Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Antologia delle poesie, Sintesi del corso di Letteratura

Antologie delle poesie per il corso di educazione al testo letterario

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 06/05/2023

azzurra-costa
azzurra-costa 🇮🇹

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Antologia delle poesie e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! POESIE AMELIA ROSSELLI lezione 6 maggio 2021 È un poeta un po’ complesso, le sue poesie resistono alla parafrasi, ovvero pongono qualche problema alla parafrasi logica e puntuale, ma anche sul punto di vista metrico. Ebbe un vissuto infantile sofferto e molta della sua poesia discende da questo. Nasce nel 1930 a Parigi da padre italiano e madre inglese e questa è una sua caratteristica: parte della sua poesia è trilingue, mescolando queste lingue e intrecciandole costruiva una propria lingua: questo è un tratto dei poeti contemporanei: invenzioni di nuovi suffissi o smorzare le parole già note, neologismi. Il padre è noto alla storia perché insieme all’altro fratello costituiscono i fratelli Rosselli che si erano opposti a mussolini e che quindi furono stati barbaramente assassinati. Da giovanissima assiste all’assassinio del padre, vive una vita da esule poiché dopo la morte del padre inizia a girare, fu una personalità che entrò in contatto con culture di tante realtà e quasi di tutto l’occidente. La Rosselli sperimentò anche una cura psicoanalitica Junghiana e si ritrova la trama di questa psicoanalisi anche nelle sue poesie. VARIAZIONI BELLICHE (1964) È il libro della guerra, storica ma soprattutto interiore: una lotta religiosa, amorosa ed esistenziale, di cui il secondo conflitto mondiale ne costituisce la premessa. “Belliche”: quindi hanno a che fare con la guerra, infatti si parla di Abissinia, del soldato, della vittoria, della cannonata: sono echi della guerra. “Variazioni”, il termine appartiene alla tradizione musicale, Il nonno era un etnomusicologo ed anche la Rosselli ebbe una formazione da etnomusicologa, la variazione una struttura musicale dove c’è un tema che ricorre e poi ci sono le variazioni sul tema. Infatti in queste poesie c’è un elemento costante che ricorre e dentro questo elemento costante c’è una varatio. quindi qualcosa che si trasforma pur nell’apparente ripetizione.  VARIAZIONI SUL TEMA. Queste variazioni belliche vorrebbero ipotizzare una variazione, una rottura rispetto alla schema ripetitivo della guerra con i suoi bombardamenti ripetitivi. In questo testo non c’è armonia, né canto, non c’è un ritorno ritmico. Il “da capo” ci obbliga a delle pause che riproducono delle spezzature sintattiche ma anche delle spezzature sonore. Proprio per questo il ritmo di questa poesia è interrotto, spezzato. Tutto questo non è casuale, la musica delle avanguardie del 900 producevano delle dissonanze, delle rotture, si rompevano i ritmi, e la sua voleva essere una metrica che riproduceva la musica contemporanea del 900: che ricordasse la frantumazione del senso di fronte all’evento traumatico della guerra -> la guerra rompe la possibilità di avere un ritmo armonico. Il disegno che questa poesia fa sulla pagina risulta quasi una figura geometrica: un rettangolo che tende al quadrato, una figura chiusa. In questa poesia si gioca molto con il tondo e il quadrato: il tondo è la scienza degli amori, il quadrato la scienza dei numeri (cioè la misura delle cose, solo attraverso questa misura si può avere un ordine). Spesso la sua poesia gioca tra oriente e occidente, è molto evocata la civiltà occidentale che è stata distrutta dalla guerra del nazismo e quindi c’è una continua interrogazione sulla rinascita di questa civiltà, dopo questa guerra che l’ha trasformata in una barbarie. Al contrario l’oriente non ha vissuto questo: è ancora una civiltà  “il cinese è forte”. Il testo è composto attraverso la retorica della ripetizione, della variazione e dell’opposizione. La ripetizione e variazione costituiscono anche il meccanismo musicale di questo testo. Spazi metrici è una postfazione a Variazioni belliche, scritta sotto consiglio di Pier Paolo Pasolini. La sua formazione di etnomusicologa incide sulla metrica dei suoi versi, come in questo caso dove propone una metrica originale, visiva, legata alla spazialità del verso, uno spazio cubico: vuole essere una poesia non figurativa e né immediatamente accessibile. in Spazi metrici è evidente come Amelia Rosselli sia mossa da due esigenze fondamentali: superare il verso-libero alla volta di una nuova concezione del verso; realizzare una forma