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ANTROPOLOGIA. DAL LOCALE AL GLOBALE, Appunti di Antropologia Culturale

Per un primo approccio all'antropologia questo manuale da uno sguardo totale verso il mondo antropologico

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 28/07/2020

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laura-parisio 🇮🇹

4.1

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Scarica ANTROPOLOGIA. DAL LOCALE AL GLOBALE e più Appunti in PDF di Antropologia Culturale solo su Docsity! QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. La mondializzazione del sistema economico occidentale, l’integrazione politica ed ideologica, la tendenza all’uniformazione dei modi di vita e dell’immaginario rendono evanescenti o dissolvono le alterità cui l’antropologia era solita pensare e rivolgere l’attenzione. Kilani: "La retorica della ricerca sul campo è la sublimazione del rapporto coloniale". Vengono sottoposti a critica tutti gli approcci che tendono a perpetuare la visione esotica degli altri e dell’oggetto antropologico. Aspira alla costruzione di un’antropologia generalizzata: punto di vista specifico sul reale nella misura in cui è capace di pensare i rapporti fra locale e globale, fra continuità e discontinuità, fra unità e diversità; e di analizzare la logica e le trasformazioni culturali di realtà locali o marginali, cercando nel contempo di spiegare la complessa logica del mondo che le circonda. INTRODUZIONE . L’ANTROPOLOGIA IN DISCUSSIONE Per molto tempo l’antropologia si è identificata con lo studio delle società “PRIMITIVE”. Presso il largo pubblico, la sua immagine è stata associata all’archeologia e al paziente inventario degli usi e dei costumi dei popoli esotici. Ora, malgrado vi sia stata, a partire almeno dal 17° secolo, questa concordanza fra la natura dell’oggetto primario della disciplina e la celebrazione del sentimento esotico nella cultura occidentale, tuttavia l’antropologia si è data un largo progetto, quello di trascendere i particolarismi e di pensare l’umanità nel suo insieme.  Una tensione tra universalismo e particolarismo ha sempre caratterizzato la disciplina. Il progetto di un’antropologia generalizzata presuppone un allargamento della riflessione alla società moderna contemporanea. Dov’è la distanza-spaesamento che ha caratterizzato il rapporto dell’antropologo con il proprio oggetto di studio? Lo sguardo esterno era considerato come garanzia di una certa obiettività. Anche quando l’antropologo lavora in società differenti dalla propria, esse somigliano sempre più alla sua società d’origine. Sempre più vi ritrova aspetti conosciuti della propria cultura. Perciò nozioni come distanziamento, sguardo esterno, osservazione partecipante devono essere riesaminate. Il movimento di "rimpatrio" dell’antropologia nella propria società di origine si compie generalmente all’interno di una sorta di "effetto etnografico". Una tale antropologia, postulando a priori la pertinenza dello sguardo di cui è portatrice - e di conseguenza ignorando il dislocamento storico e culturale che ad esso fa compiere - finisce per creare degli oggetti etnografici sostitutivi degli oggetti "esotici" con i quali tradizionalmente aveva a che fare. Così facendo, questo orientamento si preclude sia ogni interrogazione sui valori e le pratiche che sono al centro della modernità industriale, sia l’allargamento della riflessione antropologica all’insieme delle situazioni sociali e culturali costitutive del genere umano. Gli antropologi hanno tutto da guadagnare dall’apertura all’eterogeneità e alla complessità delle situazioni della modernità, perché in tal modo potranno infine iscrivere i loro oggetti tradizionali in una storicità che, nella maggioranza dei casi, hanno finora negato, così come potranno meglio realizzare il progetto universalista di pensare l’umanità nelle sue differenze e nelle sue analogie. La riflessione antropologica è legata all’evoluzione delle idee e delle mentalità all’interno della società che l’ha vista nascere, ovvero la società occidentale. Questa riflessione è del pari legata ai rapporti di scambio e di dominio che hanno caratterizzato la storia delle relazioni fra l’Europa e le società extra-europee. L’antropologia è nata da questo rapporto di dominio. Essa è il prodotto della storia che integra le società non-occidentali nel grembo europeo. Perciò la storia dell’antropologia deve farsi ad un doppio livello: quello dell’evoluzione della stessa società europea e quello dell’evoluzione del rapporto che essa ha intrattenuto con le altre società. Secondo Kilani, i termini di locale e globale non rinviano a realtà sociali positive, individuabili empiricamente, bensì al modo in cui l’antropologo mette in prospettiva livelli diversi della realtà con i quali si confronta nella ricerca sul campo e nella costruzione dell’oggetto antropologico. L’antropologia si caratterizza innanzitutto come un’impresa di traduzione di culture. Una definizione dell'antropologia: l’articolazione