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Anonimo Sul sublime - riassunto, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Riassunto del testo Anonimo sul sublime che comprende una premessa rispetto alla cornice culturale che nella storia caratterizza la visione del sublime proprio a partire dalla scoperta del testo da parte dei maggiori artisti; una prefazione con la descrizione delle tematiche affrontate da pseudo Longhino; una lista di significati attribuibili al concetto di Sublime; La sintesi degli argomenti del testo diviso per sezioni. Manca il riassunto del commento al testo greco.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 05/07/2023

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9 documenti

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Scarica Anonimo Sul sublime - riassunto e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Sul sublime A cura di stephen halliwell con un saggio di massimo fusillo traduzione di laura lulli Esperienze del limite. Il sublime e la sua ricezione moderna di Massimo Fusillo 1. Sul sublime medievale “L’arte gotica è sublime. Quando entro in una cattedrale, devozione e soggezione mi investono totalmente; perdo il contatto con la realtà circostante, e l’intero mio essere si espande verso l’infinito: terra e aria, natura e arte, tutto si dilata nell'eternità, e l'unica espressione sensata che mi resta è non sono nulla”. Brano di Coleridge dove ritroviamo molti dei topoi che caratterizzano l’esperienza del sublime nella modernità, ripresi e sviluppati dal trattato di Longino: l’espansione dell’io, il superamento dei limiti spaziali e temporali, l’infinito, e soprattutto il senso di annientamento nei confronti della grandiosità che costituisce la risposta estetica finale. Significativo che il poeta romantico scelga come esempio lampante di sublime uno stile come il gotico, che proviene da un’epoca in cui il testo di Longino non circolava più e non se ne aveva più memoria. Segno certo che abbiamo a che fare con una pratica creativa diffusa in tutte le epoche, e con una modalità di lettura: un effetto estetico che può essere autonomo e disgiunto dalle intenzioni degli autori e dalle codificazioni a loro contemporanee. Il sublime medievale coinvolge la visione complessiva di questo periodo che sempre più sfugge a ogni tipo di generalizzazione. Secondo Jaeger lo scarso interesse della medievistica per il sublime deriva da una visione diminutiva del Medioevo, come epoca schiacciata dai giganti dell’antichità e della modernità. È comunque innegabile che, a prescindere dalla teoria, il Medioevo conosca una ricca pratica del sublime (Jaeger cita in particolare la morte di Roland nella Chanson e il finale del Tristan di Thomas), per cui la Commedia di Dante non deve essere considerata una rinascita del concetto antico, ma il momento culminante di una tendenza radicata della letteratura medievale all’elevazione, alla magnificenza, e alla trasfigurazione dell’umano. La questione dello stile è un po’ più complessa, e su questo aspetto il saggio di Auerbach su Camilla resta magistrale: il sublime è stato visto con sospetto all’inizio dalla teologia cristiana, in quanto tentazione diabolica di innalzarsi a un livello elevato che pertiene solo a Dio. Lo stile composito di Dante ci appare oggi come uno dei massimi esempi di sublime, anche se non nasce da questa categoria teorica. 2. Il ritorno di Longino nel Rinascimento (Michelangelo, Leonardo, Tasso) Per molto tempo si è creduto che il trattato sul sublime si fosse diffuso in Europa a partire dalla traduzione di Boileau del 1674, e soprattutto in ambito anglosassone; in realtà già nel Rinascimento la circolazione di Longino è molto ricca, anche prima dell’edizione a stampa. Una traduzione latina anonima, conservata alla Biblioteca Vaticana, ha avuto una certa diffusione nella cerchia dei Farnese. È possibile che Michelangelo abbia letto il trattato. La sua arte è senz’altro il primo grande esempio del sublime moderno. La scelta di soggetti grandiosi, ai limiti dell’esprimibile e del rappresentabile, come la Creazione o il Giudizio universale; la potenza del suo pathos tragico; la lotta con la materia e la sua tendenza al non finito; la sua capacità di esprimersi in diversi linguaggi artistici e di oltrepassare i confini fra le arti; l’effetto violento che le sue figure esercitano su chi guarda (la «terribilità» di cui parla Vasari): sono tutti fattori che spiegano come questa categoria estetica venga attribuita alla sua arte e al suo stile, a partire dalla critica neoclassica e romantica, quindi in un’epoca di intensa riflessione teorica sul sublime. Una forma diversa di sublime si ritrova in un altro grande artista del Cinquecento italiano: Leonardo da Vinci. Il sublime leonardesco è di natura magico-ermetica: nasce dalla convinzione che ci siano corrispondenze profonde fra il microcosmo dell’uomo e il macrocosmo dell’universo, e fra i quattro clementi primordiali. In questa armonia del mondo, al Sole e alla vista spetta un ruolo primario di sublimità, da cui deriva il rilievo assoluto che Leonardo attribuisce all’arte della pittura. Il sublime magico-ermetico si affianca a quello religioso, basato sulla trascendenza, e si esplica attraverso un diverso tipo di soprannaturale, più demonico. Il sublime gioca un ruolo importante anche nella poetica di Torquato Tasso. Nel terzo dei Discorsi sul poema eroico Tasso distingue fra tre diversi livelli di stile, e chiama il più elevato «magnifico» o «sublime»: tutta la grande impresa della Gerusalemme tende a forgiare questo stile attraverso l'enjambement, il lessico prezioso e il pathos dell’espressione; il suo stile eroico tende programmaticamente all’unità e alla compostezza, ma slitta inevitabilmente verso la lacerazione tragica, così come soprannaturale religioso e soprannaturale magico si intrecciano di continuo. Il suo compromesso di fondo fra uniforme cristiano e multiforme pagano è anche un compromesso fra Aristotele e il sublime. 3. Il Seicento: classicismo temperato, spettacolarità, paesaggi visionari ed estasi Nel Seicento i mutamenti radicali del pensiero scientifico, soprattutto il passaggio da una visione di un cosmo finito e antropocentrico a quella di un cosmo infinito e policentrico, non possono non incidere sul concetto di sublime, che investe la categoria del genio artistico, più o meno in conflitto con le regole aristoteliche. Traduzione di Boileau del Trattato avrà però una risonanza enorme in tutta Europa. Il contributo principale di Boileau, è l’aver distinto lo stile sublime ed elevato dal sublime come esperienza estetica (quindi ricezione, modalità di lettura), che può scaturire anche dalla semplicità assoluta: “Per sublime Longino intende quell’elemento straordinario e meraviglioso che colpisce nei discorsi e che fa in modo che un’opera sollevi, rapisca, trasporti. Il sublime si può trovare in un solo pensiero, in una sola figura, in un solo giro di parole. Una cosa può essere in stile sublime senza tuttavia essere sublime, cioè senza avere nulla di straordinario e di sorprendente”. Il sublime di Boileau è linguistico e letterario, ma il Seicento vede anche l’affermarsi di un sublime spettacolare, che sfrutta i linguaggi non verbali per creare sorpresa e spossessamento nel suo pubblico (es. effetti spettacolari, macchine e mostri della tagédie lyrique). Il passaggio fra Cinque e Seicento vede una delle più straordinarie rivoluzioni pittoriche, il luminismo naturalista di Caravaggio, che richiama alla mente l’equazione fra luce e sublime enunciata da Longino. L’audacia delle soluzioni stilistiche, la drammatizzazione esasperata della luce, la violenza tragica dei suoi soggetti, il suo confrontarsi con un nero assoluto, quasi al limite della rappresentabilità , sono alcune delle caratteristiche più eclatanti del suo sublime estremo. Nel pieno Seicento, quindi nel pieno del Barocco, il trattato di Longino circola ormai ampiamente, e la categoria del sublime si incrocia sempre di più con quella del paesaggio, in letteratura e ancor più in pittura. Alla visione idilliaca e aggraziata della natura, al topos millenario del locus amoenus, si affianca sempre di più una visione selvaggia, tempestosa e dinamica, affascinata dall’infinità degli spazi cosmici o dall’orrore degli abissi sotterranei. Tra il 1647 e il 1652 Bernini scolpisce L'estasi di santa Teresa, un altro capolavoro del sublime che va in direzione opposta, verso l’alto, verso la trascendenza e la trasfigurazione dei limiti umani. 4. Nel pieno della modernità: tra vitalità del negativo e razionalismo classicista Paradiso Perduto di Milton. «Miltonian» diventerà sinonimo di sublime, sia per l’audacia espressiva, sia per la sua scelta di un genere nobile ma ormai morente come l’epica, sia per la fascinazione per il male e per Satana; prima fase ancora legata all’idea di un sublime religioso. Seconda fase in cui Smith avvia una lettura sublime di Shakespeare, in particolare delle sue tragedie: Macbeth (le allucinazioni del protagonista), Re Lear (la tempesta come riflesso cosmico della follia) e Amleto (le sue apparizioni perturbanti). Assieme al terrore, esemplificato dal genere tragico, Smith mette in rilievo l’elemento del paesaggio. Il sublime naturale, che è trattato solo di sfuggita da Longino nel passo sull’Etna diventa ora una categoria fondamentale. Nel 1757 Inchiesta sul Bello e il Sublime di Edmund Burke. È un’opera che analizza in modo capillare le fonti del bello e del sublime intesi come fenomeni ad ampio raggio, non solo nella sfera estetica e retorico-letteraria. Burke appare interessato al sublime, che quasi identifica con il terrore: il ruolo centrale dato a questa passione avrà un influsso notevole sulla letteratura successiva, soprattutto sulla rappresentazione del soprannaturale. Burke afferma che possiamo provare un espressivo. Il caos in sé, come disgregazione primordiale di forme, è inoltre uno dei topoi dell’immaginario sublime. Errore (fallimento). La visione longiniana dell’arte prevede una serie di momenti di esaltazione estatica, slanci supremi e grandiosi, all’interno di un continuum che può implicare anche cadute precipitose e difetti. La grandiosità di Omero, soggetta a cadute, sarebbe da preferire alla medietà priva di difetti di Apollonio Rodio. Furore (estasi) Per la sua posizione neoplatonica, Longino esalta lo slancio poetico, che diventa, nelle varie epoche, entusiasmo, furore, estasi, visionarietà, espansione dell’io, epifania. Non si tratta però di una visione irrazionalistica e viscerale: per Longino il furore dionisiaco non può essere disgiunto da complesse strategie espressive, da un’articolata sintassi delle passioni. Infinito (totalità) La molla che fa scattare il sublime è lo smarrimento, lo spaesamento, il disorientamento nei confronti di fenomeni che sfuggono al nostro controllo: l’immensità del cosmo, ma anche la potenza della tecnologia. Intraducibilità (ineffabilità). Tradurre la logica dell’inconscio e delle emozioni, raffigurare l’infinito, il caos, l’incommensurabilità sono le sfide impossibili dell’artista sublime: sono esperienze del limite di esprimibilità, che producono lo stesso spaesamento che suscitano i grandi spettacoli della natura. Male (il negativo) La storia del sublime si interseca con la fascinazione romantica e decadente per il male, e per la sua grandezza distruttiva. Da Medea a Lady Macbeth, da Satana a Jago, sono le figure negative quelle che più producono sublime, perché destabilizzano il senso dell’umano. Pathos. Il sublime scaturisce dalla passione dell’oratore, e il trattato di Longino, ci offre una complessa sintassi della passione, un’articolata retorica del pathos. Sacro (magia) Se il sublime nasce dal desiderio di trascendere l’umano, non può non avere a che fare con l’esperienza mistica; ha a che fare con la sfera del sacro, tutto ciò che sfugge al controllo della razionalità. Silenzio. Una delle frasi più famose ed efficaci di Longino riguarda il silenzio di Aiace nell’Ade, vanamente interrogato da Ulisse: un silenzio ben più eloquente di qualsiasi discorso risentito. Da qui scaturisce il sublime per sottrazione, ma anche tutto l’uso retorico del silenzio (la figura dell’aposiopesi) che anima tanta poesia, tanto teatro. Spaziotempo. Come l’inconscio e l’emozione, il sublime tende a trascendere lo spaziotempo. Per Longino il tempo del sublime è il kairos: momento singolo di preziosa opportunità, o anche talvolta momento supremo, che diventerà poi l’epifania modernista. Tragedia. Per Longino o per Vico l’autore sublime per eccellenza resta Omero. In realtà, come sosteneva Schiller, il genere letterario che più si identifica con il sublime è la tragedia, perché sonda i limiti della rappresentazione e dà spazio all’espressione del pathos più violento. Nella nostra epoca, l’estremismo tragico è una delle declinazioni più incisive del nuovo sublime postmoderno e postumano. Introduzioneal testo di Stephen Halliwell 1. Il problema della paternità e della datazione Si può dire molto poco con sicurezza sull’identità dell’autore del trattato Sul sublime, ma due aspetti sono certi. Il primo è che era il maestro greco o il mentore del personaggio romano a cui è indirizzato, Postumio Floro Terenziano, e ciò implica che probabilmente Terenziano, o la sua famiglia, svolsero nei confronti dell’autore una funzione di mecenatismo. Il secondo aspetto che si evince sull’autore del Sul sublime è che questi aveva scritto molte altre opere. Questi due aspetti relativi all’autore - il suo rapporto con Terenziano e la varietà dei suoi scritti – sottolineano che chi lo ha composto era un teorico e un critico retorico-letterario di professione. Il testimone manoscritto principale, il Parisinus gr. 2036 (X secolo), nell’indice indica l’autore come «Dionisio o Longino». Due autori di opere su argomenti retorici e letterari ben noti, cioè il retore di età augustea Dionisio d’AIicamasso, oppure Cassio Longino, il filosofo neoplatonico e educo letterario del III secolo. Fu quest'ultimo a esserne considerato l’autore dalla metà del XVI all’inizio del XIX secolo. La sua paternità è tuttavia problematica per vari motivi: 1) non vi è nessun riferimento, tra le liste di opere attribuite a Longino, alle opere menzionate nel trattato; 2) Nell'ultimo capitolo l'autore rivendica di non essere un filosofo. Ma è difficile credere che Longino avesse questo punto di vista, data la sua formazione filosofica; 3) Il lessico del sublime (upsos) non appare in nessun punto dei frammenti superstiti più consistenti àéì'Ars rhetorica di Cassio Longino; 7) I riferimenti al declino della retorica, alla perdita della libertà (greca), alla «pace del mondo» nel capitolo finale dell’opera (44) sono difficilmente compatibili con una datazione al III secolo; improbabile che la tradizionale attribuzione del Sul sublime a Cassio Longino possa essere ritenuta corretta, la maggior parte degli studiosi moderni ha avuto ragione a chiamare Pseudo-Longino l’autore del trattato. Datazione incerta. È evidente che Sul sublime è animato da un’antipatia piuttosto forte nei confronti di Cecilio (ved. par. 3): l’importante digressione nei capp. 33-6 sulla differenza tra il genio imperfetto e il mediocre impeccabile è motivata da un notevole risentimento verso i giudizi comparativi di Cecilio su Platone e Lisia, formulati nell’opera a quest’ultimo dedicata, ed è molto probabile che il nostro autore conoscesse anche il lavoro di Cecilio sulle figure retoriche. La familiarità con tre sue opere diverse rende, forse, assai plausibile la possibilità di una vicinanza temporale tra Cecilio e Sul sublime, ma ancora una volta questo dato è lungi dal costituire una prova. Il racconto della conversazione dell’autore con «uno dei filosofi» rappresenta il riferimento diretto più consistente al mondo (presumibilmente) contemporaneo. Lunga discussione tra due individui che esprimono punti di vista contrastanti (anche se entrambi sono Greci che riflettono sulla loro posizione nell’impero romano) riguardo a problemi rilevanti nel mondo contemporaneo, tra cui questioni politiche, legali, economiche, militari e morali e, al tempo stesso, alle loro potenziali conseguenze sullo stato della retorica e della letteratura. E possibile, dunque, individuare in questo passo elementi degni di nota per stabilire la datazione del Sul sublime? I termini con cui il racconto del declino è accennato nel trattato Sul sublime sono molto tradizionali, con una forte coloritura platonica e con un unico dettaglio - il riferimento alla caccia all’eredità in 44, 9 - che tradisce un inconfondibile legame con Roma. Le affinità parziali con i testi latini hanno spinto molti studiosi a datare il trattato in un arco cronologico prossimo a queste fonti. 2.Struttura e organizzazione del trattato La struttura e i temi salienti dell’opera possono essere schematizzati come segue Cap. 1 Dedica dell’opera a Postando Floro Terenziano, studente/ patrono romano dell’autore • Illustrazione dell’occasione dell’opera (una risposta alla lettura del trattato di Cecilio sullo stesso argomento); • scopo del trattato: fornire uno strumento utile a coloro che sono coinvolti nella vita pubblica; • il sublime come qualità suprema di tutti i più grandi prosatori e poeti: suo potere irresistibile ed estasiante. Cap. 2. Il sublime può essere realmente analizzato in un trattato tecnico? • Replica a quanti ritengono che simili trattati inaridiscano del tutto il tema; • la natura è di importanza fondamentale, ma l’«arte» (techne) può completarla e bilanciarla, aiutandoci a evitare i pericoli di una potenza naturale inclemente. • [LACUNA in 2,3: comprende il passaggio dal problema della natura-arte a una discussione preliminare dei difetti associati ai tentativi di raggiungere il sublime.] Capp. 3-4. Tre tipologie di difetti associati a tentativi falliti di raggiungere il sublime – (i) Lo stile turgido riscontrato soprattutto in Gorgia e negli storici di Alessandro di epoca ellenistica; – (il) la puerilità, che comprende la freddezza: un eccesso e una volgarità di vario tipo; – (in) l’emozione intempestiva, vuota o smodata – la freddezza è diffusa in Timeo ma può essere occasionalmente presente anche negli «eroi socratici», Senofonte e Platone, o in Erodoto. Capp. 5-7. Il raggiungimento della vera conoscenza del sublime • Tutti i difetti esposti in precedenza derivano da un desiderio di innovazione del pensiero: possono essere evitati soltanto con una conoscenza e un giudizio puri del sublime e questa consapevolezza richiede una lunga esperienza • il sublime autentico deve essere tenuto distinto dalla mera ostentazione esteriore; • il vero sublime appaga il pubblico con la sensazione che gli ascoltatori stessi abbiano creato quello che hanno ascoltato; il sublime predispone alla grandezza del pensiero e richiede/restituisce una contemplazione reiterata; questo è confermato dal consenso universale raggiunto da persone di diversa estrazione. Cap. 8. Le cinque principali fonti del sublime • Due fonti prevalentemente naturali: ◦ (I) attitudine alle grandi concezioni, ◦ (II) emozione veemente ed entusiasmante; • tre fonti cui si può accedere anche con la techne\ ◦ (III) un modo di trattare le figure retoriche (sia di pensiero sia di parola ◦ (IV) dizione o scelta delle parole vigorosa, ◦ (v) una disposizione delle parole imponente Cecilio trascurò alcune di queste fonti, soprattutto l’emozione: se pensava che il sublime e l’emozione siano la stessa cosa, sbagliava (vi sono emozioni non sublimi e il sublime può esistere senza l’emozione), ma, se considerava l’emozione priva di importanza, era ugualmente in errore (nulla è più produttivo dell’espressione ispirata dall’emozione). sfugge a ogni categorizzazione restritdva. 3. L'autore come critico e la sua rivalità con Cecilio Mentre le idee, il lessico e le tendenze di pensiero mostrati nel Sul sublime sono per certi versi una miscela di elementi retorici e filosofici, l’autore dell’opera non mostra alcuna inclinazione a classificare la sua impresa in questi termini, men che mai a presentarla come una versione ortodossa della retorica o della filosofia. Resta, a ogni modo, un’altra tipologia di scritto in prosa cui il trattato sembra quasi rivendicare esplicitamente la propria appartenenza: la critica. La definizione di «critico letterario, erudito», sarebbe stata ben accolta dall’autore. Le fonti principali sull’uso di kritikos e dei suoi derivati in età ellenistica e imperiale insistono soprattutto sulla valutazione e sull’interpretazione dei testi a un alto livello. La sua opera è certamente debitrice dei canoni di generi letterari elaborati ad Alessandria. La dissertazione Sul sublime si basa però su un’idea peculiare dell’eccellenza letteraria e retorica che travalica le distinzioni di genere, e l’uso continuo del lessico tipico della critica dimostra che la sua modalità argomentativa è finalizzata fondamentalmente a emettere giudizi di valore. Motivo specifico: la rivalità con una figura precisa, Cecilio di Calatte, studioso e critico vissuto in età augustea, noto per aver mantenuto fermamente posizioni atticiste e per aver considerato Lisia, al quale dedicò un’opera intera, modello di purezza stilistica e di perfezione. che cos’è il sublime? Le affermazioni di principio più salienti sulla natura del sublime sono le seguenti: (1) il sublime è una superiorità del discorso, tipica di tutti i poeti e i prosatori più grandi; è la causa della loro fama eterna (1,3). (2) L’effetto del sublime va oltre la persuasione e induce un tipo di turbamento che travolge la mente (1,4). (3) Alcune qualità del discorso si rivelano nella costruzione complessiva e nella struttura di un’opera, ma il sublime ha il potere concentrato di un fulmine (1,4). (4) Il sublime riempie l’anima e la mente di un forte senso di gioia e della sensazione di aver prodotto da sé ciò che si è sentito (7, 2) (5) Il sublime offre alla mente qualcosa di più del significato letterale di un testo; invita alla contemplazione reiterata e ricompensa di questo lasciando un’impressione indelebile (7,3) (6) La fonte più importante del sublime è un’intensità potente del pensiero; seconda per importanza è l’emozione veemente (8 , 1). (7) Nulla è espressione del sublime come l’emozione autentica dove è necessaria (8, 4). (8) «Il sublime è l’eco di una grandezza d ’animo» (9, 2) - un’orgogliosa autocitazione da parte dell’autore del trattato. (9) Togli il sublime da espressioni caratterizzate da amplificazione retorica (cioè passi in cui un argomento viene esaltato) e «leverai come l’anima dal corpo» (11,2 ). (10) Il sublime spesso si trova «anche in un solo pensiero» (12, 1). 1 (11) «Le belle parole sono la luce propria del pensiero» (30, 1). (12) Gli autori più grandi sono «personalità pari agli dèi» che condividono una visione della capacità della mente di contemplare nel pensiero l’intero universo e anche oltre (3 5,2). (13) «Il sublime innalza vicino alla grandezza d ’animo di un dio» (36, 1). Non vi sono intenti programmatici e quindi nemmeno una chiara categorizzazione. e il concetto di sublime alla base dell’opera non può essere ridotto né a una caratteristica oggettiva e dimostrabile di un’opera letteraria, né a una mera conseguenza di reazioni interamente soggettive da parte del pubblico. Come ben chiarito nei punti (IV) e (v) sopra esposti, questo concetto implica piuttosto una sorta di processo dialettico tra opera letteraria e pubblico, tra la potenza espressiva del testo e il modo in cui i suoi possibili significati risuonano nella mente del destinatario. Pur senza spiegarlo nei dettagli, il trattato considera il pensiero come conditio sine qua non del sublime. Ad ogni modo il trattato conferisce un peso immenso all’emozione: forse molto più di ogni altro scritto critico di argomento retorico o letterario che l’antichità ci abbia tramandato. 5. La psicologia dell’ispirazione creativa Le sezioni più significative in tal senso si trovano nei capp. 13-4, in cui vi è un tentativo di interpretare in chiave psicologica le dinamiche dell’ispirazione e di connetterle, nel contempo, al rapporto tra il singolo autore e il canone degli scrittori sublimi. 6. Il testo del trattato Sul sublime La nostra conoscenza del testo dell’opera dipende in larga misura da un solo manoscritto, P (Par. gr. 2036), in cui il trattato (foli. 178^-20721) è preceduto da larga parte dei Problemata pseudo- aristotelici. P, ad ogni modo, contiene sei lacune di ampia estensione e ha perso quella che doveva essere la pagina conclusiva: complessivamente, i fogli mancanti sono ventuno, pari a due quinti dell’intero trattato, e quindi siamo privi di parti di tutte le sezioni principali dell’opera. p.193 Testo p. 315 Commento. I. L autore si rivolge al suo allievo romano, Postumio Floro Terenziano, e spiega l’origine e lo scopo del trattato Cecilio aveva omesso di mostrare ai suoi lettori come coltivare la loro capacità di raggiungere la grandezza. L’opera, quindi, ha, almeno in parte, una volontà polemica. Ecilio era un critico letterario di indirizzo classicheggiante (nonché uno storico e uno studioso) attivo a Roma nell’età di Augusto. Anche se non se ne fornisce una definizione formale, il sublime è descritto come l’eccellenza suprema degli scrittori migliori, sia di poesia sia di prosa; va oltre lo scopo retorico primario della persuasione, determinando nei suoi destinatari un tipo di estasi; inoltre, mentre altre qualità letterarie e retoriche, come l’invenzione e l'organizzazione del discorso, si manifestano nella struttura complessiva di un’opera, il sublime è simile a un fulmine che produce un impatto travolgente in momenti specifici e concentrati. 2. Una potenziale obiezione alla finalità del trattato: il sublime può realmente essere oggetto di un’analisi specialistica? Dopo l’insistenza nel cap. 1 sul potere del sublime di indurre uno stato estatico, una sorta di condizione che va oltre la dimensione retorica e che costituisce una forza della natura schiacciante (simile a un fulmine), è legittimo domandarsi come una potenza simile possa essere trattata al livello di precettistica tecnica. Il motivo rientra in un dibattito più andco nella civiltà greca, riguardo all’importanza relativa della natura (innata e/o ispirata) e della techne (un’abilità e una capacità artistica che si può insegnare) nella creazione della poesia e della retorica. 3-4. Altre considerazioni preliminari: esame del tipo di difetti che caratterizzano i tentativi non riusciti di raggiungere il sublime 5-7. La difficoltà e l’importanza di raggiungere una pura conoscenza del sublime L’autore giunge alla conclusione che tutti i difetti illustrati nei capp. 3-4 derivano da un’eccessiva ricerca della novità di idee fine a sé stessa, una dipendenza che sarebbe tipica della sua epoca (notazione questa che non è utile per la datazione del trattato). In più, sono strettamente connessi («mescolati con», ANAKEKRAMENAS) alle fonti del sublime: le stesse identiche cose possano produrre frutti buoni o cattivi. Per evitare questi difetti, pertanto, c’è bisogno di sforzarsi di raggiungere una conoscenza di ciò che è veramente sublime. Tale conoscenza - Terenziano può star sicuro - è solo il risultato di una lunga esperienza. 8. Le cinque fonti principali della sublimiti e il disinteresse di Cecilio riguardo alle emozioni Anche se ha allontanato il suo modo di concepire la sublimità dal consueto obiettivo retorico della persuasione ( 1, 4), L. si basa ora sulle categorie retoriche tradizionali per fornire l’armatura analitica della sua dettagliata trattazione dell’argomento. Le cinque fonti della sublimità abbracciano suddivisioni della distinzione retorica di base tra «argomento» e «linguaggio», anche se in ogni caso una modifica di valutazione orienta l’argomentazione verso le qualità specifiche che si raggruppano attorno al suo concetto di “UPSOS”. Delle cinque fonti più produttive, due sono principalmente frutto di abilità naturali: la forza concentrata del pensiero , che è la più importante, e l’emozione veemente e appassionata (Enthusistikon pathos) che, come sarà sempre più chiaro, ha a che fare con il raggiungimento di un certo tipo di capacità espressive piuttosto che con uno stato extra-testuale della mente dell’autore. Le altre tre possono essere prodotte, almeno in parte, mediante abilità tecniche: un modo specifico di trattare le figure di pensiero e discorso; una dizione straordinaria o molto vigorosa; una disposizione delle parole o compositio di alto livello. 9. La prima e più importante fonte di sublimità, la grandezza d'animo (con una digressione sulla superiorità dell'Iliade sull'Odissea) La fonte primaria di sublimità, un certo tipo di «grandezza d’animo» (Megalofrosune) è in special modo, come già affermato nel trattato (8,1 ), una qualità naturale, che tuttavia in qualche maniera può essere consapevolmente coltivata. La riflessione sulla «grandezza d’animo» nell’opera è purtroppo interrotta da una lacuna significativa in 9,4. 10. La capacità di selezionare e integrare dettagli come fattore che contribuisce alla sublimità Dopo la digressione sui meriti comparativi dei due poemi omerici (9, 11-5), si passa ora a discutere sul modo in cui la sublimità può essere assistita dalla selezione attenta dei dettagli più appropriati a un argomento, badando a integrarli accuratamente in un «corpo unico» (EN TI SOMATA). Il primo esempio è una monodia di Saffo, in cui la capacità di fornire un’immagine intensa della passione amorosa è attribuita alla scelta efficace di sintomi psicosomatici estremi, riuniti in una convergenza unitaria o una confluenza di sentimenti (PATHON SUNODOS). Le stesse qualità si ritrovano in altri tre testi: una breve similitudine omerica di una nave che quasi naufraga in mezzo a una tempesta violenta, un’altra scena di naufragio in un componimento di Archiloco (ora perduto) e un passo famoso di Demostene che descrive l’atmosfera di terrore e panico ad Atene all’arrivo della notizia di una delle vittorie di Filippo IL Questi esempi dimostrano alcune caratteristiche salienti del modo in cui la sublimità è concepita nell’opera: in primo luogo, che i frutti della grandezza del pensiero non sono vincolati a un numero ristretto di tematiche solennemente edificanti, ma si possono manifestare all’interno di momenti speciali estrapolati da domini espcricnziaii diversi; in secondo luogo, che il pensiero e l’emozione non sono sempre nettamente separabili, dal momento che tutti gli esempi in questa sezione sono ricchi di espressività emozionale. Vale la pena aggiungere che si può individuare un nesso indiretto, ma rivelatore - nella ragnatela di rimandi in parte sommersi che si ritrovano nell’opera -, tra la scelta di una lirica di Saffo, la cui consapevole forza espressiva paradossalmente ruota attorno a una condizione psicologica di afasia (w. 7-9), e l’esempio precedente di Aiace silente nella Nckyia odissiaca (9, 2): si tratta di citazioni da contesti del tutto diversi, ma capaci entrambi di testimoniare, nel subconscio del critico, la
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