIA MADDALENA 1585: il pittore riesce a giustificare lo schema triangolare consueto a questo tipo di raffigurazione disponendo il sepolcro e il basamento che lo regge lungo un pendio boscoso, in questo modo i 5 protagonisti e i due angeli che sorreggono pietosamente la Vergine possono comporre una sorta di dell’affollarsi delle richieste al pittore, a quelle date 1593 non bisognava avere fretta per avere un dipinto di Annibale e non bisognava badare a spese, 1592 l’anno dell’Assunta per la chiesa di S. Francesco nella cappella Bonasoni a Bologna, e prima c’è stata la decorazione di P. Magnani infine l’ultima decorazione a Ferrara cioè gli ovali per il palazzo dei Diamanti residenza di Cesare d’Este (chiari omaggi a Veronese). Principio finalizzato alla messa a punto di un linguaggio nuovamente aulico, un ritorno alla cultura figurativa centroitaliana che la Maniera aveva tradito e a cui Annibale torna a guardare: il naturale, Correggio e i veneti. 1593 Resurrezione di Cristo dipinta per la cappella privata del palazzo Luchini a Bologna, il dipinto unisce tre momenti distinti: la resurrezione, la trasfigurazione e l’assunzione di Cristo, rimandi a Tiziano con i bagliori rossi all’orizzonte, un soggetto che aumenta la portata soprannaturale dell’evento e il suo significato mistico, senza scadere nell’astratto. Raffaellesca Liberazione di Pietro ma non si sa per quali vie Annibale sia arrivato nel comporre il misto di verità e sublime pienezza di linguaggio che connota il registro inferiore. Pala di S. Giorgio 1593 e il secondo ciclo per P. Fava con le Storie di Enea, processo di spoliazione di passione concentrata entro le maglie di un nuovo rigore etico e formale tocca forse il suo apice nel 1594 nel piccolo crocifisso coi dolenti oggi a Berlino. San Rocco fra gli appestati dipanarsi articolato e razionale dell’azione a più figure entro una solenne architettura classica a metà fra Venezia e Roma, sembra condensarsi in un sublime precipitato, nobiltà e bellezza che derivavano non dall’oggetto della rappresentazione ma dalla qualità della sintassi, del linguaggio, ovvero di una lingua pittorica alta e ufficiale. STUDIO DI FIGURA FEMMINILE SULLE NUBI: in precedenza attribuito a Federico Barocci e poi a Correggio, ricondotto in area carraccesca da Pepper in relazione agli ovali estensi, in particolare Annibale per i caratteri di stile in modo flagrante per l’assoluta sintonia nei confronti della sua produzione a matita rossa o nera, nel dipinto nelle parti in cui si fa chiaro rimando al Veronese per la magia azzurrata del cielo, nel disegno emerge la componente correggesca che sostanzia l’idea di fondo e lo stesso scorcio, il foglio corrisponde in tutto al dipinto per quel che riguarda la figura principale perciò è da considerarsi lo studio finale, il foglio appare ritagliato tant’è che il ginocchio sx è del tutto rifinito e resta fuori dal margine. Opera non da attribuire ai Carracci ma un artista tardo seicentesco. MADONNA DELLA RONDINELLA 1592: del dipinto ne parla Malvasia fra le opere di Annibale presso le collezioni del duca Alfonso d’Este IV a Modena e poi famosa vendita nel 1746 della collezione all’elettore Augusto III di Sassonia a Dresda, si tratta di una sorta di allegoria della redenzione, giacchè la mela che sta per mangiare Gesù bambino, allude alla figura di Cristo inteso come nuovo Adamo, il velo a cui si aggrappa rimanda a quello della Veronica e dunque alla sua passione e morte e le rondinelle offerte dal S. Giovannino alla resurrezione. Aldilà della sontuosa coltre cromatica che a un primo sguardo connota il dipinto, la forma, nell’espandersi solennemente calcolato dei volumi, nel tornirsi compatto delle carni, denunciano la volontà di attingere ad una nuova monumentalità, spiccata componente veronesiana, riscontrabile in pari grado in opere situabili in quella stessa congiuntura come la Venere estense. ASSUNZIONE DELLA VERGINE 1592: opera di Annibale nella cappella Bonasoni in S. Francesco a Bologna poi trasferimento nella galleria dell’Accademia delle Belle Arti nel 1796, nel 1805 pinacoteca