del locale col globale Se l’antropologia non si identifica con un oggetto residuale, né con una passiva ricostruzione culturale, qual è l’unità significativa che prende in considerazione e la finalità analitica che persegue? Definizione di antropologia (Augé): "Il sapere antropologico assume come oggetto d’indagine unità sociali di piccola ampiezza a partire dalle quali tenta di elaborare un’analisi di portata più generale, cogliendo da un certo punto di vista la totalità della società in cui queste unità si inseriscono". Quindi antropologia come disciplina che pensa il rapporto fra particolare e generale, che tenta cioè di analizzare la logica e la trasformazione dei rapporti sociali propri alle unità locali, cercando nel contempo di spiegare la logica complessa del mondo che le circonda. Questa definizione fa intervenire contemporaneamente un luogo (unità sociale concreta), un approccio (un punto di vista, una messa a fuoco), un metodo (il decentramento) e una finalità analitica ( cogliere delle logiche sociali) 1. le unità sociali = prese in considerazione sono ristrette nel senso che corrispondono in genere a piccole comunità in cui le relazioni sociali sono concrete e direttamente osservabili dal ricercatore 2. la scelta di queste unità non è arbitraria, ma deve consentire di illuminare la totalità 3. metodo = osservare la società maggioritaria a partire da gruppi ristretti vuol dire osservarla fuori dal suo quadro unificatore e dei suoi punti di riferimento. 4. La posizione di decentramento e di osservazione-partecipazione dell’antropologo gli permette di estrapolare il globale a partire dal locale. Qualche esempio Antropologia in ambiente industriale: contrariamente ad una visione astratta ed uniforme, vi si scoprono testimonianze di "culture" particolari: la socialità è ricostruita su altre basi (cameratismo o solidarietà); alla gerarchia degli status si sostituiscono altri segni. Le forme di resistenza di queste "culture locali" assumono vari aspetti: fenomeno della "parrucca": tipo deviato di produzione; riorganizzazione libera della catena lavorativo e dell’adattamento, concertato tra gli operai, delle cadenze e del ritmo della produzione. Agricoltura di montagna nelle regioni alpine della Svizzera: è proprio grazie all’integrazione totale della modernità da parte delle popolazioni di montagna che è stata possibile la preservazione, o più esattamente la rielaborazione delle pratiche sociali tradizionali. L'antropologia: una disciplina della comparazione Metodo specifico: distanziandosi grandemente rispetto al proprio universo culturale l’antropologo può misurare le trasformazioni che agiscono sulle società moderne. L’esperienza delle altre culture, delle tradizioni e dei gruppi minoritari consente d’illuminare di luce nuova la cultura industriale: comparazioni interculturali, nello spazio e nel tempo, fra le particolarità e i significati sociali diversi che l’antropologo osserva. Es. stato-nazione / società comunitarie: la nozione di potere politico non si riduce necessariamente all’utilizzo della violenza armata e alla specializzazione istituzionale, ma può attenere ugualmente al simbolico e al religioso. CAPITOLO II - PROCEDIMENTO, INDAGINE E METODI IN ANTROPOLOGIA Dal particolare al generale, ovvero l'antropologia come scienza delle logiche sociali Il decentramento e il distanziamento come fondamenti del procedimento antropologico Procedimento del decentramento-distanziamento: uscire dal proprio universo culturale per poter rendere conto della diversità, nel contempo senza cessare d’interrogarsi sulla propria società. Nella visione antropologica, ogni unità sociale è fortemente relativizzata. L’osservazione partecipante e la pratica di campo Associa strettamente l’esperienza esistenziale e quella intellettuale. Per rafforzare l’oggettività, si è spesso pensato che bastasse accentuare il carattere di microcosmo del gruppo studiato: ma ogni unità sociale fa parte di un sistema più ampio che lo trascende. Insistere sul carattere "chiuso" di un gruppo significa dimenticare che lo stesso ricercatore è un intruso e la sua origine, i suoi valori, hanno influenza nella relazione con gli altri. Le regole dell’osservazione partecipante devono dunque tener conto di due fattori: l’insieme dei dati esterni e delle determinazioni socio-politiche globali che agiscono su un gruppo dato; il rapporto fra l'antropologo e la popolazione presso cui lavora. Costruzione dell’oggetto in antropologia L’oggetto dell'antropologia non può dunque essere concepito come un dato a priori, ma corrisponde ad un processo di costruzione, a partire dai due criteri: il rapporto del ricercatore con il campo delimitato in questione; la presa in considerazione dell’insieme delle influenze esterne. Un esempio: l’agricoltura di montagna come oggetto antropologico Agricoltura di montagna come oggetto da costruire, attraverso il quale era possibile leggere:  gli interventi dello Stato (per mantenere la popolazione sul territorio): ragioni di ordine politico (difesa nazionale) e sociologico (equilibrio tra strutture urbane e strutture contadine);  l’influenza dell’economia di mercato (per il turismo: funzione di manutenzione del territorio);  volontà delle popolazioni locali di non accontentarsi solo di queste funzioni utilitarie e di adattare la modernità diffusa alle proprie esigenze: grazie ai salari, alle sovvenzioni, alla meccanizzazione, sono riusciti a tenere in vita l’attività agricola e a darle un contenuto extra-economico con motivazioni principalmente di ordine sociale e culturale. L’antropologia dello sviluppo come altro esempio di costruzione dell’oggetto Bastie “anthropologie appliquee” (1971) = allargare il campo di osservazione in modo tale da includervi tanto coloro che decidono azioni di sviluppo (stato) quanto le popolazioni che ne sono gli "oggetti". Es. introduzione di pompe ad acqua in India: ciò che avrebbe dovuto rappresentare un cambiamento benefico per la popolazione ha piuttosto apportato angosce e conflitti: la tecnica non è di per sé sufficiente a cambiare l’esistenza. Occorre che essa si integri nelle strutture sociali e culturali. L’assunzione della contestualizzazione nell’analisi antropologica consente di misurare le difficoltà e le resistenze potenziali. Visione globale e "fatto sociale totale" in antropologia Esigenza della contestualizzazione e aspirazione ad un approccio globale. Fatto sociale totale = un fenomeno che sia al tempo stesso espressione e sintesi dell’insieme della vita sociale di una data società. Kula. Il kula come esempio di fatto sociale totale Il KULA è un vasto circuito di scambi che interessa le società di una ventina di isole del Nord- Ovest della Malesia, le più conosciute delle quali sono l’arcipelago Trobriand, le isole di Entrecasteaux e l’isola Dobu. Definizione tratta dal Dictionnaire de l’ethnologie di Panoff e Perrin = “le transazioni più caratteristiche del sistema kula non sono commerciali, x’ riguardano non delle merci, ma degli oggetti privi di ogni utilità e aventi la medesima funzione dei Gioielli della Corona nel rituale delle monarchie europee o dei trofei vinti nelle competizioni sportive. Questi oggetti, che sono solo di 2 tipi (bracciali e collane di conchiglie) non escono mai dal circuito e si scambiano l’uno con l’altro, seguendo un percorso inverso lungo il cerchio delle transizioni…” Gli scambi kula, in apparenza liberi, sono regolati secondo un rituale ben preciso che impegna durevolmente coloro che vi partecipano.  un’espressione locale = “una volta nel kula, per sempre nel kula” L’interesse teorico e metodologico del kula deriva dal fatto che vi si trovano intimamente associati transazioni economiche, comportamenti cerimoniali, un meccanismo di alleanze politiche, l’espressione di rituali magici e di manifestazioni estetiche, insiemi di elementi che costituiscono un sistema. Il fatto sociale totale come nozione teorica Partendo dall’esempio salesiano del kula, MAUSS allarga la comparazione ad altre istituzioni come il potlach della Costa nord-occidentale americana, i sistemi di scambi cerimoniali polinesiani, le forme di scambio nell’antica India e nell’antica Roma, le stesse forme di scambio all’interno delle società moderne ( i regali per esempio) Potlach. Sistema di reciprocità. Fonda il legame sociale, crea quello religioso e mantiene e rafforza la coesione sociale. La nozione di fatto sociale totale mostra che i fenomeni economici non sono separabili da altri aspetti della vita sociale e non possono essere ricondotti esclusivamente a calcoli mercantili o utilitari, legati al semplice baratto. Il sociologo Baudrillard (1972) parla di oggetti-segni, a proposito dei beni di consumo. Postula che, al di là della loro utilità (il valore d’uso) e del loro valore di mercato, gli oggetti industriali o culturali sono inseriti in un sistema di valori, in un sistema di segni propriamente sociali (il valore- segno). Attraverso l’atto del consumo, l’interessato tende generalmente ad affermare la sua L’antropologia religiosa è stata ugualmente influenzata dai lavori del sociologo francese Durkheim: nella sua opera Les formes elementaires de la vie religieuse (1912) la religione è analizzata come fatto sociale (il religioso partecipa del sociale) e come fenomeno sociale totale (la religione è una cristallizzazione di comportamenti e istituzioni che partecipano, insieme, dell’etico, del simbolico, dell’economico, del politico, del sociale); e ne coglie le funzioni positive: la religione è all’origine della coesione sociale e del suo mantenimento, le cerimonie religiose costituiscono un momento di effervescenza e di fusione sociale. Oggi gli interessi dell'antropologia religiosa si sono allargati allo studio dei sistemi di rappresentazione e dei sistemi simbolici (Lévi-Strauss) e ai meccanismi di rappresentazione simbolica delle istituzioni sociali e della loro riproduzione (Augé): problema dei modi di pensiero e della traducibilità di culture. L'antropologia politica È stata fino a poco tempo fa il campo privilegiato