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Antonio La penna, Orazio e l'ideologia del principato, Appunti di Storia Romana

Caratteri del principato augusteo e il caso culturale di Orazio.

Tipologia: Appunti

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Scarica Antonio La penna, Orazio e l'ideologia del principato e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Antonio La Penna, ORAZIO E L'IDEOLOGIA DEL PRINCIPATO 1. La lirica civile e l'ideologia del principato Le odi romane si distinguono per la gravità quasi religiosa del tono, per la nobiltà delle sentenze, per la scelta accurata delle immagini e per il verso solenne. Oggi siamo arrivati a una sopravvalutazione della poesia politica oraziana: una delle cause maggiori è la rivalutazione ovvero l'originalità della letteratura latina rispetto a quella greca. Prima si rivendicò l'originalità della cultura latina, poi si sottolinearono i valori etico-politici su cui si fondavano la società e la cultura, poi si passò ad esaltare quei valori come acquisti perenni della civiltà umana e a porre la società dei Quiriti come modello. I promotori di questo orientamento furono Heinze e Reitzenstein. Il primo svolgeva un'analisi della mentalità etico-politica dei romani e in essa sottolineava la volontà di potenza che diede l'impulso fondamentale all'espansione molto più del bisogno di difesa e della spinta economica, l'attaccamento alla res publica, alle istituzioni, alla famiglia, all'auctoritas dei capi. La libertà per i romani consisteva nello scegliere i capi da cui volevano essere guidati e questa si fondava sul merito. Il popolo era fiducioso nei magistrati e nel senato che con la loro auctoritas assicuravano grande stabilità alla repubblica. La volontà di potenza del singolo era limitata da quella di tutti gli altri. Da allora in Germania fiorì una letteratura sui concetti morali e politici, sulle virtù dei romani. La differenza più rilevante tra letteratura greca e latina è nel senso molto più vivo del legame del cittadino con lo stato che domina quest'ultima e ravvivare il senso dello stato è la funzione più importante e originale che la letteratura latina deve avere nella società tedesca. Ma questa visione dello Heinze si riferiva al periodo tra le 2 guerre puniche ma con la crisi della res publica si apre lo iato tra la morale tradizionale e nuove tendenze. Gran parte della letteratura latina nasce molto più dalla crisi della società romana e del mondo antico che dalla morale quiritaria. L'altro indirizzo che si è affermato afferma che la grandezza di Roma è nella religiosità del suo popolo, al grande uomo di H si sostituisce l'uomo cosciente di una missione divina, l'eroe virgiliano. La religione sarebbe stata potente solo nella Roma arcaica e nell'età augustea. Fraenkel insiste sull'accordo tra ispirazione genuina di Orazio ed il regime augusteo e sull'unità della poesia politica con il resto dell'opera. Wilkinson ha dato una valutazione più equilibrata, indicando nella lirica civile il frutto più di un'atmosfera politica che di una genuina ispirazione. Paratore indica nella lirica civile di Orazio la più alta vetta della poesia di Orazio: il meglio della sua poesia risiede nella celebrazione commossa della gloria di Roma, solo sotto la palingenesi instaurata da Augusto, Orazio si sarebbe sollevato dalle foschie sconsolate dell'epicureismo edonistico. Quasi nessuno ha negato che i sentimenti di Orazio verso il princeps e il principato fossero sinceri ma non bisogna confondere la sincerità morale dell'uomo con quella estetica del poeta. La sincerità dei sentimenti è un presupposto fondamentale per la poesia, per cui senza l'uomo non c'è il poeta e l'uomo non basta per fare il poeta. Presupposto necessario per la poesia è quindi la sincerità di quei sentimenti in cui l'uomo si impegna profondamente e non di quei sentimenti che l'uomo accetta dal clima contemporaneo, quindi l'autenticità dei sentimenti. Il motivo in cui è più evidente l'impossibilità di ammettere la sincerità di Orazio è la divinizzazione di Augusto. Gli stesi motivi che ritornano nelle poesie civili, prendono una rigidità che che toglie loro la vita, un tono enfatico che vorrebbe essere sublime. Roma ebbe alta poesia con Ennio quando lo iato tra coscienza individuale e morale non era aperto. Se scarso è il valore poetico delle odi civili, esse conservano un notevole significato come espressioni del mutamento di un clima politico e culturale. Dell'entusiasmo repubblicano di Orazio nell'uomo maturo non resterà niente; quando Orazio inizierà a scrivere poesia politica e immagina di rivolgersi al popolo come un vates, egli non parla come uomo di partito ma vuole esprimere l'orrore delle guerre civili. L'epodo 16 deve datarsi prima delle quarta ecloca di Virgilio, intorno al 38, anno della ripresa delle ostilità tra Pompeo e Ottaviano, vuol dire che disgusto per le sorti di Roma durarono in Orazio anche fino ai primi contatti con Mecenate. Questo epodo ci mostra come l'atteggiamento del vates in Orazio non sia dovuto solo al clima ideologico del principato e nemmeno agli iussa ufficiosi: l'atteggiamento è nato presto da una reazione spontanea alla tragedia del tempo. L'epodo segna il ritorno, dopo il periodo neoterico, ad interessi politici che era uno dei cardini della poesia augustea. L'arte di questo maestro è qui esuberante e immatura. Neppure la quarta egloga è un capolavoro: lo slancio religioso dell'inizio si sentirà solo raramente successivamente e si perde in una leziosità idilliaca. I sentimenti che si trovano nel primo Orazio sono quelli che si sono radicati nella maggior parte del popolo. Verranno la pace e la securitas ma la securitas sarà la garanzia dei privilegi economico-sociali nell'età delle conquiste, solo il potere della vecchia aristocrazia verrà indebolito. Il principato sarà per le masse subalterne la fine di tutte le speranze. Se la palingenesi dell'egloga 4 è quella dell'umanità nella res publica, l'epodo pone la salvezza fuori dalla res publica, il che implica una sfiducia completa nelle sorti di Roma e nella sua classe dirigente. Se la palingenesi virgiliana era stata miracolistica, la soluzione oraziana presuppone un pessimismo virile e richiede un coraggio virile. La conquista di questo ideale è una virile ascesi. Nell'epodo 7, scrito all'inizio dello scontro la Pompeo e ottaviano, emerge la maledizione incombente sul destino di Roma a causa del fratricidio di Romolo. L'entrata nel circolo di Mecenate non significò per Orazio il passaggio al servizio della propaganda augustea. Nonostante gli haud mollia iussa, di cui parla Virgilio, Mecenate suggerì senza forzare gli intellettuali. Ciò che ha avvicinato Orazio sempre più al regime di Ottaviano non è stato solo un vincolo di clientela o di amicizia ma soprattutto l'apertura del regime verso gli ingegni nuovi, indipendentemente dalla nascita. Per entrare nel circolo, il regime tra virtus e nobiltà preferiva la prima. Infatti il regime apre molte strade ai non nobili delle famiglie di Italia nella politica e nell'amministrazione, il cursus honorum ha un importanza secondaria. L'opposizione antiaristocratica sfruttò i bisogni creati dalla crisi sociale ma non aveva certo interesse di portare i problemi fino in fondo. La nobiltà e l'elite della ricchezza pagarono il debito all'unica forza proletaria che contasse ovvero il proletariato militare e con l'appoggio dell'esercito ristabilirono l'ordine: questo fu in sostanza il regime augusteo e l'impero. Quando Orazio iniziò a scrivere le Satire, la diatriba non era diffusa solo tra gli strati colti ma anche in quelli umili e i personaggi che compaiono non sono fittizi ma tipi predicatori popolari diffusi. L'ironia del poeta verso di essi è evidente. Ciò che Orazio rifiuta di questa filosofia popolare è il suo rigorismo, l'amore per l'indipendenza da tutti i beni esteriori, il fanatismo per la saggezza filosofica. Ma l'incertezza dell'atteggiamento di Orazio deriva dal fatto che al fascino dell'auterkeia Orazio non ha rinunciato. Il motivo in cui diatriba e politica si incontravano felicemente era il ritorno alla semplicità e purezza degli antichi costumi, così la diatriba alimentava l'esaltazione della Roma arcaica, ideale del catonismo. Era la Roma senza lusso, senza corruzione, quella dei piccoli proprietari terrieri. Le odi civili hanno questo riguardo importante. Le piaghe da eliminare sono la fame di lusso e ricchezza e la licenza sessuale; il quadro contrapposto alla società contemporanea è addirittura quello dei Geti e Sciti i quali non conoscono la fame di proprietà e i beni sono in comunione. Questi sono problemi largamente sentiti da augusto che cercherà di mettervi un freno. Bisogna ricreare i mores con l'educazione, senza cui le leggi sono vane. Le prime due odi romane: nella prima la strofa incipitaria sta a sé come proemio di tutto il cilcio delle odi romane; con la seconda strofa inizia lo sviluppo gnomico dell'ode per dimostrare la necessità della morte inquadrata in un ordine cosmico. Epicurea è la polemica contro la mania di viaggi e ricchezze ma poi Orazio arriva all'elogio della vita modesta e della tranquillità dell'animo. L'incoerenza si avverte nel passaggio all'ode successiva: la prima si chiudeva con l'elogio della pauperies, della rinunzia al fasto mentre la seconda si apre con l'elogio della pauperies ancora più accentuata con le privazioni e i sacrifici. Ma mentre la povertà della prima ode era un tutt'uno con la tranquillitas animi, la povertà della seconda ode è la vita dura del soldato che affronta i rischi della guerra per amore della patria. La tranquillità della prima ode non sembra guardare oltre la tranquillità terrena, la povertà della seconda guarda verso un'immortalità oltremondana avvolta nel mistero del segreto religioso. La prima viene dalle filosofie ellenistiche, la seconda dalla Roma tradizione di Roma. Questa ode non è un capolavoro poetico ma bensì politico per l'abilità con cui Orazio lega insieme vari motivi ideologici del regime: la libertas, apoteosi del principe, richiamo a Romolo, le virtù primigenie, riflette il compromesso di Augusto, del genio della politica. Quai nessuno ormai interpreta il ciclo delle odi romane come un sistema delle virtù del principe coincidenti con quelle iscritte sul clipeus virtutis posto nel 27 nella curia, virtus, clementia, iustitia e pietas. Nelle odi ci sono spunti per questo specchio perchè l'ideologia del principato è pur sempre influenzata da un ideale del sovrano. Un motivo che affiora è quello del principe che si sobbarca per il bene pubblico ad una mole intensa di fatica, siamo vicini alla statio principis, del principe come un buono soldato che vigila dal suo posto di guardia senza disertare il posto assegnatogli dalla divinità. Sfera ideologico-etica e quella religiosa non si identificano: nella prima a finisce con l'assumere una posizione centrale, nella seconda egli si accontenta di riservare zona ampia alla sua divinità tutelare che dopo Azio è Apollo. Quando Orazio si assunse il compito di scrivere per i ludi saeculares, il problema più grande non era quello di comporre un carme moderno e senza tradire il rituale ma quello di trovare il giusto rapporto tra la religione tradizionale e quella apollinea. Apollo e Diana hanno posto preminente e dopo si trovano le divinità capitoline e gli altri dei. Quasi assente del tutto il senato, Augusto compare una volta sola ma è lui l'invocante delle divinità capitoline. I ludi risentono di quella tradizione censoria e la cerimonia conserva troppo una certa angustia religiosa romana e questa angustia tarpa presto lo slancio dell'inizio dove domina una concezione apollinea. La concezione etico-politica che la poesia assume nell'età augustea: prima che Orazio si accingesse alle Odi, il senso di dignità etico-politica era stato restituito alla poesia da Virgilio nelle Georgiche. Pindaro era per Orazio, ciò che Esiodo per stato per Virgilio: maestri non solo di stile ma di una certa funzione da dare alla poesia nella vita. Nella IV ode romana l'altezza della poesia viene messa in piena luce: il centro della composizione è proprio l'alta funzione delle Camene. Queste non si limitano a ristorare Augusto dai labores della guerra ma ispirano il lene consilium. Ma richiama anche Esiodo e Calliope. Sotto le sollecitazioni convergenti di Pindaro, di Esiodo, dello stoicismo la poesia acquistava una dignità che era stata ignota ai poeti ellenistici. Nelle odi romane il poeta si presenta come educatore di una elite della nuova generazione; ma nel secondo proemio è al principe che le muse si rivolgono perchè soprattutto ispirando la saggezza al principe possono influire sul destino dell'impero; non c'è una rottura con la posizione dei primi epodi ma ognuno vede quanto il mutamento sia notevole. Il compito assegnato alle muse dal nuovo poeta civile esprime i sentimenti del poeta o di una elite ma è poco meno fittizio di quello assegnato al vate negli epodi: l'elite intellettuale serve a creare il consenso intorno all'egemonia politica ma credere ad un suo effettivo peso politico in quella egemonia sarebbe errato. Orazio, senza nessuna concessione all'arcaismo e senza assumere una posizione analoga a quella di Virgilio, rende anche lui omaggio a questo rinnovamento fittizio di una vecchia tradizione nazionale. La tendenza al tono solenne della lirica civile è sottolineata dall'atteggiamento dionisiaco del poeta. Nella poesia augustea Bacco quale dio della poesia è luogo comune. Orazio rifiuta di cantare poesia epica o epico-storica o la lirica che vuol sostenere il peso dell'epica: non si rifiuta però di celebrare la pax augusta. Orazio è abbastanza puro dal servilismo per dire chiaramente che il pindarismo è vano e per manifestare la sua ironia. Ribadisce quale è la sua arte e mostra di non separare la poesia ellenistica da quella classica. Dopo il 20 l'importanza di Mecenate come protettore e consigliere della cultura quasi non si avverte. Augusto probabilmente ha avocato a sé il compito di tenere contatti con elite intellettuale e di influire sulla cultura. A voleva una cultura che servisse la restaurazione morale, religiosa e fosse meno legata all'intimità individuale: quindi poemi epici o epico-storici, rinascita del teatro arcaico, liriche celebrative. Però questa nuova politica culturale fu un fallimento come si vede dai rapporti con Ovidio. Le due odi pindariche e il carmen secolare sono i frutti più vistosi della nuova tendenza, sono quelli più ufficiali. Dovevano fissare i motivi ideologici più importanti come la teologia della vittoria imperiale: l'imperatore è il vincitore anche delle imprese che non guida. Il principato è fondato sull'esercito che è una monarchia militare. Nel quarto libro nasce una lirica civile nuova, di tono più dimesso ma meno compassato e più caldo in cui Orazio non si presenta più come musarum lepos, come il vate ma bensì come uno che mescola la sua voce a quella della folla per esprimere la sua gratitudine verso il principe. Il paternalismo è nel tono e nella sostanza. Se dobbiamo attribuire un senso politico a questo orientamento è da vedersi nel motivo del consensum universorum la cui massima espressione sarà l'attribuzione del titolo di pater patriae nel 2. nel 14 con la divisione di Roma in quartieri e vici organizza il culto dei Lares e il proprio culto: mostrava di rispettare la tradizione romana ma dava al culto dell'imperatore una penetrazione popolare. Quindi una lirica più calda e meno rigida, Orazio ha aperto una via più adatta al suo ingenium. Adesso bisogna celebrare la realizzazione della pace e dell'ordine ad opera del salvatore, non servono più a niente certe denunce: nella lirica civile di Orazio e nell'ideologia del regime ci