di Brera. La pala rappresenta la prima significativa commessa per un altare pubblico ricevuta in Bologna dai tempi del Battesimo per i frati di S. Gregorio consegnato nel 1585. Differenza con la Madonna di S. Luca che è molto più maestosa e stesura spessa a corpo, la pala bolognese è a un primo impatto una composizione tumultuosa anche per ragioni iconografiche, Veronese è il vero ispiratore del dipinto, Benati ravvisa nel clima agitato di questa pala gli effetti del mondo turbato e patetico di Ludovico. LA MADONNA IN GLORIA SULLA CITTà DI BOLOGNA 1593: Annibale risolve il problema arcaizzante e di sapore mistico in una grandiosa e tangibile apparizione che unisce cielo e terra in unico immenso respiro, tavola da datare fra il 1593 e il 1594 in ragione dell’impostazione monumentale della composizione e della resa chiusa e solida della forma, colore pur sempre ricco, si piega infatti con determinazione a nuove esigenze formali e alla resa di uno spazio certo, che salda mirabilmente senza intoppi la stasi aerea del gruppo figurale in perfetta centralità, nella versione dipinta l’artista elimina la veduta della città verso la collina col suo profilo mosso, documentata dai disegni, per sostituirla con quella verso la pianura con l’orizzonte retto. Di fatto non si conoscono altri esempi del genere nella produzione carraccesca, che fanno riferimento a una prassi più diffusa nell’ambiente veneto nel II 500. ROMA IL SOGNO DELL’ANTICO E LA LEZIONE DEI MODERNI: stando alla lettera inviata il 21/02/1595 dal cardinale Odoardo Farnese al fratello Ranuccio duca di Parma, Annibale si era recato per la prima volta a Roma, in compagnia del fratello Agostino sul finire del 1594, a Roma le nere ali dell’invidia accentuavano l’antagonismo tra i pittori interessati ad accaparrarsi le commissioni più prestigiose delle famiglie nobiliari legate alla corte pontificia, i Farnese erano in aperto antagonismo con gli Aldobrandini e quindi anche papa Clemente VIII impegnato in un progetto ambizioso di unificazione politica. Incarico di affrescare un salone in palazzo Farnese per Annibale con le gesta di Alessandro Farnese, l’eroe della riconquista dei Paesi Bassi e padre di Ranuccio e Odoardo, rappresentava poi per Annibale la possibilità di misurarsi con il tema storico che ai suoi occhi si doveva colorarsi di una particolare valenza simbolica, ma non meno attraente doveva risultare il confronto con gli esponenti della pittura sacra. La conoscenza di Raffaello doveva aver avuto luogo già in Emilia, visione della S. Cecilia ma Roma consentiva con il Raffaello grande pittore d’azione. Confronto con l’antico, reso nuovamente vivo e moderno attraverso un’operazione di forza mentale, alimenta d’ora in avanti la produzione di Annibale, collezione farnese con molte statue classiche come un gruppo di Niobidi scoperto al Quirinale. AL SERVIZIO DI ODOARDO FARNESE: secondo la testimonianza dell’Agucchi i rapporti tra Annibale e Agostino con Odoardo Farnese si avviarono attraverso il fratello di lui Ranuccio, dietro la chiamata dei Carracci a Roma c’è in effetti il rapporto con Parma, contatti tra Agostino e i Farnese già nel 1591, nel 1593 Ludovico e altri artisti dell’accademia carraccesca partecipano alle esequie di Alessandro, l’anno dopo Annibale e Agostino sono chiamati da Odoardo allo scopo di affrescare con scene dei Fasti del padre la Sala Grande di palazzo Farnese ma poi non venne realizzata la decorazione. Definitivo trasferimento a Roma di Annibale nel 1595, decorazione galleria avviata nel 1598 e poi il camerino nel 1599, esordio pubblico di Annibale proprio nel 1599 in stretto parallelo con quello di Caravaggio a S. Luigi dei Francesi. Periodo in cui il cardinale aumenta il carico di lavori per Annibale, Annibale sottolinea la spiccata predilezione di Correggio, lo studio del vero i grandi esempi della Maniera del 500 come se il chiaroscuro di Correggio funzionasse come una sorta di filtro antimanierista tornare a vedere direttamente Michelangelo e Raffaello, Odoardo aveva fatto delle scelte filoparmensi. La ricerca di Annibale