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ANTIGONE (SOFOCLE) METRICA + COMMENTO prof. M. A. Colosi LICEO CLASSICO, Appunti di Greco

METRICA DI ANTIGONE, SOFOCLE. + COMMENTO

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 13/07/2023

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EmmE.blu 🇮🇹

9 documenti

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Scarica ANTIGONE (SOFOCLE) METRICA + COMMENTO prof. M. A. Colosi LICEO CLASSICO e più Appunti in PDF di Greco solo su Docsity! A n t i g o n e analisi κοινὸν, κάρα, ἆρ' οἶσθ' ὅ = termini che rimandano al sangue, alla parentela (Zeus non permette che il sangue di Edipo possa salvarsi). Il sangue Clitemnestra la si rilegge come anch’essa vittima e quindi giustificata nell’uccisione di Agamennone: di fatto è stata privata della figlia per omicidio da parte del padre. Agamennone però a sua volta risponde alla volontà degli dei, per cui è un nodo che in questo assetto antropologico dei greci - così come vedono il loro prima e il loro dopo rispetto agli equilibri della polis - per i poeti si tratta di scandagliare fino in fondo quali siano i rapporti (e il confine) e che tipo di evoluzione della giustizia hanno affrontato i greci stessi. Contemporaneamente c’è la necessità di comprendere perché mai l’essere umano rimane sempre uguale a se stesso e quindi (dovendo scandagliare quali siano: i limiti del libero arbitrio, del condizionamento esterno, della volontà degli dei, della responsabilità personale, della possibilità di scelta dell’ero) i tragici rimasti: da Eschilo a Sofocle si pongono questo problema in termini ancora sui livelli del rapporto divinità-uomo; Euripide lo elimina del tutto. Qui sicuramente Antigone non mette in dubbio che sia Zeus che abbia voluto tutto questo (“per Zeus” è una metonimia, per “Zeus” intende il volere divino). Morfosintassi e Stile Da un punto di vista morfosintattico, stilistico, retorico: a fine verso c’è “κακῶν” in assonanza con “κἀμῶν”; “αἰσχρὸν” e “ἄτιμόν” presentano allitterazione dell’alfa (come privazione di uno stato di equilibrio, nonostante non siano alfa privativo eccetto che in “ἄτιμόν”) e della τ, questa assonanza ribadisce da un lato una forma di lamentazione e dall’altro lo squilibrio rispetto al cosmos (vi è una forzatura della alfa, “κἀμῶν” è in realtà “κἀi ἀμῶν”, crasi) nel senso di un’ingiustizia che va colmata che trascende la volontà stessa di Zeus. Ripete le consonanti mute che si susseguono (γ, κ, χ, θ) in modo sia da rafforzare il ritmo forte della recitazione sia da inasprire la dizione dando l’idea della sofferenza. C’è un ritmo incessante, sono trimetri giambici. Ci sono radici ripetute, “ὄπωπα” è un piuccheperfetto dal tema “ὄπ” (sempre da ὁράω) e indica un’azione compiuta ma considerata ancora attiva, incisiva, nel presente o comunque in un arco di tempo non ancora considerato completo (present perfect). Antigone non ha mai visto in tutta la sua vita (“οὐκ ὄπωπα”) “io non vedo ora, non ho visto prima” e “continuo a non vedere in nessun momento della mia vita” perché si tratta di un perfetto fotografico. “οἶσθα” è il perfetto dal tema “id” è sempre ὁράω però stavolta è un perfetto logico cioè “io so adesso perché ho visto prima”, infatti nelle traduzioni c’è il concetto di sapere, conoscere. Si usa “οἶδα” perché Ismene deve sapere quale sia la volontà di Zeus perché l’ha vissuta in prima persona; è una domanda retorica perché che Ismene condivida la sua stessa esperienza di vita, il suo stesso dolore e la sua stessa prospettiva, che abbia vissuto le sue stesse cose, per Antigone è indiscutibile. [AN] Ὦ κοινὸν αὐτάδελφον Ἰσμήνης κάρα, ἆρ' οἶσθ' ὅ τι Ζεὺς τῶν ἀπ' Οἰδίπου κακῶν ὁποῖον οὐχὶ νῷν ἔτι ζώσαιν τελεῖ; Οὐδὲν γὰρ οὔτ' ἀλγεινὸν οὔτ' ἄτης ἄτερ οὔτ' αἰσχρὸν οὔτ' ἄτιμόν ἐσθ' ὁποῖον οὐ τῶν σῶν τε κἀμῶν οὐκ ὄπωπ' ἐγὼ κακῶν. Καὶ νῦν τί τοῦτ' αὖ φασι πανδήμῳ πόλει κήρυγμα θεῖναι τὸν στρατηγὸν ἀρτίως; Ἔχεις τι κεἰσήκουσας; ἤ σε λανθάνει πρὸς τοὺς φίλους στείχοντα τῶν ἐχθρῶν κακά; ★ La colpa dei padri che ricade sui figli: incolpevoli o inconsapevoli. ★ La volontà degli dei. Quando però Ismene risponde si vede che non è così e da questo punto in poi inizia la separazione - quindi un dramma nel dramma - anche tra le due sorelle, le quali sarebbero dovute essere unite almeno in questo e invece Antigone definitivamente si trova sola. Anche per la presa di posizione di Ismene, che è nel senso della legittimità, isola Antigone (“Αντι γένος”, “contro la propria stirpe”). Poi è presente una serie infinita di negazioni (“Οὐδὲν”, “οὔτ”). Il tribraco allunga il verso (perché ci sono tre sillabe), viene usato soprattutto quando il dialogo è più disteso, quindi rallenta il ritmo. Invece un dialogo incalzante stringe, riduce le sillabe, e come in questo caso utilizza anche gli aspetti fonetici (consonanti sorde). vv. 4-5 = i primi due iniziano lenti con una negazione e sono soltanto metricamente dei giambi. Sono perfettamente simmetrici, devono mantenere un ritmo incalzante per la climax densa di pathos, dolore, sofferenza; è un climax discendente (“dolore”, “disgrazia”, “vergogna”, “offesa”). vv. 4-6 = iniziano con uno spondeo, lenti. v. 6 = rallentato da uno spondeo centrale, è riflessivo ed è quasi un momento di stanchezza, pausa, perché sta cedendo ad Ismene la valutazione della sorte della situazione comune “io e te, i miei e i tuoi avi” (“τῶν σῶν τε κἀμῶν”). Traduzione e Commento (Tomo I) Ὦ κοινὸν αὐτάδελφον Ἰσμήνης κάρα “O Ismene sorella, sangue a me comune” Si insiste sul legame iperbolico (all’estremo) tra sorelle, rimarcando la consanguineità. Sineddoche. ἆρ' οἶσθ' ὅ τι Ζεὺς τῶν ἀπ' Οἰδίπου κακῶν “Conosci forse qualcuno dei mali, che provengono da Edipo, che Zeus” ἆρα = particella interrogativa (lat. num). ὁποῖον οὐχὶ νῷν ἔτι ζώσαιν τελεῖ; “Non porta a compimento nel corso della nostra vita?” νῷν ζώσαιν = genitivo assoluto. νῷν = dato di svantaggio. ζώσαιν = participio congiunto. Οὐδὲν γὰρ οὔτ' ἀλγεινὸν οὔτ' ἄτης ἄτερ “Non vi è infatti nulla di doloroso” ἄτης ἄτερ = anastrofe e allitterazione. οὐχ ἄτερ = litote (lat. nec sine). οὔτ' αἰσχρὸν οὔτ' ἄτιμόν ἐσθ' ὁποῖον οὐ “Né funesto, né turpe, né vergognoso che io non” ἀλγεινὸν, αἰσχρὸν, ἄτιμόν = aggettivi con funzione partitiva, dipendenti da oὐδὲν, con cui concordano. τῶν σῶν τε κἀμῶν οὐκ ὄπωπ' ἐγὼ κακῶν. “Abbia scorto nelle sciagure e tue e mie.” τῶν σῶν τε κἀμῶν (con νῷν ζώσαιν) = “grammatica del duale”, sottolinea la coesione tra Antigone ed Ismene, la loro “unicità dualistica”. [AN] Οὐ γὰρ τάφου νῷν τὼ κασιγνήτω Κρέων “Infatti non sai che Creonte uno dei nostri due fratelli non” τάφου = dipende da entrambi i participi; la sua collocazione all’inizio della frase mette in rilievo il concetto sul quale è fissa la mente di Antigone. Il dissidio di Creonte (che appartiene anche ad Ismene) esplode alla fine della tragedia, quando sembra aver riconosciuto la ragione del γένος è ormai troppo tardi. τὸν μὲν προτίσας, τὸν δ' ἀτιμάσας ἔχει; “Ha onorato del sepolcro, disonorato l’altro?” ἔχει (+ προτίσας, ἀτιμάσας) = è forma perifrastica, di uso poetico, corrispondente al nostro passato prossimo. Ἐτεοκλέα μέν, ὡς λέγουσι, σὺν δίκῃ “A Eteocle, come dicono, con giusto diritto” σὺν δίκῃ = è presente una cruces desperation’s. χρῆσθαι δικαιῶν καὶ νόμῳ, κατὰ χθονὸς “E servendosi della legge, diede sepoltura” σὺν δίκῃ… νόμῳ = espressione non pleonastica (superflua), in quanto la giustizia in senso astratto ed assoluto e le leggi emanate dalla πόλις non sono affatto coincidenti (vedi “Antigone, Massimo Cacciari”), sarà questo uno dei punti-chiave dello scontro dialettico tra Antigone e Creonte. ἔκρυψε τοῖς ἔνερθεν ἔντιμον νεκροῖς· “Tra i morti degli inferi onorato:” τὸν δ' ἀθλίως θανόντα Πολυνείκους νέκυν “Quanto al corpo di Polinice,” τὸν νέκυν = prolessi (anticipazione) dell’accusativo. ἀστοῖσί φασιν ἐκκεκηρῦχθαι τὸ μὴ “Miseramente caduto, dicono che” ἐκκεκηρῦχθαι = infinito perfetto passivo da ἐκκηρῦσσω. τάφῳ καλύψαι μηδὲ κωκῦσαί τινα, “Abbia intimato ai cittadini di lasciarlo” [AN] Οὐ γὰρ τάφου νῷν τὼ κασιγνήτω Κρέων τὸν μὲν προτίσας, τὸν δ' ἀτιμάσας ἔχει; Ἐτεοκλέα μέν, ὡς λέγουσι, σὺν δίκῃ χρῆσθαι δικαιῶν καὶ νόμῳ, κατὰ χθονὸς ἔκρυψε τοῖς ἔνερθεν ἔντιμον νεκροῖς· τὸν δ' ἀθλίως θανόντα Πολυνείκους νέκυν ἀστοῖσί φασιν ἐκκεκηρῦχθαι τὸ μὴ τάφῳ καλύψαι μηδὲ κωκῦσαί τινα, ἐᾶν δ' ἄκλαυτον, ἄταφον, οἰωνοῖς γλυκὺν θησαυρὸν εἰσορῶσι πρὸς χάριν βορᾶς. ★ Opposizione tra la legge della πόλις, di Creonte, e la Δίκη-Θέμις, di Antigone. ★ S i a n t i c i p a l ’ i m p o s s i b i l i t à d e l l a comunicazione. ★ L’inflizione della pena più dura per i greci: rimanere insepolti. ἐᾶν δ' ἄκλαυτον, ἄταφον, οἰωνοῖς γλυκὺν “Privo del compianto e della sepoltura” ἐᾶν = infinito presente contratto di ἐάω, dipendente da ἐκκεκηρῦχθαι. ἄκλαυτον, ἄταφον = predicativi dell’oggetto sottinteso τὸν νέκυν. θησαυρὸν εἰσορῶσι πρὸς χάριν βορᾶς. “Esposto agli uccelli predatori.” εἰσορῶσι πρὸς χάριν βορᾶς = lett. ‘sogguardavo il cadavere, pregustando il pasto’, espressione più fisica e orrida. Il riferimento è chiaro: al proemio dell’Iliade al vv.5. Τοιαῦτά φασι τὸν ἀγαθὸν Κρέοντα σοὶ “Questo dicono che il buon Creonte per te” ἀγαθὸν = ha ovviamente senso ironico. σοὶ, ἐμοί = dativi di svantaggio κἀμοί, λέγω γὰρ κἀμέ, κηρύξαντ' ἔχειν, “E per me, infatti parlo anche per me, abbia proclamato” καὶ δεῦρο νεῖσθαι ταῦτα τοῖσι μὴ εἰδόσιν “E viene per annunciare queste cose a quelli che ancora non lo sanno” νεῖσθαι = si sottintende φασι, nonché l’accusativo di Κρέοντα, soggetto dell’infinito. τοῖσι εἰδόσιν = dativo plurale del participio perfetto οἶδα, con funzione di sostantivo. σαφῆ προκηρύξοντα, καὶ τὸ πρᾶγμ' ἄγειν “Non la prende alla leggera la questione, con l’intenzione di” προκηρύξοντα = accusativo del participio futuro da προκηρῦσσω con valore finale, riferito a Κρέοντα. οὐχ ὡς παρ' οὐδέν, ἀλλ' ὃς ἂν τούτων τι δρᾷ “Condannare a morte per pubblica lapidazione” ὃς ἂν τούτων τι δρᾷ = davanti al relativo, si sottintende il dativo del dimostrativo; la particella ἂν conferisce al predicato δρᾷ (congiuntivo presente contratto di δραω) senso di eventualità. φόνον προκεῖσθαι δημόλευστον ἐν πόλει. “Chiunque trasgredisca nella città.” Τοιαῦτά φασι τὸν ἀγαθὸν Κρέοντα σοὶ κἀμοί, λέγω γὰρ κἀμέ, κηρύξαντ' ἔχειν, καὶ δεῦρο νεῖσθαι ταῦτα τοῖσι μὴ εἰδόσιν σαφῆ προκηρύξοντα, καὶ τὸ πρᾶγμ' ἄγειν οὐχ ὡς παρ' οὐδέν, ἀλλ' ὃς ἂν τούτων τι δρᾷ φόνον προκεῖσθαι δημόλευστον ἐν πόλει. Οὕτως ἔχει σοι ταῦτα, καὶ δείξεις τάχα εἴτ' εὐγενὴς πέφυκας εἴτ' ἐσθλῶν κακή. ★ Sconcerto di Creonte all’opposizione del bando da parte di una donna. ★ Il contrasto non ha soluzione. Οὕτως ἔχει σοι ταῦτα, καὶ δείξεις τάχα “E presto rivelerai se è nobile l’origine della natura tua,” εἴτ' εὐγενὴς πέφυκας εἴτ' ἐσθλῶν κακή. “O se sei figlia degenere di genitori magnanimi.” εἴτε… εἴτε = particella disgiuntiva, utilizzata tanto nella coordinazione (lat. sive… sive), quanto nell’interrogativa indiretta doppia (lat. utrum… an). ἐσθλῶν = genitivo di origine. [IS] Τί δ', ὦ ταλαῖφρον, εἰ τάδ' ἐν τούτοις, ἐγὼ “Misera, se le cose stanno così” ἐγὼ = collocato alla fine del verso è in contrapposizione con ἐν τούτοις. λύουσ' ἂν εἴθ' ἅπτουσα προσθείμην πλέον; “Che cosa potrei fare io, sciogliendo o stringendo?” προσθείμην = ottativo aoristo da προστίθημι; preceduto da ἂν assume valore potenziale. λύουσ' ἂν εἴθ' ἅπτουσα = lett. ‘sciogliendo o stringendo’, indica l’adoperarsi nell’una o nell’altra direzione ed esprime la posizione realistica di Ismene. [AN] Εἰ ξυμπονήσεις καὶ ξυνεργάσῃ σκόπει. “Scruta nella tua mente se soffrirai e agirai con me.” σκόπει = imperativo, rende l’atteggiamento deciso della protagonista. ξυμπονήσεις, ξυνεργάσῃ = verbi composti con la preposizione σύν, implicano che Antigone ha già deciso e chiama la sorella a condividere con lei un’impresa che ritiene dovere ineludibile. [IS] Ποῖόν τι κινδύνευμα; ποῖ γνώμης ποτ' εἶ; “E qual è il rischio? Verso quale idea corri?” [AN] Εἰ τὸν νεκρὸν ξὺν τῇδε κουφιεῖς χερί. “Se unirai la tua mano alla mia per seppellire il cadavere (di nostro fratello)” Εἰ… χερί = lett. ‘con la tua mano insieme con la mia’. Stikhomythía (scambio serrato fra due interlocutori) = ai vv.41-43. Allitterazione, monosillabi spezzati e insistere di possessivi. [IS] Τί δ', ὦ ταλαῖφρον, εἰ τάδ' ἐν τούτοις, ἐγὼ λύουσ' ἂν εἴθ' ἅπτουσα προσθείμην πλέον; [AN] Εἰ ξυμπονήσεις καὶ ξυνεργάσῃ σκόπει. [IS] Ποῖόν τι κινδύνευμα; ποῖ γνώμης ποτ' εἶ; [AN] Εἰ τὸν νεκρὸν ξὺν τῇδε κουφιεῖς χερί. [IS] Ἦ γὰρ νοεῖς θάπτειν σφ', ἀπόρρητον πόλει; [AN] Τὸν γοῦν ἐμὸν καὶ τὸν σόν, ἢν σὺ μὴ θέλῃς, ἀδελφόν· οὐ γὰρ δὴ προδοῦσ' ἁλώσομαι. ★ Opposizione di pensiero tra Antigone e Ismene. ★ Ismene intende sottolineare la sua Ἀμηχανία di fragile donna di fronte al corso degli eventi. Νῦν δ' αὖ μόνα δὴ νὼ λελειμμένα σκόπει “E infine pensa a noi rimaste sole e abbandonate,” λελειμμένα = participio perfetto congiunto da λείπω (dipendente da νὼ) e regge l’aggettivo μόνα, in posizione predicativa. Anche Ismene fa derivare l’azione dall’essere, ma con un procedimento opposto a quello di Antigone. Per Ismene la propria natura è convenzionalmente femminile, debole e perciò forzata al rispetto delle leggi dei più forti (vv. 63-64). Quella natura soggiogata determina l’azione, ossia accettare quanto è imposto e a esso piegarsi. Ismene segue la norma al posto del γένος e della ϕιλία, giustificando questa scelta con l’impossibilità di agire, l’Ἀμηχανία, che non è solo la conseguenza di una violenza subita, ma è anche una condizione naturale (φύσει), per cui ineludibile. Se dunque è necessario rispettare l’editto di un uomo, il tiranno, che identifica se stesso con la πόλις , è giusto non seppellire Polinice? Questa risposta Ismene non la dà. Non esprime pareri in merito all’editto di Creonte e non si pronuncia in merito alla Δίκη. Creonte è kreisson, il più forte. Questo le è sufficiente per decidere di seguire i suoi provvedimenti. ὅσῳ κάκιστ' ὀλούμεθ', εἰ νόμου βίᾳ “A come orribilmente avremo fine, se (ora)” Ὀλούμεθa = prima persona plurale (indicativo futuro medio da ὄλλυμι) concorda con il duale νὼ. νόμου βίᾳ = dativo strumentale + genitivo oggettivo. ψῆφον τυράννων ἢ κράτη παρέξιμεν. “trasgrediremo il decreto.” εἰ… ψῆφον… παρέξιμεν = il verbo indica, con la doppia preposizione da cui è composto, in modo più incisivo la gravità di un gesto che è nel contempo “oltre e fuori la legge”. ψῆφον = è la pietra utilizzata per esprimere il voto nell’assemblea; per metonimia vale anche “la decisione, il decreto”. Ἀλλ' ἐννοεῖν χρὴ τοῦτο μὲν γυναῖχ' ὅτι “Ricordiamoci che siamo due donne,” τοῦτο… ὅτι = pronome dimostrativo prolettico. ἔφυμεν, ὡς πρὸς ἄνδρας οὐ μαχουμένα· “E non siamo fatte (per natura) per combattere contro gli uomini,” Νῦν δ' αὖ μόνα δὴ νὼ λελειμμένα σκόπει ὅσῳ κάκιστ' ὀλούμεθ', εἰ νόμου βίᾳ ψῆφον τυράννων ἢ κράτη παρέξιμεν. Ἀλλ' ἐννοεῖν χρὴ τοῦτο μὲν γυναῖχ' ὅτι ἔφυμεν, ὡς πρὸς ἄνδρας οὐ μαχουμένα· ἔπειτα δ' οὕνεκ' ἀρχόμεσθ' ἐκ κρεισσόνων καὶ ταῦτ' ἀκούειν κἄτι τῶνδ' ἀλγίονα. Ἐγὼ μὲν οὖν αἰτοῦσα τοὺς ὑπὸ χθονὸς ξύγγνοιαν ἴσχειν, ὡς βιάζομαι τάδε, τοῖς ἐν τέλει βεβῶσι πείσομαι· τὸ γὰρ περισσὰ πράσσειν οὐκ ἔχει νοῦν οὐδένα. ★ Gravità di un gesto “oltre e fuori la legge”. ★ La conclusione della ῥῆσις (‘discorso’) di Ismene ha valore di massima universale. ★ La posizione di Ismene non è semplicemente quella misurata e razionale di chi conosce i limiti delle p ropr i e f o r ze , né i l l ungo e l enco s e rve a commuovere la sorella per farla cedere. Esso presenta l’ostinazione di Antigone come il punto di arrivo di tutti questi eventi tragici, come una volontà autolesionistica ispirata da una forza superiore che non ha cessato di perseguitare il clan dei Laio per la sua colpa originaria; il riconoscerlo da parte di Antigone, potrebbe servire a frenare la nuova incombente sventura. ὡς μαχουμένα = participio predicativo, preceduto da ὡς assume funzione finale, qui indica la “capacità negativa”. ἔπειτα δ' οὕνεκ' ἀρχόμεσθ' ἐκ κρεισσόνων “E che siamo comandate da persone più forti” καὶ ταῦτ' ἀκούειν κἄτι τῶνδ' ἀλγίονα. “E dobbiamo obbedire a questi ordini e anche a più amari di questi.” τῶνδε = secondo termine di paragone, dipendente dal comparativo ἀλγίονα. Ἐγὼ μὲν οὖν αἰτοῦσα τοὺς ὑπὸ χθονὸς “Io dunque pregando quelli di sotterra” τοὺς ὑπὸ χθονὸς = lett. ‘quelli di sotterra’; l’espressione volutamente ambigua, può riferirsi sia a Polinice, sia agli dei degli Inferi, che prescrivono di celebrare il sacrificio funebre per i morti. I vv. 65-66, però, lasciano intravvedere quale pensiero Ismene può avere in merito alla sepoltura del fratello. Seppellire Polinice forse è cosa giusta, ma è cosa impossibile se colei che deve compiere quell’atto è una donna, debole e costretta in una situazione di inferiorità. No, non è sensato agire oltre i propri limiti, conclude Ismene (v. 68). Così hanno fatto i φίλοi. Così non debbono fare le ultime due sorelle. La reazione di Antigone è prevedibile e già preannunciata da quel v. 38 («Ora mostrerai se sei nata nobile o non sei altro che una figlia degenere di nobili genitori») dove dava a Ismene una sola possibile scelta. ξύγγνοιαν ἴσχειν, ὡς βιάζομαι τάδε, “Di avere indulgenza, perché sono costretta a (fare) ciò,” τοῖς ἐν τέλει βεβῶσι πείσομαι· τὸ γὰρ “Obbedirò a chi detiene il potere: infatti” βεβῶσιv = participio perfetto sostantivato da βαίνω. La conclusione della ῥῆσις (‘discorso’) di Ismene ha valore di massima universale. περισσὰ πράσσειν οὐκ ἔχει νοῦν οὐδένα. “Agire oltre le nostre possibilità è assolutamente dissennato.” οὐκ… οὐδένα = in greco, a differenza del latino, due negazioni non affermano, ma la seconda rafforza la prima. [AN] Οὔτ’ ἂν κελεύσαιμ' οὔτ' ἄν, εἰ θέλοις ἔτι “Non potrei importelo, né, se anche in seguito” [ΑΝ] Οὔτ' ἂν κελεύσαιμ' οὔτ' ἄν, εἰ θέλοις ἔτι πράσσειν, ἐμοῦ γ' ἂν ἡδέως δρῴης μέτα. Ἀλλ' ἴσθ' ὁποία σοι δοκεῖ, κεῖνον δ' ἐγὼ θάψω· καλόν μοι τοῦτο ποιούσῃ θανεῖν. Φίλη μετ' αὐτοῦ κείσομαι, φίλου μέτα, ὅσια πανουργήσασ'· ἐπεὶ πλείων χρόνος ὃν δεῖ μ' ἀρέσκειν τοῖς κάτω τῶν ἐνθάδε. Ἐκεῖ γὰρ αἰεὶ κείσομαι· σοὶ δ' εἰ δοκεῖ, τὰ τῶν θεῶν ἔντιμ' ἀτιμάσασ' ἔχε. [ΙS] Ἐγὼ μὲν οὐκ ἄτιμα ποιοῦμαι, τὸ δὲ βίᾳ πολιτῶν δρᾶν ἔφυν ἀμήχανος. ★ Se Ismene s i sot t rae a l l ’a iuto nel la sepoltura del fratello, per Antigone ella si sottrae a un dovere naturale: separando la sua mano da quella della sorella, Ismene spezza l’unità del loro legame. Da questo verso in poi (v. 69) Antigone non userà più la forma duale per riferirsi ad Ismene, come se il rifiuto dell’unione nel pensiero e nell’azione fosse motivo sufficiente a farle rinnegare anche l’unione per natura. πράσσειν, ἐμοῦ γ' ἂν ἡδέως δρῴης μέτα. “Tu volessi agire, gradirei più che tu collaborassi con me.” ἐμοῦ… μέτα = l’anastrofe, con ritrazione dell’accento della preposizione e la ripetizione enfatica della particella ἂν. Ἀλλ' ἴσθ' ὁποία σοι δοκεῖ, κεῖνον δ' ἐγὼ “Sii quale tu vuoi essere io” ἴσθί = potrebbe essere imperativo di εἰμί piuttosto che di οἶδα; oppure intendendolo come imperativo di οἶδα, sarebbe preferibile comunque dare al verbo una sfumatura opinativa rispetto all’uso comune di sapere. κεῖνον δ' ἐγὼ θάψω = si osservi l’accostamento de due pronomi, in cui le entità del fratello morto e della sorella che si prepara a morire per dargli sepoltura sembrano rispecchiarsi e riecheggiarsi vicendevolmente, grazie anche al forte enjambement successivo. Si noti ancora il rilievo del pronome di prima persona, che segna, subentrando alla frequenza del duale nei versi precedenti, la frattura creatasi tra le due sorelle. “Io” è ora indicatore della solitudine di Antigone, della rottura forzata con l’unisono della parentela, della collettività familiare o tribale. Agli occhi di Antigone, infatti, Ismene nega di essere ciò che è, e decide di essere qualcosa di diverso con un atto di autodeterminazione logica (il verbo usato è δοκεῖv ai vv. 71 e 76), modificando così la necessaria corrispondenza tra essere, pensare e agire. L’essere soggiogata e donna sono pretesti, insufficienti a giustificare il rifiuto di agire. Quella necessità naturale che impone alle donne di essere sottomesse alla legge dei forti, non è altro che una ragione di convenienza addotta in base a dei criteri logici di adesione alle convenzioni esterne al γένος. θάψω· καλόν μοι τοῦτο ποιούσῃ θανεῖν. “Lo seppellirò: bello sarà per me morire in questa impresa.” ποιούσῃ = dativo del participio futuro di ποιἐὼ, congiunto a μοι, con valore circostanziale-ipotetico. L’aggettivo neutro, benché qui debba essere inteso in senso morale, esprime anche una sorta di “estetico compiacimento” e di cupido moriendi. Φίλη μετ' αὐτοῦ κείσομαι, φίλου μέτα, “Cara a lui, con lui che mi è caro giacerò,” Φίλη μετα = anastrofe per μέτα φίλου. κείσομαι= nei poeti lirici, il termine, ha una sfumatura erotica, che si è cercato di conservare nel verbo italiano “giacere”. Qui, più che evocare un’inconscia componente sessuale nell’amore di Antigone per Polinice, sembra che il termine rinvii a quel misterioso connubio nozze-morte di cui è ricco il simbolismo religioso antico e che ha il suo prototipo nel ratto e nelle nozze infere di Persefone. ὅσια πανουργήσασ'· ἐπεὶ πλείων χρόνος “avendo compiuto un santo crimine: perché ben più a lungo” ὅσια πανουργήσασ = il celeberrimo ossimoro sta ad indicare che Antigone compie un atto di altissima pietas, contravvenendo però, nel contempo, alle leggi della πόλις. Esprime l’inconciliabilità tragica tra l’obbedienza alle leggi e il gesto sororale di ϕιλία, ma induce anche a riflettere sui limiti delle leggi umane, se è vero che esse possono trovarsi in opposizione ai principi della pietas.
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