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Antropocene o Capitalocene?, Appunti di Geografia

Introduzione al testo "Antropocene o Capitalocene?"

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 10/12/2019

Ginger09
Ginger09 🇮🇹

4.7

(64)

35 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Antropocene o Capitalocene? e più Appunti in PDF di Geografia solo su Docsity! Antropocene o Capitalocene? Antropocene: è un termine diffuso negli anni ottanta dal biologo Eugene F.Stoermer. Il termine indica l'epoca geologica attuale, nella quale all'essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Inizialmente non sostituiva il termine corrente usato per l'epoca geologica attuale, Olocene, ma serviva semplicemente ad indicare l'impatto che l'Homo sapiens ha sull'equilibrio del pianeta. Tuttavia più recentemente le organizzazioni internazionali dei geologi stanno considerando l'adozione del termine per indicare appunto una nuova epoca geologica in base a precise considerazioni stratigrafiche. Capitalocene: si riferisce alle trasformazioni inscritte nei rapporti di capitale, proprie di un’ecologia-mondo con specifiche relazioni di potere e forme di produzione della natura, iniziata durante il 1400 attraverso le pratiche espansive incentrate sulle merci nell’Atlantico. Il capitolocene non individua un’epoca geologica, ma è un riferimento utile per dire che quello di «Antropocene» è un tema che oscura più che chiarire la comprensione dei cambiamenti socio-ecologici in corso da alcuni secoli, ben prima della Rivoluzione industriale. Introduzione. L’Antropocene sembra un sintomo del sociale contemporaneo: una condizione che secondo Paolo Vignola necessita sia di una critica radicale che di una cura collettiva per essere trasformato. L’uomo si percepisce come essere vivente che sulla natura si organizza in società, e questo non è sempre così scontato, inoltre spesso si tenta di oltrepassare questa concezione. L’Antropocene segnale che questo oltrepassamento è in atto e ciò implica la crisi di due principali linee di riflessione sulla forma moderna del rapporto natura-società: quella centrata sul materialismo dei limiti e quella basata su costruttivismo dei rischi. L’Antropocene può diventare razionalità storico- sociologica solo se il rapporto natura-società diventa la chiave dell’analisi del presente. Accettare l’Antropocene vuol dire accettare l’idea cartesiana degli uomini come “signori e possessori della natura”. Infatti dal momento in cui l’uomo prende coscienza della propria potenza geologica si crea l’esigenza di smantellarlo, al fine di far sopravvivere il sistema Terra. Con il tempo si è andato a costruire un altro tipo di futuro; siamo passati dal “futuro promessa” al “futuro minaccia”. Il problema fondamentale è che niente e nessuno ha dedicato troppa attenzione a questo tema, anche se sembra che la situazione stia pian piano cambiando. Che cosa è l’Antropocene? Il termine Antropocene viene dal greco “anthropos”, ovvero umano, e “cene”, ovvero nuovo; e da una prospettiva geologia riguarda tutte quelle influenze antropiche su composizione e funzione del sistema Terra e delle forme di vita che lo abitano. Per Crutzen e Stoermer il termine trattava di questioni più ecologiche, ovvero l’estinzione accelerata di numerose specie e la riduzione della disponibilità di combustibili fossili, inoltre l’incremento delle emissioni di gas a effetto serra. Sappiamo infatti che l’attività antropica è causa di questi avvenimenti e quindi influenza profondamente la trasformazione dell’ambiente su scala globale. L’idea di una nuova epoca non è dunque priva di fondamento; inizialmente ciò che causò le trasformazioni globali del sistema Terra furono semplicemente eventi naturali. Adesso però l’attività umana è la causa prima dei cambiamenti ambientali, e questo ci porta a credere che una nuova epoca sia cominciata. L’esistenza dell’Antropocene non è solo una questione scientifica, ma anche etica e politica. Crutzen ha affermato che l’umanità, proprio per il suo grande potere, deve diventare “guardiana della Terra” e utilizzare forse la geo-ingegneria come soluzione per il problema del riscaldamento globale (geo-ingegneria, ovvero ingegneria climatica, è l’applicazione di tecniche artificiali che tentano di contrastare il riscaldamento globale antropogenico). Antropocene non è solo il nome di un epoca geologica, ma è anche un regime, un modo di governare l’ambiente. Vi è un grande rischio che il concetto venga interpretato male e spesso i pericoli che sono imminenti non vengono presi molto in considerazione e di conseguenza ance il disaccordo, che è evidente, su come affrontare i pericoli ecologici non vien posto come fondativo. Stefania Barca suggerisce che per coglierne il nucleo euristico e potenzialmente liberatorio, il concetto di antropocene deve essere politicizzato; Moore avanza quindi l’ipotesi di Capitalocene, . Quindi si può cambiare il termine o lasciare lo stesso ma destabilizzandone la presunta scientificità, quello che conta, però, è che comunque l’umanità deve assumersi la responsabilità del degrado ecologico. Il degrado però non può essere attribuito all’umanità in quanto tale, perché la maggioranza non ha avuto un ruolo storico evidente, anzi la maggior parte sta pagando i danni del cambiamento climatico. Il riscaldamento sociale è la manifestazione più evidente della disuguaglianza sociale ed economica su scala globale. Troviamo due elementi importanti del dibattito sull’Antropocene: 1. La proposta di far seguire all’Olocene una nuova epoca contraddistinta dall’attività antropica come forza geologica non è in procinto di essere approvata. Il congresso internazionale della geologia dichiara ufficialmente la fine dell’Olocene. Però molti rifiutano di riconoscere il termine “Antropocene” come categoria valida per la suddivisone del tempo geologico ed altri lo riconoscono come un’epoca tanto quanto l’Olocene e il Pleistocene. Il golden spike (segnale geologico che funge da confine tra due distinti intervalli temporali) individuato come punto originario sarebbe da collocarsi nella cosiddetta “grande accelerazione”, ovvero da quando la bomba atomica viene sganciata (fine Seconda Guerra Mondiale) e quindi la dipendenza da carbone e petrolio contagiò il pianeta. É giusto comunque affermare che la comunità dei geologi sta sempre più accettando il termine “Antropocene” e sia concorde che i dati segnalino che oggi l’attività antropica influenza gli equilibri biosferici e che queste trasformazioni lascino tracce geologicamente significative. Tutto il resto, la terminologia, la datazione ecc.. è oggetto di dibattito. 2. Riguarda il rapporto costitutivo che lega il dibattito sell’Antropocene al tema del cambiamento climatico. Tutti condividono che il riscaldamento globale rappresenti l’evento cruciale degli ultimi decenni, ma anche il punto d’ingresso per l’interpretazione del presente. Pur essendo l’Antropocene un fenomeno ampio, questo riguarda soprattutto il cambiamento climatico. Un aspetto frequente nelle discussioni sul cambiamento climatico riguarda l’incapacità umana di comprendere natura, sviluppi e pericolosità. Timothy Morton vede il riscaldamento globale come una nuova forma dell’essere (iper-oggettualità) che non è in grado di comprendere. Il soggetto conoscente non guarda gli iper-oggetti, ma è piuttosto ospitato e circondato da essi. Più sappiamo degli ipe-oggetti più ci rendiamo conto che non potremmo mai davvero conscerli e più cerchiamo di allontanarli, più non possiamo separarci da loro (L'iperoggetto per eccellenza, per Morton, è il riscaldamento globale: è enorme, drammatico, collocato ovunque nello spazio ma precisamente nel nostro tempo). Il cambiamento climatico riguarda meno la quantità di gas a effetto serra emessi in atmosfera che non la particolare organizzazione del nesso natura/valore che contraddistingue il capitalismo contemporaneo. La rassegnazione è quindi un esito possibile, ma non necessari, del riscaldamento globale. É ormai anche messo in dubbio il potenziale dei movimenti per la giustizia sociale, economica e ambientale; anche se, comunque, questo potenziale ha ricevuto una spinta propulsiva globale è un fallimento del mercato che può risolversi da un’ondata di mercatizzazione . L’Antropocene può diventare l’orizzonte dell’accumulazione sostenibile. Per creare un nesso tra un evento meteorologico e il riscaldamento globale si richiede una mobilitazione del General Intellect (combinazione di competenze tecnologico e intelletto sociale). Ovviamente il sapere non riduce i mutamenti climatici. La “percezione politica” dell’Antropocene è possibile grazie ad una rete globale di sensori, super computer e istituzioni scientifiche. Deriva quindi che un passo importante nell’elaborazione di una strategia di evasione dell’Antropocene sia quello di riflettere sul concetto di lavoro nell’epoca della sua rilevanza geologica. Moore pala di Lavoro-energia per indicare la necessità di superare l’opposizione lavoro-natura nel Capitalocene, ce mostra il deterioramento della natura come espressione dell’organizzazione capitalistica del lavoro. Il tipo di lavoro con forma industriale fordista è responsabile del degrado ecologico. Dal momento in cui il lavoro-conoscenza diventa fattore primario della produzione fa emergere, oltre che il danno ambientale, un potenziale ecologicamente positivo legato alla cura dei beni comuni socio-naturali. L’analisi di questa forma di lavoro-energia ha un compito politico importante; un elemento fondamentale che è importante evidenziare è il rapporto tra lavoro e entropia (è una funzione di stato che quantifica l’indisponibilità di un sistema a produrre lavoro; l’entropia aumenta se un sistema passa da uno stato di equilibrio ordinario ad uno disordinato) nel capitalismo cognitivo, ovvero nell’Antropocene visibile e da cui è possibile evadere politicamente. Nicholas Georgescu-Roegen ha introdotto il tema dell’entropia negli anni Settanta, sostenendo che qualsiasi processo che produce merci materiali fa diminuire la disponibilità di energia e quindi la disponibilità di produrre altre merci materiali. Inoltre, durante il processo economico, la materia si degrada e diminuisce la sua possibilità di essere nuovamente utilizzata; le materie sono riutilizzate solo in misura ridotta, con un alto dispendio di energia. Il lavoro salariato di matrice industrial- fordista conferma quest’analisi. Quindi una riduzione del metabolismo sociale a livello globale è un requisito necessario per allontanare la possibile catastrofe ecologica. L’emergere del lavoro conoscenza schiude la possibilità di pensare a organizzare una forma di lavoro neghentropco (l’opposto dell’entropia). Questo non può compensare il danno ecologico che ci ha portato all’Antropocene, ma può indicare linee d’intervento politico per abitarlo diversamente ed infine evaderne. Sul lavoro neghentropico dovrebbe basarsi ciò che Nina Power ha definito “de- capitalizzazione”, una strategia di lotta che aggredisce il capitalismo. Il lavoro neghentropico è legata comunque al General Intellect; ovviamente non si deve pensare che la tecnologia dell’informazione e della comunicazione possano risolvere le questioni ecologiche. Si possono comunque costruire rapporti di produzione che privilegino lo sviluppo del lavoro neghentropico rispetto all’accumulazione capitalistica; e tali rapporti dovranno creare un modo di produzione peer to peer. Ovviamente è un programma ancora in fase embrionale. Bernard Stiegler legge l’Antropocene come apice della società iper-industriale e della proletarizzazione tecnologica, ma anche come condizione di possibilità per il suo stesso superamento. Si deve quindi individuare il punto di rottura dove da un epoca catastrofica ed entropica si passa ad un’epoca fondata sull’inversione di questa tendenza. Matteo Pasquinelli afferma che vi è la necessità che una nuova composizione politica di energia e informazione venga elaborata contro la composizione tecnica che le ha biforcate fin dall’era industriale. Comunque già in passato erano state fatte teorie sulla re-ivenzione del lavoro, la ri-appropriazione della tecnologia ecc..Quindi adesso si deve proseguire su questa linea, cercando migliori pratiche per aprire il passaggio verso la civiltà del tempo libero. Tenendo sempre a mente che l’autonomia sociale è la prima forma di resistenza all’entropia economica. Prefazione. Antropocene è diventato un concetto ambientalista molto importante e allo stesso tempo pericoloso; pericoloso perché? Perché mostrando i passaggi di stato delle nature planetarie esso inganna anche la loro storia. L’espressione meglio utilizzata è “cambiamento climatico antropogenico”. Ovviamente tutto ciò si tratta di un falso, perché il cambiamento climatico non è causato dall’azione umana in astratto, ma è la conseguenza del dominio del capitale. Il cambiamento climatico è capitalogenico. Il fatto che l’argomento sull’Antropocene sia così popolare non sta nel fatto che vi si fanno numerose ricerche, ma perché tratta della relazione tra sistema Terra e umanità all’interno di un unico orizzonte, in un certo senso le unifica. É proprio quest’unificazione che costituisce la debolezza dell’argomento-Antropocene, perché si tratta di un’unità non dialettica, ma unità del cibernetico (rapporti sociale che hanno condotto il pianeta vicino all’estinzione). Il Capitalocene è una sorta di forma geopolitica. É un tentativo di andare al cuore della discussione messa in moto da Crutzen e Stoermer, per mostrare che da un lato è una questione stratigrafica, in cui per designare una nuova era geologica c’è la necessità di un “segnale geologico”. Questo sarebbe l’Antropocene geologico che inizia con l’era atomica (metà del XX secolo). L’Antropocene geologico è stato oscurato dall’Antropocene alla moda: un modo spececifico di pensare le origini e l’evoluzione della crisi ecologica moderna. É in questo dibattito che entra in gioco il Capitalocene. L’Antropocene alla moda pone delle questioni come: da cosa nasce la crisi ecologica del XX secolo? Quando comincia? Ecc.. Il termini Antropocene è stato un significato quasi vuoto, che poteva essere riempito con ragionamenti di vari pensatori , un po’ come “globalizzazione”. Quasi vuoto non vuol dire totalmente manipolabile. Antropocene alla moda ha funzionato, come termine, per la sua plasticità, perché si adatta ad una visione di popolazione, ambiente e storia governata dall’uso delle risorse e astratta dalle classi e dagli imperi. Nell’Antropocene la storia è la prima vittima, sono in molti infatti a sostituire alla storia il tempo astratto, escludendola dall’analisi; la storia è infatti la sola che potrebbe fornire grandi informazioni alle ricerche quantitative. Il Capitalocene non è un argomento, quindi, sulla storia geologica. L’Era del Capitale precede necessariamente e accelera i “segni geologici” necessari per distinguere una nuova era geologica (Antropocene geologico). Le condizioni biosferiche dei “passaggi di stato” planetari influenzeranno le condizioni dell’organizzazione umana per molto tempo. Il Capitalocene è, piuttosto, un tentativo di pensare la crisi ecologica, è una questione di geo-storia, non di storia geologica. Il Capitalocene critica i due secoli di modello dell’Antropocene alla moda, che è stato punto di riferimento per il pensiero green degli anni Settanta. Sappiamo bene che le origini della crisi ecologica e del capitalismo non sono circoscritte all’Inghilterra. L’Antropocene alla moda è uno degli ultimi concetti ambientali, e nega la disuguaglianza e la violenza del capitalismo e suggerisce che dei problemi creati dal capitale sono responsabili tutti gli umani. La politica dell’Antropocene è un’anti-politica e cerca di cancellare il capitalismo la capitalogenesi dalla crisi planetaria. L’Antropocene pone la questione del dualismo Natura/Società senza poterlo risolvere. É bene soffermarci su un punto, lo slogan “cambiare il sistema, non il clima” è ormai diffusissimo, ma come pensiamo noi “il sistema”? Una critica al capitalismo non sarà in grado di guidarci verso una liberazione sostenibile. Il capitalismo, inoltre, non può essere ridotto ai soli momenti economici e sociali. Il dibattito sull’ecologia-mondo sostiene che il capitalismo si sviluppa attraverso la rete della vita. Nel suo movimento la società umana è stata sfigurata dalla struttura Natura/Società che ha reso possibile i regimi razziali e di genere della modernità. Il Capitalocene incorpora il rifiuto, da parte dell’ecologia-modo, di due quadri che dominano le scienze sociali che si occupano di ambiente. Da un lato l’argomento Capitalocene non cerca le cause sociali del cambiamento ambientale né la connessione tra organizzazione sociale e danni ecologici. Dall’altro lato, mostrando il tratto capitalogenico del cambiamento climatico, l’ecologia-mondo critica l’idea secondo la quale il riscaldamento globale sarebbe creato dalla Società. Tutto ciò potrebbe sembrare un discorso sensato, ma non lo è. Il Capitalocene privilegia la trasformazione reciprocamente costitutiva di idee, ambienti e organizzazioni che co-producono i rapporti di produzione e di riproduzione. Il Capitalocene è una mossa concettuale e metodologica fondamentale per ripensare il capitalismo in quanto “compelsso storicamente determinato di metabolismi e assemblaggi.” Il Capitalocene è un ipotesi dialettica, non “generalizzante”; le argomentazioni dialettiche procedono per mezzo di variazioni, non malgrado esse. Qualcuno sostiene che le esperienze comuniste dell’Unione Sovietica e della Cina rappresentino una fondamentale rottura della tendenza capitalistica di ambiente in formazione, ma fino a che punto entrambi rappresentano un punto di cesura rispetto alla precedenti ondate di ambienti in formazione capitalistiche è una questione importante ma non decisiva. Decisiva è se questi momenti abbiano o meno interrotto le tendenze di sviluppo della storia, riprodotte nell’ecologia mondo capitalistica nel corso della longue dureé (è difficile per me interpretare il progetto sovietico come rottura fondamentale). Una politica della natura basata sul deterioramento piuttosto che sul lavoro rende la visione radicale vulnerabile a una forte critica. Questa critica afferma che la natura vergine non è mai esistita, che viviamo in una delle tante epoche di cambiamento ambientale e che può essere governata tramite l’innovazione tecnologica. Questi argomenti sono solo spazzatura. Il contro-argomento, per il Capitalocene, intende il deterioramento della natura come espressione specifica dell’organizzazione capitalistica del lavoro. Il lavoro ha molte forme in questa concezione: è un processo geo-ecologico molteplice e multi-specista. Questo ci permette di pensare la tecnologia come un fenomeno nelle nature co-prodotte dal capitalismo e vedere come il capitalismo abbia prosperato attraverso l’attivazione del lavoro della natura e dell’attività umana. Questo ragionamento include anche la storia geologica e in nessun modo la sostituisce. L’ecologia mondo rifiuta sia il naturalismo che il costruzionismo, alla ricerca di un loro superamento. Il Capitalocene quindi contesta sia il riduzionismo sociale che quello ambientale; e si oppone ad ogni periodizzazione del capitalismo derivata dalla categoria mitica di Società (umani senza natura).
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