ha l’biettivo di coniare un linguaggio pittorico che unisca senza soffocarli gli accenti stilistici delle diverse scuole regionali Tiziano e Raffaello, Michelangelo e Correggio. Per Annibale Correggio è perciò uno degli accenti da far coesistere con altri per creare un linguaggio unitario, un’idea che forse Odoardo non condivideva o non capisce come indica l’aneddoto dei falsi Correggio e Parmigianino, la posizione di Odoardo committente di Annibale va letta come un effetto dell’incontro tra le sue ambizioni personali e queste idee di portata tanto più vasta, fu a causa di queste mescolanze di ambienti e idee che dall’ospitalità avara del cardinale Farnese potè nascere un’opera come la galleria, Annibale fu celebrato come pittore italiano e la galleria è l’opera che più rispecchia il progetto italiano (in vista anche del matrimonio tra un Farnese e un’Aldobrandini), piccole camere del palazzetto del Giardino con dipinti mobili di paesaggio oggi variamente dispersi concepiti da Annibali ma realizzati dalla bottega. Come attestano Bellori e Malvasia Odoardo gli aveva chiesto infatti di rinnovare la decorazione della cupola del Gesù, un progetto di cultura tardo-manierista, Annibale era esausto per l’opera appena compiuta così il progetto sfumò, il pittore si trasferì alle 4 fontane e si fece avanti l’Herrera per la decorazione della propria cappella. Se davvero Annibale iniziò a progettare la decorazione della cupola è possibile che i disegni fossero rimasti nella bottega e poi utilizzati per decorare la cappella Herrera, non stupirebbe che proprio Annibale fosse stato capace di vedere per primo quali conseguenze potevano trarsi dalla fusione di Correggio e Raffaello nella decorazione delle cupole=arte barocca, ma questa Roma non è quella di Bernini in cui l’artista ha un ruolo trionfale perché oramai la corte è diventata l’intera Roma, per Annibale è ancora una catena. LA MORTE DI ERCOLE E ALTRI STUDI 1599: nudo maschile seduto in primo piano che alza la mano dx e rivolge lo sguardo al cielo è stato infatti identificato come una prima idea di riquadro raffigurante l’Ercole morente, ampia partecipazione di Agostino almeno nella fase di progettazione grafica, sicurezza nell’utilizzo della penna, trattenuta energia al modello della scultura antica, paesaggio di campagna di alberi in primo piano, che sembrerebbe essere stato il primo schizzo tracciato sul foglio, schema prospettico molto abbreviato compare anche sotto la figura di Ercole, nell’angolo dx un frammento di studi che sembrano compiuti in una delle gite per la campagna a disegnare en plein air che i Carracci compivano d’abitudine. REMATORI STUDIO PER IL CAMERINO FARNESE 1599: i rematori della barca di Ulisse della lunetta con l’Ulisse e le sirene nel camerino Farnese è uno dei maggiori disegni con forza, esprime fortissima energia in un’economia di mezzi e mostra un’attenzione al vero che solo Annibale sapeva avere, indispensabile la tensione muscolare del rematore che lo spettatore è chiamato ad immaginare assieme al compagno, avvolto nel silenzio a causa dei tappi di cera che Ulisse ha imposto loro per sfuggire alle sirene. IL NUOVO RAFFAELLO E LA SUPREMAZIA DELL’INVENZIONE: all’inizio del 1601 Annibale era solo un nome pieno di promesse a Roma ma anche un nome da rispettare per via del nome del suo protettore ovvero il Cardinale Farnese, unica opera pubblica di Annibale a Roma era la S. Margherita installata dall’ex precettore di Odoardo, Gabriele Bombasi nella cappella dei Funari in S. Caterina, si tratta di un’opera ibrida, rifacimento di un’invenzione precedente e dipinta presumibilmente con l’aiuto di un assistente, ragion per cui non poteva fornire un vago sentore delle vere capacità di Annibale. Avviso del 1601informazioni sui tre diversi progetti seguiti da Annibale: gli affreschi della Galleria Farnese, a cui lavorava dal 1597 inaugurati nel 1601, in quell’occasione il nipote del papa Pietro Aldobrandini gli aveva commissionato un dipinto su tavola con l’Apparizione di Cristo a S. Pietro sulla via Appia e poi un a pala d’altare per la