che sia fedele, anzi fedelissima, alla realtà. Amelia rosselli definisce “realistica” la sua poesia. Ma il “realismo” di cui parla è il modo rosselliano di “rispecchiare la realtà parlata e pensata”. Inizialmente, le esigenze realistiche la portano ad adottare una tecnica di scrittura automatica, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che ha deciso di fotografare il pensiero. Infatti un’altra sua dimensione è quella della “lingua- pensiero”, del “discorso-corporale”, della poesia come parola-cosa-corpo-atto. Spazi metrici si sofferma sulla poesia come forma equivalente dello spazio mentale e cognitivo del soggetto. Il paradigma diviene il verso. Quando amelia rosselli parla di “rigo” sembra si riferisca allo spazio materiale-quantitativo che esso (insieme di “parole-idee”, “frasi” e “periodi”) occupa nella poesia. E infatti al termine “rigo” ella associa il sostantivo “larghezza”. mentre il “verso”, connesso al termine “lunghezza”, appartiene allo sviluppo sintattico dell’idea. Paradossalmente, il “verso rosselliano” può essere lungo anche tre “versi canonici” . Per avvicinare la lingua naturale alla lingua poetica (cioè cadenzata e metrica), amelia rosselli mette in campo delle strategie rivoluzionarie rispetto alla metrica classica, generando un “a-sistema. si compone di poesie, in verso libero, e di Variazioni, in metrica chiusa. UMBERTO SABA 4 maggio Nasce a Trieste il 9 Marzo del 1883. Abbandona gli studi e inizia una formazione da autodidatta. L’assenza del padre, che aveva abbandonato la madre prima che lui nascesse, ed il carattere difficile della madre lo fanno affezionare in maniera particolare alla sua tutrice, e ne segnano in maniera negativa l’infanzia ed il resto della vita in cui sarà vittima di periodiche crisi depressive. Sicuramente la scelta del Poli d’ignorare le sue responsabilità di marito e di padre ha anche contribuito a far sì che Umberto scegliesse sin da subito uno pseudonimo per firmare il proprio lavoro, rigettando il cognome paterno: il termine saba in ebraico significa "nonno". Inoltre la balia adorata da Umberto, con cui il poeta trascorse i primi tre anni della sua vita e che egli considerava come una madre, si chiamava Peppa Sabaz. Quando in maniera improvvisa la madre reclama suo figlio, il distacco feroce dalla balia viene riconosciuto dallo stesso Saba come il primo trauma subito nella sua vita, e anima - molto più avanti - la raccolta Il piccolo Berto. Si tratta di una poesia utilizzata per compiere una profonda analisi psicanalitica dell’infanzia, per capire le fondamenta di una nevrosi che parte già dai primi anni di vita, ripercorrendo con la memoria il passato ormai lontano, trovare qualcosa di positivo e cercarne una soluzione, una via di miglioramento. La sua poetica è incentrata su una poesia “onesta” che sapesse rivelare il senso profondo delle cose, egli non era alla ricerca di parole raffinate ed eleganti poiché sosteneva che la bellezza non doveva interessare più della verità. La realtà da cogliere per Saba era quella quotidiana, ovvero quella che era sotto gli occhi di tutti. La poesia di Saba preferisce le cose: la vita militare, la sua città, la figlia, i ragazzi, gli animali, oggetti comuni della vita. Saba canta le cose comuni di tutti i giorni e lo fa in modo chiaro DANDO A livello tematico si segnala la scelta, per la prima e unica volta, di un soggetto molto intimo, qual è la morte della madre. La Pietanza votiva conduce in Sicilia dalla morte della donna alla successiva elaborazione del lutto da parte della figlia, scandita in due momenti poi con gli altri due poemetti: attraverso la rievocazione delle azioni che dalla madre non potranno più essere compiute (Più non riconcilierà Abele e Caino), e poi tramite la definitiva presa di coscienza da parte della voce narrante della sua scomparsa (Mai sentito tanto freddo). Si crea così un rapporto di interdipendenza tra le sezioni poetiche. Il poemetto Pietanza votiva, si apre narrando l’adolescenza della madre e si conclude sui versi che ne descrivono la morte: la circolarità del cerchio della vita. Nel paesino di Monforte, in provincia di Messina, sono ambientati i fatti della giovinezza della madre, paese di cui la madre ne era originaria. La grande protagonista, quindi, è la madre di cui la poetessa ha uno struggente ricordo e verso cui manifesta sentimenti di stima, ammirazione e gratitudine. Le prime pagine sono dedicate ad un racconto fatto a Jolanda dalla madre che aveva profondamente turbato lei allora "piccola, più piccola di lei": all'età di undici anni, nel 1918, la madre