dell’Antropologia britannica: il contesto dell’ indirect rule (il governo indiretto) nelle colonie è all’origine della riflessione sulla diversità delle forme di organizzazione politica riscontrate nelle società tradizionali e più in particolare in Africa. Ne sono risultate molte monografie (= analisi dei casi)  Questi studi sono all’origine della distinzione fra società con lo Stato e società senza Stato; in queste ultime l’organizzazione politica e la struttura della parentela sono generalmente inseparabili. Hanno inoltre rilevato l’importanza del fattore religioso nella definizione della politica, come nel caso, ad esempio, della “regalità sacra” in Africa centrale. L'antropologia economica Con l’analisi di Malinowski del kula e con gli sviluppi teorici di Mauss sui sistemi di scambio cerimoniale e sul dono che assistiamo alle prime riflessioni dell’antropologia nel campo dell’economia. Malinowski e Mauss: rifiuto di ogni autonomia al campo dell’economico nella definizione delle società e messa in discussione dell’idea propria dell’economia classica secondo la quale l’uomo è un "animale economico". La scuola marxista ha portato nella discussione i problemi fondamentali quali quelli della riproduzione sociale ed economica, delle categorie sociali o di età, del grado di determinazione delle diverse istanze sociali. L'antropologia della significazione (Mauss, Polanyi) definisce i fenomeni economici come fenomeni sociali totali: recano in sé un senso sociale, culturale e simbolico; non si riduce solo alla dimensione utilitaria, critica della concezione che sottende l’analisi economica classica quali le nozioni di "rarità", "bisogno", "interesse", "capitale". L'antropologia economica che s’inscrive nella prospettiva del simbolico e della significazione ha dunque come procedimento fondamentale quello di mettere sistematicamente in rapporto la società moderna con le società tradizionali. L'antropologia del cambiamento sociale Solo negli ultimi decenni gli antropologi hanno cominciato a interessarsi da vicino ai problemi del cambiamento sociale e culturale. Le società di cui si occupavano erano infatti considerate statiche, chiuse, senza storia e dunque senza cambiamento. E’ solo a partire dagli anni ‘30 che si sono sviluppati gli studi sui fenomeni di acculturazione: negli Stati Uniti e in Inghilterra. Si tratta comunque di un Approccio che derivava da una concezione meccanicistica del cambiamento: questo era infatti valutato sempre in rapporto alla società dominante. Si pensava che il cambiamento dovesse sempre esprimere lo stesso movimento, quello dell’adattamento, dell’aggiustamento delle società tradizionali ai valori della società moderna: da qui deriva la rigida opposizione tra tradizione e modernità, passato e presente, società semplici e società complesse. Più tardi si sviluppa un’importante letteratura dedicata ai fenomeni messianici, millenaristi e nativisti delle società "primitive" e tradizionali: sono generalmente rapportati alla medesima funzione di adattamento e acculturazione alla società europea. Sono considerati come risposta allo choc culturale in seguito al contatto. Concezione fortemente unilineare del cambiamento sociale che è stata messa in discussione => nuova prospettiva: comprendere le unità sociali ristrette nel quadro della dialettica con la società globale. L'antropologia dell’ambiente urbano e industriale Oggi le ricerche di antropologia in ambiente urbano vanno moltiplicandosi  numerose ragioni: 1. accelerazione dell’urbanizzazione in tutto il mondo e anche nelle società industriali avanzate 2. crescente difficoltà da parte degli antropologi di fare inchieste su terreni “esotici” 3. moltiplicazione delle specializzazioni e delle sotto-discipline nel campo della ricerca scientifica e delle sue applicazioni 4. nostalgia sempre + viva per la città tradizionale 5. domanda sociale multiforme che dà luogo a progetti finanziati dai poteri pubblici o dalle collettività locali, allo scopo di salvaguardare i patrimoni nazionali e regionali. L'antropologia in campo urbano deve mostrare in che cosa lo sguardo che l'antropologo rivolge alla città, all’ambiente industriale e tecnico, in breve alla modernità, sia pertinente a comprendere le logiche sociali locali nella loro articolazione con il globale. L'antropologia della città: qualche riferimento L'antropologia della città può essere definita come l’insieme dei lavori che cercano di cogliere e analizzare gli spazi di coabitazione nelle città, i rapporti sociali che vi si sviluppano, l’articolazione dei luoghi di lavoro con quelli di residenza, la distribuzione delle reti di socialità, la possibilità di raggruppamento e di identificazione sociale ed etnica. In continuità con la scuola sociologica di Chicago, le cui ricerche durante i primi decenni del secolo erano già orientate verso la distribuzione dei gruppi sociali nei quartieri urbani, sin dagli anni 70 l’antropologia delle città si è concentrata sullo studio delle successive storicità che hanno segnato la città, dei flussi e riflussi migratori, delle comunità o delle etnie urbane (ri) costituite, dai fattori che sono all’origine della loro coesione o della loro riproduzione, infine, degli immaginari costitutivi della città. L'antropologia dell’ambiente industriale e tecnico: qualche riferimento Analizzare le condizioni dell’innovazione tecnica, della sua diffusione e dei freni sociali e culturali che incontra, tentando di mettere in evidenza le tradizioni sociali e le mentalità che accompagnano e informano l’evoluzione della tecnica. L'antropologia del "noi" e il rimpatrio dell’oggetto "esotico" Una tale prospettiva arriva ad estendere gli spazi "esotici" al di là dei loro limiti tradizionali (es. giungla delle città). Nel persistente gusto per l’esotico, è possibile cogliere un’estensione del "pre-" (scovare credenze e comportamenti pre-scientifici, pre-razionali, pre-moderni, pre-economici) e del periferico (periferia della produzione industriale, periferia delle istituzioni ufficiali, etc.) a detrimento dell’interesse per le attività e le credenze centrali (il sapere scientifico, la "razionalità" economica, il potere politico, etc.). L'antropologia "rimpatriata" e l’elusione del metodo L’esteriorità come principio metodologico che permette di evitare le spiegazioni che partecipano di un punto di vista troppo generale o troppo esterno all’oggetto studiato si costruisce praticamente sul campo in rapporto con un certo numero di criteri: la maniera in cui il ricercatore procede per delimitare empiricamente l’oggetto, la maniera in cui lo rapporta al contesto più largo in cui esso si inscrive, la maniera in cui definisce la propria relazione con gli attori sociali, la natura dei suoi presupposti teorici e la finalità analitica che persegue. Totem e tabù: storia individuale e storia collettiva nella teoria freudiana In Totem e tabà (1912) Freud ha collocato la psicoanalisi nel cuore stesso dell’antropologia. Per Freud la psicoanalisi può ripercorrere la storia dell’umanità fin dalle sue origini, alla stessa maniera in cui lo fa per la storia individuale.  la storia dell’umanità inizia con l’uccisione del padre da parte dei figli nell’orda primitiva.  la storia individuale a volte ripete questa scena primaria secondo uno schema universale che trascende ogni differenza di cultura e di storia. La psicoanalisi postula che ciascun individuo, qualunque sia la sua origine ed il suo luogo di esistenza, rivive nella psiche la scena immemorabile del parricidio.  la forma che assume questa ripetizione corrisponde al complesso di Edipo, fondamentale scoperta della psicoanalisi, il cui contenuto si riassume nel desiderio incestuoso per la madre e nell’odio per il padre. In ragione dell’universalità della struttura psichica dell’individuo, Freud postula un rapporto diretto fra la storia individuale e la storia dell’umanità  l’ontogenesi (il principio individuale) ricapitola la filogenesi (il principio collettivo)  tanto la collettività che l’individuo si costituiscono sull’uccisione o sul desiderio di uccidere, uccisione del capo dell’orda nel primo caso, desiderio di uccidere il padre nel secondo. Dando un posto fondamentale al principio di ricapitolazione, Freud giunge ad una concezione evoluzionistica, che rafforza l’analogia primaria posta fra individuo e società: gli stadi di sviluppo dell’individuo (cioè il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta) sarebbero essi stessi, in realtà, la ricapitolazione degli stadi di sviluppo dell’umanità  per esprimere questo parallelismo, Freud dirà che anche le società passano attraverso uno stadio primitivo (stadio dell’infanzia), uno stadio selvaggio o barbaro (stadio dell’adolescenza) per arrivare alla civiltà (stadio dell’età adulta). La critica antropologica: la proibizione dell’incesto come regola sociale L’antropologia critica in diversi modi questo modo di vedere. 1. adotta un atteggiamento scettico di fronte ad ogni rappresentazione lineare della storia dell’umanità 2. rifiuta ogni rigida analogia fra il collettivo e l’individuale, analogia che ignora le mediazioni economiche, storiche e psico-sociologiche, che sono esattamente l’oggetto dell’antropologia. 3. Dubita l’universalità del complesso di Edipo in quanto realtà psichica e storica transculturale: la spiegazione di certi comportamenti mediante il complesso di Edipo vale per ogni cultura? Prima critica all’universalità del complesso di Edipo  MALINOWSKI (1927) che ha messo in rilievo la relatività delle culture  esempio isole Trobriand in Melanesia sembra mostrare l’impossibilità del complesso di Edipo in una cultura che ignora la paternità biologica ed in cui l’autorità del padre biologico è sostituita da quella dello zio materno (sistema dell’avunculato)  tuttavia sua posizione presenta dei limiti. La critica + convincente alla spiegazione psicoanalitica freudiana è venuta dall’antropologia strutturale  LEVI STRAUSS, suo fondatore, ha mostrato che non si può stabilire un rapporto causa effetto fra lo psicologico ed il sociale, e che occorre superare l’antinomia fra natura e cultura per porre il problema della proibizione dell’incesto in termini di regole o di leggi.  