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Antonin Artaud- Il teatro e il suo doppio- riassunto, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

La mia vita fa schifo, mi obbliga a scrivere trenta caratteri, ma che vi devo dire

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 16/09/2019

giorgia-riccio
giorgia-riccio 🇮🇹

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Scarica Antonin Artaud- Il teatro e il suo doppio- riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! IL TEATRO E IL SUO DOPPIO Il teatro Alfred Jerry Primo anno stagione 1926-27 Il teatro partecipa del discredito in cui cadono tutte le forme d’arte. In mezzo a tutta la confusione del secolo la più colpita è l’idea di teatro. Il problema da risolvere risulta essere quello dei mezzi per restituirgli l’ordine di realtà e perciò fare di ogni spettacolo un avvenimento. Immensa è la nostra capacità di credere, di illuderci a differenza dei letterati o dei pittori, non ci è possibile fare a meno del pubblico, che diviene del resto parte integrante del nostro tentativo. Il teatro è la cosa più impossibile da salvare al mondo, un’arte interamente fondata su un potere d’illusione. Ma l’importante è la formazione di una realtà, il teatro deve darci questo mondo effimero ma vero, tangente al reale. Con questo teatro ci ricolleghiamo alla vita invece di separarcene. Comico o tragico il nostro sarà uno di quei giochi in cui a un certo momento si ride verde. Ecco l’angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. E tale dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e con le preoccupazioni di tutta la sua vita. Chiediamo al nostro pubblico un’adesione intima e profonda. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi a una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Il teatro consiste per noi in un qualcosa d’imponderabile, che non si adatta in alcun modo al progresso. Un’invenzione insensibile, ma capace di creare nello spirito dello spettatore la più grande illusione. In materia di messa in scena e di criteri di impostazione ci affidiamo spavaldamente al caso. Il regista, non obedisce a nessun principio, segue l’ispirazione. In funzione al lavoro che dovrà allestire, scoprirà o no l’ingegnosa invenzione che colga nel segno, troverà o no l’elemento di inquietudine atto ad immergere lo spettatore nel dubbio ricercato. Ogni nostro risultato è in funzione di questa alternativa. È evidente che lavoreremo su testi determinati, le opere che rappresenteremo appartengono ala letteratura. Il testo in quanto realtà distinta, che basta a se stessa, come uno spostamento d’aria provocato dalla sua enunciazione. Tutto quell’apparato odioso e ingombrante per cui l’opera scritta si trasforma in spettacolo invece di restare nei limiti della parola, delle immagini e delle astrazioni. Vogliamo ridurre al minimo questo apparato e questa ostentazione visiva e sottometterli all’aspetto di gravità e al carattere d’inquietudine dell’azione. Manifesto per un teatro abortito E vi si accingono non con senso una sorta di rimorso. Il teatro A. Non è un affare, s’intende, è qualcosa di più : un tentativo nel quale le menti di alcuni giocano tutto per tutto. Non crediamo più che ci sia qualcosa al mondo che si possa chiamare teatro. Una confusione terribile pesa sulle nostre vite, siamo dal punto di vista spirituale in un’epoca critica. Vogliamo portare alla luce proprio questo cumulo di desideri, di sogni, illusioni, credenze che hanno finito per confluire in questa menzogna a cui non crede più nessuno e che, per derisione, si direbbe, viene chiamata: teatro. Non proponiamo di dare l’illusione di ciò che non è ma di fare apparire agli sguardi un certo numero di scene, di immagini indistruttibili, inconfessabili, che parlino direttamente allo spirito. Oggetti, accessori, scene che figureranno sul teatro dovranno essere intesi in un senso immediato, senza trasposizioni, dovranno essere presi non per ciò che rappresentano, ma per ciò che sono in realtà. Crediamo che non ci sia vuoto nella natura, che la mente umana non sia capace a un certo punto di colmare. Concepiamo il teatro come una vera operazione di magia. Non ci rivolgiamo agli occhi, ne all’emozione diretta dell’anima. Non pensiamo che la vita sia rappresentabile in se stessa o che valga la pensa di tentare la sorte in tal senso. Verso questo teatro ideale noi stessi procediamo come ciechi. Al di là, della maggiore o minore riuscita dei nostri spettacoli, quelli che verranno a noi capiranno di essere partecipi di un tentativo mistico, attraverso il quale una parte importante del dominio dello spirito e della coscienza può essere definitivamente salvata o perduta. Ps: quei rivoluzionari di carta stercoraria che ci vorrebbero far credere che fare teatro oggi sia un tentativo controrivoluzionario, come se la rivoluzione fosse un’idea tabù, su cui sia sempre proibito intervenire. Io non accetto idee tabù. Non sia questo per me la rivoluzione, che ha come vertice le sue preoccupazioni, le necessità della produzione e che perciò insiste nel fare affidamento sul progresso meccanico, è per me una rivoluzione di castrati. Una delle ragioni principali del male di cui soffriamo aia nella frenetica esteriorizzazione e nella moltiplicazione della forza consiste in un’anormale facilità introdotta negli scambi da uomo a uomo. Stagione 1928 Il teatro Alfred Jerry si rivolge a tutti coloro che nel teatro non vedono uno scopo ma un mezzo. A partire da questo il teatro non sarà più quella cosa chiusa, limitata entro lo spazio ristretto del palcoscenico ma tenderà ad essere veramente un atto. Una messinscena, un lavoro, saranno sempre rimessi in causa, in modo che gli spettatori, tornando dopo alcune sere non avranno mai lo stesso spettacolo sotto gli occhi. Il teatro A. Romperà col teatro, ma obbedirà inoltre ad una sua necessità interiore, in cui lo spirito ha una parte predominante. Una messa in scena del Teatro Jarry, sarà avvincente come un gioco. Nella vita si sforzerà di tradurre ciò che essa dimentica, dissimula, o che è incapace di esprimere. Tutto ciò che proviene da un errore fecondo dello spirito, tutto ciò che non è rappresentabile così com’è, che cerca di illudere i sensi con una pittura artificiosa, sarà escluso dal palcoscenico. Ciò che apparirà sulla nostra scena sarà sempre considerato nel suo senso diretto e niente assumerà mai per nessuna ragione apparenza di scenario. Il teatro Jarry non bara con la vita esso non la scimmiotta. Non è il momento di fare un corso di magia attuale o pratica, ma si tratta proprio di magia. Come un’opera drammatica possa essere un’operazione magica, come possa obbedire a necessità che la trascendono, questo è quanto si vedrà se ci si vorrà dare fiducia. La nostra ambizione, ci distingue. Fra i lavori presenteremo quest’anno Les enfants au pauvoir di Vitrac. Prima di pensare alle sue idee l’autore come ogni autentico autore drammatico pensa al teatro. In ognuna delle sue espressioni si sente stridere lo spirito. Già il titolo indica un’irriverenza radicale. 
 In secondo luogo la Tragedia del Vendicatore di Cyril Torneur. Siamo uomini, cerchiamo di vibrare e di far vibrare in coro. Se non crediamo più al teatro come svago, crediamo a questa specie di attenuazione, di piano più elevato su cui il teatro trascina sia la vita che il pensiero. Crediamo che questo corrisponda pienamente al nostro senso, alla nostra volontà. Ogni opera è di tutti i tempi. Ma questa è molto vicina alle nostre angosce, alle nostre rivolte, alle nostre aspirazioni. L’opera impersonale, ma soggettiva, l’opera manifesto, scritta in collaborazione, in cui ciascuno abbandonerà il suo punto di vista strettamente personale,, per attingere una specie di universalità propria alle necessità del nostro tempo, in cui ciascuno trascurerà abbastanza se stesso per esprimere il maggior numero possibile di aspirazioni in cui tutto verrà affrontato. Il teatro Jarry è stato creato per servirsi del teatro e non per servirlo. Gli scrittori non hanno nessun rispetto né per gli autori né per i testi. Stagione 1929 Non tutti conoscono le difficoltà in cui il teatro Jarry non ha mai cessato di imbattersi. Tutte queste difficoltà derivano dal fatto che questo teatro non ha mai avuto a sua disposizione né una compagnia né un locale, tali difficoltà non possono che neutralizzare anche le intenzioni più elementari poste alla base dei suoi tentativi. Il teatro Jarry vorrebbe allestire ne corso dell’anno una rappresentazione di Ubu Roi adattato alle circostanze di oggi e interpretato senza stilizzazione. Il teatro Jarry è stato creato in regione al teatro, per restituire quella liberà totale che esiste nella musica, nella poesia, nella pittura e di cui finora si è privato. Ciò che vogliamo p troncare ogni rapporto con il teatro considerato come genere distinto, e ridare vita a quella vecchia idea, in fondo mai attuata, dello spettacolo integrale. Senza confondere il teatro con le altre discipline. È impossibile che questa formula di spettacolo totale non susciti interesse. Ci rifiuteremo sempre di considerare il teatro come un museo di capolavori. Non avrà mai nessun interesse per noi un’opera che non obbedisca al principio di attualità. Non sappiamo cosa farcene dell’arte e della bellezza , quello che cerchiamo è emozione interessata. Stagione 1930 OSTILITÀ PUBBLICA Elenchiamo tutte le difficoltà in cui vanno incontro le imprese libere e disinteressate del genere teatro Alfred Jarry. Ricerca di capitali. Sono dissanguate dai fornitori di ogni specie che, non contenti di far pagare il prezzo più alto, lo aumentano quanto più possono, ritenendo che sia giusto riscuotere una tassa su questi divertimenti da snob. nella misura in cui affronta direttamente la scena senza passare attraverso le parole. Per me invece le idee chiare, a teatro come ovunque, sono soltanto idee morte e liquidate. L’idea di una commedia nata direttamente dalla scena impone la scoperta di un linguaggio attivo . Un teatro che subordini la regia e lo spettacolo al testo è un teatro di idioti. Il teatro contemporaneo è in decadenza perché ha perduto da una parte il senso del serio e dall’altra quello del comico, ha rotto con la gravità, col pericolo. Ha rotto con lo spirito anarchico che sta alla base di tutta la poesia, si capisce che essa è tale quando rimette in discussione tutti i rapporti fra oggetto ed oggetto, fra forme e loro significati. Teatralmente queste inversioni di forme, questi spostamenti di significato, potrebbero diventare elemento essenziale di quella poesia umoristica e spaziale che è compito esclusivo della regia. Il fatto è che la vera poesia è metafisica e proprio la sua portata metafisica e il suo grado di efficacia metafisica ne costituiscono l’autentico pregio. Nel teatro orientale di tipo metafisico tutto l’insieme compatto di gesti, segni, atteggiamenti e di sonorità porta necessariamente il pensiero ad assumenre atteggiamenti profondi che potrebbero essere definiti metafisica in atto. Fare la metafisica di un linguaggio articolato significa: - indurlo ad esprimere ciò che di solito non esprime - servirsene in modo nuovo - restituirgli le sue possibilità di scuotimento fisico - Frazionarlo e redistribuirlo - Prendere le intonazioni in modo assolutamente concreto restituendo loro potere originale - Sconvolgere manifestare effettivamente qualcosa - Ribellarsi al linguaggio e alle sue fondi - Alimentare alle sue origini di bestia braccata - Considerare il linguaggio sottoforma di incantesimo. Il teatro alchimistico Esiste fra il principio di teatro e quello dell’alchimia una misteriosa identità d’essenza. Teatro e alchimia sono arti virtuali. - L’alchimia è il doppio spirituale di un’operazione che risulta efficace soltanto sul piano della materia reale - Il teatro è il doppio della realtà rischiosa e tipica dove i principi mostrano la testa e si sbrigano a ricomparire nell’oscurità delle acque. Questa realtà non è umana e l’uomo non conta niente. Tutti i veri alchimisti sanno che il simbolo alchilico è un miraggio come lo è il teatro. Questa perpetua allusione agli elementi e al principio del teatro deve essere intesa come l’espressione dell’identità fra il piano sul quale evolvono i personaggi, gli oggetti, le immagini e il piano puramente ipotetico e illusorio in cui evolvono i simboli dell’alchimia. Sul teatro Balinese Il teatro Balinese riporta il teatro ad un piano di creazione autonoma e pura, in una prospettiva di allucinazione e sgomento.Il dramma non si sviluppa come conflitto di sentimenti, ma come conflitto di posizioni spirituali, scarnite e ridotte in puri gesti. 
 Essi realizzano l’idea di teatro puro: - Capacità creative - Elimina le parole - I temi sono vaghi e astratti Infatti è curioso il fatto che si sprigioni il senso di un nuovo linguaggio fisico basato sui segni e non più sulle parole. 
 Gli attori, paiono geroglifici animati e persino i costumi creano dei guerrieri in stato di trance e di guerra perpetua, una sorta di costume simbolico atto ad ispirare un’idea intellettuale e a collegarsi attraverso tutte le intersezioni delle loro linee, a tutte le intersezioni della prospettiva nello spazio. I Balinesi restituiscono alla convenzione teatrale il suo alto pregio, e ci mostrano l’efficacia e il valore altamente attivo di un certo numero di convenzioni perfettamente assimilate e magistralmente applicate. Questo urta il concetto europeo di libertà scenica e dell’ispirazione spontanea. La meraviglia che è da uno spettacolo regolato con incredibile minuzia e consapevolezza si sprigioni una sensazione di ricchezza. Tale teatro ci da un’idea straordinaria del livello intellettuale di un popolo che pone a fondamento dei suoi piaceli collettivi le lotte di un’anima in preda alle larve e ai fantasmi dell’aldilà. Con il termine linguaggio non alludo all’idioma ma proprio a quel particolare linguaggio teatrale estraneo alla lingua parlata. Tutto è regolato, impersonale, in questa sistematica spersonalizzazione tutto arriva a segno e tutto produce il massimo effetto. Prescindendo dal rigore dello spettacolo ciò che mi sembra per noi più sorprendente è l’aspetto rivelatore della materia, che pare improvvisamente disperdersi in segni per insegnarci l’identità metafisica fra concreto e astratto. - Elimina l’autore a profitto, il regista, diventa una sorta di ordinatore magico. Ciò che egli va agitando è MANIFESTO. - Risuona un sordo ronzio di cose di istinto, intelligenza e duttilità Basta con i capolavori È stupido rimproverare le masse di non avere senso del sublime, oserei dire che se le masse non capiscono Edipo re è per colpa di Edipo Re stesso. Esso non è scritto per la nostra epoca. Oggi come un tempo la folla è avida di mistero. Questo conformismo ci porta a confondere il sublime, le idee, le cose con le forme che hanno assunto nel tempo e nel nostro spirito. Se la folla è disabituata ad andare a teatro è perché ci hanno ripetuto che era teatro cioè menzogna. Lo stesso Shakespeare è responsabile di questa aberrazione e di questa decadenza che impone a una rappresentazione di lasciare intatto il pubblico. Basta con i poemi individuali, con queste manifestazioni di un’arte chiusa, la nostra anarchia, dipende dall’anarchia del resto. Per questo propongo un teatro della crudeltà.
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