aveva visto con dolore gli ammalati di spagnola avviarsi "strascinando ognuno il proprio fardello" all'isolamento a cui erano stati destinati sul colle ai cui piedi giace l'abitato di Monforte san Giorgio, il colle dell'Immacolata (la via Crucis dei giorni di Pasqua / con il Golgota in cima), aveva vissuto la passione di Cristo in quella dei fratelli malati. Il narrato viene riportato così come presumibilmente raccontato dalla protagonista. Il motivo della madre defunta, di cui si ripercorre la vita, si traduce nell’occasione per la poetessa di utilizzare ancora una volta il discorso poetico per incidere sulla realtà. Qui Insana non usa il dialetto, e narrando la storia di una madre siciliana sopravvissuta alle due guerre mondiali, il rischio era alto, e invece risulta contenuto, nel rispetto della fierezza materna e nello sfondo di un contesto sociale su cui riflettere: letteratura come motore di cambiamento. A livello narrativo, La tagliola del disamore, è il racconto in prima persona da parte di una voce omodiegetica della tappe fondamentali della donna defunta. PUPARA SONO da sciarra Amara 1977 Pupara sono, è la poesia-manifesto di Sciarra amara, da cui apprendiamo che i principi fondanti dell’universo conosciuto non sono altro che due pupi, impegnati in un incessante duello sul palcoscenico del teatrino che Insana si fa da sé. Vita e Morte contendono sé stesse. (Le invettive scurrili che la vita scaglia sulla morte in un crescendo di battute ricordano proprio l’opera dei pupi). Racconta la sciarra tra vita e la morte, che sono due facce della stessa medaglia, che convivono ma possono convivere sono in perenne sciarriamento. È un contrasto tra la morte e la vita, due amanti impossibili. Il “dialogo” lo porta avanti la pupara (la poetessa), a mo’ di teatrino. Non è un vero e proprio dialogo, perché la morte non parla, parla solo la VITA, che insulta la morte. È un componimento diviso in due parti (la prima è più lunga della seconda), ciascuna parte è divisa in “lasse” (strofe). Non c’è una misura coerente, all’interno delle strofe vi sono addirittura delle strofette. Per cui è difficile distinguere correttamente queste strofe, perché utilizza degli stacchi diversi. È uno schema che sembra costituire una poesia in frammenti, di fatto Iolanda mescolava: scriveva frammenti in dei bigliettini, una volta raccolto un bel numero lei li appendeva ad un filo, appendeva questo filo e poi cercava l’ordine ideale. Spostando i fogliettini quindi, in maniera casuale, componeva la sequenza che poi stampava. Questi frammenti, infatti, queste strofe, possono anche essere ricomposte con ordine diverso. La sequenza dei versi non è facilmente riconoscibile: vi sono quadrisillabi, settenari, endecasillabi. Non c’è uno schema: siamo in presenza di UN VERSO LIBERO. È UNA POESIA CHE NON SI RASSEGNA ALLE SEUZIONI DELLA MORTE, è UNA POESIA CHE VUOLE CONDURRE L’IO A FARE UNA LOTTA PRINCIPALMENTE CON LA PROPRIA TENTAZIONE DI ABBANDONARE IL PIACERE DI VIVERE. (NON VIVERE CON LA MORTE IN VITA, POI E POI MAI.) EUGENIO MONTALE Eugenio Montale è stato uno tra i più importanti poeti del Novecento, capace di interpretare la crisi dell'uomo contemporaneo, avendo vissuto le due guerre e la dittatura fascista. Nelle sue opere ha cantato il male di vivere e la fine delle speranze, impegnandosi nel cercare una ragione e un significato per cui la sofferenza possa essere vinta. Quello di Montale è dunque un pessimismo attivo che si pone delle domande sul senso della vita, per cercare di intravedere la verità, in una posizione capace di stare nella disperazione, nella nostalgia di una serenità perduta, tipica del Leopardi. La poesia che apre la sua prima, celebre raccolta, intitolata Ossi di seppia è una vera e propria dichiarazione di poetica in cui l'autore si rivolge al lettore invitandolo a meditare sulla crisi di certezze dell'uomo contemporaneo, che spesso cade nell'inganno di poter trovare una formula risolutiva o una spiegazione sicura alle sue inquietudini, alle vicende della storia. Il poeta è colui che sa di non avere certezze e che può soltanto esprimere "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo", cioè l'impossibilità stessa di avere una qualche risposta. Il compito di Montale sarà quello di andare oltre le apparenze, le costruzioni artificiose dei versi, indagando la condizione esistenziale dell'uomo moderno, seguendo l'esempio di autori come Luigi Pirandello e Italo Svevo, anziché quello di poeti laureati come Carducci o d’Annunzio. Nato a Genova nel 1896, trascorse sin dall'infanzia le vacanze estive a Monterosso, nelle