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Antologia poesie di Montale, Dispense di Letteratura

Raccolta poesie più importanti di Eugenio Montale

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 08/09/2018

Maddak
Maddak 🇮🇹

4.5

(27)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Antologia poesie di Montale e più Dispense in PDF di Letteratura solo su Docsity! Poesie di Montale I limoni Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro: più chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, e i sensi di quest'odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l'odore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità. Lo sguardo fruga d'intorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede 1 in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità. Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta il tedio dell'inverno sulle case, la luce si fa avara - amara l'anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo dei cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d'oro della solarità. Non chiederci la parola Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Meriggiare pallido e assorto Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, 2 il tuono con un fremer di lamiera percossa; la tempesta è dolce quando sgorga bianca la stella di Canicola nel cielo azzurro e lunge par la sera ch’è prossima: se il fulmine la incide dirama come un albero prezioso entro la luce che s’arrosa: e il timpano degli tzigani è il rombo silenzioso. Discendi in mezzo al buio che precipita e muta il mezzogiorno in una notte di globi accesi, dondolanti a riva, – e fuori, dove un’ombra sola tiene mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita l’acetilene – finché goccia trepido il cielo, fuma il suolo che s’abbevera, tutto d’accanto ti sciaborda, sbattono le tende molli, un frùscio immenso rade la terra, giù s’afflosciano stridendo le lanterne di carta sulle strade. Così sperso tra i vimini e le stuoie grondanti, giunco tu che le radici con sé trascina, viscide, non mai svelte, tremi di vita e ti protendi a un vuoto risonante di lamenti soffocati, la tesa ti ringhiotte dell’onda antica che ti volge; e ancora tutto che ti riprende, strada portico mura specchi ti figge in una sola ghiacciata moltitudine di morti, e se un gesto ti sfiora, una parola ti cade accanto, quello è forse, Arsenio, nell’ora che si scioglie, il cenno d’una 5 vita strozzata per te sorta, e il vento la porta con la cenere degli astri. Dora Markus Fu dove il ponte di legno mette a porto Corsini sul mare alto e rari uomini, quasi immoti, affondano o salpano le reti. Con un segno della mano additavi all’altra sponda invisibile la tua patria vera. Poi seguimmo il canale fi no alla darsena della città, lucida di fuliggine, nella bassura dove s’affondava una primavera inerte, senza memoria. E qui dove un’antica vita si screzia in una dolce ansietà d’Oriente, le tue parole iridavano come le scaglie della triglia moribonda. La tua irrequietudine mi fa pensare agli uccelli di passo che urtano ai fari nelle sere tempestose: è una tempesta anche la tua dolcezza, turbina e non appare, e i suoi riposi sono anche più rari. 6 Non so come stremata tu resisti in questo lago d’indifferenza ch’è il tuo cuore; forse ti salva un amuleto che tu tieni vicino alla matita delle labbra, al piumino, alla lima: un topo bianco, d’avorio; e così esisti! 2 Ormai nella tua Carinzia di mirti fi oriti e di stagni, china sul bordo sorvegli la carpa che timida abbocca o segui sui tigli, tra gl’irti pinnacoli le accensioni del vespro e nell’acque un avvampo di tende da scali e pensioni. La sera che si protende sull’umida conca non porta col palpito dei motori che gemiti d’oche e un interno di nivee maioliche dice allo specchio annerito che ti vide diversa una storia di errori imperturbati e la incide dove la spugna non giunge. La tua leggenda, Dora! Ma è scritta già in quegli sguardi di uomini che hanno fedine altere e deboli in grandi ritratti d’oro e ritorna ad ogni accordo che esprime 7 morde l’arsura e la desolazione, la scintilla che dice tutto comincia quando tutto pare incarbonirsi, bronco seppellito; l’iride breve, gemella di quella che incastonano i tuoi cigli e fai brillare intatta in mezzo ai figli dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu non crederla sorella? Piccolo testamento Questo che a notte balugina nella calotta del mio pensiero, traccia madreperlacea di lumaca o smeriglio di vetro calpestato, non è lume di chiesa o d'officina che alimenti chierico rosso, o nero. Solo quest'iride posso lasciarti a testimonianza d'una fede che fu combattuta, d'una speranza che bruciò più lenta di un duro ceppo nel focolare. Conservane la cipria nello specchietto quando spenta ogni lampada la sardana si farà infernale e un ombroso Lucifero scenderà su una prora del Tamigi, dell'Hudson, della Senna scuotendo l'ali di bitume semi- mozze dalla fatica, a dirti: è l'ora. Non è un'eredità, un portafortuna che può reggere all'urto dei monsoni sul fil di ragno della memoria, ma una storia non dura che nella cenere e persistenza è solo l'estinzione. 10 Giusto era il segno: chi l'ha ravvisato non può fallire nel ritrovarti. Ognuno riconosce i suoi: l'orgoglio non era fuga, l'umiltà non era vile, il tenue bagliore strofinato laggiù non era quello di un fiammifero. Sulla spiaggia Ora il chiarore si fa più diffuso. Ancora chiusi gli ultimi ombrelloni. Poi appare qualcuno che trascina il suo gommone. La venditrice d'erbe viene e affonda sulla rena la sua mole, un groviglio di vene varicose. È un monolito diroccato dai picchi di Lunigiana. Quando mi parla resto senza fiato, le sue parole sono la Verità. Ma tra poco sarà qui il cafarnao delle carni, dei gesti e delle barbe. Tutti i lemuri umani avranno al collo croci e catene. Quanta religione. E c'è chi s'era illuso di ripetere l'exploit di Crusoe! 11
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