cappella Cerasi in S. Maria del Popolo, così Annibale Nell’Assunta non si trovano più i passaggi di ombre e luci derivati da Correggio ma fasci improvvisi che illuminano dettagli narrativamente importanti desunti dalla Trasfigurazione, poi ci sono indizi di una nuova ventata che sembra venire da Venezia, possibile effetto di un breve viaggio immaginabile dopo la morte di Agostino. Alla data della morte del committente la cappella non era ancora compiuta, Annibale e Caravaggio quindi non conoscevano lo spazio in cui sarebbero stati esposti i loro dipinti, la cosa non preoccupò forse Annibale ma certamente si Caravaggio perciò poi dovette creare delle seconde versione dei dipinti a causa di una cappella estremamente compressa, la Cerasi fu veramente il momento di sorpasso di Caravaggio su Annibale. SAN PIETRO INGINOCCHIATO STUDIO PER L’ASSUNTA 1602: per l’Assunta Cerasi ci sono pervenuti 5 disegni tutti a Windsor, funzione correttivo del disegno rispetto a una prima esecuzione del dipinto, che Annibale potrebbe avere adottato anche in altri casi, come nella galleria. In questo foglio è principale lo studio del panneggio e la posa della figura interessa l’artista solo in quanto coinvolge e modifica l’andamento delle stoffe, rispetto agli studi per la volta Farnese emerge qui un modo molto diverso di intendere il chiaroscuro, anomalo disinteresse nei confronti della figura, il disegno colpisce per il fortissimo carattere pittorico e per la nuova drammaticità delle ombre, che non hanno più nulla della dolce trasparenza correggesca, Annibale stava riflettendo sul modello della Trasfigurazione di Raffaello. Gesto della mano aperta di S. Pietro illuminata dall’alto, qui molto significativamente non è previsto, in questo studio Annibale non lavora sui gesti ma sugli effetti di chiaroscuro e sulla pittoricità della materia imbevuta di luci e ombre, disinteresse per i volti e l’attenzione concentrata soltanto sul panneggio, proprio questa nuova qualità pittorica dei disegni più drammatici e diversi dalla morbidezza correggesca degli studi per la volta Farnese. L’Assunta non dà l’avvio al nuovo stile ma ne costituisce un momento già avanzato. Modello per gli effetti pittorici, l’andamento delle pieghe raffaellesche in una materia pittorica nuova, granulosa e non più morbidente correggesca= simile allo stile di Tiziano. Ritratto del monsignor Giovan Battista Agucchi di York o la fuga in Egitto Aldobrandini che recuperano una tavolozza veneto-lombarda che sembrava difficile rievocare a Roma e che tuttavia sono “romani”, tra il 1602 e il 1603 Annibale sembrerebbe aver compiuto un breve viaggio a Venezia e in Lombardia. STUDIO PER S. ANDREA 1602-03: l’apostolo Andrea prima di morire, rimase legato per 2 giorni alla croce predicando alla follia, disegno posto in relazione a un piccolo dipinto raffigurante il Martirio di S. Andrea a Monaco, attribuzione tradizionale a Domenichino, il rigore prospettico con cui è organizzata la composizione, come su un palcoscenico, il gruppo degli astanti, lascia immaginare che Annibale avesse fornito delle indicazioni non limitate alle singole figure, il carattere poderoso teatro anticheggiante che anima le composizioni del tardo Annibale al giovane Domenichino. Il disegno costituisce una delle prove più forti dell’ultimo tempo di Annibale, per l’abilità con cui è costruito lo scorcio e lo straordinario risalto plastico che la figura ottiene grazie ad un uso pur estremamente economico del chiaroscuro, la testa e le mani sono tracciate con rapidità in vista di una restituzione sintetica ma efficace dei valori stereometrici. ANNIBALE CARRACCI E BOTTEGA MADONNA DI LORETO 1604-05: tema dell’intercessione attraverso la preghiera per le anime purganti, sulle quali, per spegnere l’ardore delle fiamme entro le quali stanno immerse, il Bambino versa acqua da un vaso. Pala commissionata dal cardinale Madruzzo doveva essere sull’altare nel 1605, la supervisione di Annibale è da tutti accettata, il paesaggio rivelerebbe piuttosto la mano di Lanfranco, l’opera si può dunque assumere come paradigma di quel momento in cui Annibale, dovendo affrontare il problema di gestire la propria bottega in vista delle molteplici commissioni si era rivolto al modello di Raffaello. ANNA STANZANI AFFRESCHI BOLOGNESI APPENDICE: inizialmente i Carracci operavano nell’instabilità, rinunciano all’idea di sicurezza e immutabilità delle conoscenze acquisite e il loro rinnovamento. Contemporaneamente al salone di palazzo Fava affrescano un fregio nella saletta adiacente e vi rappresentano Europa rapita da Giove trasformato in toro, il tema poteva avere un’interpretazione nuziale per l’unione di Filippo Fava e Ginevra Orsi, in base alle Metamorfosi di Ovidio. Come fonte figurativa della penultima scena istoriata è stato individuato il Ratto di Europa di P. Veronese (palazzo ducale a Venezia) che Annibale ed Agostino avrebbero visto a Venezia nel 1582-83. Ma la sperimentazione neoveneta si gioca anche sul rapporto intimo e profondo tra figure e paesaggio che si diffonde ancora nelle malconce immagini, poteva essere ravvisato anche a Ferrara nelle dimore e collezioni estensi. Il disegno preparatorio di Europa che sale sul toro, attribuito ad Annibale sulla base dell’assegnazione dell’affresco al giovane pittore, è stato in anni recenti riconosciuto a Ludovico, per il momento il disegno può essere letto come effetto della prassi cooperativa dei giovani Carracci: Ludovico sulla base dei disegni tratti dall’opera del Veronese, avrebbero ridotto l’invenzione del veneto, nella versione feriale semplicità campestre poi realizzata nell’affresco. Le grottesche e i satiri sono stati attribuiti ad Agostino, in particolare nei 2 pannelli che affiancano Europa sale sulla groppa del toro, compare l’inclusione nella partitura manierista di 2 o 3 fresche parole della parlata quotidiana, un paiolo sul fuoco con accanto un gattino, un asino, un orso come quelli disegnati da Agostino e che ritornerà nella scena dell’educazione di Giasone nella sala attigua. Malvasia spiega che la ricerca di cosa dipingere fu compito di Agostino, la responsabilità di disegnare le storie fu di Ludovico, Agostino si occupò anche dell’ornamento della narrazione con appropriate figure, ad Annibale il compimento del disegno nel colore, ovviamente Malvasia era a favore di Ludovico. Boom del fregio che proponeva un confronto serrato tra arte e letteratura, tra pictura e poesis, tra il 1550 e 1552 il palazzo viene decorato da varie equipes di pittori con una storia della vergine guerriera Camilla tratta dall’XI libro dell’Eneide, anche l’Odissea aveva goduto di una moralizzazione come descrizione anticipata del cristianesimo e Ulisse come prefigurazione di Cristo, il quale è modello si sapienza e le peregrinazioni dell’eroe sullo sfondo alluderebbero ai travagli della carriera politica di Giovanni Poggi, con icasticità raffinata e popolaresca, con violenta energia, con estroversione formale così dirette e comunicative che dovettero apparire vive. Da dimenticare il tedio, sia pur istruttivo e dottrinale dei fregi di osservanza vasariana di Prospero Fontana e Orazio Samacchini, per i Carracci un modello negativo, il tema di Giasone e Medea è una scelta arrischiata, consultazione dei testi antichi e moderni mitografi: Medea tradisce il padre, abbandona la patria, fa a pezzi il fratello, con l’imbroglio fa sgozzare Pelia dalle sue stesse figlie. E l’ingrato Giasone abbandona Medea a cui tutto deve, scatena la terribile vendetta autolesionistica della maga che uccide i loro figli e la rivale, la scena finale con l’uccisione di Creusa era dipinta nel caminetto non più esistente. Di Filippo Fava non si sa molto: era figlio di Anton Francesco un medico famoso dello studio bolognese, un soggetto forse alludente alle pratiche magiche collegate alle scienze mediche che era dunque nell’immaginario mitologico familiare dei fava, sia o non sia il tema quello dell’inganno, definito il contenuto e il suo sviluppo nella storia da parte del committente, è necessaria la stretta collaborazione dei pittori, per fissare gli episodi in rapporto allo spazio, l’adesione della pittura al testo