furono in un primo tempo motivi legati alla realtà sociale che poi furono lasciati cadere. Questo mutamento è dovuto al riassetto costituzionale del 23-22: depose il consolato che fu compensato con la tribunicia potestas a vita e con l'assunzione dell'imperium proconsulare maius (potere militare), cura annonae, cura legum et morum. Ma ciò che ci interessa è il rifiuta della DITTATURA per distanziarsi dalla via di Cesare. La dittatura gli fu offerta dal popolo che subiva una carestia (questo perchè la plebe si sentiva meglio difesa da un potere assoluto). Augusto nel 22 doveva scegliere tra il compromesso di potere con l'aristocrazia e le speranze di una plebe bisognosa: scelse il compromesso e ciò comportò l'estinzione di quei motivi relativi alla realtà romana che si erano sentiti nelle primi odi civili di Orazio. Anche questo contribuirà al fallimento della direzione culturale di A, getterà il seme della poesia etico-politica in un terreno inaridito. 2. Poesia civile e vita galante nell'età augustea Le recusationes così frequenti nei poeti augustei continuano una tradizione alessandrina e neoterica ed è testimonianza della resistenza degli intellettuali nei loro gusti di vita e di arte, nella loro intima coscienza all'egemonia culturale del regime. Resistenza e consenso s'intrecciano. Nelle recusationes degli augustei il passaggio dall'arte alla vita dovette essere più cauto rispetto ai poeti novi: questi avevano attaccato in nome dell'individualità passionale ed artistica la morale tradizionale. I poeti augustei non si ribellano: quando porgono un ossequio convenzionale o la trascurano. Quando Orazio si scusa di non potere cantare le gesta di Agrippa o le claudes caesaris e indica in Vario il poeta adatto per questo compito, non adduce come giustificazione solo la tenuità della sua ispirazione ma aggiunge che quella sua poesia sapit homimen, che quella sua musa è la sola che esprime la sua vita. Orazio fu più ispirato dalla vita galante della capitale, il lato ellenistico del costume romano che dalla nostalgia per le età severe dei Curii, Regoli, Catoni. Era inevitabili che i poeti augustei fossero spinti a conciliare la poesia di ispirazione personale con quella civile. Nel corso di una poesia erotica o gnomica si poteva trovare lo spunto per una lode ad A. nella cornice dai toni ufficiali si poteva procedere a cantare la letizia del pubblico e quindi dei gaudia con cui il poeta si univa al tripudio generale e questi gaudia erano d'amore (ode per il ritorno di A dalla Spagna). Nell'ode alla parte viva si contrappone una parte caduca e convenzionale: così l'ode è simbolo di quasi tutta l'attività lirica di Orazio, del suo tentativo di unire filoni diversi e del fallimento di questo tentativo. Questo procedimento non resta isolato nella poesia augustea: augusto progetta la spedizione contro i Parti: Properzio accompagna la partenza con il suo augurio, si compiace della vendetta di Crasso e si immagina il trionfo che se lo guarderà sul grembo della donna. Properzio, Ovidio e Tibullo sono poeti pittori della vita di città. Nell' Ars I Ovidio racconta della folla di giovani che si riversano da tutto il mondo a Roma per assistere alla naumachia del 2; Ovidio preannunzia la vittoria del puer e il canto sublime per il trionfo ma questo trionfo è visto come occasione per attaccare bottone con una donna. Questa pagina ovidiana di vita cittadina è tra le cose più felici che potesse comporre e un quadri fedele di vita augustea: questa era la vita frivola intorno al corteo pubblico, questo significava per il pubblico la cerimonia. Lo svuotamento degli ideali della vita pubblica non fu solo di Ovidio e del suo tempo: esso venne così presto perchè già molto di convenzionale vi era nella restaurazione etico-politica augustea: ciò non favorì un incontro fecondo tra ideali pubblici e sentimenti personali, tra poesia civile e la poesia intima: la vita della res publica e quella dell'interior homo o con le sue passioni diventano due mondi non più conciliabili. 3. Architettura e motivi del quarto libro delle Odi Le intenzioni che hanno guidato il poeta nell'ordinamento delle sue poesie non si riflettono che in parte, e qualche volta per niente, nell'ispirazione delle singole poesie: si riflettono in parte in quelle composte dopo la concezione del piano architettonico, non si riflettono per niente in quelle composte prima e poi adattate alla nuova architettura. Nell'ordinamento del IV libro un piano c'è: l'ode del proemio (che annunzia la ripresa della poesia erotica) rientra in un genere diverso da quella del primo libro che metteva al centro la dignità del poeta e la funzione della poesia; una funzione proemiale ha anche la seconda ode del IV dove il poeta pone dei limiti della sua poesia civile: come la prima ode giustifica le nuove odi erotiche, così la seconda presenta le nuove odi civili; la terza ode è probabilmente il proemio originale perchè dà voce a un tempo in cui ancora vivo è l'orgoglio del poeta ufficiale scelto comporre il carme secolare. Quindi le prime tre odi sono un gruppo proemiale. Il gruppo centrale parla della caducità della vita, la poesia donatrice di gloria e infine la salvezza dall'oblio. Il problema della funzione della poesia e della dignità del poeta si è posto ad Orazio con insistenza in quella fase della sua vita e del regime: l'orgoglio per il successo raggiunto, la tenace esitazione ad accogliere la spinta impressa da A che, accantonato Mecenate, ha assunto direttamente lui la funzione dell'egemonia culturale, la tendenza ad imprimere a quella spinta una sua tendenza, la religione della letteratura si esprimono senza escludersi. Il problema dominante per Orazio è stato quello di equilibrare le odi civili e quelle di ispirazione personale. Quell'apertura che preannunzia il ritorno imperioso dei vecchi motivi, e quella chiusa celebrante la pace augustea sembrano stridere fra di loro e denunziano più un dissidio persistente che un equilibrio raggiunto. Lo stesso problema di è posto a Properzio nell'ordinamento del IV libro. Ammesso il piano di queste elegie, è difficile pensare che esso non sia dovuto al poeta stesso. Il carattere proemiale della prima elegia è chiaro: vengono presentati i nuovi argomenti civili, la maniera callimachea, la personalità del poeta; alla fine è posta un'elegia solenne, al centro è posta quella che rievoca la battaglia di Azio. Quindi prevale una disposizione chiastica. Dopo una prima parte dove P illustra i luoghi che ricordano le origini umili di Roma e in cui si enuncia il nuovo programma poetico, nella seconda parte interviene un astrologo Horos che mete in ridicolo l'entusiasmo di P e lo invita a tornare nel dominio proprio, quello della poesia erotica. Spesso affiora nei discorsi dell'astrologo una certa ironia di P. Properzio ha voluto far dire la sua verità da un personaggio un po' comico, cioè alla sua recusatio non ha voluto dare nessuna solennità amara: la rinunzia a proseguire nella poesia civile è presentata con tono leggero e scherzoso ma ciò non vuol dire che sia falsa. Properzio ha risolto il problema in modo più chiaro di Orazio: conciliare almeno nell'architettura la poesia civile e quella erotica, il dovere verso la comunità e la fedeltà nella propria ispirazione. Nella soluzione di P la poesia civile ha un maggior rilievo: essa domina al centro e alla fine. Il senso di sicurezza nella pax augustea e il tranquillo orgoglio per il successo hanno inciso nell'intimo della personalità di O, hanno eliminato quella sensibilità acuta per la temporalità e precarietà dell'esistenza? Certamente no: anzi tra i due momenti neppure si stabilisce un rapporto dialettico, si ha l'impressione di due mondi che si sviluppano paralleli. L'immortalità del poeta era un tutt'uno con l'immortalità della sua poesia e quella del suo contenuto.
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