Cinque Terre. Il paesaggio marino avrà un ruolo decisivo nella raccolta Ossi di seppia. Fondamentale fu il periodo in cui si trasferì a Firenze dove incontrò Irma Brandeis, giovane studentessa americana giunta a Firenze per studiare Dante. Saranno a lei dedicate Le occasioni, la seconda raccolta dell'autore. La relazione con Irma durò fino al 1938, quando la donna, di origine ebraica, dovette lasciare l'Italia a seguito delle leggi razziali e con cui fu legato da una relazione amorosa soprattutto epistolare. Molti componimenti, tra i quali Lo sai: debbo riperderti e non posso, si alternano tra l'assenza e la presenza dell'amata, che in questo libro non viene ancora nominata, mentre nella Bufera sarà cantata col nome di Clizia, figura mitologica, donna angelica portatrice di salvezza, una sorta di Beatrice moderna. In alcune lettere ad Irma, Montale dichiara che il componimento è ispirato a una partenza della donna dal porto di Genova per fare ritorno negli Stati Uniti. L'ambientazione è infatti quella portuale, in particolare dei grandi e ombrosi portici di Sottoripa, vicini al mare, le cui arcate chiuse impediscono che entri la luce della primavera. Questo scenario diviene l'unica realtà possibile se manca colei che, sola, può dare significato alla vita del poeta. Irma muore nel 1990 senza mai aver rivelato a nessuno di essere stata una delle più importanti muse (Clizia) i cui segni sono riconoscibili, in questi componimenti (soprattutto nei Mottetti), negli animali buffi (perché lei amava gli animali buffi) e specialmente nella figura dell’ossimoro: Brand (fuoco) Ice (ghiaccio)  ossimoro, come segnale privato alla presenza di Clizia. I Mottetti sono la seconda sezione de Le Occasioni e inaugurano una nuova poetica montaliana: la poetica dell’OGGETTO  mottetti in francese significa “parola”. Da un lato il mottetto è una forma musicale, una polifonia di ambito sacrale; dall’altra è una forma poetica, breve: in cui esiste uno stretto rapporto tra parole e contenuto (un aforisma o un proverbio). Fanno parte dei Mottetti 20 poesie (in realtà 21, ma uno è fuoriuscito, diventata poesia proemiale: il balcone). Queste due origini della parola mottetto vengono coniugate dal poeta: - Per quanto riguarda l’origine polifonica vi è dialogo con la donna assente, con lei stabilisce un dialogo intimo. Inoltre, vi sono anche due strofe contrapposte (che tipicamente costituiscono i mottetti), questa contrapposizione riguarda la contrapposizione tra realtà materica negativa e il ricorso della donna (all’interno dello stato interiore). - Per quanto riguarda l’origine aforistica in queste poesie vi è una chiusa fulminea (gnomica) dove si concentrano simbolicamente i temi della lirica. Tutto questo si sviluppa attraverso quattro punti: - Perdita della donna e rievocazione dei suoi poteri; - Due flash-back che ricostruiscono alcune tappe dell’addio; - Epifania della donna e metamorfosi in angelo; - Delusione dell’io lirico e graduale scomparsa delle apparizioni femminili: vittoria della realtà negativa; Le Occasioni è stato composto durante il fascismo. Per quegli scrittori non allineati alle scelte di Mussolini non restava che ritirarsi in una "cittadella delle lettere". Il rifiuto e la presa di distanza dal regime si manifestano sul piano dello stile e della metrica, più raffinata, capace di valorizzare metri più tradizionali come l'endecasillabo. Le occasioni sono eventi particolarmente importanti, rivelazioni che possono cambiare il corso monotono dell'esistenza. Sono incontri con persone che risvegliano i ricordi del passato, la visione di luoghi cari, i volti di donne amate. Dal 1939 Montale vivrà con Drusilla Tanzi, detta Mosca, con cui si unirà in matrimonio a cui dedica per la sua morte una bellissima poesia, Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. Molto poetico è il componimento Non recidere, forbice, quel volto, in cui l'autore si rivolge al tempo supplicandolo di non cancellare dalla sua memoria anche il ricordo più importante, quello del viso dell'amata. La forbice è in questo caso il correlativo oggettivo del tempo inesorabile. Nella seconda quartina questa perdita si consuma; la dolorosa esperienza viene descritta con un'immagine realistica: il colpo deciso di potatura che recide un ramo di acacia da cui cade, il guscio vuoto di una cicala. In questi versi è importante l'arrivo improvviso del freddo, il quale spazza via la bella stagione, anch'essa caduta nel primo fango d'autunno, nella "belletta", termine dantesco e dannunziano.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved