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Antigone, eroina sofoclea, Dispense di Greco

Approfondimento sulla figura di Antigone

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 12/06/2019

caterina-losurdo
caterina-losurdo 🇮🇹

3.7

(3)

12 documenti

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Scarica Antigone, eroina sofoclea e più Dispense in PDF di Greco solo su Docsity! ANTIGONE Il nome Antigone significa “nata contro”; contiene in sé la particella “anti” che esprime opposizione. Il mito di Antigone è indagato da tremila anni da vari autori e in vari campi dell’arte (e non solo): poeti, drammaturghi, pittori e registi. La tragedia di Sofocle, del V secolo a.C., racconta dello scontro tra Antigone, figlia di Edipo – che vuole seppellire i resti mortali del fratello Polinice, morto mentre assediava la città di Tebe per usurpare il potere al fratello Eteocle – e Creonte, lo zio, divenuto tiranno di Tebe, che invece vuole lasciare il nipote insepolto, in pasto a cani e avvoltoi, perché nemico della città. La pena per chiunque proverà a seppellirne il corpo è la morte. Apprendendo questa notizia, un’infuriata Antigone si ostina a pretendere che il corpo del fratello venga sepolto affinché il suo spirito possa riposare in pace. Antigone, contravvenendo al divieto, si reca dunque nel campo di battaglia davanti a Tebe, copre di sabbia il corpo di Polinice ed effettua i riti di sepoltura. Si lascia quindi docilmente arrestare da una guardia uscita da Tebe ed insospettita dal sollevarsi della polvere. Una fiera Antigone è portata davanti a Creonte. Al cospetto del rappresentate dello Stato Antigone afferma le ragioni della propria condotta. Non alle leggi scritte lei ha inteso obbedire, ma alle leggi degli dèi, alle norme interne, non scritte e indistruttibili, dettate dalla natura e dalla propria coscienza. Incredulo che una donna abbia osato disobbedire ai suoi ordini, Creonte decide l’imprigionamento di Antigone e ne decreta l’esecuzione. La fa rinchiudere pertanto in una caverna ad attendervi la morte. Nel frattempo l’indovino cieco Tiresia avverte Creonte che gli dèi sono molto adirati per aver egli rifiutato la sepoltura a Polinice e gli preannuncia imminenti sciagure. Il re di Tebe va dunque a liberare Antigone dalla caverna in cui è imprigionata, ma è troppo tardi per evitare la tragedia: Antigone si è appesa ad una corda. Questo porta al suicidio il figlio di Creonte, Emone (promesso sposo di Antigone), e poi la moglie di Creonte, Euridice, lasciando Creonte solo a maledire la propria stoltezza. Il nucleo del dramma sofocleo risiede nello scontro fra due volontà e due concezioni del mondo: quella di Antigone, fanciulla fragile fisicamente ma fortissima moralmente, di rispettare le leggi non scritte della natura (physis) e quella di Creonte tesa a imporre la forza dello Stato e della legge (nomos). Ciascuno dà ai suoi principi (diritto del ghenos per Antigone, che esige di compiere il rituale funebre per garantire la coesione della famiglia nelle sue relazioni con gli dei, contro il diritto della polis per Creonte, che esige che le decisioni dell’autorità politica siano rispettate per garantire la coesione civica) un valore assoluto ben oltre il dato contingente della vicenda che li vede contrapposti . Come sempre le tragedie deflagrano non quando la ragione sta da una parte o dall’altra – il che risolverebbe il conflitto – ma quando tutti hanno ragione, la propria ragione, soggettivamente ed oggettivamente, e, come in questo caso, il diritto non riesce a cogliere due ordini morali entrambi legittimi. È in questo conflitto insanabile il senso del tragico. Creonte trova intollerabile l’opposizione di Antigone non solo perché si contravviene a un suo ordine, ma anche perché a farlo è una donna. Nel suo ribellarsi però la donna risulta essere una figura meno dirompente di altre eroine come Clitennestra o Medea, poiché la sua azione non è rivolta a scardinare le leggi su cui si fonda la polis, ma solo a tutelare i suoi affetti familiari e la legge naturale che sente dentro di sé. L’Antigone è la tragedia della “opposizione”. Essa contiene in un concatenamento fatale i cinque conflitti inconciliabili che caratterizzano la vita degli umani in ogni tempo: uomo- donna, vecchi-giovani, individuo-società, leggi divine-leggi umane, vivi-morti. Questo mito ritorna con intensità quasi ossessiva nel teatro e nel pensiero del Novecento, perché se ne riconosce l’estrema attualità: Antigone, con la sua autorità morale e la sua debolezza si fa carico – e diventa simbolo – di una serie di contraddizioni, che continuano a lacerare l’essere umano e la storia. In particolare oggi come non mai è vivo il dilemma: come agire, quando la legge della comunità particolare in cui si vive è in contrasto con un ordine di giustizia universale? Presentando lo scontro tra privato cittadino e Stato dispotico, tra coscienza individuale e leggi imposte da un’autorità, l’Antigone è stata spesso vista, in tempi moderni, come una metafora dei diritti del singolo contro gli Stati totalitari (anche se in questo caso viene meno lo spirito tragico classico, fondato sul conflitto insanabile tra due istanze entrambe legittime). Emblematiche, a questo proposito, la riscrittura di Anouilh, le rappresentazioni di Bertolt Brecht, Salvador Espriu o quella più recente del Living Theatre. L’altro elemento su cui hanno fatto leva le interpretazioni moderne è quello femminile, in quanto Antigone, come altre donne del mito, costituisce un fertile archetipo che consente una comprensione più profonda dell’immagine della donna e delle sue potenzialità (Maria Zambrano, Marguerite Yourcenar, Luce Irigary). Nell’arte figurativa, prescindendo dalle interpretazioni di cui ha goduto nell’arte classica e di cui conserviamo qualche testimonianza, l’episodio dell’Antigone ribelle alle leggi della città non trova espressioni significative fino all’Ottocento e quasi sempre da parte di autori che, per convenzione, definiamo minori. Con quest’opera del 1825, il pittore francese Sébastien Norblin vinse il Gran Premio di Roma. La tela è concepita secondo lo stile neoclassico. Sébastien Norblin, Antigone donnant la sépulture à Polynice – Public Domain via Wikimedia Commons Questa Antigone appartiene a uno dei più famosi pittori greci, Nikiphoros Lytras, uno dei più importanti esponenti della pittura della cosiddetta Scuola di Monaco di Baviera, le cui tematiche si rifanno generalmente a soggetti storici o paesaggistici.
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