per lui ciò che è importante non è tanto il contenuto biologico di una relazione quanto le obbligazioni che ne sono all’origine e che derivano dalla proibizione  conoscere il grado di consanguineità fra i partner è meno importante che conoscere le regole che stabiliscono chi debba sposare chi e come. Proibizione dell’incesto non ha un contenuto biologico o psichico marcato ed universale, ma costituisce la regola sociale universale fondata sul principio di interdire certe categorie e prescriverne altre.  regola nel senso che costituisce il principio di organizzazione in società. L’incontro dell’antropologia con la psicoanalisi: l’efficacia simbolica. Esiste un campo in cui si può parlare di convergenza tra antropologia e psicoanalisi  fra antropologo LEVI STRAUSS (1958) e la psicoanalista LACAN (1968) = campo dell’efficacia simbolica. Per entrambi la nozione di simbolico rappresenta “l’asse della strutturazione culturale” il simbolico diventa “per se stesso un sistema di rapporti, efficace nel suo funzionamento, che modifica il reale” Come struttura efficace mobilita gli individui e i gruppi intorno ad un’idea o ad un’azione, “fa partorire le donne in difficoltà, compie miracoli, guarisce i malati, sposta le nazioni” (CLEMENT 1971), agisce sullo psichico e sul fisico. Esempio del trattamento della MAGIA permette di capire meglio la nozione di efficacia simbolica in antropologia. Magia = spesso definita dagli antropologi come una varietà inefficace della scienza, una “pseudo- scienza” – presentata come espressione dei un pensiero o di una mentalità che non ha ancora scoperto i reali rapporti di causalità o la giusta relazione fra mezzi e fini, che non ha ancora scoperto la causalità di tipo scientifico o razionale – spesso rappresentata come forma primaria e incompleta del pensiero scientifico e razionale moderno. Questa visione è stata messa in discussione da un certo numero di antropologi e di psicoanalisti  la si considera come un’istanza che appartiene ad una configurazione del determinismo altra dalla scienza, che si colloca su un terreno diverso dalla scienza  è infatti vera antitesi della scienza = non cerca di spiegare o analizzare le cose, ma drammatizza (mette in scena) l’universo. È un linguaggio simbolico, una modalità di comunicazione sociale, non un processo discorsivo sulla realtà  ha un’efficacia sociale e in certi casi può trasformarsi in un mezzo di mobilitazione sociale. Un’illustrazione del pensiero simbolico: la stregoneria nel Bocage normand L’efficacia simbolica della magia è messa ben in evidenza dal lavoro di Jeanne Favret-Saada sulla stregoneria nel Bocage normand, Les mots, la mort, les sorts. La sorcellerie dans le Bocage (1977). Favret-Saada scopra una situazione apparentemente paradossale, in cui la stregoneria (la magia) agisce senza stregoni. Come sottolinea, non esiste stregone che effettivamente pratichi malefici e ciò che è + importante = esistenza di tale stregone è esclusa da ogni enunciazione. Nessuno si professa stregone  stregone è colui di cui parlano coloro che tengono il discorso sulla stregoneria, ovvero la persona stratega e l’esorcista  esso appare solo come soggetto dell’enunciato. Il personaggio principale non è lo stregone = esso appare solo alla fine della catena, quando l’opera esorcistica è molto avanzata come capro espiatorio destinato ad espiare le disgrazie del gruppo; oppure non appare affatto. Personaggi principali = persona stregata e l’esorcista, x’ il fatto stesso di enunciare e di denunciare le pratiche attribuite all’altro personaggio – che sia reale o fittizio – può essere sufficiente a far ottenere il sollievo desiderato. Situazione + frequente analizzata da Favret-Saada è quella del contadino che si trova al cospetto di una serie di disgrazie che investono la sua persona o la sua famiglia o le sue proprietà. Poiché la scienza ufficiale (medico, veterinario, ingegnere) non riesce a spiegare il fenomeno del susseguirsi delle disgrazie  contadino si rivolge alla tradizione della stregoneria che gli offre un sistema di interpretazioni che gli consente d’agire sulla situazione e di sbloccarla. Per generalizzare  stregoneria o la magia agiscono in realtà come un mezzo x risolvere praticamente dei conflitti o come mezzo di controllo sociale. Nell’opera Coral Gardens ant their Magic (1935) Malinowski mette ben in evidenza questo apsetto sociale della magia dei giardini praticata dai Trobriandesi. Principi euristici comuni all’antropologia e alla psicoanalisi: il di stanziamento, la funzione latente, l’alterità Altra convergenza tra antropologia e psicoanalisi = quella d’ordine euristico che consiste nella distinzione, comune alle 2 discipline, fra latente e manifesto, implicito ed esplicito, e nella necessità in entrambi i casi di andare oltre i sintomi, per definizione apparenti, per decifrarli, decodificarli, analizzarli e trovarvi un senso. In psicoanalisi, il sogno (come la nevrosi) non è idoneo a svelare un senso se non dopo il lavoro di interpretazione compiuto durante la terapia psicoanalista. Analista, analizzando i diversi elementi che lo compongono, trasforma il sogno in indizio rilevatore di un insieme di atti e parole nascosti nella profondità dell’inconscio. Antropologia  esempio della proibizione dell’incesto, la cui latente funzione di regola sociale e di struttura elementare della parentela è stata messa in evidenza solo dopo che Levi –Strauss ha cercato di comprenderla al di fuori dei contenuti concreti e manifesti che assumeva questa disciplina in questa o quella società. Tanto l’antropologia che la psicoanalisi sono sensibili all’alterità: antropologia = tenta di riconoscere e analizzare il pensiero dell’altro per confrontarlo con il proprio psicoanalisi = tenta di decifrare il discorso dell’altro in noi. Etnopsicoanalisi Georges Devereux, etnologo e psicoanalista, ha illustrato con la sua opera le potenzialità di un tal campo di studi, la cui finalità è scoprire come i rapporti sociali e i comportamenti culturali siano assimilati, negoziati e vissuti dagli individui. La tradizione spagnola 1492, anno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, è anche l’anno della caduta di Granada e dell’espulsione degli ebrei. Gli Spagnoli ritenevano possibile un solo modello di società, concepibile una sola cultura, praticabile una sola religione. La società creola americana ha in genere riprodotto le medesime strutture ideologiche della metropoli. La tradizione britannica Capitalismo di tipo mercantile e poi industriale. Problema di garantirsi l’appropriazione dei prodotti tropicali e controllare il commercio internazionale. Tali preoccupazioni si tradussero in un sistema politico pragmatico che consisteva nel lasciare al loro posto le strutture indigene, accontentandosi di governarle dall’esterno. Indirect Rule. Suddivisione delle società in unità autonome e separate => nozione di cultura. Per trattare del cambiamento sociale, la scuola funzionalista, fedele alla definizione statica del proprio oggetto, sviluppa le nozioni di contatto di culture e di acculturazione e i loro corollari di adattamento e di disfunzione. In altri termini, il cambiamento sociale e culturale non è trattato se non sotto la forma di un cambiamento orientato, di un più o meno grande adattamento dei gruppi ristretti alla struttura dominante, ovvero alla società coloniale ed europea. Relativismo culturale: "tutte le società sono diverse e tutte le diversità sono uguali": posizione che sottolinea il rifiuto di ogni approccio di tipo storico ed ogni tentativo di ricostruzione delle società in termini di evoluzione e gerarchia. La tradizione americana La colonizzazione si caratterizzò subito per il rifiuto di ogni cultura. E’ nel contesto di questa separazione totale fra la società dominante e i vari popoli indiani che si svilupparono i concetti di cultura e di tratto culturale. La cultura va concepita come la variabile primaria che struttura l’esistenza umana, va ricostruita essenzialmente mediante l’analisi e lo studio dei diversi modi di apprendimento e di socializzazione per i quali passa l’individuo => nozione di personalità di base. La tradizione francese Il modello di amministrazione dell’impero coloniale francese fu direttamente ispirato dal sistema politico centralizzato della metropoli. I Francesi tenteranno di sostituire le strutture locali con delle strutture ricalcate su quelle in vigore in Francia. Il colonialismo francese è definito come assimilatore delle culture e dei popoli altri. Es. nell’Africa del nord, le ricerche di tipo preistorico, storico ed etnografico corrispondevano spesso alla preoccupazione di giustificare la presenza francese: questo tipo di preoccupazioni farà sì che l’etnologia francese sarà incentrata più sulla ricerca dei "principi" della vita sociale che non sul concreto funzionamento di queste società. Pag.169 – 259 RIASSUMERE!!! PARTE QUARTA ANCORA SULL’ATTUALITA’ DELL'ANTROPOLOGIA. DALL'ANTROPOLOGIA RISTRETTA ALL'ANTROPOLOGIA GENERALIZZATA CAPITOLO I - IL LOCALE ED IL GLOBALE: UNA NUOVA ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO ANTROPOLOGICO La crisi dell'antropologia negli anni sessanta non dipendeva soltanto dai limiti interni alla disciplina, ma era determinata anche dalle generali condizioni economiche, politiche e sociali. Gli sconvolgimenti geopolitici che hanno accompagnato il movimento di decolonizzazione, la forte crescita economica dei paesi occidentali, l’avvio dell’industrializzazione nel terzo mondo, infine le varie crisi ideologiche e culturali hanno imposto all'antropologia una sorta di aggiornamento teorico. Una nuova dialettica tra l’unità e la diversità Formidabile processo di uniformazione su scala planetaria in tutti i campi (economico, politico, culturale, sociale). Questo movimento è caratterizzato dall’egemonia, che si afferma sempre di più, di certi comportamenti e valori propri della società industriale moderna => modello uniforme di sviluppo, che ha come particolarità quella di fondarsi su pratiche economiche e culturali unificanti. Parallelamente a questo movimento, apparentemente irreversibile, di unificazione delle pratiche, appare un altro fenomeno, di segno contrario, quello della montata delle rivendicazioni delle diversità:  assume la forma di un’affermazione di principio (Unesco: salvare i patrimoni dell’umanità nella loro diversità);  la diversità viene vissuta direttamente nell’atto del consumo: il rapporto con la diversità consiste nel consumare o appropriarsi di segni capaci di distinguere il consumatore dal suo immediato vicino, o più semplicemente di soddisfare il suo edonismo. Uno degli effetti perversi di questo tipo di consumo fa sì che spesso la diversità ricercata prenda il posto della diversità vissuta. E’ il caso per esempio della diversità etnica che, assunta come oggetto di consumo, si trova talvolta ridotta alle immagini di produzioni artistiche e culturali che dipendono direttamente dal gusto e dalla domanda esterna (turismo di massa: arriva perfino a produrre nuove forme etniche: accento sulla restaurazione, sulla preservazione e sulla ri- creazione fittizia delle caratteristiche etniche);  la ricerca della diversità è ugualmente osservabile al livello dell’azione di certi gruppi etnici: l’esigenza della differenza è un problema di identità: rinvia a pratiche e valori che generalmente sono, o si pretende che siano, in rottura con i modelli dominanti. Una nuova problematica per l'antropologia: il locale e il globale Data la mondializzazione dei rapporti di produzione di tipo industriale, è vano voler continuare a restringere l’oggetto dell'antropologia alle sole società tradizionali. Collocandosi nell’articolazione del locale col globale, il procedimento dell'antropologia consisterà nel trovare unità sociali pertinenti che possano funzionare come indicatori della società globale o della struttura dominante. In tal modo, gli oggetti non sono più dati a priori, ma devono essere ogni volta costruiti in funzione del campo e delle problematiche scelte. OUVERTURE - DESCRIZIONE E SCRITTURA DEL TESTO ANTROPOLOGICO Il problema della scrittura riguarda la sua stessa capacità di rappresentare il reale. In effetti, la facoltà di osservare dipende dai mezzi che si usano per inscrivere i dati raccolti entro sistemi di rappresentazione e per trasformare l’esperienza di ricerca sul campo in un resoconto descrittivo ed interpretativo che "faccia autorità". La testualità come formalizzazione del rapporto con l’altro Se l'antropologia può essere definita come rapporto con l’altro, la scrittura antropologica è una formalizzazione di questo rapporto. Gli antropologi hanno sempre costruito i loro oggetti esotici a partire da una suddivisione che procede da una visione del reale storicamente e culturalmente determinata: ciò che loro interessa non è tanto l’unità della conoscenza-azione al livello locale, quanto piuttosto l’ambito della conoscenza a distanza, il sapere universale che formalizzano a partire da questi primi oggetti. Di conseguenza il risultato finale è che il testo antropologico si caratterizza, tanto apparentemente che strutturalmente, per l’assenza di ogni traccia di intersoggettività. Questo stesso oggetto, in origine costituito da individui, da relazioni e da interazioni, non appare più nel testo se non come un soggetto collettivo e astratto. Al "noi" collettivo ed impersonale dell’antropologo fa eco il "loro" altrettanto collettivo ed impersonale della cultura di cui egli tratta. Oggi si assiste ad un deciso ritorno della soggettività e del soggetto. Geertz: tentativo di integrare la testualità in un approccio alle culture di tipo interpretativo. Definisce il concetto di cultura come un "concetto semiotico". Il rapporto con l’oggetto è essenzialmente un rapporto di scrittura di significati ai quali l'antropologo accede attraverso la partecipazione e la comunicazione con la gente. L’interesse per l’intersoggettività assume infine la forma di una riscoperta o di una riabilitazione di tutto ciò che prima era stato relegato fuori dal testo, e cioè il diario di campo, la biografia intellettuale, il racconto, il taccuino di viaggio, il romanzo etnografico, la storia di vita. Segalen: ripensa il rapporto col campo e con la scrittura. Il modo di scrivere e la pragmatica della relazione con l’altro La caratteristica fondamentale del discorso etnologico moderno è dunque consistita finora nel collocare il proprio oggetto fuori della storia per poter meglio parlare al suo posto; la scrittura è il mezzo attraverso il quale si realizza questa collocazione fuori del tempo. La scrittura monologica è caratterizzata da:  dal porsi in disparte del narratore (il "Noi" scientifico; "Essi");  dall’uso del tempo presente (presente etnografico);  dalla "retorica dello sguardo";  dallo stile indiretto (trasformando così l'antropologo un portavoce esclusivo della cultura presso cui lavora.
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