letterario era una compontente a cui i Carracci si troveranno sensibili, ma forse i Carracci se avessero potuto scegliere l’invenzione avrebbero scelto di narrare di meno, l’inganno della vista è certamente il tema delle finte statue degli dei sulla cornice del fregio, i Carracci si dimostrano in grado di creare un’originale struttura con gli elementi della vecchia, le statue degli dei, toccate dalla luce, in modo tale che sembri la luce vera che entra dalle sottostanti finestre, sono in relazione con il racconto, ma sono realizzate secondo la prospettiva dei visitatori della sala, quanto ciò rientri l’esperienza dell’illusionismo veronesiano è da verificare. Il nuovo assetto sembra svilupparsi in parallelo ai programmi dell’Accademia degli Incamminati. L’effetto e di una straordinaria freschezza: in alcuni episodi divampa la rapidità, la varietà e l’esagerazione fanciullesca delle strisce di un fumetto d’avventura, in altri emerge una complessità spaziale che riflette la conoscenza di Federico Barocci il cui Martirio di S. Vitale fu pubblicato a Ravenna nel 1583. Per quanto riguarda l’esecuzione l’impegno di Agostino si attesta in 3 scomparti: IV-XIII-XV, ad Annibale, di cui il fregio si misura l’intensa seduzione da Correggio 5 scene: I-II—V-VII-IX e anche le scene di Ludovico sono 5: VI-VIII-XII-XVII. Il confronto tra i disegni rimasti e affreschi indica la possibilità che i Carracci si scambiassero invenzioni o attingessero a un repertorio comune di elaborazioni, come ipotizza Benati. La disponibilità intellettuale di Agostino, i suoi viaggi, la sua attitudine allo studio e alla divulgazione tramite l’attività incisoria, il talento di Annibale di generare forme da forme senza risparmio, Malvasia accenna a vere e proprie correzioni eseguite o dall’autore del dipinto o dagli altri Carracci. All’inizio degli anni 90 i Carracci si rappresentano insieme sui ponteggi dopo una serie di commissioni individuali, Annibale è stato impegnato in pale rilevanti per Parma e Reggio, dal 1591, dal fregio Magnani, i cugini hanno commissioni in comune: quasi contemporanee le tele per il soffitto di Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Dopo l’innovazione, la II metà degli anni 80 rappresenta per Annibale la ricostruzione da Correggio a Barocci da Veronese a Raffaello come ben evidenzia la Pala di S. Ludovico del 1587-88. Negli affreschi Magnani è quasi impossibile non ravvisare un risultato compiuto, la piena realizzazione della vicenda del fregio dipinto e l’avvio della riflessione sulla grande decorazione che, forse partendo dal ricordo familiare di Tibaldi, cronologia del fregio 1590-91, Agostino è a Venezia prima del 1590 impegnato in stampe di Tintoretto, Lorenzo Magnani commissionò il ciclo e indicò gli episodi delle Storie di Romolo e Remo tratte dalle Vite di Plutarco con 14 episodi. La struttura del telaio ornamentale raggiunge il maggiore sviluppo e la max intenzionalità significativa e prefigura anche nell’accumulazione di elementi e materie, episodi inseriti in finte tele. Una vivace varietà presiede alla creazione dei mascheroni in stucco, più di 80 tutti diversi, nessuno uguale, disposti sopra e sotto le storie, le maschere delle fasce inferiori sono solitamente impegnate a tentare a guardare, rovesciando la testa e gli occhi, le vicende che si svolgono al di sopra, la cornice è animata dalla vita, tutto è finito ma tutto è finito ma tutto sembra tangibile grazie alla luce che, simulando di entrare dalle vere finestre. I satiri, le statue, i putti, le maschere che si alternano alle unità del racconto vero e proprio, giocano il ruolo di presenze coreografiche. A fianco della seconda scena con Romolo e Remo che mettono in fuga i ladri di armenti, uno degli episodi di più alta qualità e armonia, composta dalla Strage degli innocenti di Marcatonio Raimondi da Raffaello, che il ciclo abbia legami stretti con l’attualità, con intenzioni precise del committente, che sia una proposta di storia che si invera nel presente è dimostrato da una scena
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved